CAPITOLO DICIASSETTESIMO: BRONZO, ARGENTO E ORO.
Asher e gli altri erano rimasti indietro. E questo li aveva salvati.
Intenti a guerreggiare contro i demoni antropofagi, non avevano partecipato all’assalto contro la Porta delle Tenebre, venendo raggiunti di striscio dall’onda di vendetta scatenata da Erebo. L’Unicorno avrebbe voluto correre in aiuto di Atena, per sincerarsi delle sue condizioni, ma l’uomo con la lunga lama incurvata non aveva intenzione di farlo scappare. Anzi, non voleva far scappare nessuno di loro.
Sebbene fossero ai margini settentrionali del deserto davanti al Primo Santuario, Asher, i suoi compagni e la guarnigione di soldati rimasti con loro erano di fatto prigionieri dei Rakshasa. Ovunque si muovessero, i demoni li inseguivano, falciandoli con le loro spade; qualunque mossa pensassero, quei mostri riuscivano ad anticiparla, portando l’Unicorno a chiedersi se non leggessero nella mente. Ma non erano soltanto le loro capacità tattiche a intimorirlo, quanto l’orrore a cui si abbandonavano dopo la vittoria.
Deglutendo a fatica, Asher spostò lo sguardo dai cadaveri massacrati, su cui i Rakshasa si erano appena tuffati, al nemico di fronte a sé. Il nemico di tutti loro.
Alto, robusto, sorprendentemente piacente di viso, vestiva un’armatura nera di pregiata fattura, con delle decorazioni in oro che sembravano realizzate a mano. Sarebbe stata una bella corazza, non fosse stato per le dieci teste, catturate nel momento di gridare in preda a chissà quale terrore, che la ornavano. Due sulle ginocchia, due sul petto, due sui bracciali, due ai lati dell’elmo, persino due sulla schiena. Quasi fossero un monito per chiunque tentasse di assalirlo.
A noi Cavalieri piace violare certi divieti, superando i nostri limiti e quelli che altri ci hanno imposto! Rifletté l’Unicorno, bruciando il proprio cosmo e scattando avanti, proprio mentre il massiccio guerriero si liberava di Reda e Salzius, sbattendoli a terra. Con un colpo secco della sua spada, trinciò le loro catene e uguale sorte avrebbero incontrato le loro teste se non fosse stato distratto dall’attacco di Asher.
"Corno d’argento!" –Gridò, fiondandosi su di lui, con il braccio destro teso.
"Lento!" –Commentò l’avversario, spostandosi di lato, mentre il pugno dell’Unicorno gli passava accanto, lui lo afferrava e se ne serviva per ribaltare il ragazzo, schiacciandolo a terra. –"Sei lento per me!"
Asher tentò di liberarsi ma la presa dell’uomo era così ferrea che sentì persino la corazza scricchiolare. Fece per rialzarsi ma già l’altro stava mulinando la pericolosa scimitarra, mirando al suo collo e costringendolo a chinarsi. E a far sì che la lama gli mozzasse il corno.
"Uah ah ah! Che magnifico trofeo!" –Esclamò il suo avversario. –"Degno di un re! Degno di me!"
"Bastardo! Ridammelo!" –Avvampò Asher, rialzandosi con uno scatto, ma venendo colpito da una ginocchiata allo sterno, che lo piegò in avanti, facendogli sputare sangue. Proprio in quel momento la faccia urlante sulla gamba del guerriero azzannò il ragazzo, strappandogli via un pezzo di armatura, maglietta e carne al di sotto. –"Aaargh!" –Rantolò il Cavaliere, prima di essere spinto indietro e ruzzolare per diversi metri, fino a fermarsi ai piedi di Kama e Castalia.
"Asher!" –Mormorò la Sacerdotessa della Poppa, chinandosi su di lui, per esaminare la ferita, mentre l’Aquila si rivolgeva al loro avversario.
"Pare che tagliare il corno di un unicorno sia fonte di sventura! Non lo sapevi?"
