CAPITOLO TERZO: VENDETTA DIVINA.
Nella calma del mattino greco, Eolo, Signore dei Venti, volava verso la Tracia, scivolando leggero nell’aria, sbattendo le ali della Veste Divina e approfittando di quel momento per pensare a cosa dirle. Gli erano venuti in mente vari modi per iniziare il discorso, ma alla fine, per un motivo o per un altro, era consapevole della realtà dei fatti e nessuna frase prestabilita avrebbe potuto cambiarla.
Planò ai margini di un bosco, incamminandosi a passo sicuro verso la caverna dove la Dea si era rifugiata secoli addietro, stanca dell’Olimpo, dei suoi fasti e soprattutto stanca della vita. Quando Titone era morto, l’unico uomo che veramente avesse amato, al punto da separarsi da Astreo, il padre dei suoi figli, una parte di lei era scomparsa con lui. La parte più umana ed emotiva del suo essere divino.
"Salute a te, Eos, Dea dell’Aurora!" –Commentò Eolo, affacciandosi alla caverna e trovandola spoglia, come l’unica volta in cui vi si era recato, molti secoli addietro. C’era solo una donna, dai lunghi capelli rosa, seduta a un tavolo di pietra, con la testa tra le mani, come se stesse piangendo. Lentamente sollevò lo sguardo, fino ad incrociare quello dell’uomo a cui aveva affidato i suoi figli.
"Lieta di rivederti, Eolo, Dio dei Venti!" –Rispose Eos, con voce rauca. –"Anche se, immagino, di lieto vi sia ben poco in questo nostro incontro!"
"Purtroppo è così!" –Esclamò il Dio, entrando e togliendosi l’elmo della Veste Divina, mettendolo sotto un braccio, e inginocchiandosi poi di fronte ad Eos. –"Sono venuto per scusarmi, per averti deluso! Per non aver mantenuto la promessa che ti feci in quel lontano giorno, quando accettai di prendermi cura dei tuoi quattro figli!" –Eos sospirò, socchiudendo gli occhi, mentre alcune lacrime le rigarono il volto, non impedendo comunque a Eolo di continuare a parlare.
"Non sono stato un buon padre! Nient’affatto! Li ho… condotti alla morte!" –Confessò infine il, raccontando a Eos la guerra appena combattuta tra Ercole e Era. –"Per onorare un antico patto con la Regina degli Dei, ne ho disatteso un altro! E me ne dolgo! Più di quanto io stesso avrei creduto! Perché non solo ho tradito me stesso, ma anche la fiducia che un’amica aveva riposto in me!"
"Non mi dici cose nuove, Signore dei Venti!" –Commentò Eos, parlando piano, come se ogni parola le portasse via energie. –"Ho sentito i cosmi dei miei figli spegnersi negli ultimi giorni, uno dopo l’altro, e ho immaginato che l’Olimpo fosse stato coinvolto in qualche guerra!"
"Una guerra ingiusta! A cui avrei voluto sottrarli! Ma le mie parole hanno avuto effetto solo su Euro, il più umano dei quattro, l’unico che non cercasse gloria e onori in battaglia! Ma un senso alla vita!"
"L’unico che mi ha fatto visita in centinaia di anni!" –Mormorò Eos, sospirando.
"In realtà tutti pensavano a te, anche se non approvavano la tua fuga dal mondo! Borea era nobile, e voleva apparire magnifico, anche se per farlo doveva essere forte e spesso arrogante agli occhi di molti! Ma era un guerriero leale, che è morto con onore, dopo aver affrontato valorosi avversari: Agamennone del Leone, che da Ercole ricevette in dono due manufatti divini, la pelle e l’artiglio della fiera di Nemea, e Adone dell’Uccello del Paradiso, il cui canto d’amore ancora risuona sull’inaridito versante di Samo!" –Narrò Eolo. –"Austro era violento, ma il suo cuore traboccava della rabbia che provava da secoli per non poter volare senza l’ausilio della Veste Divina! Per non poter realizzare l’unico sogno che celava nell’animo! Fu sconfitto, brutalmente, com’era nella sua natura guerriera, dal Portatore della Lama degli Spiriti, Nesso del Pesce Soldato, sul basso versante di Larissa!"
