PROLOGO
Iniziò a piovere lentamente sull’alto colle dell’Isola di Samo, con una monotonia che strideva con l’angosciato spirito dei sopravvissuti. Deboli, con le corazze a pezzi e numerose ferite sui corpi, gli Heroes si lasciarono cadere nel fango, sguazzando in quel che restava di quell’interminabile giornata. Nient’altro che un mucchio di terra bagnata dal sangue degli eroi che avevano combattuto per i loro ideali.
"E cosa abbiamo ottenuto?" –Si chiese Alcione della Piovra, guardandosi intorno, con aria triste e delusa, mentre il centellinare della pioggia si mescolava alle lacrime che non riusciva a trattenere. Per gli amici e i compagni caduti in quella guerra.
Ercole era scomparso, trascinato sull’Olimpo per volontà di suo padre, ed Era non era stata sconfitta, e forse sarebbe presto ricomparsa a terminare il lavoro lasciato in sospeso. Cosa potevano fare adesso loro che erano sopravvissuti? Ripensando all’impegno con cui avevano lottato, a quanto avevano stretto i denti, affrontando avversari a loro superiori, e giungendo persino a sacrificarsi per coloro che amavano, Alcione provò quasi un senso di colpa per essere sopravvissuta.
"Gerione…" –Mormorò il Comandante della Legione del Mare, ricordando l’energica figura del suo primo ufficiale. Del suo migliore amico. Dell’ultimo superstite della libera gente di Creta. –"Hai dato la vita per permettermi di andare oltre! Ma io, adesso, non capisco dove sono arrivata! No, non so affatto se sono davvero arrivata a qualcosa! Se sono davvero approdata a un qualche scoglio nella mia vita, o se ancora vago in un mare di incertezza!"
"Alcione!" –La voce maschile di Marcantonio dello Specchio la rubò ai suoi pensieri, obbligandola a sollevare lo sguardo verso il Comandante della Seconda Legione, che le porse gentilmente una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. –"Sei molto debole, appoggiati a me, Alcione!" –Commentò Marcantonio, senza riuscire a nascondere una stanchezza infinita che si era impossessata anche di lui, stremato dallo scontro con Era e i suoi servitori.
"Grazie!" –Mormorò Alcione, sollevandosi a fatica e tirando uno sguardo attorno a sé. Dell’Heraion di Samo non rimaneva niente, se non qualche pezzo di muro sparso e frammenti di colonne. Tutto era stato travolto e distrutto, mescolandosi con la terra smossa fino a formare un mucchio indefinito di rovine. Una tetra collina di fango e di sangue. Qua e là, a spezzare la monotonia di quel cimitero, gli Heroes sopravvissuti tentavano di rimettersi in piedi, seppure a fatica.
Nestore dell’Orso aiutò Penelope del Serpente a sollevarsi da terra, per quanto la Sacerdotessa non riuscisse a poggiare bene una gamba, mentre Antioco del Quetzal sosteneva il corpo stanco di Pasifae del Cancro. Soltanto Nesso del Pesce Soldato pareva non accennare a rialzarsi, incastrato nel terreno dall’ultimo attacco subito e incapace di muovere anche solo un dito per rimettersi in piedi.
"Nesso…" –Lo chiamò Alcione, sentendo il cosmo del ragazzo scomparire sempre più in fretta. –"Nesso!!!" –Urlò di nuovo, divincolandosi dalla presa di Marcantonio e iniziando a correre verso l’Hero del Pesce Soldato, inciampando e cadendo più volte, troppo debole per reggersi in piedi. A fatica, strascicando sul terreno distrutto, Alcione raggiunse il corpo ferito del compagno, avvolto da un’aura di morte.
Pallido, con il volto madido di sudore, e il corpo pieno di ferite e graffi, Nesso era in preda ad un violento attacco di febbre. Ma non una malattia qualsiasi, rifletté Alcione, osservandolo e sentendo il suo cosmo scivolare via, verso gli abissi di Ade. Una malattia che gli stava portando via la vita.
"La Lama degli Spiriti attinge il cosmo del corpo dentro cui affonda!" –Le aveva spiegato il Maestro dello Jamir. –"Ma porta con sé qualcosa anche di colui che la impugna!"
Mai come in quel momento ad Alcione quelle parole parvero così veritiere.
"Tu lo sapevi!" –Mormorò, stringendo a sé il corpo del ragazzo. –"Sapevi che ti avrebbe chiesto la vita, ma non hai esitato a impugnare la Lama degli Spiriti finché hai potuto! Per non darla a nessun’altro! Per non ferire alcuno dei tuoi compagni! E se le gambe ti avessero retto saresti andato persino da Era, per piantarla nel suo cuore!" –Pianse Alcione, ricordando una conversazione avuta con Nesso la notte precedente. –"È dunque questo il tuo altrove? È questa l’isola felice che tanto hai cercato?"
Non ottenne risposta, soltanto il rumore dell’ammucchiarsi dei compagni attorno a lei, preoccupati per la salute dell’Hero del Pesce Soldato, e per la sua. Pasifae del Cancro si avvicinò lentamente, con l’intenzione di curare Nesso, ma dopo pochi passi capì che non avrebbe potuto aiutare il ragazzo a risalire dal baratro in cui stava precipitando.
"No! Io non credo!" –Esclamò infine Alcione, con una nuova luce di speranza negli occhi. Senz’altro aggiungere, sollevò il corpo ferito di Nesso con le braccia, di fronte allo sguardo attento degli Heroes suoi compagni. –"Sta morendo!" –Commentò, voltandosi verso Marcantonio.
"Non abbiamo niente con cui curarlo qua!" –Rispose Marcantonio, con aria triste. –"Né i nostri poteri possono niente, contro l’ombra che sta divorando la sua anima!" –E incontrò lo sguardo di Pasifae, che abbassò il capo annuendo, dispiaciuta per non poter essere utile.
"Il Vecchio Saggio dello Jamir aveva ragione! Egli conosceva i rischi che il portatore della Lama degli Spiriti avrebbe incontrato! E sono certa che il popolo di Mu, che per secoli ne è stata custode, conosce anche una cura!" –Esclamò Alcione.
"Non vorrai portarlo nello Jamir, Alcione?!" –Intervenne Nestore dell’Orso. –"È troppo lontano, e non sei in condizioni di arrivarci!"
"Né possiamo purtroppo esserti di aiuto!" –Commentò Neottolemo del Vascello, riferendosi ai gravi danni subiti dalla Nave di Argo, impossibilitata per il momento a sollevarsi in volo.
"Non è necessario andare fino in Asia!" –Rispose calma Alcione, facendosi largo tra gli Heroes e incamminandosi fuori dal gruppo. –"So dove possiamo trovare un discendente del popolo di Mu, della stessa nobile stirpe del Vecchio Saggio dello Jamir!" –Aggiunse, abbandonandosi ad un sorriso. Un sorriso che Marcantonio e gli altri interpretarono come la debole speranza di salvare un amico.