CAPITOLO SEDICESIMO: L’AMICO DI UN TEMPO.
L’assalto alla Porta della Luce non era servito a niente, neppure a farne vacillare lo splendore. La barriera che la proteggeva era ancora lì, palese agli occhi di chiunque vi volgesse lo sguardo, quasi volesse, il suo creatore, manifestare la sua superiorità, e annesso disprezzo, per quei variopinti ratti che ardivano raspare al suo ingresso.
Pegasus gli aveva parlato di lui, definendolo un ipocrita di bianco vestito con la bocca impastata di odio e sangue. Un fanatico. E come tale pericoloso.
Ma quale avversario non lo è stato? Rifletté Sirio. Tutti coloro che scatenano una guerra sono fortemente convinti di essere nel giusto, e che il loro agire sia sacro. Crisaore glielo aveva detto, di fronte alla Colonna dell’Oceano Indiano, che il mondo doveva essere purgato, e questa era la missione degli Dei. Si chiamassero Nettuno, Ade, Ares o Caos, cosa cambiava in fondo? A modo loro, avevano tutti cercato di sterminare il genere umano e forse solo adesso Sirio ne comprendeva il motivo.
La verità è che ci temono! Annuì, evitando l’affondo dell’avversaria. Temono quel che possiamo fare, il sole che possiamo divenire! Aggiunse, piroettando su se stesso e portandosi di lato, per poi sollevare il braccio e liberare le zanne del Drago di Cina, che dilaniarono Babd, aprendo squarci sul suo corpo robusto e facendola vacillare. Sirio ne approfittò per tagliarle la testa con Excalibur.
Ansimando per lo sforzo continuo, il Cavaliere di Atena si guardò attorno. Quel poco che avevano ottenuto lanciandosi contro la Porta della Luce, come suggerito da Zeus, era stato spazzar via la fiumana di ombre, dilaniata dai fulmini di Alexer, dai draghi di Cina e Britannia e dai gelidi cosmi degli Asi. Ma la Morrigan si era salvata, librandosi in aria con ali di corvo e evitando l’assalto, per poi chiamare in aiuto le sue sorelle: Babd, la Gigantesca, affrontata da Sirio, e Nemain, la Lamentosa, presto vinta da Alexer. Soltanto la Dea Corvo resisteva, stoica, intenta in una danza di morte con Ascanio. Dragone avrebbe voluto portargli aiuto ma l’Angelo d’Aria l’aveva fermato, riconoscendo che c’era qualcosa, in quel duello, che pareva trascendere il tempo.
Osservandoli, e osservando le loro aure turbinare in un arcobaleno di colori, Sirio dovette dargli ragione e vedere Ascanio per quello che di fatto era. Non soltanto il Glorioso Comandante dei Cavalieri delle Stelle, ma il figlio di quella stessa Isola Sacra, che pareva rivivere in lui.
Narrano le antiche cronache che, dopo la morte a Mount Badon, il corpo di Arthur Pendragon, l’Unificatore delle tribù di Albion, venne portato ad Avalon da sua sorella. Chissà che non sia stato proprio l’Angelo di Luce ad addestrarlo, sperando magari di farne il suo erede?
In quel momento la Morrigan attaccò di nuovo, liberando una sfilza di piume di cosmo nero, taglienti come lame, che Ascanio schivò, scattando di lato in lato, e distruggendo, con i pugni, quelle che non riuscì a evitare. Ma una infine lo raggiunse, nell’interno coscia, strappandogli un gemito, sufficiente per rallentare la sua corsa.
"Muori, Pendragon!" –Ringhiò la Dea Guerriera, spalancando le ali e piombando su di lui, il naso aquilino simile a un becco aguzzo, le mani tese in un affondo mortale. Ascanio non tentò neppure di difendersi, limitandosi a distogliere lo sguardo mentre la carica bianca la travolse.
Sirio faticò a capire cosa stesse accadendo, cosa fosse quel fiume latteo che aveva appena investito la Morrigan, intrappolandola tra le sue spire, calpestandola con forza e afferrandola ogni volta in cui tentava di librarsi in alto. Solo sforzando la vista riuscì a distinguere le sagome dei cavalieri.
