CAPITOLO TRENTOTTESIMO: PRESAGI.

Erebo era sorpreso di vedere Pegasus davanti a lui, in discreta forma fisica e vestito di una nuova armatura, ancora più lucente della precedente. Un’armatura intrisa di ichor al punto che poteva essere considerata una vera e propria Veste Divina. Non ebbe bisogno di domandare come l’avesse ottenuta, gli bastò spostare gli occhi su Zeus, percepire la fiacchezza della sua aura cosmica e comprendere. Accanto al Nume c’era Atena, la Vergine dallo sguardo scintillante, bardata di tutto punto, persino di Egida e Lancia di Nike. E poco distante l’Arconte di Aria si era liberato del nevoso terriccio precipitato su di lui, aiutato anche da Eir, che gli stava curando il braccio infettato dall’ombra.

Muovendo lo sguardo su tutti loro, il Tenebroso capì di essere circondato. Capì che i nuovi arrivati non si erano disposti a caso, bensì in modo da formare un triangolo con Alexer ed Eir nella punta settentrionale, Pegasus e Cristal nell’angolo rivolto a ovest e Atena e Zeus in quello orientale. Un triangolo di cui Erebo rappresentava il centro.

"Dunque è finita? Mi avete cinto d’assedio?!" –Mormorò. –"Dovrei implorare pietà? Pregarvi di non colpirmi tutti assieme? Dovrei tremare atterrito come un coniglio in mezzo a un branco di lupi? È questo che vorreste, vero Pegasus?!"

"Di sicuro sarebbe un inizio, canaglia!" –Rispose questi, il cui pugno sollevato lampeggiava ancora di azzurra energia, strappando una risata alla genie di Nyx.

"Ebbene, te lo concedo! Un premio per la tua ricomparsa dagli inferi! Un brivido di terrore corruga la fronte dell’impaurito Erebo! Uuh, sto tremando!" –Sghignazzò il Nume, contorcendosi su se stesso. –"Ed in effetti è vero! Ma dal ridere! Eh eh eh!" –Aggiunse, lasciando esplodere il proprio cosmo, che si espanse come un gigantesco globo di energia oscura tutto attorno a sé, inghiottendo il devastato ingresso alla Valle di Cristallo e abbattendosi poi sui membri dell’alleanza.

Cristal tirò Pegasus a terra, sollevando un piano di ghiaccio su cui l’attacco scivolò, come già fatto in precedenza, passando sopra di loro e limitandosi a scuoterli con piccole scariche di energia. Eir e Alexer si appiattirono contro quel che restava della montagna, unendo i cosmi per generare un muro a ripararli dalla detonazione imminente, come pure Atena e Zeus, curvi dietro lo scudo della Dea, che scricchiolò nelle sue mani, come fosse sul punto di schiantarsi da un momento all’altro.

"Boom!" –Rise divertito il Tenebroso, sollevando le braccia al cielo e lasciando che tutta l’energia accumulata esplodesse, travolgendo i vari combattenti e scagliandoli in alto, facendosi beffa delle loro difese. –"E ora che siete alla mia mercé, teneri e succosi coniglietti, ecco le zanne del lupo cattivo! Ecco le mie daghe d’ebano!" –Ringhiò, roteando su stesso, con il braccio destro teso avanti a sé, e bombardando tutti loro con una pioggia di oscuri strali.

"Bastardo!!!" –Strinse i denti Pegasus, cercando di recuperare una postura corretta, aiutandosi con le ali dell’armatura, e di contrastare quel diluvio nero con il suo cosmo scintillante. –"Cristal, aiutami!" –Ma il ragazzo, indebolito dal prolungato scontro, era stato raggiunto in più punti del corpo dalle daghe di Erebo e adesso stava precipitando a terra, gemendo di dolore. –"Maledizione! Resisti, amico mio!"

Fu uno scintillare argenteo ad afferrare il Cavaliere del Cigno, tirandolo fuori dal raggio d’azione dell’assalto di Erebo e facendolo finire proprio tra le braccia di un vecchio compagno.

"Andromeda!!!" –Esclamò Pegasus, felice di rivederlo.

"Giusto in tempo, a quanto pare!" –Sorrise il ragazzo dai capelli verdi, depositando Cristal a terra.

"Perché ci hai messo tanto ad arrivare? E dov’è Phoenix?"

"Mio fratello è in Egitto! Siamo reduci da una lunga storia, che vi racconterò non appena avremo un momento per noi. Se mai lo avremo." –Chiarì l’allievo di Albione.

