[#1 Variazione]
PIRRO
Pianta effimera noi, cos'è il vivente?
Cos'è l'estinto? – Un sogno d'ombra è l'uomo.
(Pindaro, Pizia VII, V. 135)
"Conosci Pirro?"
"Le garçon du Achille"
"O éteros"
"Le roi?" Gli occhi (sorpresi?) scivolano dal libro. Milo ha un sorriso fastidioso, con una mano sotto il mento.
"Nai". La feta pizzica; troppo peperoncino. "Sai cos’ha fatto?"
"Il a perdu". Camus arriccia –aristocratico- il naso; si concede un cubetto di melone nel vino e ritorna al libro. Irritato. E Milo ridacchia e stira le braccia nel crepuscolo di Atene. Camus è arrabbiato; Camus è molto arrabbiato. Sun emoi.
E gli parla in francese; e quando Camus parla in francese – Milo lo ha imparato – fait la gueule. Perché Camus detesta esser disturbato per una sciocchezza; e – Milo lo sa – adesso è convinto che il eut dit des bêtises.
"Sùmfonoi". La dolmadhès ha un buon profumo "Ma anche Orlando ha perso"
"D’accord" . Il libro (chiuso) sul tavolino; e Milo assapora (con la vite e il riso) la mano – elegante – sollevare con nonchalance il calice. "Ils ont failli. Et allor? Ils sont des perdentes"
"Mi piace"
"Roland?"
"Ochi" Milo ride, e la testa va su e giù. "Pùrros". Si ferma; l’indice picchietta –dubbioso- il labbro. "Ma è la stessa cosa"
Camus stringe strizza gli occhi. C’è qualcosa. Qualcosa che stona. Perché Milo adesso lo guarda, ed è serio. Anche se il meltemi soffia e scompiglia; anche con la camicia slacciata e i gomiti maleducati sul tavolino in ferro. Milo è extrêmement serio.
"Pourquoi?"
Milo scrolla le spalle; l’ouzo in alto e quel sorriso serio (strano). "Scoprilo".
"Milo"
Milo si ferma; l’elmo nella mano (nervosa) e l’ostinazione –forte (fa male) – a non girarsi. Perché Camus ha tradito; perché non ha capito.
"Pyrrhus"Camus esita; la mano scivola al collo livido. "Tu te rappelles de lui?"
La testa (traditrice) concede un cenno.
"Je ai compris". La voce (era sicura) soffia e trema. "Je ai …souvenu"
"Ara?".
Milo aspetta. "Ara, Camus?" Nel silenzio (pieno) le braccia stringono e scuotono e la voce bagnata è un sussurro. "Ara? Ara Camus?"
"Ni victoire ni défaite" Camus sfiora il komboloi al polso di Milo (un ricordo). "Seulemente elpìs"
La speranza è un sogno ad occhi aperti.
(Aristotele)
Note linguistiche
Note etnologiche
SECONDA VERSIONE
"Conosci Pirro?"
"Il figlio di Achille"
"L’altro"
"Il re?" Gli occhi (sorpresi?) scivolano dal libro. Milo ha un sorriso fastidioso, con una mano sotto il mento.
"Nai". La feta pizzica; troppo peperoncino. "Sai cos’ha fatto?"
"Ha perso". Camus arriccia –aristocratico- il naso; si concede un cubetto di melone nel vino e ritorna al libro. Irritato. E Milo ridacchia e stira le braccia nel crepuscolo di Atene. Camus è arrabbiato; Camus è molto arrabbiato. Con me.
E gli parla in francese; e quando Camus parla in francese – Milo lo ha imparato – fait la gueule. Perché Camus detesta esser disturbato per una sciocchezza; e – Milo lo sa – adesso è convinto che abbia detto delle sciocchezze.
"Sùmfonoi". La dolmadhès ha un buon profumo "Ma anche Orlando ha perso"
"D’accord" . Il libro (chiuso) sul tavolino; e Milo assapora (con la vite e il riso) la mano – elegante – sollevare con nonchalance il calice. "Hanno fallito. Et allor? Sono dei perdenti"
"Mi piace"
"Roland?"