Erano un esercito e sfrecciavano su bianchi destrieri, dello stesso colore delle loro armature, le spade in pugno e le lance abbassate. Ai lati delle file garrivano gli stendardi dei Pendragon, con i due draghi, bianco e rosso, attorcigliati assieme.
"Che siano…?" –Mormorò, e Alexer, poco distante, annuì.
"I bianchi Cavalieri di Glastonbury! Le legioni dei Pendragon che difesero Albion nel Quinto Secolo dagli invasori venuti da oltremare e dall’ombra. Fu un’epica battaglia, proprio come questa. La rammento ancora e rammento la determinazione di Arthur nel difendere la propria terra, una luce non dissimile da quella che brilla negli occhi di Ascanio!" –Aggiunse, mentre la bianca marea proseguiva la sua corsa, travolgendo qualche Guerriero del Caos appena uscito dalla Porta della Luce e poi proseguiva verso ovest, per portare aiuto ai combattenti di fronte al cancello presieduto da Nyx.
"Da est a ovest." –Analizzò Sirio. –"Stanno girando attorno al Primo Santuario seguendo l’orbita solare."
"E quando torneranno alla Porta del Giorno la loro esistenza terminerà. Ma non piangerli, non ce n’è motivo. Il re in eterno rinascerà, assieme ai suoi Cavalieri, ogni volta in cui le tenebre minacceranno la Terra."
Passata la bianca schiera, Ascanio si rialzò, incurante del sangue che colava lungo la gamba destra. Aveva notato, mentre gli sfrecciava davanti, l’uomo che apriva la fila, la corona di luce sui capelli biondi, il sorriso accennato nella sua direzione. Anche per onorare la sua memoria, il Cavaliere della Natura avrebbe combattuto ancora.
Un lamento lo raggiunse, portandolo a volgere lo sguardo verso la Morrigan.
Pesta e contusa, il corpo traforato da centinaia di lame e lance, la Dea aveva perso ogni traccia della bellezza selvaggia sfoderata all’inizio, somigliando adesso a una vecchia stanca e gobba, dalla bocca storta, quasi deforme, e dalle orbite vuote. Eppur si muoveva ancora.
"Non per molto." –Esclamò Ascanio, espandendo il proprio cosmo, che si sollevò sotto forma di due maestosi dragoni, uno bianco e uno rosso, la vita e la morte, che si inseguirono e avvitarono l’uno all’altro nel cielo nero, prima di saettare a fauci aperte verso la Dea Corvo. –"Nel nome dei Pendragon che qui rappresento, io ti sconfiggo, Signora della Guerra! Double Dragon Attack!"
"Stolto!" –Sibilò lei, mentre le zanne affondavano nel suo corpo distrutto. –"Puoi sconfiggermi quest’oggi ma io ritornerò, come i miei simili, fintantoché gli uomini alimenteranno la nostra fiamma. La guerra è una malattia incurabile, Pendragon. Dovresti saperlo, tu che ne soffri quanto me." –Nient’altro disse, prima di svanire.
"Ascanio! Stai bene?" –Si preoccupò subito Sirio, correndo da lui.
Il giovane annuì, ringraziandolo, prima di volgere lo sguardo alla Porta della Luce, ancora rivestita da quel maledetto velo che impediva loro di andare oltre. Osservandone i tratti del viso tesi e inquieti, Dragone comprese i suoi timori.
"Dobbiamo entrare."
Proprio in quel momento un urlo di donna li riscosse, lanciandoli di corsa dietro ad Alexer attraverso il campo di battaglia, costellato di cadaveri di soldati di Asgard, Blue Warriors, discendenti di Mu, druidi e sacerdotesse dell’Isola Sacra. Era stata propria una di queste a strillare, prima di venir sradicata da terra e risucchiata in una forma ovoidale, di colore nero, apparsa nel cielo sopra di loro. Altri compagni, di qualunque schieramento fossero, stavano sperimentando la stessa tragica sorte.
