CAPITOLO TRENTASETTESIMO: LA FINE DI UN SOGNO.

Toru osservava sconvolto i cadaveri di Maru e Tara, gli amici al cui fianco era cresciuto e diventato uomo. Lui, con il costato sventrato dallo scettro di Forco, lei, con quel che restava del corpo segnato da violacee ustioni, dovute al veleno contenuto nella sua corazza che aveva infine liberato. Quello stesso veleno che aveva prostrato Forco a terra, costringendolo ad un dispendio di forze che mai si sarebbe aspettato di sostenere.

È stata brava, rifletté il figlio di Ponto e Gea, l’Areoi di Diodon ad affondare gli aculei laddove il Narvalo aveva poc’anzi colpito, trovando terreno facile alla diffusione del suo potere. Pur tuttavia l’ingenua ragazza non aveva considerato chi aveva di fronte. Un Dio, anzi il Dio. L’unico Signore dei Mari, l’unico che adesso possa fregiarsi di tale titolo! Si disse, fiero di sé, rialzandosi e osservando il devastato piazzale di fronte al Palazzo di Corallo, dove pochi ancora resistevano al suo progetto di dominio.

Fiaccato dalle perdite recenti, il Comandante degli Areoi lo fissava con rabbia e presto avrebbe scatenato di nuovo le sue fauci. Al contrario, Nettuno era ancora a terra, il cosmo ormai l’ombra di quel che era stato un tempo. Delle due guerriere ben poco se ne caleva, così come dei Seleniti già feriti, ma di Toru avrebbe dovuto occuparsi, e avrebbe dovuto farlo subito, prima di varcare la soglia del Palazzo di Corallo e prendere quel che voleva. Così, senza dire alcunché, concentrò il cosmo sul palmo della mano, volgendola poi verso il discendente di Afa, schiacciandolo a terra e schiantando la sua bianca corazza in più punti. Rise, Forco, vedendo con quanta foga, con quanta ostinata foga, il giovane tentava di resistere, di rialzarsi, di contrastare quella pressione che di certo doveva ricordargli quella che chiunque provava nuotando a tali perigliose profondità. Per quanto vi fosse abituato, quel peso era troppo per essere sostenuto da solo, anche per Toru.

Fu una voce amica a venirgli in aiuto, mentre un fendente di energia cosmica squarciava il suolo di fronte al tempio, spezzando la concentrazione di Forco.

"Taglio delle Onde!!!" –Esclamò una giovane figura, portandosi davanti al suo Comandante, il braccio destro carico di cosmo, il sinistro invece piegato davanti a sé.

"Kohu…" –Balbettò Toru, affannando nel rialzarsi. –"Che fai qui? Vattene via, è pericoloso!"

"Non più di rimanere inerme ad aspettare gli eventi, ad aspettare che questi mostri ci portino via la nostra casa, Comandante! La nostra terra!" –Spiegò l’Areoi dell’Istioforo. –"Inoltre, non sono venuto da solo!" –Aggiunse, prima che una figura avvolta nel suo cosmo bluastro scattasse dietro di lui, liberando il suo colpo segreto.

"Frecce del Mare!!!" –Gridò Nesso del Pesce Soldato, scagliando un nugolo di dardi di energia acquatica verso Forco, che non ebbe problema a spostarsi ad una velocità maggiore, evitandoli tutti. Quindi, quando l’attacco scemò d’intensità, mosse il braccio, generando un’onda di energia cosmica che ruggì furiosa verso il ragazzo, strappando un grido a Kohu e Toru, dietro di lui. Ma Nesso non si fece prendere dal panico, sparando un arpione contro una guglia del Palazzo di Cristallo e lasciandosi tirar su dal cavo proprio mentre il maroso scrosciava sotto di lui.

Sorprendendo Forco, con quell’agile mossa, il fedele di Eracle si lasciò cadere sul nemico, attaccando dall’alto con una selva di frecce di energia.

"Quel ragazzo non ha paura di niente, nemmeno della morte! Mi ricorda Pegasus!" –Giudicò Tisifone, osservando sbalordita la scena. –"Ma vi incorrerà presto se non lo aiutiamo!" –Le fece eco Titis, correndo avanti e sfiorando il suolo. –"Sottile trama corallina!!!" –Disse, evocando un colorato strato di coralli che andò sorgendo attorno ai piedi di Forco, intrappolandolo quel breve attimo che fu sufficiente a distrarlo dall’attacco di Nesso.