"Dubito che ciò accadrà, Andromeda! Il tempo sta esaurendosi, per tutti voi! Ma non crucciarti per il tuo ritardo, sei giunto in tempo per danzare con me!" –Ghignò allora una voce cavernosa, sfrecciando fuori dalla nube nera e avventandosi su di lui. –"Non abbiamo ancora avuto il piacere di conoscerci! Io sono Erebo, Signore dell’Oscurità Infernale, e massacratore di uomini e Dei, senza distinzione alcuna! Non vorrei certo apparire scortese!" –Ridacchiò, mentre le dita della mano destra si caricavano di nera energia che subito diresse sul Cavaliere di Atena. –"Danza di daghe!!!"

Fu svelto, Andromeda, a sollevare la catena di difesa, generando una muraglia così fitta che persino Erebo ebbe difficoltà a identificare il ragazzo al suo interno.

"Che carino questo gioco! Davvero divertente! Ma dimmi, Andromeda, credi davvero che quel vorticare isterico di catene possa impedire ai miei strali di raggiungerti? Ai miei strali così… sottili?!" –Rise il Nume, riducendo lo spessore dei singoli dardi di energia oscura, che adesso sembravano degli spilli. Spilli dalla punta velenosa in grado di insinuarsi tra gli anelli della catena e colpire chi si ergeva dietro di essi.


"Aaargh!!!" –Gridò Andromeda, raggiunto da un paio di strali. Tentò di resistere, ma ormai ad Erebo, che aveva compreso il trucco per superare le sue difese, bastò aumentare la quantità e l’intensità del suo assalto per spingere il ragazzo indietro, la corazza annerita in più punti, laddove i dardi neri l’avevano raggiunta.

"Andromedaaa!!!" –Urlò Pegasus, espandendo il cosmo e preparandosi a caricare il nemico, mentre anche Cristal, in posizione opposta alla sua, faceva altrettanto. In un lampo la pioggia di stelle azzurre e una bufera di gelo riempirono l’aria, piombando su Erebo da ambo i lati, mentre il Nume sgusciava via, lasciando che i due attacchi si colpissero tra loro e i due Cavalieri finissero entrambi a gambe all’aria.

Sghignazzando soddisfatto, il Tenebroso ricomparve a mezz’aria, osservando lo sfacelo che, in così poco tempo, aveva generato. Sfacelo che era andato aumentando da quando il numero dei partecipanti a quello scontro era raddoppiato.

"Sembra che Cristal se la cavasse meglio senza di voi! Pur tuttavia ero stanco di giocare solo con lui! In gruppo è molto più divertente! Inoltre, sono incuriosito da alcuni di voi!" –Commentò Erebo, girando attorno ai vari combattenti, sempre sospeso a mezz’aria, e strusciandosi il mento con fare assorto. –"Oh no, non tu, Zeus! Ormai hai ben poco da offrire a questo ciclo del tempo cosmico! La tua folgore si è spenta, l’Olimpo è un colle d’erta brulla, la nidiata di figli bastardi che hai messo al mondo è già caduta nell’oblio! Ben pochi te ne restano, sebbene una, la qui presente Atena, sia molto affascinante in questa fanciullesca incarnazione!" –Le disse, avvicinandosi e allungando una mano, per sfiorarle una guancia. Ma Pegasus balzò subito davanti alla Dea, il cosmo sfrigolante attorno al pugno destro.


"Stalle lontano, carogna!!!" –Gridò, bersagliando il Nume Ancestrale con una raffica di sfere di luce, che Erebo si divertì ad afferrare, una dopo l’altra, roteando su se stesso, come fosse in una giostra.

"Al tuo posto, bamboccio!" –Intimò infine, rilanciandogli contro il suo stesso attacco, che spinse Pegasus indietro, salvato da Atena che si pose davanti a lui, con l’Egida rivolta al nemico. –"Ti è andata bene una volta, ma non sarà così una seconda!!!"

"No, non lo sarà!" –Tuonò allora Zeus, espandendo il proprio cosmo e scambiando una rapida occhiata con tutti i presenti, soprattutto con il Principe Alexer. –"A nessuno sarà data una seconda occasione! Questa… è la nostra unica possibilità per salvare il pianeta dall’ultima ombra! Perciò combattiamo, compagni! Combattiamo, uomini e Dei!" –Avvampò, mentre stuoli di folgori celesti danzavano attorno a lui, prima che questi puntasse l’indice su Erebo. –"Folgore Suprema!!!"

"Fulmini siderali, vi invoco!" –Gli andò subito dietro l’Angelo di Aria, sommando il proprio assalto a quello del Cronide.