"Quale diavoleria è mai questa?" –Esclamò Alexer, notando come, attorno a loro, stessero sorgendo sottili sagome ovali di cosmo nero che risucchiavano le persone al loro interno. Da alcune, invece, quelle ai lati del campo di battaglia, stava fuoriuscendo una sbobba nera, che presto assunse la forma di servitori del Caos.
"Le ombre… i caduti nelle Guerre Sacre… stanno tornando!" –Disse Sirio. –"E si servono di quei varchi dimensionali…"
"Non sono varchi. Sono dei buchi neri!" –Chiosò Ascanio, chiudendo le mani a pugno ed espandendo il proprio cosmo. –"Dove sei, bastardo?" –Ringhiò, scattando avanti. Afferrò un druido prima che venisse risucchiato in un buco nero, dirigendo un rabbioso attacco verso l’alto, che però si perse nell’oscuro varco.
"Sta’ attento, Ascanio!!!" –Gli gridò dietro Sirio, scagliando un fendente di Excalibur che ugualmente non ottenne risultato.
"Lui… è qui…"
"Parli di me, fratello?" –Esclamò una voce all’improvviso, risuonando nell’intera spianata di fronte alla Porta della Luce, quasi fosse l’aria stessa a parlare. –"Oh, cos’è? Non siamo più fratelli adesso? Eppure un tempo mi consideravi così. Quando ti ho salvato dalla febbre e dalla fame, quando ti sono stato accanto, entrambi allievi dello stesso maestro. Ovviamente prima che tu mi abbandonassi, ferito e sanguinante, e te ne andassi a cercare gloria e fortuna sull’Olimpo! Non sei cambiato, in questo, Ascanio, continui a puntare in alto, in cerca di una gloria sempre maggiore, incapace di accettare quello che hai. Quante persone dovranno ancora morire a causa della tua insoddisfazione esistenziale?"
"Mostrati!" –Mormorò il Cavaliere della Natura, a denti stretti, spostando lo sguardo attorno a sé, i pugni ribollenti di energia cosmica. Per un momento i buchi neri sembrarono placarsi e tutti i soldati e i fedeli degli Dei si affrettarono ad allontanarsi, sostenendosi l’un l’altro, in rigoroso, e confuso, silenzio. Ma la voce riprese a parlare.
"Mostrarmi? Non mi vedi forse? Io… sono… qui…" –Sillabò, prima di scoppiare a ridere, mentre i buchi neri tornavano ad attirare gente a sé. –"Io sono ovunque, Ascanio! E presto, tutte queste persone, che ingenuamente ti hanno seguito in guerra, precipiteranno nell’abisso oscuro e mi apparterranno!"
"Precipiterò te nell’abisso se non ti fai avanti, Tebaldo!"
"Non… chiamarmi… così!" –Ringhiò la voce, prima che un buco nero si aprisse sotto i piedi del Comandante di Avalon. Allarmato, Ascanio cercò un appiglio, un modo qualunque per frenare la sua discesa, ma afferrò soltanto polvere e ciottoli.
Quando Sirio lo agguantò per una mano era già sprofondato fino al petto. –"Resisti! Ti tengo!" –Gridò, puntando i piedi e cercando di sollevarlo, senza riuscirci. –"La sua forza d’attrazione è enorme, superiore a quella mostrata nell’Avaiki!"
"Superiore?!" –Riprese la voce, con tono divertito. –"È abbastanza ovvio, non credi, ultimo allievo di Dohko? Qui, nel deserto del Taklamakan, dimora il Primo Abisso, il Caos primordiale da cui nacque l’universo. A un tale potere nessuno può resistere, nemmeno gli Dei!" –Continuò, ma Sirio non lo ascoltava più, tutto preso dal cercare di tirar fuori Ascanio da quel pozzo maledetto. Attorno a loro, tutti i buchi neri parevano aver intensificato la loro forza attrattiva, mentre Alexer e gli Asi tentavano di distruggerli e salvare il resto dell’esercito.
"Io… non… riesco…" –Mormorò Sirio, con gli occhi rossi di frustrazione e dolore, mentre il corpo di Ascanio sprofondava sempre più nell’abisso, al punto che solo la testa e il braccio con cui lo teneva erano rimasti all’esterno. Anzi no, anche la testa stava scivolando nell’oscurità, impedendogli di udire quel che il ragazzo gli stava dicendo. Impotente, Sirio poté solo fissarlo negli occhi e interpretare quello sguardo di supplica. –"Non posso… Non posso farlo! Io non ti abbandonerò, Ascanio!"