Eos ascoltava in silenzio, rivedendo nella sua mente le immagini degli scontri dei figli avuti da Astreo. Dei figli che aveva abbandonato e mai più avrebbe abbracciato.
"Zefiro è stato sconfitto a Tirinto, dopo un estenuante combattimento con un avversario all’altezza di un Dio! Tiresia dell’Altare, che di Asmita della Vergine, Cavaliere d’Oro di Atena, era stato allievo! Poco attento alle sue possibilità reali, Zefiro è caduto. Ma è caduto con onore, e con onore sarà ricordato! Così come Euro, che la guerra non l’ha mai amata e ha preferito dare la vita per il fratello Borea! Generoso come Ercole e come gli eroi del Mondo Antico che tanto ammirava!" –Concluse Eolo, non riuscendo più a trattenere le lacrime. –"Perdonami, Eos! Perdonami! Avrei dovuto essere forte, avrei dovuto oppormi alla volontà di Era! Ma il carattere è qualcosa che forse non ho mai avuto!"
"Smettila di piangere, Signore dei Venti! Non avrei mai lasciato i miei figli a un uomo che non sa dirsi tale!" –Commentò Eos, avvicinandosi e sfiorando le mani di Eolo. –"Ma a un uomo che potesse occuparsi di loro, facendoli crescere e insegnando loro che anche le Divinità non sono perfette, ma possono sbagliare e maturare! Borea, Austro, Zefiro e Euro non sono morti in battaglia, ma sono andati incontro al destino che loro stessi hanno scelto! Come io, secoli addietro, scelsi di amare Titone e di morire con lui! E questo mi rende fiera di loro! Non credi che una vita, seppur breve ma vissuta intensamente, meriti molto di più di una lunga esistenza in cui mai ci siamo sentiti noi stessi? In cui mai abbiamo creduto davvero di viverla?!"
Eolo non rispose, limitandosi ad alzarsi in piedi, ancora con le mani chiuse da quelle di Eos, e a fissare la Dea con un sorriso. E in quel momento le parve di rivedere il bel viso che aveva incantato Astreo e poi Titone, giovanile e delicato. Non il vetusto volto che il tempo e i ricordi le avevano sfregiato.
"Ma che bel quadretto!!!" –Esclamò improvvisamente una voce di donna, mentre folgori energetiche guizzarono impazzite all’interno della caverna, distruggendone una parte e facendola crollare sulle due Divinità.
"Che succede?!" –Gridò Eolo, afferrando Eos e proteggendola con il suo corpo, prima di voltarsi verso l’uscita e notare la sagoma della Regina degli Dei, rivestita dalla sua splendida Veste Divina, torreggiare di fronte a loro. –"Era?!"
"Credevi che fuggendo saresti stato al sicuro, Dio dei traditori? Nient’affatto! La mia vendetta ti ha raggiunto comunque!" –Incalzò Era, volgendo il palmo della mano contro Eolo e scagliandogli contro decine di folgori incandescenti.
"Non è stata la fuga a condurmi verso la Tracia! Ma il desiderio di parlare con un’amica! Termine che credo tu non conosca affatto!" –Rispose Eolo, facendo esplodere il suo cosmo, che turbinò attorno a Eos e a lui, allontanando i detriti franati su di loro e spazzando via le scariche energetiche di Era.
"Credevo tu fossi maestro nell’arte di fuggire…" –Sogghignò Era.
"E tu dovresti esserlo nell’interpretare in modo distorto gli eventi! Come hai sempre fatto con i sentimenti di Ercole e del Sommo Zeus!" –Esclamò Eolo. –"Senza mai sforzarti di capirli! Senza mai capire qualcosa che in fondo ti spaventa!"
A quelle parole Era esplose di rabbia, muovendo il braccio e generando un’onda di energia che travolse l’intera collina, facendola crollare e richiudendo l’uscita della caverna, intrappolando le due Divinità. Non dovette aspettare molto per sentir esplodere nuovamente il cosmo di Eolo, che generò un vortice di energia celeste, con il quale scavò nel terreno, fino a sollevare lui ed Eos e riportarli all’aria aperta.