"Ahu ahu ahu!" –Rise il Tenebroso, mitragliato da raffiche insistenti di saette. –"Dovrete invocare ben più di queste scintille cosmiche per aver di Erebo ragione! Anche se dubito vi siano Dei, più in alto di me, che possano rispondervi! Ma non preoccupatevi, presto tutti gli Dei saranno un unico Dio! Anzi, saranno in un unico Dio!" –Aggiunse, mentre la sua oscura aura cresceva attorno a sé, divenendo un globo che iniziò ad attrarre tutti i fulmini di Zeus e Alexer, accalappiandoli quasi fosse un magnete. Quindi, con un fluido movimento di braccia, sfiorò il bordo dell’immensa sfera con i palmi delle mani, dividendola e indirizzando ciascuna metà verso un avversario.

Il Cronide inorridì nel vedere il poderoso attacco, caricato delle sue stesse folgori, precipitargli addosso, divorando lo spazio rapido e famelico. Quasi non s’avvide che Atena, portatasi a lui di fronte, aveva appena sollevato l’Egida, gridando al divino genitore di unire i loro cosmi. A nulla valsero tali sforzi, poiché il Progenitore li sbaragliò in un istante, scaraventandoli molti metri a valle, i volti macchiati di sangue e sconfitta, le corazze scheggiate in più punti.

Peggiore sorte incontrarono Alexer, Eir e i Blue Warriors che in loro confidarono. Furono proprio questi ultimi i primi ad essere spazzati via dall’enorme sfera di energia, scagliati in alto e smembrati in tanti pezzi che piovvero sull’Angelo d’Aria, il cui cosmo, unito a quello dell’Asinna, fu appena in grado di contenere la furia del Nume, che li scagliò dentro la livellata montagna.

Quando tutto fu finito, ed Erebo poté sfregarsi le mani soddisfatto, c’erano rimasti solo Pegasus, Cristal e Andromeda in piedi davanti a lui, e di certo, convennero i tre, non era avvenuto per caso.

"Finalmente possiamo parlare! Senza che nessuno ci disturbi! Odio essere interrotto!" –Spiegò, fluttuando di fronte ai Cavalieri dello Zodiaco, su un tappeto di vapori neri da cui i tre amici tentarono di stare a distanza.

"Perché?! Volevi parlare con noi?!" –Sgranò gli occhi Pegasus, sospettoso.

"Solo uno scambio di battute, prima di cancellarvi dalla storia!" –Ghignò il Nume, sorridendo sotto la maschera terrificante che gli copriva la faccia. –"Sono incuriosito, lo ammetto, da voi! Da tutti voi, anche dai due che non sono qui adesso e che tentano, vanamente, di opporsi all’avvento dell’ultima ombra! Il Gran Maestro del Caos mi ha detto di guardarmi dai Cavalieri dello Zodiaco, mi ha detto che lo avete ostacolato più volte nel suo grandioso progetto di preparazione all’avvento e mi sarei fatto una grossa risata a queste parole se non fosse per un solo motivo!" –Esclamò, fermandosi e scendendo a terra, liquefacendo la neve su cui poggiò i piedi e annerendo il suolo attorno al solo contatto. Passò lo sguardo sui tre compagni, osservandone i tratti impensieriti, le fronti madide di sudore, gli occhi attenti e pronti a scattare al minimo segno di attacco, e annuì, quasi stesse cercando una conferma interiore. –"Ho visto come l’avete ridotto! Quel poveraccio ormai è un’ombra, destinata a vagare come tale fino alla fine dei tempi o finché Caos non lo riterrà meritevole di un dono, magari di un nuovo corpo! Non che gli ci voglia molto, a lui, a creare corpi, è il suo mestiere del resto! Ahu ahu ahu!" –Sghignazzò, tornando poi subito serio. –"Ma il corpo preposto ad ospitare un Angelo, sia pur oscuro, non può essere uno qualsiasi, non può appartenere a un comune essere umano, deve essere un ricettacolo sufficiente ad accogliere la sua coscienza e tutta la sua energia interiore! Per questo Anhar si era servito del Cavaliere di Virgo, il più potente tra i Custodi Dorati ancora in vita! E credere che a questo mondo possano esistere dei mortali in grado di ridurre un Angelo a quello stato… ebbene mi incuriosisce! Ma, intendiamoci, prima che vi facciate un’idea sbagliata, prima che la vostra umana mente cominci ad arrampicarsi su veroni di false speranze, c’è un abisso tra un Angelo, qualunque creatura sia, e un Progenitore! Potreste ucciderli tutti, per quel che mi riguarda, ed essermi comunque inferiori!"

"Questo lo vedremo subito!" –Avvampò Pegasus, scattando avanti, nonostante le grida di avvertimento di Cristal e Andromeda. –"Cometa lucente!!!"