"Tanto amore mi commuove!" –Sghignazzò la voce. –"Sai, Sirio? Vorrei aver avuto te come compagno d’addestramento, anziché quell’arrogante egoista che mi ha lasciato a marcire sotto il sole! Ma non credere che gli permetterò di morire così facilmente! Oh no, Ascanio Pendragon soffrirà le pene di tutti gli inferni del mondo! E, se ti ostinerai a difenderlo, tu con lui!" –Aggiunse, prima che un’onda di tenebra scaraventasse entrambi gli allievi di Libra in alto, scheggiando le loro corazze.
Quando ricaddero a terra, il buco nero era sparito e Ascanio era di nuovo libero di rialzarsi, aiutare Sirio a fare altrettanto e voltarsi per trovarsi di fronte il loro nemico. Colui che un tempo era stato suo compagno d’addestramento. Suo amico. E fratello.
"Tebaldo…"
"Devo ripetermi?!" –Sbuffò questi, sollevando un braccio e lasciando che una torma di folgori nere danzasse attorno al pugno destro. Ma non fece altro e Sirio approfittò di quel momento per osservarlo, notando come la sua armatura azzurra, dalle accese tonalità blu notte, fosse tornata integra dopo i danneggiamenti subiti nella Conchiglia Occidentale. Il volto, invece, non l’aveva riparato, o forse non voleva farlo, di modo che tutti vedessero la sua deformità. Cicatrici fresche, residui di vecchie ustioni, il naso mozzato e le cavità orbitali disallineate spiccavano su una pelle biancastra e glabra. Persino i pochi capelli che costellavano il cranio deforme erano spariti ma il Primo Forcide non sembrava curarsene, tenendo l’elmo sotto braccio, senza interesse.
"Sapevo che ti saresti salvato…"
"Non grazie a te, che di nuovo mi hai lasciato a morire, motivo per cui ho deciso di ricambiare la tua gentilezza uccidendoti per ultimo." –Ghignò, espandendo il cosmo. –"Sì, Ascanio, tu resterai a guardare mentre io sterminerò questi innocenti e voglio che sappiano, tutti quanti, che muoiono a causa tua! Bocca dell’Abisso, spalancati!"
"No!!!" –Sirio scattò in avanti, liberando un devastante Drago Nascente, che il Forcide intercettò posizionando il buco nero davanti a sé, dentro cui il ragazzo quasi infilò a causa della sua stessa velocità, non fosse stato per uno scudo di cosmo comparso improvvisamente a sua difesa.
"Hlif!" –Esclamò una voce femminile, mentre un’esile sagoma spuntava a destra del Cavaliere di Atena, affiancata da un uomo dai tratti nordici e da una donna formosa.
"Per Odino!"
"Mele d’oro!"
"Umpf, gli ultimi Asi?" –Bofonchiò il Forcide, osservando Eir, Vidharr e Idunn farsi avanti e attaccarlo. –"Ceto è stata ben poco perigliosa se non è riuscita a vincere una guaritrice, una contadina e un figlio che da Odino non ha certo ereditato la furia in battaglia! Se Forco avesse inviato me, avrei sprofondato la cittadella e tutti i suoi occupanti nell’oceano artico e i vostri cuori sarebbero finiti a far compagnia a quelli di Apakura, Ika Tere e degli Aitu!"
"Anche se la guerra non è la nostra vocazione, rimaniamo pur sempre degli Dei e tu…" –Esclamò l’Ase silente.
"Puoi essere il Dio più forte di questo mondo ma quando una forza irresistibile ti risucchia in un buco nero sei morto come tutti gli altri disgraziati!" –Ghignò Tiamat, spalancando la Bocca dell’Abisso di fronte alle tre Divinità, che tentarono di opporsi a quella forza d’attrazione combinando le loro aure per potenziare lo scudo di Eir.