Tisifone, Kohu e Toru approfittarono proprio di quell’attimo per scagliare i loro colpi segreti, ognuno da una direzione diversa. Il Cobra Incantatore, il Taglio delle Onde e le Fauci dello Squalo Bianco coprirono in un lampo la distanza dal Nume, abbattendosi su di lui in un turbine di scariche e fendenti energetici.

"Graurrr!!!" –L’urlo di Forco non tardò ad arrivare, anticipando il sollevarsi di un’onda di colore blu notte, che si espanse attorno a lui, investendo tutti i combattenti e trascinandoli molti metri addietro, con le corazze danneggiate. –"Come osate? Pagherete cara la vostra avventatezza!!!" –Gridò, osservando le scheggiature che costellavano la sua Veste Divina, solo una minima parte del fastidio che essere sfiorato da luride mani umane generava in lui. Mani di Heroes e di Areoi, mani di Cavalieri di Atena, mani che, a modo loro, credevano di appartenere a chissà quale eroe leggendario. Ma lui, che negli eroi non credeva, poiché tutti quelli considerati tali avevano sempre sconfitto e piegato le potenze e gli abitanti dei mari, un simile vilipendio non poteva accettarlo e adesso lo avrebbe estirpato.

"Si fermi, mio Signore! Non si sporchi le mani! Lasci a me costoro, provvederò a spazzarli via con un colpo solo! Anzi, con un corno solo!" –Esclamò allora una voce maschile, mentre un guerriero in armatura azzurra avanzava verso il Palazzo di Corallo, camminando a passo tranquillo lungo la via che proveniva dalla Conchiglia Occidentale.

"Meritursas, sei tu?!" –Lo riconobbe Forco. –"Meglio tardi che mai! Che ne è degli altri?"

Il Quinto Forcide scrollò le spalle, prima di appuntare la sua attenzione sugli avversari che nel frattempo si stavano rialzando. Con un agile balzo fu su Kohu, colpendolo con un calcio al mento e sbattendolo a terra, facendogli sputare sangue e qualche dente rotto, poi calò il pugno destro su di lui, ma trovò un’improvvisa singolare protezione a sua difesa.

"Vela bianca!!!" –Esclamò il ragazzo, che aveva mosso il braccio sinistro in fretta, espandendo la materia cartilaginosa di cui era dotato, creando un’ampia vela triangolare che usava come scudo.

"Ridicolo!" –Lo schernì l’Iku-Turso, tempestandola di pugni.

"Ehi, pesciolino!" –Lo chiamò allora una gioviale voce, fischiando il suo nome. –"Fatti mettere in gabbia!" –Aggiunse Nesso, tenendosi il braccio destro col sinistro, ritto davanti a sé, e sparando dalla protezione dell’armatura un arpione che andò a piantarsi in una coscia del Forcide, strappandogli un grido di dolore. –"Oplà!!!" –Esclamò il guerriero di Eracle, strattonando il cavo e gettando l’Iku-Turso a terra.

"Quando hai finito di giocare, sai dove trovarmi, Quinto Forcide! Mi aspetto che tu venga presto a rendermi omaggio!" –Parlò Forco, scuotendo la testa e iniziando a salire i gradini che conducevano all’interno del Palazzo di Corallo, da cui una strana nebbia pareva fuoriuscire, una bruma oceanica che prima non aveva notato.

"Forco!!! Torna indietro!!!" –Ringhiò Toru, scattando avanti. Ma l’Iku-Turso, che nel frattempo si era tolto l’arpione di Nesso dalla gamba, aveva appena afferrato il cavo, strattonandolo e tirando il ragazzo avanti, scaraventandolo proprio contro l’Areoi dello Squalo Bianco.

"Avete sentito il mio Signore? Mi aspetta nel suo nuovo palazzo, ai piedi del trono dei mari! Non fatemi perdere tempo, bambocci!" –Esclamò il Quinto Forcide, espandendo il cosmo e portando avanti entrambe le braccia, mentre una mandria di buoi di schiumosa energia cosmica caricava i tre guerrieri. –"Tuonen härkä!!!"