"Uah ah ah! Non credo a simili dicerie popolari!" –Disse il guerriero, rigirando l’argentea punta tra le mani. –"Inoltre… sventura per chi? Certo non per me!" –Ghignò, scagliandola di colpo avanti e conficcandola nel ventre della Sacerdotessa.
Sputando sangue, Castalia barcollò, venendo afferrata al volo da Kama, proprio mentre il guerriero si lanciava su di loro, la spada stretta in pugno. Atterrò Asher con un calcio, ributtandolo al suolo, per poi voltarsi verso le donne e calare la lama, che le mancò solo perché le due inciamparono l’una nell’altra, cadendo a terra di schiena, tra le risate del demone.
"Magro banchetto si offre al possente Ravana!" –Disse, alzando la spada al cielo. Di quell’attimo approfittarono Reda e Salzius, portandosi ciascuno su un lato del nemico, liberando le catene ancora integre e afferrandogli il polso.
"Lo teniamo! Colpiscilo, Asher!" –Gridò Reda, mentre il malconcio Unicorno si rimetteva in piedi a fatica. –"Ora, coraggio!"
"Vi dirò un segreto. Uno soltanto. Ma vi basterà per accedere all’inferno con la consapevolezza del vostro fallimento. Che io sia libero o prigioniero, che sia in piedi o sdraiato, non cambia niente. La mia spada mieterà comunque la sua vittima." –Disse Ravana, prima che la lama si illuminasse di un intenso bagliore dorato. –"Siva Tandava Strota!" –Gridò, mentre migliaia di fendenti energetici sorgevano dall’arma, diretti tutt’attorno a sé. Distrussero le catene, trapassarono le corazze dei Cavalieri di Atena, sbriciolarono le loro carni, fino a prostrarli a terra sanguinanti.
"Aaargh!" –Rantolò Salzius. –"Credo… che mi abbia perforato un polmone…"
"Re… resisti!" –Mormorò Reda, sforzandosi per rimettersi in piedi, senza riuscire neppure a piegare le ginocchia per tirarsi su. Fu Ravana ad aiutarlo, afferrandolo per la chioma rosa e portandogli la faccia all’altezza del proprio petto, dove i due volti urlanti lo fissavano sgomenti. Bastò che il demone lo desiderasse e le bocche si allungarono, azzannando la carne viva, una al collo, l’altra gli portò via un orecchio.
"Per Atena!" –Esclamò l’Unicorno, aiutato da Kama a rialzarsi. –"È disgustoso! Credo che potrei vomitare!"
"Trattieniti!" –Gli suggerì la Sacerdotessa della Poppa. –"In Africa credevo di aver visto il male: morbi che io e il mio maestro non siamo stati in grado di curare, tribù massacrarsi a vicenda per il traviato volere di qualche Divinità, ragazzini maneggiare un fucile e sterminare la propria famiglia. Ma questo… questi demoni…"
"Rakshasa! Ci chiamiamo Rakshasa! Gli ingordi!" –Disse Ravana, voltandosi verso di lei. Gettò a terra Reda, rinfoderando la spada, e si avviò verso i due Cavalieri, avvolto in una nube di cosmo oscuro, su cui Asher credette di vedere auree striature. –"Oh, quei glifi che vedi? Non sei pazzo, esistono davvero! Sono un sigillo!"
"Un… sigillo?"
Ravana annuì, spostando per un momento lo sguardo, quasi stesse rivivendo giorni lontani. Attorno a loro, nel frattempo, i demoni continuavano a massacrare i soldati di Atena, cibandosi poi dei loro corpi. Asher vide Patrizio crollare sotto le lame di due di loro, prima che un terzo gli tirasse indietro la testa, conficcandogli i denti nel collo… e strappando tutto quel che c’era da strappare.
"Opera di mio fratello, il garbato e regale Principe Rama. Non apprezzava le mie scorribande per le giungle e le città dell’India, a capo di quella che definì una banda di malfattori degni di essere affogati nel Gange. Così, incapace di uccidere il sangue del suo sangue, timoroso di incorrere in chissà quale anatema divino, sigillò i miei poteri, i nostri poteri, costringendoci a vivere in quest’unico e immodificabile corpo."