"La guerra contro Ercole è sbagliata, Era! Gli Heroes sono uomini valorosi e nobili! Io stesso ho avuto modo di rendermene conto, confrontandomi con loro! Non vi è niente di malvagio, o di blasfemo, nel dedicare la propria vita agli altri! E tu dovresti capirlo più di chiunque altro! Tu che a nient’altro aneli se non ad essere venerata dagli uomini mortali, a cui giornalmente rivolgi il tuo disprezzo, e cantata nei miti e nelle leggende, come è stato per Ercole in tutti questi millenni!" –Esclamò Eolo.
"Le tue parole mi offendono e mi deludono, Signore dei Venti! Avevo fiducia in te, al punto da intercedere presso Zeus perché ti venisse affidato l’incarico che tanto volevi, essere il custode dei Venti nell’isola di Lipari! E come mi hai ricambiato? Con l’inganno!!!" –Ringhiò Era, generando un’onda di energia che scaraventò indietro Eolo e Eos, strappando parte degli abiti della Dea dell’Aurora. –"Non soltanto non hai sconfitto gli Heroes, fuggendo dal campo di battaglia, ma hai ben pensato di avvisare Zeus di fatti che non lo riguardavano! Solo per mettermi in cattiva luce!"
"Era mio dovere! In questo modo ho salvato sia te che Ercole dall’annientamento reciproco!" –Rantolò Eolo, cercando di rimettersi in piedi. Ma Era non gli diede tregua.
"Bugia!!!" –Gridò, espandendo il suo vasto cosmo e incendiando l’aria attorno, generando folgori energetiche che diresse contro le due Divinità.
Eolo fu svelto a gettarsi su Eos, ancora stordita dal rapido succedersi degli eventi, e a rotolare con lei sul suolo, evitando di essere stritolati dai fulmini di Era, prima di rialzarsi e contrattaccare.
"Bada a te, Era! Non sfidi un indeciso semidio! Ma una Divinità tua pari!" –Esclamò Eolo, bruciando il suo cosmo celeste e generando una violenta folata di vento che si abbatté su Era, sbilanciandola all’indietro, aumentando sempre più d’intensità.
"Mia… pari?!" –Bofonchiò Era, prima di far esplodere il suo cosmo, che, come le onde generate da un sasso cadendo in acqua, si espanse circolarmente attorno a sé, travolgendo Eolo e Eos e sbattendoli a terra. –"Ti sopravvaluti, Custode dei Venti! I tuoi colpi sono leggera brezza per la Regina degli Dei, che si innalza maestosa al di sopra di tutte le Divinità, seconda soltanto al Sommo Zeus!"
"Il fratello e sposo dei cui sentimenti per Ercole sei sempre stata gelosa, impaurita di finire al secondo posto!" –Affermò Eolo, rialzandosi.
"Taci, Eolo! Non sei tu il giudice in questa contesa! Oggi siedi al banco degli imputati, colpevole senza possibilità d’appello!" –Ringhiò Era, avvampando nel suo cosmo incandescente. –"Se parteggi per Ercole, seguirai le sue imprese dal Tartaro!"
"E perché non dovrei, Regina degli Dei? Ercole è il modello perfetto di uomo che è divenuto Dio senza mai dimenticare le sue origini! Ercole è un eroe! L’eroe degli uomini! E tutti noi, Divinità troppo prese dai nostri egoismi, dalle nostre invidie personali, dovremmo prenderlo ad esempio, soprattutto nel suo rapporto di fiducia con i suoi guerrieri! Che non sono dei subordinati! Ma eroi a lui pari!"
"Tanta simpatia per Ercole va al di là del tradimento, Signore dei Venti! Non sei più degno di questo titolo, né dello status di Divinità! Chiederò io stessa a Zeus, dopo che ti avrò condotto da lui, con il corpo a pezzi, di privartene!" –Tuonò Era, preparandosi per attaccare. Ma improvvisamente Eos, rimasta fino a quel momento silenziosa, dietro le protettive spalle di Eolo, si pose di fronte al Dio, aprendo le braccia di lato e rivolgendosi direttamente a Era.
"Il tuo comportamento è disdicevole e ben poco si addice alla Regina degli Dei! Non ci vediamo da secoli, forse da millenni, e la prima occasione che hai per farmi visita ti vede arrivare come una barbara distruttrice, che rade al suolo la mia casa e la terra in cui vivo senza rivolgermi neanche un cenno di saluto!" –Esclamò fiera Eos, la cui voce, parve a Eolo, meno rauca e più decisa.