L’abbagliante sfera di energia venne facilmente parata da Erebo, che si limitò ad aprire il palmo della mano destra, prendendone il controllo poco dopo, avvolgendola in una spirale nera, ma quando mosse il braccio per rimandargliela contro si accorse che il ragazzo non era più al suo posto. Con un colpo d’ali, era schizzato alla sua destra, il pugno già carico di energia lucente.

"Fulmine di Pegasus!!!" –Tuonò, piombando sul Progenitore e forzandolo ad alzare anche il braccio sinistro, per parare quel secondo attacco. Di quel momento approfittò Andromeda, slegando la sua arma e lanciandola all’attacco, moltiplicandola in infinite copie, tutte dirette alle braccia del Nume, mentre Cristal, poco distante, aveva già iniziato a imprigionargli le gambe nel ghiaccio, il cosmo espanso fino al culmine.

"Una tecnica incrociata…" –Analizzò Erebo, guardandosi attorno. –"Interessante! Non dovrei stupirmi, considerando tutte le battaglie che avete combattuto assieme! Di certo vi conoscerete come fratelli, e come fratelli saprete cosa passa sempre per la mente dell’altro! Ma vedete… c’è una cosa che ho imparato sui fratelli… Hanno sempre il brutto vizio di preoccuparsi troppo l’uno dell’altro!" –Ridacchiò, bruciando la propria aura venefica, che respinse in un sol colpo le catene di Andromeda e la pioggia di stelle lucenti, dissolvendo lo strato di ghiaccio attorno alle gambe. –"Vediamo se è così anche per voi! Generosi o egoisti?" –Aggiunse, scattando avanti, mentre ancora Andromeda riordinava le catene, troppo veloce perché le stesse potessero scattare di nuovo a sua difesa. –"Altruisti o individualisti?" –Disse, poggiandogli una mano sul ventre e lasciando detonare il proprio cosmo, che scagliò il ragazzo molti metri addietro. –"Stolti o furbi?" –Terminò, voltandosi verso Cristal, che stava sollevando le braccia sopra la testa e falciandogli i polsi con una raffica di daghe nere, che gli strapparono un grido di dolore prima di lanciarlo a terra. –"Soli o insieme? Come volete morire?"

A quel punto c’era solo Pegasus ancora in piedi, la nuova corazza che fumava in più punti, il celeste splendore dell’opera di Efesto già affumicata da quell’aura venefica. Dovette ringraziare il Signore dell’Olimpo per essere ancora in vita, poiché la vecchia corazza, danneggiata ad Asgard e sulla Luna, di certo non avrebbe retto a tutta quella tenebra. Chiudendo le dita a pugno, e cercando di non pensare a quel maledetto formicolio che gli stava pervadendo il braccio infettato da Erebo sull’Etna, il ragazzo espanse il proprio cosmo, preparandosi per colpire di nuovo.

Era l’unica cosa che poteva fare, l’unica cosa che sapeva fare. Rialzarsi e rialzarsi ancora, finché la vita non l’avesse lasciato. Solo allora avrebbe avuto pace.

"Iaiii!!!" –Gridò, sfrecciando verso il Nume, avvolto in uno sfavillio di luce che ben poco aveva da invidiare all’Aurora Boreale liberata ore prima da Igaluk. –"Cadi, tenebra malefica!!!"

"Ah ah ah! Perdonami ragazzo, ma non ne ho proprio l’intenzione!" –Sghignazzò Erebo, schivando l’affondo e portandosi alle sue spalle. Ma subito Pegasus roteò su se stesso, ripartendo alla carica, per quanto il Dio riuscisse ad evitare anche quell’assalto. –"Ti sei divertito anche troppo! Ora riposati! Per sempre! Dies…"

"Tempesta di folgori!!!" –Intervenne allora una voce possente, mentre una raffica di fulmini celesti si abbatté su Erebo, piegandogli una spalla e strappandogli un moto di fastidio. Ciò permise a Pegasus di balzare indietro, mentre anche Andromeda e Cristal si rimettevano in piedi e due figure nelle loro Vesti Divine li affiancavano.


"Ragazzi, state tutti bene?" –Esclamò Atena, con il fiato corto.

"Ancora per poco!" –Li anticipò Erebo, sbucando fuori dal nugolo di folgori e fissandoli con quei suoi accesi occhi di brace.

"Incredibile! La divina arma sterminatrice, in grado di piegare persino il re dei Titani, pare solo fargli il solletico!" –Rifletté Zeus, alle spalle dei Cavalieri dello Zodiaco.

"Per la verità, figlio di Crono, la tua arma mi ha recato offesa!" –Sibilò il Progenitore, indicando la maschera che gli copriva il volto, la cui estremità era adesso scheggiata. Ne sfiorò l’orlo, ancora fumante per la scarica energetica che l’aveva raggiunto, e poi ruggì, sollevando la mano e caricando ciascun dito di oscura energia.