"Unico… intendi dire… sei un mutaforma?"
Di nuovo, Ravana annuì.
"Lo ero. E lo sarò di nuovo." –Chiosò, fissando Asher con brillanti occhi verdi che parvero ghignare alle parole del demone. –"Caos me lo ha promesso! E voi mi aiuterete a ritrovare me stesso! Sentitevi orgogliosi della vostra generosa morte!" –Aggiunse, afferrando il ragazzo e Kama per il collo e iniziando a stringere.
I due si dibatterono ma la stanchezza e le ferite rendevano deboli i loro colpi, carezze sulle robuste braccia di Ravana.
"Muori tu, invece, mostro!" –Esclamò una voce femminile, facendolo voltare, proprio mentre Castalia gli piantava il corno, che si era tolta dal ventre, nell’omero sinistro, caricandolo di tutto il cosmo che era riuscita a radunare in quei brevi istanti. Non fu molto ma bastò per fargli mollare la presa sui due Cavalieri e spingerlo a un passo indietro. Ravana, nel qual tempo, mosse il braccio ferito, sbattendolo contro il cranio della donna, nel punto ornato dalla faccia urlante, che azzannò l’elmo e i capelli di Castalia, scheggiandogli il primo e strappandole decine dei secondi. Un gancio sul seno la spinse poi indietro, mozzandole il respiro e gettandola accanto ad Asher e Kama.
"Divertente. Hai animato questo tedioso combattimento. Grazie!" –Disse Ravana, sfoderando di nuovo la spada e muovendosi per calarla su di lei, che lesta rotolò di lato, lasciando che spaccasse il suolo. Kama liberò allora una sfera di energia, che il demone tagliò a metà con la lama, rimandandogliene una parte contro, mentre Asher si rimetteva in piedi e cercava di colpirlo con un diretto al mento. Il movimento di ritorno del braccio destro di Ravana, con cui reggeva la spada, lo raggiunse poco prima che riuscisse a ferirlo, scheggiando la sua corazza e spingendolo indietro. –"Sei fortunato! Qualche arcano potere protegge la tua armatura o sarebbe bastato un colpo della Spada di Luna per distruggerla."
Asher ricordò il momento in cui Atena li aveva bagnati con il suo ichor. Solo un paio di gocce a testa, ma sufficienti per donargli momentaneo ristoro e rinnovare la sua sconfinata fede in lei. Persino in quei momenti disperati, la Dea riusciva sempre a pensare prima agli uomini che così tanto amava, poi a se stessa.
Non poteva deluderla.
"Non lo farò! Atenaaa!!!" –Gridò, espandendo il proprio cosmo al massimo. Kama e Castalia fecero altrettanto, imitate da Reda e Salzius, che barcollando riuscirono a rialzarsi, formando un pentagono attorno a Ravana.
Quasi divertito da quell’ultimo sprazzo di autorevolezza che i Cavalieri della Dea greca parevano dimostrare, il demone sollevò la Spada di Luna al cielo, irrorandola con il suo cosmo oscuro. –"Siva Tandava Strota!" –E un ventaglio di fendenti energetici si aprì attorno a lui, dilaniando i corpi dei cinque coraggiosi, distruggendo le loro corazze e gettandoli a terra, nella polvere macchiata di sangue.
Quando tutto finì, Ravana cercò i Rakshasa, intenti a massacrare gli ultimi soldati di Atena, in un tripudio di grida sguaiate, prima di riportare lo sguardo sugli sconfitti. Da chi avrebbe iniziato? Forse dall’Unicorno, il cui organismo doveva essere colmo di adrenalina, una sensazione che degustava sempre con piacere.
Fece per avventarsi su di lui quando vide un muro di piante rosse sbarrargli la strada. No, non sono piante. Si disse, osservando quei rami intrecciarsi sempre più, protendendosi nella sua direzione.
"Ridicolo!" –Sibilò, mulinando la Spada di Luna e tranciandoli. –"Corallo?"
