EPILOGO

La scomparsa del cosmo di Avalon fu avvertita in tutto il mondo, gettando i membri dell’alleanza divina in uno stato di profondo sconforto.

Andrei, ancora in Egitto a discutere con Amon Ra sui riti funebri con cui avrebbero onorato i caduti nel deserto africano, eruppe in un grido di rabbia, crollando con le ginocchia nella sabbia, mentre attorno a sé esplodeva un immenso rogo di fiamme.

Sei dunque stato tu il primo a cadere tra noi, amico mio? Pianse il Sole d’Egitto, affiancato dai feriti Horus e Bastet. Se persino tu, che così tanto avevi studiato l’ombra, attendendo la sua venuta e radunando le speranze di popoli diversi, ne sei rimasto sopraffatto, che speranze avremo noi, semplici Dei?

Reis, Jonathan, Febo e Marins, da lui poco distanti, rimasero sconcertati di fronte ad un’eventualità che mai avevano preso in considerazione. In quel turbinio cosmico che era il mondo, Avalon era sempre stato un punto fermo per loro, la Stella Polare in grado di orientare il loro cammino.

Reis lasciò cadere la Spada di Luce, gli occhi increduli e colmi di lacrime, ricordando il giorno in cui era arrivata sull’isola sacra. Per la verità, all’epoca era soltanto una bambina scampata ad un’alluvione, ma quel ricordo Avalon lo aveva risvegliato nella sua coscienza tramite anni di lunghe meditazioni. Era stato lui ad insegnarle a navigare nella memoria, mostrandole quel che era accaduto quel giorno, mostrandole quanto amore i suoi genitori le avevano dato, in quel poco tempo che avevano potuto trascorrere insieme. Quello stesso amore che anch’egli, a modo suo, gli aveva donato, ospitandola nella sua casa e dando un fine alla sua esistenza, prima dei Sette Cavalieri delle Stelle ad essere insignita del titolo.

Jonathan, al suo fianco, piantò con rabbia lo Scettro d’Oro al suolo, frustrato e impotente, come il giorno in cui Anhar aveva assaltato il santuario di Isla del Sol, portandogli via sua madre. In ambo i casi aveva potuto soltanto restare a guardare. Il tocco di una mano amica lo fece voltare, trovando il suo maestro accanto a sé, gli occhi lucidi, la stessa tristezza di quel giorno nel cuore.

Analogo sentimento stava divorando il cuore di Marins e di Febo, soprattutto del primo, che più tempo aveva trascorso con il Signore dell’Isola Sacra. Sorrise, tra le lacrime, mentre il vento agitava la sabbia davanti ai suoi occhi, mentre il dolore gli permise di vedere in quella stessa polvere agitare ricordi lontani, ricordi di una partita giocata al William Shea Stadium, in una vita passata. Si chinò, raccolse un po’ di sabbia e la modellò, facendone una rozza palla da baseball che tirò lontano, osservandola dissolversi nel vento, certo che Avalon non l’avrebbe afferrata.

Nel palazzo di Euribia, nei fondali oceanici, dove gli Areoi stavano riposando e curando le loro ferite, Asterios tremò, e non per il freddo che avrebbe dovuto provare a così tanti metri di profondità. Ma per la certezza di non aver potuto dire addio a un fratello con cui poco tempo aveva trascorso. Anch’egli, del resto, aveva commesso lo stesso errore di Zeus e di molti altri Dei, convinto di essere immortale, di cavalcare l’onda perfetta, convinto di poter rimandare a domani quel che invece poteva essere fatto soltanto oggi.

L’anziana mano di Avatea gli afferrò la propria, facendolo voltare verso di lei, che gli indicò la grande sfera di madreperla posizionata su un basamento poco distante. La Selenite della Terra l’aveva recuperata prima di lasciare il distrutto Avaiki, decisa a portare avanti una tradizione per cui molti Areoi erano morti. Adesso che Hina era morta, qualcuno avrebbe dovuto custodire la Perla dei Mari, custodendo le anime degli aumakuas. Asterios comprese quel che la Dea della Luna volesse intendere e le diede ragione: Avalon di certo non sarebbe stato solo. Non a lungo, almeno.