"Un misero risultato, padre! Dobbiamo impegnarci di più!" –Esclamò allora Atena, mulinando la lancia dorata e allungandola per infilzare il palmo di Erebo.

"Prudenza, figlia mia! Prudenza!" –Commentò Zeus, osservando il Nume evitare l’affondo e portarsi a destra dell’arma stessa, impugnandola con la mano e avvolgendola nelle sue tenebre.

"Ascolta il paparino, Atena!" –Parlò, a denti stretti, mentre lo splendore della lunga asta pareva svanire, risucchiato in un’oscurità senza fine. Vi fu un secco clangore e l’arma si spezzò, disintegrandosi in più punti, spingendo persino Atena indietro, la protezione per le dita danneggiata dall’onda oscura.

"Non… è possibile! La Lancia di Vittoria! Dono di Nike! Nemmeno Etere era riuscito a piegarla!"

"Umpf, non paragonarmi a quei due damerini che credono di essere perfetti!" –Sibilò Erebo, mentre Cristal e Andromeda aiutavano la loro Dea a rimettersi in piedi. –"Io sono a loro superiore! Io sono superiore a tutti!"

"Anche a Nyx?!" –Domandò allora Pegasus, attirando lo sguardo del Nume su di sé.

"Uh? Perché lo chiedi? Certo, anche a lei! Io sono l’Oscurità degli Abissi Infernali, che cosa può esservi di più tenebroso?!"

"Eppure Nyx ti ha generato da sola, senza bisogno di unirsi con nessun altro Dio! Lei è la Prima Dea! Lei è la Prima Nata dal Caos! Tu, Erebo, per quanto ti vanti tanto, sei solo il numero due!" –Esclamò il Cavaliere di Atena, avanzando verso il Nume. –"Eh sì, occhietti rossi, sei al secondo posto!"

"Come... osi?!" –Ruggì Erebo, per la prima volta travolto da un’irrefrenabile collera. Balzò su Pegasus, con il braccio destro già pronto per trafiggergli il cuore, ma all’ultimo istante questi spalancò le ali dell’armatura, sollevandosi in aria, lasciando il Nume a perforare il nulla.

"Ora!!!" –Intervenne Andromeda, scatenando la fedele catena nella più versatile configurazione. –"Melodia scintillante di Andromeda!!!" –E con essa gli afferrò i polsi e i calcagni, strattonando con forza, mentre già Cristal al suo fianco lo investiva con le glaciali correnti dell’aurora. –"Folgore Tonante!!!" –Concluse Zeus, colpendo il Nume in pieno petto.

"Voi… Osate sfidare a tal punto la collera del Tenebroso?!" –Ringhiò Erebo, gonfiando i muscoli e aprendo le braccia di lato, lasciando che il suo cosmo esplodesse in tutta la sua sterminata ampiezza. Così vasto e terribile come mai lo aveva esibito fino ad allora, impressionando persino gli Dei.

Le catene di Andromeda andarono in frantumi, gli anelli d’avorio scintillarono di fronte agli occhi attoniti del Cavaliere, prima che venisse spinto indietro da un’onda di pura tenebra. Stessa sorte incontrò Cristal, il ghiaccio annerito, liquefatto, evaporato in una tossica nube che lo investì, prostrandolo a terra tra tosse e conati di vomito. Pegasus, che si mosse in aiuto dell’amico, venne afferrato per un piede, mentre ancora era in volo, e sbattuto a terra, così forte da aprire una fossa che presto si tinse di sangue.

"Pegasus!!!" –Gridò Atena, lanciandosi avanti assieme a Zeus, l’Egida sollevata e carica del suo caldo cosmo. Ma non fecero che tre passi prima che un maroso di energia nera li investisse, scheggiando le loro corazze, schiantando le ali della Veste Divina di Zeus e aprendo persino crepe lungo lo scudo di Atena, che sarebbe andato in frantumi se Erebo non fosse stato distratto da un insistente martellare di fulmini azzurri sulla sua schiena.

Voltandosi, dopo aver gettato gli Olimpi a terra, fulminò Alexer con uno sguardo ebbro di follia e rabbia, arrestando la sua corsa in soccorso degli Dei di Grecia e scaraventandolo indietro, fino a schiantarlo all’interno del massacrato rilievo ove fino a poche ore prima si ergeva il suo castello. Eir, che tentò di aiutarlo, andò incontro allo stesso destino, crollando nella torbida neve, con numerose ferite aperte sul corpo e un cosmo ormai troppo debole persino per rigenerarle.