"Cobra incantatore!!!" –Esclamò una voce alle sue spalle, costringendolo a voltarsi, mentre un serpente di cosmo, avvolto in folgori incandescenti, sfrecciava verso di lui. Con un rapido colpo di mano, roteò la spada in aria, sollevando un cilindro di energia dietro il quale si difese, lasciando che l’attacco vi si schiantasse, disperdendosi.
Solo allora vide le tre donne, due bionde e una terza dai bizzarri capelli verdi, che correvano verso di lui, pronte per dargli nuovamente battaglia.
"Deve essere la giornata dei capelli colorati e delle aspiranti Amazzoni!" –Sghignazzò, impugnando la lama e liberando un piano di energia, che sfrecciò tra le tre compagne, forzandole a separarsi. Come si aspettava.
Abbatté la prima bionda con una spallata, strappandole la frusta di mano e usandola per afferrare la seconda per il collo e sbatterla a terra, prima di scagliare la spada contro la donna dai capelli verdi, conficcandogliela nelle scapole.
"Aaah…" –Rantolò Tisifone, mentre il cosmo di Ravana la aggrediva con violenza, facendo vibrare il suo corpo.
"Che il fuoco di Chandrahas ti divori, donna!" –Esclamò il demone, osservando compiaciuto l’esplodere della corazza del Serpentario e l’inerme avversaria crollare a terra, con chissà quante ossa rotte. Sogghignando, richiamò la Spada di Luna, che tornò nelle sue salde mani, dicendosi che, quasi quasi, non gli sarebbe dispiaciuto scoprirlo, toccando quel corpo femminile che in un altro momento avrebbe gustato volentieri. Ma prima doveva portare a termine la sua missione.
Caos gli aveva dato un ordine e lui lo avrebbe eseguito. Non che avesse scelta, in verità, se voleva tornare a essere il grande Imperatore dei Tre Mondi, flagello dell’India e sterminatore di principi. Questo, al ragazzino dal corno spezzato, non lo aveva detto, ma dubitava fosse interessato a conoscere la storia della sua famiglia, i segreti e le trame che nessun poema epico aveva cantato. Rama lo aveva ferito, ma non era riuscito a ucciderlo. Lui, invece, dubbi non ne aveva avuti.
Ma la morte del fratello non era servita a niente. L’incantesimo con cui aveva sigillato i suoi poteri non era svanito.
"Aaah… Cavalieri… amici…" –La voce di quell’adolescente irrequieto lo distrasse, voltandosi e osservando con quanta ostinazione, fatica e dolore tentasse di rimettersi in piedi, quando il massimo che riuscì a ottenere fu di puntellarsi sulle mani e sulle ginocchia, gocciolando sangue dai cento tagli che Chandrahas gli aveva aperto sul corpo. –"Rialzatevi! Bruciate… il vostro cosmo, come non avete mai fatto! Noi… dobbiamo… fermarlo!"
"Non affaticarti!" –Rise Ravana. –"Non hai più nessuno da salvare! I vostri soldati sono stati sconfitti, i loro corpi smembrati sono cibo per i Rakshasa! E più ci nutriamo, più diventiamo potenti! Quando avremo finito con voi, con tutti voi…" –E, nel dirlo, spostò il braccio destro, indicando con la spada l’intera spianata di fronte alla Porta delle Tenebre. –"…ritorneremo ad essere gli Dei di un tempo, gli Asura del nuovo mondo!"
"I deliri di un folle sanguinario non potranno vincere la luce di speranza che dimora nei nostri cuori. La luce che illuminerà il mondo."
"Uah ah ah! A malapena illuminereste una caverna, ragazzo!"
"Taci, mostro!" –Esclamò Asher, scattando avanti, con il pugno destro ribollente di energia cosmica. Ma di nuovo Ravana si spostò di lato, trapassandolo al ventre con la mano tesa, facendolo sputare sangue e accasciarsi sul braccio stesso.
"Asher!!!" –Gridò Castalia, affannando nel rialzarsi e spingendo gli altri a fare altrettanto.