"Casa? Terra? Eos, la lontananza dall’Olimpo ha forse ottenebrato i tuoi sensi? Quella caverna spoglia e umida e questa terra isterilita, fuori da ogni rotta, tutto hanno fuorché l’aspetto di una magione divina!" –Ironizzò Era con sdegno.
"Il tuo modo di porti rispetto agli altri non è cambiato in questi secoli, a quanto pare!" –Commentò Eos. –"Sempre pronta a sparare giudizi! Sempre convinta di essere superiore, solo perché un titolo indica la tua regalità! Ma i re, quelli veri, i cui nomi sono impressi nella storia, come Priamo di Troia, hanno avuto ben altre qualità! Doti di umanità che a te mancano!"
"Qualità che invece in te abbondano, Dea dell’Aurora!" –Sogghignò Era, travolgendo Eos con una pioggia di folgori incandescenti, che trapassarono lo stanco corpo della Divinità, prostrandola a terra, con le vesti strappate e macchiate di sangue. –"Hai rifiutato così tanto il tuo essere divino, per il lussurioso piacere di giacere con un uomo mortale, da avvizzire travolta dal tempo che, su noi Dei, non dovrebbe incidere!"
"Qua ti sbagli, Era! Il tempo incide sempre! Può essere cavaliere, e lasciar passare, oppure può essere il tuo boia!" –Commentò Eos, espandendo per la prima volta il suo cosmo, molto più debole rispetto a quelli di Eolo e di Era, non avendo più avuto occasione, o interesse, ad esercitarlo in passato.
"Dici il vero, Dea dell’Aurora! E nel tuo caso, e di quello del traditore alle tue spalle, sarà il boia!" –Esclamò Era, sollevando il braccio destro, mentre una luccicante polvere lo circondava, prima di venir scagliata dalla Regina dell’Olimpo verso i due. –"Ceneri del Tempo! Cancellate dalla storia chi ha rifiutato la divina essenza!"
Eos guardò impaurita la luminosa polvere avvicinarsi, e per un momento fu quasi tentata di correrle incontro, vedendo in essa il tramite per ricongiungersi con i figli e con l’amato Titone. Improvvisamente un forte vento si sollevò alle sue spalle, spingendo via le Ceneri del Tempo, mentre Eolo affiancava la Dea dell’Aurora, avvolto nel suo abbagliante cosmo celeste.
"Non credere di avere vittoria facile, Era!" –Si limitò a commentare, aumentando l’intensità del vento, che divenne una bufera incontenibile, che spazzò via le polveri generate da Era, travolgendo la stessa Regina Olimpica e sollevandola da terra, fino a rinchiuderla in un mulinello d’aria. –"Dai venti di cui ti sei burlata, considerandoli mere brezze, sarai sconfitta!"
Era vorticò per qualche minuto nel mulinello d’aria, finché non riuscì a prenderne il controllo, stabilizzandosi all’interno e fissando Eolo dall’alto, con aria di trionfo. Quindi lasciò avvampare il suo cosmo divino, che distrusse il vortice, abbattendosi sul Dio dei Venti e sulla Dea dell’Aurora, schiantandoli a terra.
"Il sole sorgerà a occidente quando un traditore, dagli effimeri poteri, riuscirà a vincere la magnificenza degli Dei Olimpi! Una casta di cui tu, misera Divinità, non fai parte!" –Affermò Era, planando a terra con calma, con il cosmo che sfrigolava sui palmi delle mani. –"Non più, figlio di Ippote!" –E liberò un potente attacco di energia, che schiacciò Eolo a terra, facendo vibrare con forza la sua Veste Divina, e quasi soffocò Eos, priva com’era di ogni armatura difensiva.
"Dobbiamo… resistere…" –Strinse i denti Eolo, cercando di rialzarsi. Ma l’enorme massa energetica evocata da Era lo sprofondava nel suolo sempre di più. Voltandosi, il Dio vide il corpo di Eos segnato da ustioni e ferite gravi da cui schizzi di sangue uscivano copiosi, imbrattando la verde erba dove la donna aveva passeggiato solinga negli ultimi secoli, ricordando l’amore che aveva provato e che l’aveva spinta a chiedere infine a Zeus di concedere a Titone il riposo eterno. –"Dopo i tuoi figli, ho condannato anche te!" –Mormorò il Dominatore dei Venti, trovando un’inaspettata forza per reagire. –"Borea! Austro! Euro! Zefiro! Soffiate!!!" –E liberò una violenta bufera che vorticò attorno ai corpi delle due Divinità, in maniera sempre più intensa, fino a generare un ciclone capace di respingere gli assalti di Era.