Il pugno di Ascanio distrusse uno scoglio a mani nude, abbattendosi poi su altri affioramenti rocciosi che lo circondavano. Uno dopo l’altro, in una manciata di secondi, li sbriciolò rabbioso, travolto da una furia che non aveva mai provato in vita. Una furia che rispondeva al nome di colpevolezza.

Aveva ripensato spesso, in quella trasferta oceanica, alle parole che Anhar, nel corpo di Virgo, gli aveva rivolto nel Giardino dei Salici Gemelli e aveva dovuto ammettere che, sia pur lontana, una punta di verità poteva esserci. Era davvero possibile, si era chiesto più volte, che Avalon non volesse la morte dell’Angelo Oscuro? Se così fosse, perché? Avrebbe voluto parlarne con lui, ma il poco tempo a disposizione glielo aveva impedito. O forse era stato il timore, qualora gli avesse confessato i propri dubbi, di una sua reazione? Una possibile delusione da parte di colui che vedeva nel Comandante dei Cavalieri delle Stelle il suo erede, destinato a succedergli alla guida dell’Isola Sacra?

Bella guida sono stato! Avvampò, gli occhi neri invasi da un’acredine imprevista. Ho lasciato morire il mio mentore, anziché essere con lui, a battermi al suo fianco! Egli ha dato un senso alla mia esistenza, richiamando alla mia memoria i ricordi delle mie vite passate, dalle origini della mia dinastia, ed io non sono stato in grado di dissipare il velo di inganni che il Maestro di Ombre aveva tessuto nella mia mente?! Avalon voleva sconfiggere Caos, a qualunque costo. A questo ha dedicato la vita e non sarebbe mai sceso ad alcun compromesso! Sono stato un idiota solo ad aver messo in dubbio il suo credo! Si disse, affondando il pugno nella parete di roccia e osservando la mano livida e sanguinante. Ma quando fece per caricare di nuovo, venne fermato da un’altra mano, che gliela bloccò, tenendola stretta nella propria e infondendogli il tepore di un cosmo amico. Una parte di quel calore che Ascanio e le forze dell’alleanza avevano portato quel giorno negli abissi oceanici, combattendo e morendo per proteggere uomini e guerrieri che neppure conoscevano. Di quello, Toru dello Squalo Bianco sarebbe sempre stato loro riconoscente.

Fuori da Asgard, lungo la strada principale che correva fino al Cancello dei Grifoni, due figure passeggiavano, osservando lo sfacelo di quel giorno di guerra. Uno sfacelo che avrebbe potuto essere maggiore. Sollevando lo sguardo verso le mura della cittadella, danneggiate dagli attacchi dell’Armata delle Tenebre, Eracle vide le numerose torce accese, una per ciascun guerriero del nord caduto, una per ognuno dei Blue Warriors. Era stato Mani, poc’anzi, a proporre quel rito silenzioso, che di certo non sarebbe bastato ad onorare la loro forza d’animo, la determinazione e il cuore impavido che li aveva resi fermi in battaglia, pronti a morire pur di difendere coloro che amavano. La loro terra, la loro regina, le loro famiglie.

Sospirando, Zeus e Eracle si scambiarono uno sguardo triste, sebbene a nessuno dei due quelle stragi fossero inusuali. Quante morti avevano infatti causato con le guerre che avevano scatenato o a cui avevano comunque preso parte? Così tante che neppure i numeri bastavano più ad enumerarle. Eppure erano ancora lì, mentre gli uomini mortali morivano e adesso persino gli Dei.

Morfeo, Eros, Ebe, Dioniso, Eos, Asclepio, Artemide, Odino, Balder, Freyr, Osiride, Iside, gli Asura indiani, Era. E infine anche Avalon.

È tempo di suonare una diversa musica! Si disse il Nume Supremo dell’Olimpo, varcando la soglia della cittadella ed entrando ad Asgard.

***

"Avremmo dovuto essere con lui!" –Esordì così l’Arconte di Fuoco, non appena apparve nel salone della reggia di Asgard ove gli Angeli e i Cavalieri dello Zodiaco si erano rifugiati e da cui avevano inviato messaggi a tutti i loro alleati, affinché li raggiungessero per decidere un nuovo piano d’azione. Al momento erano presenti, oltre a loro, sei Cavalieri delle Stelle, Flare, gli Asi e gli Olimpi maggiori.