"Moriresti comunque, per il veleno che le mie unghie ti hanno appena iniettato, ma sei stato un coraggioso avversario e un imperatore sa riconoscere il valore di chi osa sfidarlo. Eri un niente, una nullità cosmica, eppure hai avuto l’ardire di combattermi! Guerrieri ben più grossi di te sono fuggiti via, squittendo disperati alla sola vista di Chandrahas! Perciò meriti una morte rapida!" –Disse Ravana, depositando Asher a terra, sulle gambe che a stento lo reggevano, acciuffandolo per i capelli, mentre l’altra mano reggeva la Spada di Luna. –"Addio!" –E la mosse per mozzargli la testa, ma una figura scattò verso di lui, afferrandogli il braccio e tentando di tenerlo a distanza dal ragazzo.
"Donna audace. È forse il tuo amante che con tanto ardore difendi?"
"N… No!" –Mormorò Kama, piegata sotto la forza di Ravana, la cui lama si faceva sempre più pericolosamente vicina al suo volto. –"Ma è l’allievo di colui che ho amato e ho giurato che l’avrei protetto. Sempre."
"Un giuramento d’amore? Credevo che in quest’epoca immersa nel materialismo non se ne facessero più!" –Ridacchiò il demone. –"Beh, sentiti appagata, donna. Tra poco rivedrai il tuo amato e gli dirai di averci provato, con tutte le tue poche forze!" –Detto ciò, Ravana la spinse a terra, colpendola all’addome con il taglio di Chandahas.
"Smettila, bastardo!" –Si riprese Asher, dandosi la spinta verso l’alto e mitragliando il petto del demone con una sventagliata di calci. Infastidito, Ravana lo investì con una vampata del suo cosmo, scaraventandolo a terra, prima di notare che quel suo attacco gli aveva distrutto le facce sul pettorale. Stirando le labbra in un ghigno, urlò.
"E sia! Vi siete dimostrati degni di cadere per mia mano! Non bestie da macello, ma valorosi avversari! Pur tuttavia, il tanto coraggio a cosa giova, quando non c’è la forza?" –E, nel parlare, si voltò in modo da osservare in faccia gli otto combattenti che gli stavano attorno, feriti, sanguinanti e indifesi, ma ancora decisi a provare. –"Può un roditore aver ragione della possente Tigre del Bengala? Non può. È l’ordine naturale delle cose a decretarne la sconfitta. Il più forte vince e il più forte sono io!" –Disse, roteando la Spada di Luna e generando una corrente di energia che lo avvolse, crescendo a spirale attorno a sé, fino a concentrarsi sulla lama. –"Addio, Cavalieri di Atena! Che il taglio di Chandrahas ponga fine alle vostre sofferenze!"
Migliaia di fendenti energetici sfrecciarono in ogni direzione, massacrando gli otto combattenti, distruggendo le loro corazze, portandogli via pezzi di pelle e ossa, fino a schiantarli a terra, in pozze di sangue, dolore e sconfitta. Solo allora Ravana ripose la Spada di Luna. Solo allora tornò il silenzio.
Tirando un rapido sguardo verso la Porta delle Tenebre, il demone vide gli scontri ancora in atto. Un Cavaliere dall’armatura rosacea e dalle mille saettanti catene stava abbattendo i Figli del Drago mentre la pelle della gigantesca bestia che li aveva partoriti era chiazzata di macchie biancastre, simili a strati di ghiaccio, che rendevano pesanti i suoi movimenti. A breve, entrambi sarebbero stati sconfitti, ma i loro avversari sarebbero usciti affaticati dallo scontro. E un avversario stanco è un avversario debole! Sogghignando, Ravana si avviò verso il gruppo di demoni ai suoi comandi, per dare loro nuovi ordini, quando, passando accanto a uno dei corpi dei moribondi Cavalieri di Atena, si accorse che respirava ancora.