Quando tutto fu finito, il Tenebroso placò il suo cosmo, rilassando le braccia lungo i fianchi e tirando un ultimo sguardo al cielo, ormai dello stesso colore della sua armatura e dell’aura che lo attorniava. Ebano.

Stanco per quell’esplosione imprevista, si lasciò cadere al suolo, stringendo cumuli di terriccio e neve tra le mani, osservandoli tingersi di una macabra tonalità di nero. Ripensando a quanto accaduto, sfiorò la maschera sul volto, toccando la parte scheggiata e guaendo, in un tono sommesso che, se qualcuno fosse stato sveglio per udirlo, avrebbe scambiato per un lamento. Forse un pianto.

Stringendo i pugni, ricordò a se stesso, e a tutti coloro che ardivano sfidarlo, che egli non era secondo a nessuno. Soltanto a Caos, a cui non era possibile non essere secondi. Quindi si rialzò, tirando un’occhiata verso nord: in lontananza, dove doveva ergersi il Palazzo di Midgard, fiamme rossicce rischiaravano il cielo e capì che l’assedio della cittadella era ancora in corso. L’Armata delle Tenebre e lo Zodiaco Nero scelti da Anhar e da Polemos parevano non essere in grado di vincere neppure un’infima battaglia. Aveva aperto loro la strada, eliminando tutti i principali ostacoli, e ancora non erano riusciti a prendere la fortezza? Inutili esseri inferiori! Li etichettò con disprezzo, sollevandosi nella sua aura tenebrosa e giurando a se stesso di farli fuori tutti prima che la notte giungesse a termine. Nessuno di loro, assediato o assediante, avrebbe visto l’ultima alba del mondo.

Con quel pensiero in mente si mosse verso la cittadella, quando una sagoma lucente gli sbarrò il cammino. Una sagoma ferita e sanguinante, dall’armatura celeste graffiata, annerita e scheggiata, ma decisa a non farlo andare oltre.

"Non abbiamo finito!" –Esclamò Pegasus.

"Così pare." –Si limitò a rispondere Erebo, senza dare a vedere il proprio stupore per la perseveranza e la resistenza di quell’uomo.

"Finirà solo quando uno di noi sarà morto!" –Chiosò il ragazzo, espandendo il proprio cosmo. Il Nume fece altrettanto, ma prima ancora di muovere il braccio in avanti si accorse che altri due bagliori si erano appena accesi ai suoi lati. Una luce bianca e una luce rosa.

"Questa è la mia terra, adesso!" –Intervenne Cristal, affiancando l’amico a passo lento. –"Se morire devo, che sia per amore di coloro che voglio proteggere!"

"Come potrei lasciarvi da soli, a fronteggiare il destino avverso che, pur ferendoci e mettendo continuamente alla prova il nostro spirito, ci ha anche graziato dell’amicizia dei nostri fratelli? I compagni con cui abbiamo diviso la vita?" –Parlò Andromeda, avvicinandosi ai due. –"Se morire dobbiamo, sarà insieme, amici miei!"

"E sia, dunque!" –Disse Erebo. –"Fino alla fine!"

"Fino alla fine!" –Ripeterono i Cavalieri dello Zodiaco, bruciando i cosmi al massimo, unendo le loro fiamme vitali in una sola aura. Il Cigno, Pegasus e la Regina Andromeda apparvero nel cielo sopra di loro, in un tripudio di luci e stelle, mentre i tre compagni si posizionavano nella Postura della Triade, esclamando a gran voce. –"Urlo di Atena!!!"

"Dies irae!!!" –Tuonò il Progenitore, liberando un’immensa massa energetica intrisa di tutta la sua rabbia, tutta la solitudine provata in millenni trascorsi nell’intermundi, da quando Caos aveva posto fine alla sua esistenza. Quel giorno, che gli Angeli avevano tanto paventato e che i Protogonoi avevano invece atteso, lui l’aveva atteso più degli altri, perché finalmente avrebbe potuto dare sfogo a tutta l’ira accumulata. All’ira che aveva accompagnato il suo cammino fin dalla creazione.

Lo scontro tra i due poteri fu devastante, una collisione di energie che saturò la fredda aria del nord, sfociando in una detonazione che squassò l’intera vallata, aprendo ovunque faglie e voragini. Persino le mura di Asgard, a miglia di distanza, tremarono, al pari degli strenui difensori che ancora vi combattevano. Persino Mani ed Eracle, che su quelle mura lottavano per cacciar indietro i nemici, rabbrividirono al pensiero che qualcuno potesse esserne entrato in contatto. La stessa Nave di Tirinto, sospesa in cielo sopra la cittadella, ove da poco era giunta, venne investita dall’onda d’urto, obbligando Neottolemo ad un’agile manovra d’atterraggio nel cortile interno, mentre travi e vele si schiantavano.