"Quietati, Andrei!" –Cercò di calmarlo il Principe della devastata Valle di Cristallo, non ottenendo altro che uno sguardo irato.


"Sai che ho ragione! Avremmo dovuto essere con lui! Cosa diavolo gli è venuto in mente di andarsene a giro per il mondo da solo?!"

"Avalon aveva le sue necessità, che a volte potevamo non comprendere, ma di certo sapeva quel che stava facendo!" –Intervenne allora una terza voce, facendo voltare Andrei verso una parete del Salone del Fuoco, laddove Asterios era appoggiato, le dita intente a pizzicare la cetra che teneva sotto braccio, lo sguardo assente.

"Sapeva anche che si sarebbe fatto uccidere?!"

"Sì! Lo sapeva!" –A parlare non fu uno degli Angeli bensì Andromeda, che stupì tutti i presenti, non solo i suoi amici e Atena. –"Lui… sapeva che l’ombra sarebbe giunta, in quel momento! La Vista lo aveva avvisato e anch’io ne ero consapevole! Ma lui… ha scelto comunque di affrontare il suo destino, ergendosi solo di fronte all’ombra! Ha voluto mandare un messaggio, a Caos e ai Progenitori, chiaro ed inequivocabile! Il mondo non è vostro, non ancora, non finché ci saranno uomini e Dei pronti a lottare e a morire per difenderlo!"

"Un gesto suicida!" –Ringhiò allora Andrei, agitando la mano davanti al viso. –"E quanto ancora potremo difenderlo, adesso che lui è caduto? Adesso che le nostre forze sono state piegate da questa prima giornata di combattimenti? E sottolineo prima! Guardate come ci ha ridotto una sola giornata?! Siate realisti, siate sinceri! Quanto ancora potremo resistere? Quanto potranno combattere ancora i vostri uomini, i vostri fedeli, i vostri Cavalieri?!"

Per qualche istante nessuno rispose, tutti consapevoli delle difficoltà incontrate in quella giornata parsa infinita. Erano stati vittoriosi su molti fronti, questo era vero, avevano impedito che Asgard e Karnak venissero distrutte, ma tutti i regni divini avevano subito danni ingenti, soprattutto il Santuario di Atena, la cui delicata architettura ormai era irriconoscibile. L’Avaiki oceanico era stato spazzato via, al pari del Reame della Luna Splendente e di molti complessi templari egizi, ed eguale sorte avevano incontrato i regni dell’Asia centrale. Da quel che Phoenix aveva riferito, Themyskira era in rovina, come pure i templi indiani e del Sud-Est asiatico. Quanto ci sarebbe voluto prima che anche Asgard o l’Olimpo subissero tale sorte?

"Resisteremo finché le gambe non ci reggeranno più!" –Disse allora Pegasus, attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti. Pieno d’amore quello di Atena, di ammirazione quelli di Zeus e di Eracle, di stupore quello degli Angeli. –"Finché il nostro cosmo brillerà, fino all’ultima stilla di vita, noi combatteremo per difendere ciò che abbiamo di più caro! Lo abbiamo promesso ad Avalon e prima ancora a noi stessi!"

"La tua determinazione ti fa onore, giovane Cavaliere di Pegasus, ed io combatterò con te, questo è certo!" –Annuì Andrei in tono greve. –"Purtroppo non è sentimento che ci permetta di rigenerare in fretta le nostre ferite, soprattutto le vostre e quelle degli uomini mortali che vi seguono! Avete visto tutti la nube nera che sta sommergendo il mondo? Ovunque passa, ovunque essa proietti la sua ombra, oscura il futuro degli uomini, privandoli di ogni forma di luce. Presto, prima anche solo di riuscire a ipotizzare quando, la Terra sarà sommersa da una sì fitta foschia che in confronto l’unione dei nostri cosmi sarà un baluginare stanco! Caos sa che le nostre forze sono in crisi, che le nostre speranze si assottigliano ogni giorno di più! È furbo, più di quanto credessi, e lo ha dimostrato non scendendo apertamente in guerra, affidandosi ai suoi accoliti, che ancora dobbiamo sconfiggere! Ma adesso, avendo fatto fuori il suo principale avversario, sta mettendo da parte la prudenza, preparandosi a sferrare il più poderoso attacco che questa Terra abbia mai conosciuto! La civiltà degli uomini volge al tramonto, amici miei!"