"Dietro di me!!!" –Gridò allora Kohu, ponendosi di fronte a Nesso e a Toru, con la bianca vela sollevata per proteggerli. Non resse molto, quella misera protezione, dilaniata dagli affilati corni dei Buoi della Morte, ma permise loro di subire l’assalto soltanto di striscio, sfruttando quel tempo per rifiatare.

"Tuhatsarvi!!!" –Imperò allora l’Iku-Turso, poggiando una mano al suolo e infondendovi il proprio cosmo, che si palesò sotto forma di mille corna di oscura energia che spuntarono dal suolo sotto i piedi dei tre combattenti, aggirando la Vela Bianca di Kohu. –"Epiteto veritiero, questo che fu dato alla bestia che rappresento! Possiede davvero mille corna velenose! Oh, non l’avevate notato? Sentirete presto gli effetti di quelle ferite, si propagheranno nei vostri corpi malati fino a consumarvi!"

"Che una viscida carogna tuo pari possa sconfiggere il predatore dei mari è un’eresia!" –Esclamò Toru, rialzandosi a fatica, trattenendo i conati allo stomaco e scuotendo la testa di continuo, per mettere a fuoco l’immagine del suo avversario che appariva sempre più sfuocata. –"Che sia cieco o sordo, poco importa! Non tapperai le Fauci dello Squalo Bianco!!!" –Avvampò, portando avanti il braccio e scagliando il suo colpo segreto, cui il Forcide rispose con la carica dei Buoi della Morte, lasciando scontrare i due attacchi e balzando poi indietro, evitando l’onda di ritorno, a differenza dell’indebolito Toru, che venne travolto e sbattuto a terra.

"Ormai lo squalo è diventato un pesce rosso, a giudicare dal sangue che fuoriesce dalle ferite aperte! Poche in verità! Quante sono? Neppure un centinaio! Lascia che le aumenti! Lascia che diventino mille, come le corna del Padre delle Nove Malattie! Tuhat..." –Ma l’Iku-Turso non riuscì a terminare la frase che il suo braccio venne strattonato con forza, da un robusto tentacolo metallico che glielo torse all’indietro, costringendolo a guardare in faccia la sua nuova avversaria.

"Alcione!!!" –Esclamò Nesso, felice di rivederla. –"Sei viva!!!"

Dietro di lei arrivarono Sirio e Ascanio, avvolti nelle loro aure cosmiche, i corpi segnati dalle fatiche sostenute; in particolare il Cavaliere di Avalon appariva ben più malridotto di quando Toru, Tisifone e Titis lo avevano visto l’ultima volta.


"Ancora per poco!!!" –Ringhiò il Forcide, che già aveva affrontato la donna qualche ora addietro. Strinse il tentacolo con l’altra mano, mandandolo in frantumi, prima di evocare la mandria di Buoi della Morte, che lo attorniò da ogni lato, le lunghe corna aguzze pronte a immergersi nei corpi dei suoi nemici. –"I buoi di Tuoni, Signore dell’Oltretomba presso i popoli finnici! Che vi portino tutti a Tuonela! Che vi portino all’inferno!!! Tuonen härkä!!!"

L’attacco devastate si irradiò verso ogni direzione, piombando alla stessa velocità sia su Toru, Nesso e Kohu, ancora intenti a difendersi dietro quel che restava della Vela Bianca, sia su Sirio, Ascanio e Alcione che su Titis e Tisifone, cercando ognuno di proteggersi alla meno peggio. I discepoli di Dohko scatenarono la furia dei draghi di Albion e Cina, che dispersero gran parte degli armenti energetici, permettendo anche alla fedele di Eracle di ripararsi dietro di loro. La sirenetta sollevò una barriera di coralli, ma venne subito distrutta dall’impeto dei Buoi della Morte, che si abbatté sulle due guerriere, ferendole in più punti. Fu però un cosmo ben noto, assopitosi negli ultimi minuti, a salvarle da morte certa, ergendosi di fronte a loro, le mani alzate sopra la testa, a reggere un dorato manufatto.

Un corno di conchiglia.

"Mio… Signore…" –Mormorò Titis, prima di perdere i sensi tra le braccia di Tisifone, riconoscendo colui che le aveva protette.