La poderosa esplosione scaraventò Pegasus, Andromeda e Cristal indietro, i corpi percossi da violente scariche di energia oscura, le corazze che si crepavano in più punti, le ali che venivano spezzate, le decorazioni oscurate dall’ombra della fine.

"Abbiamo… fallito…" –Mormorò il Primo Cavaliere della Dea Atena, la faccia a terra, in un mucchio di sangue e fanghiglia, osservando l’atletica figura, d’ombra rivestita, che stava camminando nella loro direzione.

Erebo, Signore delle Tenebre, pareva non aver subito danni e, quand’anche fosse rimasto impressionato da tale potenziale energetico, non ne fece cenno, limitandosi a fissare Pegasus con i suoi occhi rossastri, sollevando poi un braccio al cielo.

"Non… c’è rimasto nulla…" –Rifletté il ragazzo, cercando il cosmo dei compagni, sparsi attorno a sé in quel valico tinto di sangue.

"Pegasus… Perdonami…" –Rantolò angosciata Atena, mezza sepolta da qualche parte, troppo debole per rimettersi in piedi.

"Isabel…" –Disse il Cavaliere. –"Avessimo almeno un’arma con cui colpirlo…"

"Hai già dimenticato il dono che ti feci, ragazzo?" –Parlò allora una voce al cuore di Pegasus, o forse fu solo il vento della sera a risvegliare sopiti ricordi. –"Di corta memoria sei, allora! Eh eh eh!"

"Questa voce… questo cosmo… gelido come il diamante ma antico e sapiente…"

"Se hai ricordato, ricorderai anche il nostro battagliare imperterrito, fuori da Fensalir, e l’arma che ti donai! Un’arma da impugnare in nome di tutti gli Asi! E quale occasione migliore di questa, se non difendere quel che resta della nostra civiltà? A te, Cavaliere di Pegasus, l’onore e l’onere di combattere per Asgard! Alzati, dunque, e impugna la spada Balmung!" –Declamò la voce, prima di scomparire.

"Odino…" –Mormorò Pegasus, rimettendosi in piedi, avvolto nella propria aura azzurra, stupendo Erebo che quasi non credeva a quel che stava vedendo. –"Odinooo!!!" –Gridò, il cosmo che ruscellava attorno a sé come fosse una cascata di vivida luce, al centro della quale una luminosa spada apparve poco dopo, limpida come fosse composta di ghiaccio. –"Balmung impugno, in nome tuo e di tutti gli Asi e gli Einherjar che mi hanno onorato della loro amicizia!" –E la strinse, inebriandosi della sua forza, prima di torcerla e volgere la lama verso il Progenitore.

"Frigg ed Eir, le cui amorevoli cure mi salvarono dal veleno di Jormungandr!" –Esclamò, scattando avanti e mulinando un fendente che Erebo fu lesto ad evitare. –"Balder, che mi donò lo splendore della sua luce, il cuore più colmo d’amore di tutta Asgard!" –Continuò, voltandosi di scatto e caricando di nuovo il Nume. –"Orion e i Cavalieri caduti nella Guerra dell’Anello, ingannati da un demone figlio del Caos!" –E ancora mosse la spada abbagliante. –"Odino e Loki, due facce della stessa medaglia, ciascuno nemesi dell’altro, ciascuno incompleto, a modo suo! Come tu, Erebo, sei incompleto senza la luce a bilanciarti! Assaggia, adesso, la luce del mio cosmo!!!" –Nient’altro aggiunse, alzando la lama verso il cielo e obbligando il Nume ad un balzo all’indietro, per non essere investito dall’incandescente fendente che da essa scaturì.

"O tu l’ombra del mio!" –Ghignò il Dio, abbattendo Pegasus con un’onda di energia oscura, che lo costrinse sulle ginocchia, per quanto ancora si reggesse a Balmung. –"E adesso…" –Ma proprio mentre si incamminava verso di lui, deciso a dargli il colpo di grazia, percepì un calore improvviso, un fuoco provenire dal fianco sinistro della sua corazza. Sfiorandola, la trovò bollente, così tanto al punto da sbriciolarsi tra le sue mani, in una nube di polvere nera. E, al di sotto di essa, al di sotto della tunica nera che indossava, pulsava una ferita aperta. Un taglio appena, che sui corpi stanchi e devastati dei Cavalieri dello Zodiaco in quel momento nessuno avrebbe notato. Ma sul suo… –"Co… Come hai fatto?!" –Sussurrò, osservando le dita tingersi di rosso.