"La sua fretta e la sua convinzione di una facile vittoria saranno la causa della sua sconfitta!" –Interloquì allora Pegasus, battendo un pugno dentro il palmo dell’altra mano. –"Lui non sa che abbiamo un’arma per batterlo, giusto? Cioè avete un’arma! Avalon ce ne ha parlato! La Coppa di Luce! Ed era certo che servisse allo scopo, eliminare la minaccia di Caos una volta per tutte!"

"Oh, la Coppa di Luce! Già!" –Mormorò Andrei, scambiando uno sguardo inquieto con Alexer, prima di abbandonarsi ad una risata irrequieta.

"Trovarla e usarla contro Caos è stato lo scopo della nostra esistenza. è un manufatto antico che può essere evocato unendo i Talismani delle Stelle!" –Spiegò l’Arconte di Aria. –"Nella sua forma più comune è, o meglio riteniamo che sia, in quanto nessuno di noi l’ha mai vista, un contenitore, diciamo un vaso atto a contenere l’arma definitiva nella guerra contro l’ombra! Essa infatti cela al suo interno la gloriosa armatura della Leggenda, la prima corazza forgiata dagli alchimisti che in seguito si sarebbero sparsi per il mondo, dando vita alle civiltà di Mu, Atlantide ed altre ancora. Una corazza interamente di mithril, resistente come nessun’altra corazza al mondo, poiché mai usata prima, rimasta per secoli e secoli allo stato iniziale di creazione, ed intrisa del cosmo dei Sette Saggi antichi."

"Un’armatura del genere… supera qualsiasi difesa possiamo creare!" –Mormorò Zeus, affascinato, mentre anche Nettuno ed Eracle, al suo fianco, sgranavano gli occhi esterrefatti da simili rivelazioni.

"Per questo è stata creata, per vestire il Cavaliere della Leggenda, l’uomo che si innalzerà dal mucchio di umane genti e il cui cosmo supererà il Nono Senso, entrando in contatto con l’essenza stessa della creazione. Un potere ultimo che nessuno di noi è in grado neppure di immaginare."

"Superare il Nono Senso?! Ma… è possibile?! Persino Avalon ci disse che era il livello massimo raggiungibile per un uomo, l’ultimo livello della conoscenza!" –Affermò Phoenix, subito seguito dal fratello. –"Cosa può esserci oltre? Cosa può essere più in alto di un Dio?!"

"Essere il Dio!" –Precisò Alexer. –"Essere energia pura, fonte di creazione e distruzione al tempo stesso."

"Non ho mai sentito parlare di un’arma simile, ma se esiste, e le vostre parole mi infondono certezza, allora forse abbiamo una qualche speranza di vincere questa guerra!" –Parlò allora Vidharr, il quieto figlio di Odino, suscitando reazioni simili anche negli Dei di Grecia e nei Cavalieri dello Zodiaco. Reazioni che Alexer non tardò a smorzare.

"Temo purtroppo che non sarà possibile usare la Coppa di Luce!"

"Cosa?! E perché mai?!" –Chiese subito Pegasus.

"Perché Avalon era l’unico che sapesse come evocarla, l’unico che conoscesse il rito per aprire le porte tra i mondi e farla apparire!"

"No!!! Non è possibile!" –Esclamarono i Cavalieri dello Zodiaco, sconvolti da quell’infausta rivelazione.

"Ci dispiace!" –Commentò Alexer, mentre Andrei, vicino a lui, scuoteva la testa, il volto visibilmente colmo di rabbia.

"Adesso capite cosa intendevo poc’anzi! Avalon si è soltanto fatto ammazzare, privandoci della possibilità di evocare la Coppa di Luce!"

"Avalon non sapeva che Caos sarebbe giunto fin là! Neppure io immaginavo che si sarebbe mosso fino a quando i suoi emissari non avessero annientato ogni possibile minaccia alla sua esistenza!" –Cercò di giustificarsi l’Angelo di Aria.

