[#2 Variazione]
Corpi di Polinice
C’è più onore in tradire
che in essere fedeli a metà.
(Giosuè Carducci, Una sera come tante)
"Conosci Polinice?"
"Sono argivo" Il sorriso – una smorfia – increspa le labbra.
"Thliberòs". L’himation (imbarazzato) si sgualcisce nella mano – nervosa. "Non lo sapevo"
"Lo so, Elissa" Le spalle concedono un cenno. Saori ha un labbro (delizioso) arricciato e gli occhi scappano (colpevoli?).
"Hai". Il fico è amaro; troppo vino. "Sai chi era?"
"Prodòtes". Aiolia stringe –stanco- gli occhi; il cucchiaino affonda nel giaoùrti e preme amaro nella bocca. Quando è triste (e adesso sono triste) Aiolia non usa mai mèli. E Saori sospira e allunga la mano (timida). Aiolia è irritato, Aiolia è molto irritato. Sun emoi.
E non parla; e quando Aiolia non parla –Saori lo conosce – significa kakà. Perché Aiolia detesta ricordare; e – Saori lo sa- adesso la mneme fa male.
"Asfalès ei?". La kaimaki ha un buon sapore. "Anche Aiolos lo era"
"Sùmfonoi". I gomiti (arrabbiati) sul tavolino; e Saori spia (nel riflesso nero) la bocca – imbronciata – mordere affondare nei kourambiédes. "Kai tote? Ou ison esti. Lathos "
"Anche su di lui"
"Aiolos?"
"Ochi". Saori sospira; e la testa va su e giù. "Saga". Si ferma; l’indice tormenta – preoccupato – il labbro. "Ma è la stessa cosa".
Aiolia inghiotte soffoca il respiro. C’è qualcosa. Qualcosa che non vuole capire. Perché Saori lo guarda, ed è seria. Anche se la broche scroscia e rinfresca; anche con l’himation umido e le mani strette alla tazza (calda). Saori è pàra polù seria.
"Ghiati?"
Saori stringe le spalle; il kafès stretto e quel sorriso serio (pericoloso). "Ricordalo".
"Elissa"
Saori si volta; lo scettro nella mano (nervosa) e il desiderio – forte (fa male) – di ascoltare. Perché Aiolos deve capire; perché deve imparare.
"Poluneikes". Aiolia esita; la mano scivola al corpo nervoso. "Tetheora"
La testa (impaziente) sfugge in un cenno.
"Nun oida". La voce (era sicura) singhiozza e sussurra. "Nun mnemoneuo"
"Ara?"
Saori aspetta. "Ara, Aiolia?". Nel silenzio (assordante) le mani cullano e sfiorano e la voce arrotolata è un sussurro. "Ara? Ara Aiolia?"
"Monon epithumìa". Aiolia sfiora la tenia al polso (un ricordo). " Kedeuete Saga."
L'uomo non vive di pensieri, ma di un desiderio che non è.
(Maksim Gor’kij)
Note linguistiche
Note etnologiche
SECONDA VERSIONE
"Conosci Polinice?"
"Sono argivo" Il sorriso – una smorfia – increspa le labbra.
"Thliberòs". L’himation (imbarazzato) si sgualcisce nella mano – nervosa. "Non lo sapevo"
"Lo so, Elissa" Le spalle concedono un cenno. Saori ha un labbro (delizioso) arricciato e gli occhi scappano (colpevoli?).
"Hai". Il fico è amaro; troppo vino. "Sai chi era?"
"Un traditore". Aiolia stringe –stanco- gli occhi; il cucchiaino affonda nel giaoùrti e preme amaro nella bocca. Quando è triste (e adesso sono triste) Aiolia non usa mai mèli. E Saori sospira e allunga la mano (timida). Aiolia è irritato, Aiolia è molto irritato. Con me.
E non parla; e quando Aiolia non parla –Saori lo conosce – significa male. Perché Aiolia detesta ricordare; e – Saori lo sa- adesso il ricordo fa male.
"Sei sicuro?". La kaimaki ha un buon sapore. "Anche Aiolos lo era"
"Sùmfonoi". I gomiti (arrabbiati) sul tavolino; e Saori spia (nel riflesso nero) la bocca – imbronciata – mordere affondare nei kourambiédes. "E allora? Non è uguale. Uno sbaglio."
"Anche su di lui"
"Aiolos?"
"Ochi". Saori sospira; e la testa va su e giù. "Saga". Si ferma; l’indice tormenta – preoccupato – il labbro. "Ma è la stessa cosa".
Aiolia inghiotte soffoca il respiro. C’è qualcosa. Qualcosa che non vuole capire. Perché Saori lo guarda, ed è seria. Anche se la broche scroscia e rinfresca; anche con l’himation umido e le mani strette alla tazza (calda). Saori è pàra polù seria.