"Pegasus!!!" –Lo chiamò Andromeda. –"Ci sei riuscito!!!"

"Hai ferito Erebo!!!" –Sorrise Cristal, aiutando il compagno a rimettersi in piedi.

"Cavaliere!!!" –Commentò fiera Atena, prima che le forti braccia di Zeus la sollevassero da terra.

"Brucia, non è vero, Erebo?" –Esclamò allora Pegasus, tentando una risata ma non ottenendo altro che un secco colpo di tosse. –"Brucia non essere invincibili?"

"Tu... Ucciderti non sarà sufficiente per punirti! No, ti terrò in vita… ti lascerò vivere, sì. Menomato, ferito, ridotto ad una larva, ma ti permetterò di assistere alla fine del mondo che con passione ti periti di difendere e delle persone… che ami!" –Sibilò, scattando avanti, il braccio carico di energia oscura, diretto verso Atena, che a fatica riuscì a sollevare la danneggiata Egida di fronte a sé.

"Folgore tonante!!!" –Intervenne Zeus, presto affiancato da Alexer. –"Fulmini siderali!!!" –Ma i due assalti furono dispersi da un maroso di tenebra che scaraventò indietro le due potenti entità, abbattendosi poi sullo scudo della Dea, costringendola a riporvi tutto il proprio cosmo divino, tutta la sua essenza e quella delle amiche che la sostenevano.

Ma neppure ciò bastò.

Con un rumore sordo, l’Egida si spaccò in due, gettando Atena a terra, mentre la marea d’ombra la investiva, schiacciandola, premendo su di lei, soffocandola, di fronte allo sguardo non più divertito di Erebo, bensì arrabbiato oltre ogni dire. Prima che potesse calare però sulla Dea, una voce lo raggiunse, parlando al suo cosmo.

"Basta così! Rientra subito al Santuario!"

"Cosa?!" –Ripeté il Nume, fermandosi e guardandosi attorno, senza che i Cavalieri e gli altri Dei potessero capire cosa stesse facendo.

"Hai sentito quel che ti ho detto! La tua presenza è richiesta immediatamente al Santuario delle Origini!"

Nyx non aggiunse altro e svanì, lasciando Erebo a riflettere sulle sue parole. Di certo doveva esserci un motivo valido se la Notte gli intimava di mettere da parte i suoi propositi di distruzione, un motivo che aveva forse a che fare con l’andamento delle altre campagne belliche? Non ci aveva pensato fino a quel momento, troppo preso da scontri che, anche se non l’avrebbe mai ammesso, lo avevano coinvolto, ma adesso a mente fredda era evidente che qualcosa non era andato come avevano concordato. Che ne era di Polemos? E di Etere e Emera? Perché non l’avevano raggiunto a nord, con Atlante e il resto dell’Armata delle Tenebre?

Forse, analizzò il Progenitore, osservando i Cavalieri dello Zodiaco sorreggersi l’un l’altro, ancora avvolti nello splendore fiacco del loro cosmo, questo mondo è destinato a durare un altro giorno! Sghignazzò, sollevandosi nel cielo, in una spirale dal colore dell’ebano, e tirando un ultimo sguardo a coloro che l’avevano impegnato più di quanto avesse previsto. A coloro che lo avevano fatto pensare a quelle maledette parole che Anhar gli aveva rivolto ore addietro.

"Chi mai verrà dopo il Signore della Folgore?!"

Era davvero possibile? Che fossero davvero loro?

Non volle rispondersi, non in quel momento. Concentrò un’enorme sfera di energia sul palmo della mano e poi la scagliò contro Pegasus e i suoi compagni, prima di schizzar via nella plumbea sera nordica, lasciando dietro di sé una scia di sadiche risate e tanta distruzione.

"Attenti!!!" –Gridò allora Zeus, alla vista dell’oscuro globo che stava per abbattersi su di loro. Fece per colpirlo ma venne anticipato da una cupola dagli argentei bagliori che si sollevò a loro difesa, estendendosi fino a riparare anche Eir e Alexer. Una cupola su cui l’assalto di Erebo si schiantò, esplodendo, scuotendo ancora un po’ il paesaggio e poi esaurendosi, rivelando colui che li aveva protetti.

"Mio Signore…" –Mormorò Pegasus, riconoscendo Avalon davanti a sé.

Alexer lo raggiunse poco dopo, arrancando nella neve, sostenendo una stanca e logora Eir.

"Fratello… stai bene?"

L’Arconte Supremo annuì, voltandosi poi ad osservare le condizioni in cui versavano tutti coloro che avevano affrontato Erebo.

"Ammetto che i Progenitori possano essere un problema!" –Chiosò.