"Sciocco illuso! Se ti ostini nei tuoi propositi rivoluzionari, ti garantisco, anzi no ti prometto, che i venti di cui sei Signore non soffieranno più!" –Tuonò Era, concentrando il cosmo sulla mano destra e portandola avanti, scaricando migliaia di folgori energetiche contro Eolo e Eos.
La roteante barriera d’aria resistette per qualche istante, disperdendo le scariche di Era, per quanto molte riuscissero comunque a penetrarla. Ma l’aumentare progressivo della loro potenza la disperse, mentre Eolo si poneva di fronte a Eos per difenderla, lasciando che le folgori si schiantassero sulla sua Veste Divina, dilaniandola in più punti, e lo gettassero infine a terra.
"Sììì!!! Questa è la fine che spetta a tutti i traditori dell’Olimpo! Non fatui pentimenti, mai davvero sentiti, bensì morte! Come voi avete ucciso il vostro rango divino!" –Tuonò la Dea, mentre Eolo cercava a fatica di rialzarsi, osservando il corpo inerme di Eos, straziata dal sangue, che giaceva sul terreno distrutto. –"Questo è il giudizio che gli Dei hanno riservato a voi, che di Divino ormai non avete più niente! Questo è il Giudizio Divino!!!" –Gridò la Regina dell’Olimpo, scagliando contro Eolo e Eos un ammasso di energia, da cui sorsero folgori scintillanti, che travolsero i loro deboli corpi, prostrandoli a terra in un lago di sangue. –"Ah ah ah! Quale spettacolo diverte i miei occhi! È così che avrei voluto piegare Ercole!"
"E così non lo vedrai mai!" –Ringhiò Eolo, sollevando coraggioso lo sguardo, mentre migliaia di folgori dilaniavano il suo corpo, schiantando la Veste Divina in più punti.
"Muori!!!" –Esclamò Era inviperita, rinnovando il suo assalto. Ma era talmente concentrata sulla sua vendetta, che non si accorse di un turbinare improvviso di nubi e onde, dal sapore del mito, attorno a lei. Si voltò all’ultimo istante, e le sembrò di trovarsi, come Ulisse, nel mare in tempesta, mentre il vortice esplodeva sotto di lei, scaraventandola in alto.
"Ali del Mito!" –Tuonò una decisa voce maschile, osservando con soddisfazione la Dea venir sballottata dalla forza possente delle acque del Mediterraneo, dove cumuli di leggende si sono accumulate nei secoli.
"Questa voce…" –Mormorò Eolo, cercando di rimettersi in piedi. Volse lo sguardo verso Oriente, dove una figura si stagliava contro il sole.
Con l’armatura ancora ammaccata dagli scontri sostenuti a Samo, e il corpo rigato dalle ferite, Neottolemo del Vascello, il Nocchiere di Tirinto, fissava deciso il Dio dei Venti, il Dio che aveva compreso cosa spingeva gli Heroes a lottare.
"Se me lo concedi, Signore dell’Aria, sono giunto per porgerti aiuto!" –Esclamò, con il suo fare nobile. Ma la stridula voce di Era interruppe la loro breve conversazione.
"No, guerriero di Ercole! Sei giunto per morire!" –E concentrò il cosmo tra le mani, rilasciando un’immensa onda di energia, che si abbatté su Neottolemo, Eolo e Eos.
***
Sull’Olimpo, nel frattempo, Ercole vagava solitario per la Reggia degli Dei, amareggiato dal colloquio con Zeus e dalla verità che non poteva cambiare. Suo Padre aveva ragione. Come Comandante aveva fallito, ma prima ancora come uomo, e come amico. Non aveva avuto abbastanza carattere per impedire agli Heroes di agire e per affrontare di petto il problema, travolto dal ricordo di Deianira e dalla speranza che Era accettasse un giorno di vederlo come figlio.