Era il ragazzo dai capelli castani, le cui dita (quante? Un paio forse gli erano state mozzate?) raspavano sul suolo per trovare la forza di piegarsi e stimolare il resto del corpo a sollevarsi. Tanta ostinazione, tanta inutile risolutezza Ravana non l’aveva mai incontrata nemmeno nelle prede più coriacee. Nemmeno suo fratello aveva lottato così tanto durante il loro scontro finale, scoppiando in lacrime quando i Rakshasa avevano iniziato a sbranarlo.
"A… Atena…" –Mormorò l’Unicorno, il cui cosmo si accese di una flebile luce.
"Che vai cianciando, ragazzino? Pensa a morire!" –Ribatté Ravana, irato, colpendolo sulla schiena con il tacco dell’armatura, più e più volte, mentre Asher sputava sangue e continuava a rantolare. –"Ti avevo onorato di una morte veloce ma hai rifiutato il mio dono! Nessuno offende l’Imperatore dei Tre Mondi! Nessuno offende Ravana dalle Dieci Teste! Vuoi vedere la mia faccia violenta? Eccola!" –E continuò a calpestarlo, mirando alle ossa, premendo fino a sentirle rompersi.
"Asher!!!" –Esclamarono Tisifone e Castalia, bruciando quel che restava dei loro cosmi. –"Siamo… con te…"
Le loro aure si sollevarono e, d’un tratto, ai tre Cavalieri non sembrò neppure di trovarsi lì, a lottare per la propria vita di fronte alla dimora degli Dei Ancestrali. Né in quel tempo. Fosse un gioco perverso di Caos o un ricordo riemerso solo adesso non seppero spiegarselo, ma lo assecondarono, navigando indietro con la memoria.
Asher si rivide di fronte al portone di Villa Thule, dopo sei anni trascorsi ad Orano. Era irrobustito, era persino abbronzato e, dalle parole di Mylock, capì di essere stato il primo a tornare dall’addestramento, il primo a portarlo a termine. Quelle parole lo inorgoglirono ma quando Lady Isabel fece il suo ingresso, col suo bell’abito bianco, al ragazzo parve di trovarsi di fronte a una Dea. La sua Dea.
Tisifone correva nei boschi attorno ad Atene, assieme alle altre aspiranti sacerdotesse. Saltava sui rami, dandosi la spinta per raggiungere l’albero successivo, poi atterrava nell’erba, con grazia, avendo cura di non insospettire l’ignara preda che si abbeverava a un ruscello. Eccola, adesso l’avrebbe catturata, con mani che, da quelle di una bambina, erano divenute le mani di un maschio. Le stesse che, si augurava, un giorno avrebbero di nuovo stretto sua sorella.
Castalia amava nascondersi nei gonnelloni del Primo Ministro, quando gli faceva visita, ma anziché ascoltare le lezioni di storia, arte e medicina, avrebbe voluto essere fuori a giocare. Perché non poteva giocare? Con quel ragazzo dai riccioli castani che sedeva sui leoni di pietra, fuori dalla Quinta Casa di Leo. Le aveva detto di essere un Cavaliere d’Oro ma era troppo giovane, di certo si era burlato di lei. Incuriosita, avrebbe voluto saperne di più, di lui e di suo fratello, così forse avrebbe smesso di pensare a Toma, che l’aveva abbandonata. Toma, che non avrebbe più rivisto.
"Atena!!!" –Gridarono Asher, Castalia e Tisifone, ormai avvolti in una sfolgorante nube di cosmo iridescente che presto assunse sfumature dorate. In quel momento tre comete bucarono il cielo nero, precipitando sui Cavalieri della Dea della Guerra e rivelando tre scrigni d’oro massiccio.
"Incredibile!" –Rantolò Kama, riconoscendoli. Anche Ravana dovette allarmarsi, muovendo la Spada di Luna in direzione di Asher, deciso a tagliargli la testa prima che potesse usare quella nuova arma giunta in suo aiuto.
"Non ti permetterò di fargli del male!" –Avvampò la Sacerdotessa della Poppa, interponendosi tra loro, proprio mentre il demone affondava la lama e gli scrigni dorati si aprivano, riverberando la loro tonificante luce aurea.