"Corno di Tritone!!!" –Esclamò Nettuno a gran voce, risucchiando dentro la conchiglia la mandria di armenti di Tuoni.

"Come osi, spregevole Dio minore, opporti a un emissario del grande Forco?!" –Ringhiò l’Iku-Turso, espandendo il proprio cosmo e avanzando verso il Cronide.

"Come osi tu, uomo, pensare di rivaleggiare con me?!" –Ironizzò quest’ultimo, prima di rivolgersi a Sirio e ad Ascanio. –"Forco è all’interno! Dovete fermarlo prima che prenda la Perla dei Mari!" –I due compagni annuirono, prima di scattare verso l’ingresso del Palazzo di Corallo, seguiti da uno zoppicante Toru.

"Dove credete di andare? La morte è qui per voi ed ha il volto di Tuoni!" –Vociò il Quinto Forcide, evocando un nuovo gregge di Buoi Neri.

"No, Iku-Turso! Solo per te!" –Sentenziò Nettuno, puntandogli contro il Tridente del Re Pescatore e liberando una violenta scarica di energia, così potente da schiantarlo contro un edificio, tra i frammenti insanguinati della propria corazza. Respirando a fatica, il Dio crollò infine sulle ginocchia, sorreggendosi alla sua arma, voltando poi lo sguardo verso il cuore dell’Avaiki, dentro il quale un violento scontro era in atto.

***

"Va’ a controllare!" –Gli aveva detto Hina, quando aveva sentito scontrarsi le energie di Forco e di Nettuno, proprio fuori dal palazzo ove a lungo aveva dimorato, ultima di una stirpe di guardiane che risaliva ai tempi di Antalya.

Asterios aveva esitato un momento, combattuto tra la ragione e il cuore, una sensazione che non aveva mai provato fino a quel giorno. Del resto, perché mai avrebbe dovuto provarla prima? In quale occasione? Forse nei secoli trascorsi sulla Luna, a strimpellare una cetra per allietare cinquanta belle fanciulle che non poteva nemmeno sfiorare? O ad osservare Endimione e Selene amarsi, baciarsi e vivere quella vita felice che solo due innamorati potevano sognare? Eppure anche lui, un tempo, si era unito a una donna, a una mortale, e da quell’unione era nata Hina. Certo, come gli aveva detto suo fratello, era stata una necessità di servizio, dettata dal dover mantenere una Alii alla guida dell’Avaiki.

"E quale migliore Alii della figlia di uno degli Angeli?" –Gli aveva sorriso Avalon, complimentandosi per il buon lavoro svolto.

Un lavoro sì, in fondo non era stato altro, e così doveva essere. Avalon aveva ragione, loro non dovevano immischiarsi nelle faccende umane, non dovevano legarsi, non aveva alcun senso farlo. Erano immortali, destinati a vivere migliaia di anni, fino all’avvento dell’ultima ombra, e destinati a veder morire tutti coloro che avrebbero amato. Perché, quindi, rovinarsi così? Andrei aveva fatto un errore simile e l’aveva pagato caro. E Alexer? Anche lui forse non era stato sul punto di…?

"Va’! Sono in grado di reggere la barriera da sola!" –Continuò Hina. –"Adesso che tutti i nostri nemici sono dentro l’Avaiki, non ho più niente da temere dagli abissi oceanici!"

Sua figlia aveva ragione. Aveva sentito anche lui l’esplodere dei cosmi di Sirio e Ascanio, nella Conchiglia Occidentale, e dallo squarcio nel muro poteva vedere persino la tozza figura di Forco battagliare con Nettuno con un’agilità che quel fisico non sembrava dover permettere. Ma Forco era un Dio, un Nume ancestrale, e avrebbe sfoderato la stessa forza anche se avesse avuto l’aspetto di un vecchio decrepito. Non era forse anche il suo caso? Non erano anche loro Quattro (o Cinque, in verità) degli Dei? Creature partorite all’alba dei tempi e destinate a durare fino alla fine del ciclo cosmico. Quanti altri esseri senzienti avevano goduto dello stesso destino? Asterios sorrise, ritenendo di poterli enumerare sulle dita delle mani, prima che una nuova detonazione lo portasse ad accelerare il passo verso l’uscita dal Palazzo di Corallo.