"Ghiati?"
Saori stringe le spalle; il kafès stretto e quel sorriso serio (pericoloso). "Ricordalo".
"Elissa"
Saori si volta; lo scettro nella mano (nervosa) e il desiderio – forte (fa male) – di ascoltare. Perché Aiolos deve capire; perché deve imparare.
"Poluneikes". Aiolia esita; la mano scivola al corpo nervoso. "Ho capito"
La testa (impaziente) sfugge in un cenno.
"Ora so". La voce (era sicura) singhiozza e sussurra. "Ora ricordo"
"Ara?"
Saori aspetta. "Ara, Aiolia?". Nel silenzio (assordante) le mani cullano e sfiorano e la voce arrotolata è un sussurro. "Ara? Ara Aiolia?"
"Solo un desiderio". Aiolia sfiora la tenia al polso (un ricordo). " Seppellite Saga."
L'uomo non vive di pensieri, ma di un desiderio che non è.
(Maksim Gor’kij)
[Definendo]
Corpi di Polinice nasce in pandant a Pirro, di cui riprende volutamente passaggi, espressioni, contesto generale anche. Non è un plagio o una mia mancanza, un calo di interesse; al contrario è un qualcosa di ricercato e voluto. Di qui, anche l’appunto che precede il titolo: [#2 Variazione]. Corpi di Polinice è proprio una variazione al tema che già percorreva Pirro: l’incomunicabilità, o forse la difficoltà di comunicate.
Lì era espressa a livello linguistico, con lo scontrarsi e il rincorrersi del francese e del greco. Qui la situazione cambia: Aiolia e Saori parlano entrambi greco; la mancanza di comunicazione, in questo caso, non è più linguistica, ma psicologica. La difficoltà maggiore è da parte di Aiolia, che non riesce ad accettare l’idea che Saga, un traditore, possa essere seppellito nel Santuario, soprattutto alla luce del ricordo della tomba da traditore di suo fratello.
Il retroterra è storico-giuridico: nell’antica Grecia, chi si macchiava di tradimento si vedeva precluso il diritto alla sepoltura legittima in patria; almeno secondo la legge umana. Quella divina, invece, sosteneva la giustizia della sepoltura, a prescindere dalle colpe del defunto.
In Corpi di Polinice la situazione è simile: Aiolia si oppone alla sepoltura di Saga in quando traditore, facendo riferimento al fratello e alla legge umana, mentre Saori difende il diritto divino. La conclusione non è tragica come nell’Antigone sofoclea, ma è la presa di consapevolezza di Aiolia di un medesimo desiderio posto alla base delle azioni di Aiolos e Saga (e per riflesso anche di Polinice): la convinzione di agire nel giusto, il desiderio di salvare un qualcosa ritenuto importante.
Il confronto, lo sentivo, doveva essere su una sepoltura. Su una tomba contrastata. All’inizio, confesso, aveva pensato a Aiolos. E’ molto che cerco di scrivere qualcosa su di lui, qualcosa che non sai il frammento di Arms. Ma toccare Aiolos, toccarlo direttamente, è maledettamente difficile. Perché sono sempre più persuasa che avesse più lati umani e fragili di quanto appaia. Ma questo è un altro discorso.
Polinice, invece. Il traditore per eccellenza, nel mito. A che associarlo, quindi? Certo, Aiolos era in automatico. Ma poi. Poi chi? Aiolia è l’altro nome che mi è venuto in mente. Naturale; scontato. Ma quando Aiolos è morto Aiolia era un bambino,e non avrebbe mai avuto la possibilità di opporsi ad una scelta del Gran Sacerdote, ad una scelta di Saga.
Ecco il nome, dunque: Saga. Il destino del suo corpo dopo la morte. Del nuovo traditore. Come Aiolos; al posto di Aiolos. E allora l’opposizione di Aiolia diventata non alla sepoltura in terra sconsacrata, ma alla sepoltura di Saga con gli altri cavalieri, con chi era morto per un inganno (o per errata (?) convinzione). E di fronte, a sostenerne la giustizia si è proiettata Saori. Non Atena. Proprio Saori.
Certo; la sua realtà è di confine. Ma in questo momento a parlare è la donna, non la dea. Alla dea Aiolia si sarebbe piegato senza capire; a Saori invece si oppone per discutere. C’è dialogo, c’è scontro. C’è consapevolezza.
L’idea che volevo trasmettere era quella della difficoltà si Aiolia di comprendere che, in fondo, sia suo fratello sia Saga hanno agito in un certo modo per salvare la terra e Atena. O almeno io sono persuasa di questo.