"Chissà che stavolta non sia tu a finirci dentro!" –Avvampò Ascanio, mentre i draghi di Britannia lo avvolgevano, con le squame rilucenti puro cosmo. –"Con me, Sirio!"
Il Cavaliere di Atena annuì, sfrecciando avanti e unendo il proprio colpo segreto a quello dell’amico. Nient’affatto preoccupato, il Forcide stirò le labbra rinsecchite in un sorriso sghembo, prima che un buco nero apparisse a sua protezione, risucchiando i draghi energetici.
"Incredibile! Riesce a controllarne più d’uno con estrema facilità!"
"E con la stessa estrema facilità rivolgervi contro i vostri attacchi!" –Declamò il potente avversario, spalancando le braccia e liberando un’esplosione di cosmo nero. Due marosi di energia oscura traboccarono dalle Bocche dell’Abisso, investendo Sirio e Ascanio e schiantando, al tempo stesso, lo scudo di Eir, travolgendo i tre Asi.
"Tanta forza devastante… com’è possibile?!"
"Cosa credevate? Che gli insegnamenti di quella vecchia prugna rinsecchita valessero per sempre? Che cosa conosceva in fondo Dohko del mondo? Tutto quel che ha visto è stata una Guerra Sacra in cui ben misero ruolo ha avuto, limitandosi a sopravvivere. E allo stesso credo si è aggrappato per due secoli, rimanendo lì, a vegetare e a dispensare perle di saggezza non richiesta. Se avesse girato il mondo, se avesse scoperto e sondato i più profondi misteri, avrebbe potuto renderci guerrieri migliori. Avrebbe potuto renderci più forti, insegnandoci che il potere è inesauribile, se scaturisce dalla giusta fonte, che il potere non ha limiti!" –Esclamò l’uomo un tempo chiamato Tebaldo, avviandosi a passo lento verso Sirio e Ascanio, che faticavano a rimettersi in piedi. –"Cosa vuoi che sia scagliare due colpi segreti contemporaneamente se non la dimostrazione della mia inconfutabile tesi?"
"Non puoi farlo…"
"Oh, siete rimasti indietro. Io posso! Io sono oltre le vostre ridicole restrizioni. Io sono Tiamat, l’Invalicabile, e vi assicuro che nessuno di voi varcherà la soglia del Primo Santuario, perché vi sterminerò tutti qui, uomini e Dei!" –Esclamò, muovendo il braccio a spazzare e generando un’onda di cosmo oscuro, cui gli allievi di Libra tentarono di opporsi con le loro aure. –"I miei poteri, grazie alla vicinanza al mio Signore, sono triplicati, mentre i vostri, eh eh, sono addirittura calati!" –Ghignò Tiamat, scaraventando indietro i due Cavalieri.
"Interessante!" –Esclamò una voce rimasta fino a quel momento silenziosa, forzando il Primo Forcide a girarsi di scatto, mentre una torva di folgori azzurre si schiantava su di lui. –"Perché, come vedi, anche noi siamo in tre! Fulmini siderali!!!"
L’attacco dell’Arconte Azzurro prese Tiamat di sorpresa, obbligandolo a sollevare una raffazzonata difesa, con cui non riuscì comunque a evitare che qualche folgore lo colpisse, scheggiandogli la corazza e strappandogli più di un gemito. Non fosse stato un temibile nemico, Sirio ne avrebbe persino ammirato la tempra e la capacità di sopportazione di quei fulmini che avrebbero vinto qualunque guerriero.
Ma lui non è un guerriero qualunque. Rifletté, mentre anche Ascanio si rimetteva in piedi, il bavero e i coprispalla danneggiati. Lui… che cos’è? Ripensando alle sue parole, per un momento lo invase la terribile sensazione che fosse un ricettacolo, come Andromeda era stato per Ade, e che forse un Dio (un Progenitore?) lo stesse manovrando. Ma il ricettacolo di chi? Sirio non li aveva ancora incontrati ma sapeva che i quattro Dei Primordiali si erano già rivelati. Che sia, dunque, solo ingiustificata paura quella che mi attanaglia l’animo? O forse… No! Caos non poteva servirsi di lui, mandandolo così, allo sbaraglio, da solo in mezzo al campo nemico.