Fu allora che notò la nebbia, che lo circondava già da qualche istante. Una grigia cortina così fitta come mai l’aveva vista fino ad allora. Non dovette pensarci due volte per capire che non era naturale, bensì sorretta da un cosmo nemico che di certo era vicino a loro. A chi può appartenere? Si chiese. Di certo non a Forco, che sta ancora lottando con Nettuno! E poi non è il suo stile! Sarà opera di uno dei suoi scagnozzi, qualcuno così codardo e debole da dover ricorrere a questi mezzucci per mettere in difficoltà il proprio avversario.

Non che io lo sia, in fondo! Ironizzò, concentrando i sensi e individuando tre macchie scure nella nebbia. Tre veloci macchie che guizzarono verso di lui, costringendolo a bruciare il cosmo e a frenarne l’avanzata con un solo gesto della mano. Rimase però stupito nel constatare che non vi era niente davanti a lui, solo un’ombra. La stessa che un attimo dopo apparve alla sua destra, replicandosi in due nuove copie che di nuovo parvero convergere sull’Angelo, pur senza raggiungerlo mai.

"Hai un modo piuttosto subdolo di combattere!" –Parlò infine Asterios. –"Ma forse sei troppo debole per uno scontro aperto, non è così? Beh, ti dirò una cosa, hai sbagliato avversario! La nebbia, forse non lo sai, ma è formata da gocce d’acqua sospese in aria ed io, tra i Quattro, sono colui che domina l’elemento acqua!" –Chiosò, espandendo il proprio cosmo che si irradiò attorno a lui sotto forma di lunghe lance che fendettero la fitta nebbia, brillandovi per un breve istante prima di ritirarsi, e portare con sé tutte le gocce d’acqua, liberando la sala da quella foschia.

"Aaahhh!!!" –Gridò in quel momento Hina, ruzzolando ai piedi della colonna ove era poggiata la Perla dei Mari.

Asterios si voltò giusto in tempo per vedere un uomo rivestito da una corazza azzurra ergersi dietro il basamento, lo stesso uomo che le aveva appena sventrato un fianco con un singolo colpo di mano. –"Maledetto! Come osi?!" –Avvampò l’Angelo di Acqua, inorridendo nel vedere l’anziana figlia distesa a terra, in una pozza di sangue.

"Oserò molto di più se ti avvicini!" –Sibilò l’avversario, chinandosi sulla donna e intingendo il braccio nello squarcio aperto, facendola sussultare dal dolore. –"Perciò sta’ fermo lì! Voglio solo prendere una cosa e poi me ne andrò!"

"Una cosa?! La Perla dei Mari?!"

L’uomo non rispose, limitandosi ad alzarsi, tirando Hina con sé, e ad avvicinarsi alla sfera di luce, dentro cui vorticavano fatue evanescenze. Nonostante l’avesse vista svariate volte, in occasione delle visite che tutti gli Areoi compivano alla grande Alii, era la prima volta che poteva rimirarla da vicino. La prima volta che poteva toccarla.

"Non ti permettere, bestia!!! Tieni lontane le luride zampe!!!" –Esclamò Asterios, puntando una mano verso di lui, sul cui indice lampeggiava già una smeraldina energia. Ma l’uomo fu svelto a porre Hina davanti a sé, offrendola come scudo a chiunque avesse osato colpirlo.

"Beh? Non volevi attaccarmi?!" –Ghignò, fissando l’Angelo di Acqua negli occhi e godendo della collera mista alla frustrazione che nuotavano nelle sue iridi. –"Avanti, fallo! Che aspetti? Se vuoi impedirmi di prendere la Perla dei Mari dovrai uccidermi e lei morirà con me! Non è la tua missione questa?"

Fu la voce di Hina a rompere il silenzio che seguì a quelle parole, la debole voce di una donna che aveva vissuto abbastanza da saper riconoscere la fine.

"Fallo!" –Si limitò a dirgli. Ma Asterios ancora non riusciva a decidersi, forzando il nemico ad affondare ancora di più nel fianco della vecchia, strappandole un sussulto di dolore, senza che fosse però accompagnato da alcun lamento. –"Credi davvero che non sia pronta alla morte? Solo chi ha vissuto male la teme davvero! Solo chi sa di aver sprecato l’unica esistenza che gli è stata concessa! Puoi anche aver cambiato nome, Moeava, ma non pensare che non abbia riconosciuto il tuo cosmo oscuro, non pensare di essere cambiato! Sei ancora il solito discolo malvagio, consapevole di non valere alcunché, di non essere degno di diventare un Areoi!"

