EPILOGO

Mida si rialzò dolorante, con numerose ferite sul corpo, un tempo elegante e ben curato, e la Veste Divina in frantumi. Iro e Marcantonio erano di fronte a lui, e parevano aspettare una sua mossa. Non seppe quanto tempo era rimasto svenuto a terra, stordito dall’attacco ricevuto, ma credette fossero trascorsi una decina di minuti, durante i quali Aniceto era morto. Adesso era rimasto solo, di fronte ad uno sparuto gruppo di Heroes superstiti, determinati a porre fine a quell’interminabile, sia pur futile, battaglia.

Fece per dire qualcosa, per reagire, quando realizzò che il cosmo del Dio del Vino, che aveva aleggiato su di loro per tutta la durata dell’assedio, era scomparso. Forse già da un po’, ma prima, preso com’era dello scontro con Iro, non vi aveva prestato attenzione. Eppure adesso lo percepiva chiaramente. L’influsso dionisiaco era scomparso.

Fu allora che sorprese ulteriormente Iro, già abituato allo stile stravagante dell’Adorno, dichiarando di non voler più combattere.

"Sono un servitore di Dioniso e per lui combatto quando me lo chiede! Ma adesso che è morto, sono libero da ogni vincolo! E non ho certo intenzione di rischiar la vita in uno scontro in cui non ho più stimolo alcuno!" –Commentò con naturalità.

Iro e Marcantonio si fissarono per un momento, mentre anche gli altri Heroes si avvicinavano loro, e fu il Comandante della Seconda Legione a rispondere infine.

"Non possiamo comunque lasciarlo andare! Non dopo quel che lui e i suoi compagni hanno causato a Tirinto!" –E liberò nuovamente la Spirale dell’Onore, avvolgendo il Praticante di Dioniso, che, forse per la stanchezza che provava, non ebbe alcuna reazione, limitandosi ad un sospiro scocciato.

Ben presto Nestore, Druso e Antioco affiancarono i due Comandanti, facendo con loro il punto della situazione, l’elenco dei morti e dei feriti e dei danni subiti dalla fortezza. Erano rimasti in quattordici Heroes: oltre a loro cinque, erano ancora vivi Procri, Mitridate, Salomone e Sarpedonte, sia pur molto deboli, Strimone, Evandro e Nonio, oltre che Neottolemo, Archia, Laoconte, una decina di altri apprendisti e una quarantina di soldati. L’Hero dello Specchio si voltò in cerca di Alcione e la trovò, in mezzo alla polvere di quel tardo pomeriggio, china sul corpo spezzato di Nesso del Pesce Soldato. Gli accarezzò il viso, pulendolo con le lacrime, quindi lo sollevò, avvolgendolo in un mantello e avviandosi con esso verso l’interno di Tirinto.

Fu solo quando arrivò sul ponte levatoio che il Comandante della Terza Legione dovette fermarsi, inorridendo. Come gli altri, aveva percepito tre cosmi immensi comparire sul campo di battaglia. Tre cosmi di fronti ai quali persino i poteri di Argo, Didone o Sileno parevano poca cosa.

"Che diavolo succede, ancora?!" –Mormorò Nestore, mentre tre sagome comparivano di fronte a loro.

Alti e imponenti, con ampie stalle massicce e visi virili, costellati da una leggera barba incolta, tre uomini li fissavano con sguardo severo. Avevano mossi capelli scuri, striati di grigio e bianco, e occhi color argento, e indossavano corazze di divina fattura, totalmente coprenti, che li rendevano simili a dei giganti.

"Dei dell’Olimpo! Dioniso onnipotente!" –Mormorò Mida, terrorizzato, riconoscendo i sicari appena giunti, e comprendendo che qualcosa di terribile era accaduto sul Monte Sacro se i punitori erano stati convocati. –"Scappate… Scappateee!!!" –Gridò agli Heroes, prima di mettersi a correre, con la Spirale dell’Onore di Marcantonio che ancora gli bloccava le braccia.

"Codardo…" –Sibilò uno dei tre uomini, sollevando il braccio destro. E, prima ancora che avesse terminato di parlare, Mida venne investito da un fulmine azzurro e dilaniato nel profondo. Il suo cadavere ustionato e sanguinante ricadde a pochi passi dal fossato di Tirinto, di fronte agli sguardi attoniti degli Heroes sopravvissuti.

"Chi siete?!" –Chiese infine Nestore dell’Orso.

"L’avanguardia dell’esercito di Zeus! Coloro il cui nome risuona accompagnato dallo sfavillar del lampo e dal rombo del tuono!" –Esclamò colui che aveva massacrato Mida. –"Sterope del Fulmine! Arge lo Splendore, e Bronte del Tuono!"

I Ciclopi Celesti, giunti per cancellare dalla storia Tirinto e i suoi difensori.