"Ochi" Milo ride, e la testa va su e giù. "Pùrros". Si ferma; l’indice picchietta –dubbioso- il labbro. "Ma è la stessa cosa"
Camus stringe strizza gli occhi. C’è qualcosa. Qualcosa che stona. Perché Milo adesso lo guarda, ed è serio. Anche se il meltemi soffia e scompiglia; anche con la camicia slacciata e i gomiti maleducati sul tavolino in ferro. Milo è extrêmement serio.
"Perchèi?"
Milo scrolla le spalle; l’ouzo in alto e quel sorriso serio (strano). "Scoprilo".
"Milo"
Milo si ferma; l’elmo nella mano (nervosa) e l’ostinazione –forte (fa male) – a non girarsi. Perché Camus ha tradito; perché non ha capito.
"Pyrrhus"Camus esita; la mano scivola al collo livido. "Te ne ricordi?"
La testa (traditrice) concede un cenno.
"Ho compreso". La voce (era sicura) soffia e trema. "Ho…ricordato"
"Ara?".
Milo aspetta. "Ara, Camus?" Nel silenzio (pieno) le braccia stringono e scuotono e la voce bagnata è un sussurro. "Ara? Ara Camus?"
"Né vittoria né sconfitta" Camus sfiora il komboloi al polso di Milo (un ricordo). "Seulemente speranza"
La speranza è un sogno ad occhi aperti.
(Aristotele)
[Definendo]
Un’idea nata per caso nella mia testa, mentre studiavo storia greca e mi imbattevo in Pirro. In questo re un po’ disprezzato un po’ dimenticato, di cui il Musti restituisce, adombra forse, in poche righe un ritratto vivido e coinvolgente.
Perché Pirro era un conquistatore nei sogni; la grandezza di un sovrano che osava progettare prima ancora di applicare. Quasi sapesse che la grandezza maggiore, nell’uomo, è la capacità di aspirare, anche nel fallimento.
Perché Milo e Camus?
Esattamente, non lo so. Ma sentito Pirro il paragone con Rolando, con il paladino frustrato, è stato quasi automatico. E se Rolando è francese, Pirro è greco. Di conseguenza: Camus e Milo.
In realtà, sono fermamente convinta che Milo, nel suo amare la terra natia, possa solo ammirare il sovrano d’Epiro, per la dedizione quasi con cui si è dedicato ai suoi ideali (aspirazioni) e a servire il suo regno. Milo è greco, e Pirro è uno dei ricordi più cari alla Grecia. Potevo scegliere Alessandro; ma non sarebbe stata la stessa cosa.
In più, per la prima volta, mi sono divertita a raffigurare un piccolo contrasto fra Milo e Camus; nulla che intacchi la loro amicizia, sia chiaro, ma una piccola sfida lasciata cadere fra le parole e trascinata in sordina negli anni. Quando Milo e Camus parlano, all’inizio, nella mia testa sono nel pieno dell’efebia, l’hanno quasi conclusa ad esser sinceri e quindi possono avere circa diciassette-diciotto anni; la fine del dialogo è, cronologia del manga alla mano, quasi due anni dopo, nelle scene non mostrate del Capitolo del Santuario della serie di Hades. Quello che Camus e Milo si dicono dopo la morte di Atena e la decisione di tornare in Germania in due gruppi. Anche se, a voler esser sinceri, non è fondamentale la base cronologica.
Ho cercato di giocare sulla lingua, invece. Milo parla in greco, ma per non rendere troppo pesante e difficile da seguire il tutto mi sono limitata a poche parole emblematiche, a delle espressioni. Camus invece parla in francese, e doveva parlare solo in francese; almeno fino a quell’ultima parola, elpis, dove recupera Milo, e non solo la lingua greca. Perché? Perché ho immaginato che il francese sia per Camus la lingua dei ricordi e della rabbia. E Camus è arrabbiato; con Milo nella prima parte, con se stesso nella seconda. Arrabbiato per essersi dimenticato che non è la vittoria o la sconfitta la cosa più importante, ma quel battersi nelle proprie convinzioni, nella speranza.
È vero che, nella battaglia all’Undicesima, Camus combatte contro Hyoga e sembra mosso solo da motivazioni personali, ma personalmente non rilevo il contrasto. Milo intuisce la diversa opinione che Camus ha della battaglia, dove le speranze sono diventate lo sfondo di una sola ossessione: non farsi superare.