"Non è possibile reperire questo rito? Avalon avrà lasciato indicazioni? Qualche appunto? Magari era per questo che era tornato sull’isola stanotte!" –Avanzò l’ipotesi Pegasus, mentre Alexer scuoteva la testa, spiegando che il fratello non avrebbe certo messo su carta una simile preziosa informazione, preferendo conservarla nella memoria. –"Potremmo comunque tornare ad Avalon a controllare? Possiamo andare anche noi, se volete!"

"Non trovereste niente, soltanto rovine e morte!" –Parlò allora una nuova voce, mentre le porte del Salone del Fuoco si aprivano ed un uomo rivestito da una danneggiata armatura verde e marrone ne entrava a passo deciso. Alto e robusto, il viso bruno segnato dalle battaglie sostenute, teneva l’elmo rotondo sottobraccio mentre nell’altra mano stringeva un pezzo di pietra grigia, che gettò in mezzo ai presenti. –"Ecco quel che rimane dell’Isola Sacra! Quel che resta degli imponenti megaliti che ne ornavano la sommità! Il nemeton degli antichi druidi di Albion è adesso una devastata palude ove alto permane l’odore di morte e di caducità!"

"Comandante…" –Mormorarono Jonathan e Reis, avvicinandosi al giovane dal fisico atletico scelto da Avalon per guidare l’ordine dei Cavalieri delle Stelle.

"Le tue parole sono vere, Ascanio Pendragon!" –Annuì Alexer, chinando il capo, uniti dalla stessa sofferenza, dallo stesso senso di perdita.

"Coppa o non coppa, la guerra continua e dobbiamo organizzare le nostre difese!" –Riprese Asterios a parlare. –"Forco è caduto e credo che soltanto lui desiderasse occupare gli Avaiki degli Areoi. Ciò non toglie che, anche senza dover difendere le Conchiglie del Popolo Libero, le nostre forze siano poche! Addirittura inferiori rispetto al precedente consiglio!"

"Molti Heroes di Eracle sono caduti, al pari di numerosi Guerrieri di Inti, Soldati del Sole e Blue Warriors. Persino le Amazzoni sono state decimate, così pure i santoni indiani. E dall’Africa non verrà nessuno, non esistendo più alcun membro dei Savanas in attività! Dovremo cavarcela con quello che abbiamo!" –Convenne Alexer, prima che Andrei illustrasse come si sarebbero distribuiti.

"Uno di noi per ciascuno dei tre grandi regni rimasti! Asgard, Atene e l’Egitto! Tutto il resto ormai è impossibile da proteggere!"

"E questi regni, quanto credi che riusciremo a difenderli dall’avanzata della marea d’ombra?!" –Azzardò allora Zeus, abbandonandosi ad un sospiro.

"Cos’altro dovremmo fare? Asserragliarci tutti sull’Olimpo?!" –Chiese Alexer, prima che una nuova fiammeggiante voce rispondesse a tutti loro.

"Combattere! Combattere e combattere ancora! Finché l’ombra non sarà tramontata o la nostra luce si sia spenta nel tentativo!"

Un bagliore improvviso invase il Salone del Fuoco, obbligando i presenti a tapparsi gli occhi con le braccia. Quando la calda luce calò d’intensità, tutti poterono ammirare un uomo alto e possente, rivestito da un’armatura dorata, striata di arancione, caratterizzata da un immenso occhio aperto, con un punto nel mezzo, dipinto sul pettorale della stessa. Un uomo che uomo non era, come a tutti fu subito chiaro, anche a chi non l’aveva mai incontrato di persona.

"Padre…" –Esclamò Febo, felice di rivederlo.

"Possente Amon!" –Si inchinò Andrei, mentre il Sole d’Egitto lo pregava di lasciar da parte quei ridicoli formalismi di cui in quel momento dovevano fare a meno.

"Perdonatemi tutti, amici di vecchia e nuova data, per questa mia improvvisa apparizione! Soprattutto voi, Celebrante di Odino, perdonate la mia rudezza! Ma i tempi sono maturi, tardi oserei definirli, e perderli confabulando in un’erta fortezza lontana dai campi di battaglia non è opportuno!"