"Ma quelle sono…" –Balbettò Titis, ancora sdraiata a terra, vicino all’amica Tisifone che ormai fluttuava in aria, sostenuta da una corrente di cosmo dorato.
"Scorpio, Cancer e Fish combattono con noi!"
L’armatura del Cancro apparve di fronte a lei, scomponendosi e andando poi a rivestire lo stanco corpo della Sacerdotessa Guerriera, già protetta durante la Scalata all’Olimpo. Poco distante l’armatura dei Pesci si mostrò in tutto il suo splendore, entrando in sintonia con Castalia e ricoprendola all’istante. Terza apparve la corazza che aveva difeso il custode dell’Ottava Casa e che adesso avrebbe prestato aiuto al giovane Unicorno. Così, rivestiti delle armature dei Cavalieri d’Oro, Tisifone, Castalia e Asher si ersero di nuovo attorno a Ravana, solo per rendersi conto che Kama giaceva nella polvere, con la Spada di Luna ancora conficcata nel petto.
"Kama!!!" –Esclamò subito Asher, muovendosi per soccorrerla, ma lo sguardo che lei gli rivolse lo fermò.
"Ho tenuto fede alla mia promessa! Adesso rivedrò Regor e assieme a lui, a Nicole e al nostro maestro Magellano veglieremo su di voi. Addio giovani Cavalieri di Atena, voi siete la nuova generazione. Voi siete la salvezza della Terra!" –Disse, con le lacrime agli occhi, prima di lasciar esplodere tutto il suo cosmo. La detonazione spinse persino Ravana indietro, costringendolo a coprirsi gli occhi, per poi scoprire, quando la luce scemò d’intensità, che la donna era scomparsa, assieme alla sua lama.
"Maledetta! Me l’hai portata via!"
"Oh, povero mostro! Hai perso il tuo giocattolo preferito?" –Lo apostrofò Asher, sforzandosi di dare alla voce un tono più spavaldo di quanto non si sentisse.
"Tu non capisci, miserabile mortale!" –Ringhiò l’altro, scattando avanti, a pugni tesi, e scontrandosi con il Cavaliere di Atena. –"Quella era l’ultima reliquia! Tutto quel che mi restava dei tempi in cui ero il Terrore dell’India! Prima che Rama sigillasse i miei poteri, privandomi dello status divino! E vi massacrerò per avermela portata via!" –Pugno contro pugno, affondo contro affondo, Ravana e Asher danzarono su loro stessi, uno parando e l’altro colpendo e viceversa, finché il demone non lo spinse via con un’onda di energia ma, anziché opporsi, l’Unicorno si lasciò trascinare, facendo una capriola in aria e atterrando a piedi uniti, a debita distanza.
"Quale inimmaginabile potere nascondo le Armature d’Oro!" –Analizzò, sentendosi come se fosse appena uscito da una lunga malattia.
"Un potere di cui non dobbiamo abusare!" –Precisò Castalia. –"Nemmeno loro possono rimediare a tutto."
"Ce lo faremo bastare!" –Chiosò Tisifone. –"Insieme! Adesso!" –E bruciò il cosmo, sollevando il braccio destro, avvolto in una moltitudine di scariche di energia. –"Cobra incantatore! Mordi la tua preda!" –Ma l’assalto della donna, per quanto potenziato, Ravana riuscì comunque a evitarlo, spostandosi più veloce del guizzare del serpente energetico. Afferrò Castalia per un piede, mentre piombava su di lui a gamba tesa, roteandola e scagliandola sulla compagna e schivò infine il calcio volante di Asher.
"Non… funziona!" –Mormorò quest’ultimo, a cui la smania per l’eccitazione iniziale stava passando, realizzando che le parole di Castalia erano vere. –"Le armature d’oro… da sole non bastano a rendere grande chi le indossa!"
"E voi siete soltanto insetti! Non ho bisogno di Chandrahas per schiacciarvi!" –Disse Ravana, sbattendo un pugno nel palmo dell’altra mano e spalancando poi le braccia, mentre tutte le teste deformi sulla sua corazza iniziavano a gridare, allungandosi rapaci verso gli avversari. –"Dasamukha! Divorateli, dieci facce di Ravana!"