Eppure, notando la facilità con cui Tiamat aveva spezzato le forze dell’Alleanza, respinto gli Asi e tenuto testa all’Arconte d’Aria, il dubbio non accennò ad andarsene.
"Sirio!" –Lo richiamò Ascanio, proprio mentre un nuovo scontro tra i cosmi del Forcide e di Alexer spingeva entrambi indietro. –"Ricordi come l’abbiamo vinto nell’Avaiki? Sovraccaricando il buco nero! Dobbiamo espandere il nostro cosmo sì da ricreare, e forse da superare, l’energia del Nono Senso!"
Il Cavaliere di Atena annuì, socchiudendo gli occhi e richiamando alla mente gli insegnamenti di Libra; Ascanio, al suo fianco, fece altrettanto. Calma imperturbabile era la condicio sine qua non.
"Oh, ma quella non è gambe lunghe?" –Esclamò Tiamat all’improvviso. –"Ma sì, la guerriera vestita da piovra che vi ha fatto compagnia nella Conchiglia? Qual era il suo nome? Arcione?"
Sirio e Ascanio si guardarono attorno, non capendo cosa intendesse, finché non videro alcune sagome tra le ombre che le Bocche dell’Abisso stavano vomitando fuori. Una, dovettero ammetterlo, somigliava proprio ad Alcione. O forse era solo l’idea malata di Tiamat a fargliela apparire in quel modo?
"Sono stato scorretto, lo ammetto. Avrei dovuto dirvi che tutti i guerrieri che stanno morendo qui, oggi, in realtà stanno tornando in vita. Come ombre, ovviamente, al servizio di Caos. Un gran vantaggio per noi. Un flusso che si arresterà soltanto quando sarete tutti morti!" –Ridacchiò il Primo Forcide. –"Ehi, tenete d’occhio la marea nera, potreste riconoscere qualche vostro amico!"
"Bastardo!" –Ringhiò Ascanio, scattando avanti, il braccio destro avvolto in un’intensa luce rossastra. –"Attacco del Drago di Sangue!"
"Attento, Ascanio!" –Gridò Sirio, mentre già Tiamat, sogghignando, aveva aperto un buco nero di fronte a sé, dentro cui si perse l’attacco del Cavaliere. Approfittando di quel momento, Idunn bombardò il Forcide con centinaia di dorate mele di cosmo, che neppure lo fecero voltare, aspirate, come la padrona, in una nuova Bocca dell’Abisso.
"Idunn!!!" –Vidharr la afferrò in tempo e Eir interpose uno scudo di energia tra loro e l’oscuro abisso, ma la sua forza d’attrazione era tale da mandarlo in frantumi. Fu ancora una volta Alexer a venire in loro aiuto, tempestando il buco nero con una selva di fulmini azzurri, così intensi da creparlo, di fronte agli occhi, per la prima volta turbati, di Tiamat. Un secondo assalto e la Bocca dell’Abisso venne distrutta.
"Inammissibile!" –Ringhiò il Forcide, mentre l’Arconte Azzurro si avvicinava al figlio di Odino, mettendogli una mano su una spalla.
"Ci occuperemo noi di lui. Voi prestate aiuto ai soldati e ai nostri fedeli, vi prego!"
Gli Asi annuirono, sparpagliandosi nel campo di battaglia, mentre Alexer continuava ad avanzare verso Tiamat, che lo fissava con sguardo rabbioso.
"Neppure gli Angeli sono immuni alla fine! Quel che vi attende oltre la soglia è lo stesso abisso degli uomini! Temilo, Alexer! Temi il fallimento di un’intera esistenza!"
"Non pavento di condividere la sorte con chi così coraggiosamente ha lottato per difendere la propria Terra!" –Replicò l’Arconte, avvolto in una luminosa aura azzurra. –"Ma non è ancora il tempo."
"E invece il tuo tempo è scaduto!" –Declamò Tiamat, spalancando le braccia. –"Apocalisse oscura!" –L’onda di energia nera si allargò in ogni direzione, obbligando sia Alexer che Sirio e Ascanio a espandere i loro cosmi per contrastarla.