Camminando, si avvicinò al Tempio dove aveva vissuto per molti secoli, fin da quando Zeus lo aveva salvato dal rogo sul monte Eta. Il Tempio che aveva abbandonato duecentocinquanta anni prima, non sentendovisi a suo agio, discendendo di nuovo sulla Terra. Lo vide bello come allora, con le intarsiate colonne di marmo che parevano ergersi fino a toccare il cielo, con le statue a lui dedicate che costeggiavano il viottolo d’ingresso. Un capolavoro d’arte che il Padre di tutti gli Dei aveva voluto far costruire per celebrare l’ascesa del figlio all’Olimpo. E il suo matrimonio con Ebe, la Coppiera degli Dei.
Rimase ad osservarlo per qualche minuto, indeciso se entrare o meno, quando un fruscio nell’erba alle sue spalle lo fece voltare e si trovò di fronte una ragazza dai capelli biondi. Bella, con le labbra ricoperte da un morbido rossetto verde e la pelle liscia, quasi da bambina, la giovane indossava un’armatura di dimensioni ridotte, che lasciava scoperta buona parte del suo corpo snello, esponendolo al caldo sole olimpico e agli sguardi eccitati dei Cavalieri Celesti e dei satiri, che non perdevano occasione di riempirla di complimenti.
"Nobile Ercole, ero sicura che vi avrei trovato presso la vostra dimora!" –Esclamò la ragazza, inginocchiandosi. –"Spero di non avervi disturbato, ma ho un messaggio per voi!"
"Nessun disturbo, dolce fanciulla! Qual è il tuo nome?"
"Sono Semele della Vite, Menade di Dioniso!" –Affermò la ragazza, rialzandosi e guardando il Dio con ammalianti occhi verdi. –"Il mio Signore, venuto a conoscenza della vostra presenza sull’Olimpo, desidera invitarvi a un banchetto in vostro onore, presso il vigneto dove risiede, confidando nell’occasione di rivedere un vecchio amico!"
"Uh… beh…" –Mormorò Ercole, preso alla sprovvista da quell’invito improvviso.
"Sarebbe un grande onore, anche per noi menadi e satiri, poter sedere al tavolo con uno degli eroi più grandi che il mondo abbia mai conosciuto! L’eco delle vostre imprese persevera nel tempo, vincendo persino sull’oblio, nobile Ercole!" –Continuò Semele, con voce suadente.
"Accetto l’invito del tuo Signore, Menade di Dioniso! Ma di una cosa soltanto ti prego… evita questi formalismi! Mi fanno sentire un pezzo da museo!" –Sorrise Ercole, porgendo il braccio a Semele, che ricambiò con un seducente sorriso, prima di incamminarsi assieme lungo il sentiero.
Non si accorse, il Dio degli Uomini, di una figura, dalle lunghe vesti color oro, che lo osservava sospirando dall’ombra del dischiuso portone del Tempio dove a lungo aveva vissuto. Una figura che anch’egli, a modo suo, aveva amato.
Semele condusse Ercole al vigneto di Dioniso, senza smettere, per tutto il percorso, di carezzargli le braccia muscolose e di sorridergli, chiedendo continue conferme sulle imprese eroiche che il Dio aveva compiuto nel Mondo Antico.
Per quanto la compagnia della menade fosse piacevole, e anche eccitante, il figlio di Zeus non si sentiva del tutto a suo agio. E quell’inquietudine aumentò avvicinandosi al vigneto del Dio del Vino e dell’Ebbrezza, con cui Ercole non aveva avuto alcun legame particolare d’amicizia, ma di cui conosceva la pazzia e la ricerca continua del piacere. Ebe, sua moglie divina, aveva sempre guardato con disprezzo alle orgiastiche abitudini di Dioniso, e di tutto il suo seguito, che zufolavano sui bassi versanti dell’Olimpo, sporcandolo con le loro depravate pratiche. Ma Ercole, che non amava impicciarsi degli affari altrui, a meno che non vi fosse costretto, non se ne era mai curato troppo, limitandosi ad evitarlo e a sorridergli con educazione nelle rare occasioni in cui si erano incontrati.
Per questo l’idea di un banchetto in suo onore, organizzato proprio dal Dio del Vino, lo stupiva. Ma, per non offenderlo, ben conoscendo il suo carattere instabile, e farsi un nuovo nemico, fu costretto ad accettare.