"Cosa intendete dire, Sommo Amon? Anche Asgard è stata assediata quest’oggi, al pari della vostra Karnak!" –Precisò subito l’Angelo di Aria, ricevendo un cenno d’immediato assenso da parte del Nume egiziano.

"Lo so bene, Principe Alexer, come so che domani ciò accadrà di nuovo, e il giorno dopo ancora, finché le mura di questa roccaforte, al pari di quelle della piramide di Karnak e delle Dodici Case dello Zodiaco non saranno macerie! Se sottostiamo ancora alle loro condizioni, se continuiamo a giocare secondo le regole dei Progenitori, finiremo per perdere questa guerra, nel peggiore dei modi!"

"Cos’altro potremmo fare, mio Signore? Non vorrete certo rinunciare?!"

"Solo puntualizzare una verità che molti non vedono! Finora abbiamo giocato in difesa e abbiamo sempre perso, non solo oggi, ma negli ultimi anni, negli ultimi secoli, da quando l’ombra ha inviato il suo araldo per intaccare l’equilibrio cosmico! I nostri regni divini sono stati attaccati, invasi, distrutti, ciò che avevamo costruito e preservato per secoli è svanito, la pace, l’armonia, la nostra sicurezza. L’unica vittoria che siamo stati in grado di riportare, l’unica occasione in cui abbiamo avuto ragione di celebrare alcunché, è stato quando il mio fido Osiride ha assalito a sorpresa il Santuario delle Origini per liberare mio figlio e il suo compagno. Allo stesso modo dobbiamo agire anche noi! Dobbiamo colpire al cuore!"

"Proponete dunque di attaccare il Santuario delle Origini? Ove Caos e i Progenitori dimorano? È una follia!" –Sgranò gli occhi Alexer, al pari di Atena e di Vidharr.

"Ma necessaria!" –Concluse Amon Ra, lasciando che una cappa di silenzio scendesse per qualche minuto sulla ristretta assemblea.

"Il Pastore dell’Universo ha ragione!" –Intervenne infine Zeus, concentrando gli sguardi su di sé. –"Basta con i timori e le paure, se la fine di tutto è giunta, non la accetteremo apatici ma la contrasteremo fino all’ultimo! Pensateci, amici e alleati, se aspettiamo ancora, daremo tempo a Caos di generare o risvegliare chissà quale oscura creatura, avendo egli un potere pressoché illimitato, mentre noi non abbiamo modo di integrare le nostre armate. Dobbiamo attaccare e dobbiamo farlo adesso!"

"Mio padre dice il vero! Continuare a difendere i nostri regni non risolverà il problema, non debellerà la minaccia, ma finirà solo per sterminare tutte le nostre forze, fisiche e morali!" –Gli diede ragione Eracle, prima di trovare anche l’appoggio di Nettuno, dei Cavalieri delle Stelle, che non vedevano l’ora di vendicare il loro maestro, e dei Cavalieri dello Zodiaco.

"Senza la Coppa di Luce, sarà un massacro!" –Commentò Alexer, cercando lo sguardo dei fratelli. Già una nuova vivida luce si era accesa negli occhi di Andrei, al pensiero di sferrare per primi il prossimo attacco, una luce che lo aveva ringiovanito di qualche anno. E anche Asterios, seppure con minor foga, riconobbe che era l’unica alternativa possibile.

Ultimi furono Vidharr il silente, Flare e Atena ad annuire, tra sospiri e dispiaceri, non per loro ma per gli uomini che avrebbero mandato a morire in quel deserto d’ombra. Ma non sarebbero stati soli, nessuno lo sarebbe stato più. Tutti i regni divini, a qualunque culto fossero devoti, avrebbero unito i loro eserciti, le loro forze, la loro strenua volontà di combattere per il futuro, in un’unica grande armata che avrebbe marciato contro il Santuario delle Origini per raderlo al suolo.

O, al massimo, per morire nel tentativo.

 

L’ALBA DELL’ULTIMA GUERRA – FINE

© Aledileo per tutti i personaggi inediti.

 

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COMING SOON:

ALEDILEO presenta:

I CAVALIERI DELLO ZODIACO

8

SAGA DI AVALON

parte 4 di 4

La gloria e l’addio

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