Sottoposti a una violenta pressione, con le braccia tese avanti e la marea d’ombra che pareva assediarli da ogni lato, i tre dovettero restare a guardare mentre il Forcide generava nuove Bocche dell’Abisso, attorno e sopra di loro. Sirio strinse i denti, cercando un modo per divincolarsi, per ancorarsi a terra, ma capì di non riuscire a contrastare l’onda di energia e i buchi neri allo stesso momento. In quel momento, mentre la forza d’attrazione iniziava a sollevarlo, pensò a Fiore di Luna e si augurò che fosse sana e salva. Pegasus, in qualche modo, avrebbe sconfitto i Progenitori e allora l’umanità sarebbe stata al sicuro. Con quel pensiero in mente, e una lacrima a bagnargli gli occhi, Dragone venne sradicato da terra, assieme ad Ascanio, e sollevato… sollevato… fino a sbattere contro un muro.
Sbalordito, il Cavaliere tentò di voltarsi, di toccare quell’improvvisa barriera, ma si ritrovò ad afferrare l’aria. Un attimo dopo, lui e Ascanio cadevano di nuovo a terra.
"Ma cosa?!" –Balbettarono, osservando il defluire della marea nera, che pareva strisciare indietro verso Tiamat, il cui volto deformato dall’ira era ancora più orribile a vedersi. Ira che in quel momento stava dirigendo verso l’Arconte Azzurro.
"Come osi opporti all’avvento dell’ombra?"
"Oso da molto tempo prima che tu venissi al mondo, ragazzino insolente. Puoi anche essere stato benedetto da qualche oscura Divinità ma rimani pur sempre una presenza insignificante al mio cospetto. Non dimenticarti chi hai canzonato!" –Disse Alexer, levitando sopra di lui, in una bolla di cosmo azzurro. –"Io sono l’Angelo d’Aria! Io sono l’essenza stessa dell’aria, le correnti siderali che spazzano pianeti che tu, miserrimo mortale, nemmeno riesci a immaginare nella tua limitata mente. Io sono l’Arconte Azzurro e questo è il mio canto di guerra! Tempesta siderale!!!" –Gridò, sollevando un braccio al cielo e generando un fulmine bluastro che squarciò il cielo.
Il primo di una lunga serie.
Decine, forse centinaia, di migliaia di folgori azzurre piovvero sul campo di battaglia, evitando gli uomini e colpendo soltanto le Bocche dell’Abisso. Per un momento, sembrò a Sirio che la coltre di tenebra fosse passata e un nuovo giorno fosse sorto. Ovunque volgesse lo sguardo i buchi neri erano tempestati dai fulmini di Alexer, crepandosi e schiantandosi, sovraccaricati da una quantità abnorme di energia.
"A voi, adesso!" –Parlò l’Angelo Azzurro, mentre Ascanio già bruciava il proprio cosmo, portando avanti entrambe le braccia. –"Double Dragon Attack!!!" –Gridò, e Sirio subito lo affiancò. –"Colpo dei Cento Draghi!!!"
"Sia quel che sia!" –Mormorò Tiamat, volgendo loro contro il palmo della mano ed evocando una nuova fosca marea, su cui i draghi di Albion e Cina andarono a impattare –"Apocalisse oscura!"
"Per Dohko!!!" –Urlarono assieme i discepoli del Vecchio Maestro.
"Se così tanto lo amate, ve lo farò rivedere. Magari è tra quelle ombre che stanno massacrando i soldati a voi fedeli!"
"Piantala con i tuoi trucchi! Non ci distrarrai stavolta!" –Ringhiò Ascanio, cercando di concentrarsi sullo stallo in atto, dovuto al bilanciamento dei loro poteri.
In quel momento sentì svanire i cosmi dei Cavalieri di Glastonbury.
Probabilmente dovevano aver terminato il loro giro, tornando alla Porta del Giorno, o forse erano stati annientati, eppure, di questo Ascanio fu certo, almeno uno era riuscito a completare il percorso che si erano ripromessi. E lui sapeva chi fosse.