"Eccoci arrivati! Spero che questo piccolo angolo di Paradiso sia luogo adatto per celebrare le gloriosi imprese del più grande eroe del Mondo Antico!" –Commentò Semele, mostrando ad Ercole la terra su cui Dioniso imperava.
Ampi filari di vigneti sormontavano le loro teste, unendosi gli uni agli altri, in modo da generare un tetto verdeggiante, macchiato da gustose pigne d’uva, bianca e rossa. Piccoli esseri danzanti, dalla statura di bambini, con lunghe orecchie, corna, coda e zampe di capra, salterellavano attorno a loro, gettando in aria petali profumati, con cui aprirono la via al Dio dell’Onestà e alla menade, conducendoli al cuore del regno di Dioniso, mentre un allegro motivetto si diffondeva nell’aria, rallegrando la già di per sé festosa atmosfera.
"Dal suol di Tebe a te giungo!" –Esclamò infine una voce, mentre Ercole e Semele giungevano ai margini del vigneto, poco distante dall’ampio stagno dove menadi e satiri si rinfrescavano assieme. –"Io son Dioniso, generato da Zeus e da Semele, figlia di Cadmo, a cui disciolse il grembo del folgore la fiamma!"
A parlare, citando Euripide, era stato un uomo alto e dai mossi capelli verdi, che si ergeva di fronte a loro, rivestito da sontuose vesti dagli appariscenti colori. In mano reggeva una coppa d’oro, dove odoroso nettare riluceva sotto il sole olimpico.
"Dioniso, Dio del Vino!" –Affermò Ercole, mentre Semele liberava il braccio, andando a posizionarsi accanto al Signore dei Vigneti, che subito le carezzò il leggiadro volto.
"Ma chi abbiamo qua, quest’oggi? Un eroe!!!" –Rise Dioniso. –"Creatura assai rara da queste parti, dove formicolano solo mezze capre, ragazze invasate e vecchi ubriachi! Ih ih ih!"
"Sono felice di rivederti, Dioniso! E soprattutto sono felice di vedere che non sei cambiato affatto!" –Sorrise Ercole, cercando di mantenersi educato.
"E perché dovrei? Mi diverto così! Ih ih ih!" –Sghignazzò Dioniso, prendendo il volto di Semele con una mano e baciandola sulla bocca, assaporando con passione quel verde pigmento che le aveva spalmato ore prima. –"Non è splendida? È la più bella di tutte le menadi che mi onorano! E ti assicuro che sono tante! Ih ih ih! Ed io, per esprimerle la mia ammirazione, l’ho chiamata proprio come mia madre! Oooh, la mia defunta madre!" –E fece la mossa di svenire, portandosi una mano alla testa. –"Mi piange il cuore al sol pensiero di lei!"
"Dioniso…" –Mormorò Ercole, avvicinandosi preoccupato, per soccorrere il Dio.
"Ma tu! Come stai, ragazzo?" –Si riprese Dioniso di scatto. –"Non sai che piacere provo nell’incontrarti di nuovo! Dopo… non so… quanti secoli son passati? Bouf, non ricordo! Ma è stato un periodo di ottime annate! Di vini pregiati, sì sì!" –Rise il Dio, mostrando a Ercole una tavola riccamente imbandita e pregandolo di accomodarsi. –"La notizia del tuo arrivo mi ha colto di sorpresa, lo ammetto! Mi scuserai se non ho saputo preparare di meglio!"
"Non avresti dovuto disturbarti, Dioniso! E, in realtà, tornare sull’Olimpo è stata una sorpresa anche per me!" –Commentò Ercole, sedendo di fronte al Dio del Vino, mentre Semele e altre menadi gli avvicinavano vassoi di deliziosa frutta fresca.
"Non parlare così! Un pranzo non è mai un disturbo! Soprattutto in compagnia di un figlio di Zeus, proprio come me! Non trovi?" –Esclamò Dioniso, gustandosi un lungo sorso di vino rosso. –"Suvvia, mangia! Guarda quanto buon cibo! È così piacevole trascorrere del tempo a parlare di fronte a una tavola imbandita! E i seni delle menadi non sono affatto meno abbondanti!"