"No!!!" –Gridò allora Titis, sfiorando il suolo e infondendovi tutto il cosmo che poté, facendo sorgere, ovunque attorno a sé, fusti di corallo che si avvitarono attorno alle dieci facce allungate del demone, tentando di frenarne la furia. –"Siamo con te!" –Si rialzarono Nemes, Reda e Salzius, iniziando a prenderle a pugni, per distruggerle.
Vedere i ben più deboli e indifesi compagni lottare fino alla fine infiammò l’animo di Asher, Castalia e Tisifone, portandoli a bruciare i loro cosmi oltre ogni limite avessero mai creduto di avere. Quale senso avessero raggiunto non seppero dirselo, ma seppero che in quell’impresa gloriosa non erano soli, bensì sostenuti dai cuori ardenti di chi credeva in loro.
"Geki! Aspides! Ban! Black! Per voi combatto!" –Esclamò l’Unicorno, levando il pugno guantato d’oro. –"Mylock! Kama! Maestro Regor! E anche per te, Lukas!"
"Cassios! Guardami dal firmamento ove riposi in pace! Guarda la tua maestra che mai ti ha dimenticato!" –Avvampò Tisifone. –"E anche tu, Artemide, so che vegli su di me, guarda la guerriera che avevi fronteggiato nella foresta! Iaiii!!!"
"A differenza vostra, io non ho perso nessuno. Coloro che amo sono tutti qua e io ho intenzione di rivederli! Toma, Nikolaos, Ioria! Aspettatemi!" –Concluse Castalia, mentre i loro cosmi salivano verso il cielo, unendosi in una corona di luce che piovve poi su Ravana, distruggendo le dieci facce intrappolate nel corallo e la sua corazza.
"Non… può essere! Sono un demone divoratore! Non posso essere sconfitto da tre ratti di fogna! Dasamukha!"
"Non da ratti, ma da un cobra reale!" –Esclamò Tisifone, spuntando dietro di lui, il braccio teso e avvolto da migliaia di scariche di energia, che scossero il corpo di Ravana, schiantando la sua armatura oscura.
"E da un’aquila!" –Aggiunse Castalia, colpendolo sul ventre con una miriade di calci, simili alle beccate di un maestoso predatore alato, fino a costringerlo indietro, a piegarsi e a tenersi le viscere che gli fuoriuscivano dalla ferita.
"E da un unicorno!" –Disse infine Asher, galoppando su di lui a una velocità che, a tutti, parve quella della luce. –"Per Atena e per i nostri amici!" –E lo trapassò con il pugno teso, scaraventandolo in alto, con il corpo a pezzi. –"Qui giace Ravana, il demone che non fu mai davvero un re!"
Ansimando, i Cavalieri si riunirono tra loro, per verificare le ferite di Reda e Salzius. "Sei stata bravissima! Eri ancora debole per lo scontro con Atteone ma non hai esitato a lottare per la causa. Ti ammiro!" –Disse Titis all’amica. –"Ma la guerra è lungi dal terminare!" –Aggiunse, mentre la schiera famelica dei Rakshasa li circondava, in cerca di vendetta. Asher mostrò il pugno, ma si accorse che la luce del suo cosmo non era più poi così dorata. Se anche sono forti la metà di Ravana… rifletté, cercando di non farsi vincere dallo sgomento.
Prima che potesse anche muovere un solo passo sentì un soffio di vento lambirgli le gambe, una corrente che turbinò attorno ai sei combattenti travolgendo i Rakshasa e sollevandoli poi in una vera e propria tromba d’aria.
"Soffia, Vento di Levante!" –Esclamò una voce cristallina, mentre una sagoma cinta da un manto di variopinti colori scendeva su di loro. Anche se ferito e con la Veste Divina danneggiata, l’ultimo figlio di Eos riuscì comunque a sorridere ai Cavalieri di Atena mentre il suo cosmo esplodeva, disintegrando i demoni antropofagi.