D’improvviso, al Comandante delle Stelle sembrò di sentire un’ondata di fresca energia guizzare dentro sé, come se un secondo cosmo si fosse unito al suo, poi un terzo e un altro e così via, finché tutti i Bianchi Cavalieri di Glastonbury non ebbero reso omaggio all’erede del re. E adesso erano lì, a combattere con lui, a galoppare impavidi verso qualunque morte li avrebbe attesi, guidati da Arthur e da Ascanio.
"Questa è la stirpe del drago!" –Gridò il Cavaliere della Natura. –"Danza di draghi!"
Il poderoso assalto ruppe l’equilibrio, traforando la tempesta d’ombra e abbattendosi su uno sbigottito Tiamat. Uno dopo l’altro, le bestie sacre di Britannia e di Cina si cibarono della sua corazza e del suo corpo, fino a schiantarlo a terra, in una pozza di sangue. Ma questo non bastò a vincere la sua sete di vendetta, che di nuovo lo portò a puntellarsi su un ginocchio per rimettersi, a fatica e sputando bava e sangue, in piedi.
"Non affaticarti!" –Lo chiamò Ascanio, avvicinandosi. –"Resta, te ne prego. Mi faciliterai il lavoro!" –Aggiunse, costringendo Tiamat a guardare quel che stava facendo. Si era sfilato l’elmo e adesso vi stava infondendo il suo cosmo, rinvigorito da quello di Arthur, portandolo a ingrandirsi e ad assumere la forma di un pentolone che, per quanto non l’avesse mai visto, Tiamat subito riconobbe, spalancando gli occhi inorridito. –"Ne hai sentito parlare, a quanto pare. Mi fa piacere, così non dovrò spiegarti come funziona. È molto semplice, in verità: tu entri e l’ombra esce."
"Maledetto Ascanio! Tu e la tua stirpe…"
"Calderone dei Misteri!" –Declamò il giovane a gran voce, mentre una nube di cosmo ne fuoriusciva. –"Possa il grembo della Grande Dea Madre donarti pace!" –Disse, e Tiamat venne trascinato verso il Talismano da una potente forza invisibile e costretto a immergersi nel calderone stesso. –"Sono curioso: come ci si sente ad essere risucchiati, a veder piegata la propria volontà?"
"Tu…" –Rantolò il Forcide, sprofondando nella nube di bianca energia, che ribollì attorno a lui, sollevandosi in una colonna di luce che bucò il cielo nero. E all’interno di quella colonna la corazza azzurrina di Tiamat andò in frantumi, rivelando il corpo ferito al di sotto, un corpo che andava facendosi sempre più rachitico.
"Il potere del calderone sta scavando a fondo, per ripulirti da ogni goccia d’ombra abbia inquinato il tuo cuore e la tua anima. Eppure…" –Ascanio scostò la testa, dispiaciuto, mentre il corpo del Forcide si sgretolava. –"Pare che, oltre all’ombra, non sia rimasto altro di te, amico mio."
"Non sono più… tuo amico!"
Con quella triste verità, Tiamat morì.
***
Quando aprì gli occhi, vide soltanto buio e per un momento credette di essere cieco. Poi, spostando lo sguardo, capì che quello era il mondo del suo Signore.
L’oscurità.
A fatica, si sollevò, toccando il proprio corpo nudo e percependo ancora la pelle, e le ossa al di sotto.
No, non era morto, non del tutto almeno. Il suo Signore l’aveva salvato. Com’era buono e misericordioso lui. Aveva capito che poteva servirlo, che voleva servirlo, che a nient’altro avrebbe anelato se non servirlo, però, per favore, doveva dargli un corpo più forte, quello ormai era vecchio e stanco e allo scopo era servito. Magari avrebbe potuto dargli il corpo della sorella che Ascanio aveva perduto; oh sì, quello sarebbe stato davvero un colpo basso per…
Una voce risuonò improvvisa nella sua mente, prostrandolo in ginocchio, costretto a portarsi le mani alle tempie per farla smettere. Ma non ci riuscì; poté solo crollare a terra, rannicchiandosi in posizione fetale, mentre il suo Signore continuava a parlargli.
"Riposa, servo dell’ombra. Questa non è l’ora della sconfitta. Non la tua, né la mia!"