"L’ho notato, Dio del Vino!" –Si limitò a rispondere Ercole, con un certo imbarazzo.
"Qualcosa di turba, ragazzo? Se la loro compagnia non ti si addice, posso mandare a chiamare Ganimede, se preferisci! Ih ih ih!" –Rise Dioniso, mentre le menadi si strusciavano con sempre minor pudore al corpo atletico del Dio dell’Onestà.
"Tutt’altro! La compagnia è ottima, e il cibo altrettanto! Non avrei potuto chiedere accoglienza migliore!" –Si sforzò di sorridere Ercole. Ma il suo nervosismo non sfuggì a Dioniso, che gli si avvicinò, parlando piano, fin quasi a sussurrare.
"Io so cosa ti turba! Lo stesso motivo che mi ha confinato qua, negandomi una stanza nell’Olimpica Reggia! Qualcuno che non ama ciò che non riesce a comprendere!" –Aggiunse, fissando Ercole negli occhi. –"Era!"
Il Dio dell’Onestà scosse il capo, non ritenendo opportuno parlarne con lui. Privo in realtà della voglia di affrontare il discorso con chiunque. Soprattutto con un semisconosciuto, dalle dubbie qualità mentali.
"Sai, Ercole, in fondo siamo simili! Noi due!" –Esclamò Dioniso con naturalezza, allontanandosi dal figlio di Zeus e versando nuovo nettare nella sua coppa d’oro. –"Entrambi siamo stati maledetti! Dalla sposa di nostro Padre! Caricati di colpe che non ci appartengono, e condannati a una guerra perpetua… o alla pazzia!"
"Mi dispiace, Dio del Vino!" –Commentò Ercole. –"Comprendo il tuo dolore…"
"Non sforzarti!" –Lo interruppe subito Dioniso, col volto preoccupato. –"No! Non farti carico di ulteriore angoscia, oltre a quella che già deturpa il tuo viso virile! Non potrei permetterlo! Dovremmo reagire piuttosto e superare questa fase di stallo che dura da quanto? Migliaia di anni?!" –Sbuffò il Dio, lasciandosi cadere sconsolato sulla sedia. –"È vero che per noi Divinità sono pulviscoli di universo, ma, ti confesso, Ercole, che inizio a sentirne i segni!"
"E cosa proponi allora, Signore del Vino?!" –Chiese Ercole, con curiosità.
"Un’alleanza!" –Esclamò fiero Dioniso. –"Noi, figli di Zeus, contro la Madre che non ci ha accettato!" –E sollevò la coppa d’oro, incitando Ercole a fare altrettanto.
"Non è di questo che ho bisogno…" –Commentò sbadatamente Ercole, afferrando la coppa piena di vino, senza troppa convinzione.
"E di cosa hai bisogno, Dio degli Uomini? Quello che cerchi, ciò che disperatamente affanna il tuo cuore, già lo stringi in mano! Nel vino, nell’ebbrezza dei sensi, c’è tutto!" –Affermò Dioniso, sorseggiando il gustoso nettare.
"Conosco bene i tuoi vini… e i pericoli che nascondono…" –Ironizzò Ercole, avvicinando la coppa alla bocca, ancora indeciso.
La mano calda di Semele gli sfiorò una coscia, scendendo all’interno, mentre i suoi seducenti occhi verdi fissavano il Dio che gli uomini di tutto il mondo avevano ammirato. In quello sguardo ammaliante Ercole si perse, poggiando il calice sulle labbra e assaporando poche gocce del suo aromatico contenuto.
"Non solo i sapori, Ercole! Ma anche gli odori!" –Sorrise beffardo Dioniso, vedendo che Ercole iniziava a vacillare, guardandosi intorno stordito, incapace anche solo di parlare. –"Tutto qua trasuda di ebbrezza! Sei in mio potere adesso! Lo sei stato fin da quando hai varcato i confini del mio regno, lasciandoti incantare da un’armonia che non esiste!" –Quindi si rivolse a un gruppo di guerrieri caprini, subito spuntati alle sue spalle, mentre Ercole, drogato e inerme, crollava al suolo. –"Portatelo via!"
"Dove dobbiamo condurlo, mio Signore?" –Chiesero i guerrieri caprini.
"All’inferno!" –Sogghignò Dioniso. –"Portatelo all’Inferno!"