"Zitta, strega!!!" –Le gridò in faccia l’uomo chiamato Moeava. –"È tutta colpa tua, tua e di quel bastardo di Toru se non ho mai avuto l’investitura che mi spettava! Ma ora avrò la gloria, quella eterna! Un vero peccato che tu non possa vedermi adesso, mentre ti strappo quel che hai di più caro!" –Ringhiò, trapassandole del tutto il ventre con il braccio e gettandola poi a terra, scagliandola lontano con un calcio.

Asterios corse subito da lei, sollevandole la testa e afferrandole un braccio, sentendo la forza vitale abbandonarla. Avrebbe voluto dirle qualcosa, forse che era colpa sua, che l’aveva messa al mondo confinandola a una vita di privazioni e stenti, e a una morte atroce, ma lei gli parlò con il cosmo, lenendo i suoi affanni e ringraziandolo.

"Non avrei potuto desiderare vita migliore!" –Gli disse, sorridendo. –"Servire come Grande Madre di questo Avaiki è stato un onore. E adesso, finalmente, dopo tutti questi anni, ritroverò coloro che ho amato, coloro che il tempo mi ha portato via. Non vorresti, un giorno, godere anche tu di questo dono, padre mio?" –Non aggiunse altro e spirò, mentre la sua anima già riluceva diafana nella Perla dei Mari.

"È mia!" –Parlò allora Moeava, fissando il globo azzurro con sguardo estasiato, quasi spiritato. Rimase un attimo ad osservarla, rapito dai giochi di luce che provenivano dal suo interno, affascinato dalle sottili figure che parevano nuotare in un mare immenso, prima di afferrarla con entrambe le mani, sollevandola.

"Nooo!!!" –Gridò Asterios, scattando avanti.

Ma era troppo tardi. Troppo tardi per tutto.

Una fitta intensa scosse il Quarto Forcide, facendo vibrare tutto il suo corpo, rimasto lì, in piedi di fronte al pilastro sacro, lo sguardo fisso sulla Perla dei Mari che riluceva tra le sue mani. La bocca aperta, quasi nell’atto di urlare al mondo il suo dolore, le palpebre sollevate, le iridi che andarono schiarendosi sempre più, fino a divenire bianche, al pari dei capelli. Quando ciò accadde, quando la vita lo abbandonò, crollò di lato, a terra, rigido come una statua, mentre la sfera azzurra rotolava via dalle sue mani, fermandosi al centro del Palazzo di Corallo, proprio di fronte ad Asterios. Brillò per l’ultima volta, poi si spense, apparendo infine come una sfera di roccia e niente più.

"Incredibile!!!" –Mormorò una voce alle spalle dell’Angelo di Acqua, che, voltatosi, trovò Forco in piedi davanti a lui, ad osservare la scena con un misto di incredulità e orrore negli occhi. –"Il potere di quel manufatto è tale da poter dare vita o morte a chiunque lo sfiori! L’Isonade è stato uno stupido a non valutare il rischio!"

"La brama di potere acceca la mente anche dei più scaltri, dovresti saperlo, Dio che tanto hai atteso nell’ombra il giorno del riscatto solo per macchiarti delle stesse colpe dei tuoi predecessori!" –Giudicò Asterios, fissando Forco con sguardo deciso.

"La morale rivolgila a qualcun altro! Sono qui per un motivo e porterò a termine il mio piano, offrendo a Caos la Perla dei Mari! Lui non correrà pericolo alcuno, lui saprà tenere a bada le anime che vi dimorano, cibandosi della loro forza!"

"E come credi di prenderla? Come credi di superare l’Arconte di Acqua che ti si pone davanti?!" –Ironizzò Asterios, espandendo il proprio cosmo, che iniziò a brillare di mille luci verdastre attorno a sé.

"Vincendolo, come ho vinto tutti coloro che mi si sono parati davanti, uomini e Dei!" –Avvampò l’altro, scattando avanti, di fronte allo sguardo divertito dell’avversario, che indicò un nugolo di lucciole celesti che danzavano attorno a lui. –"Che sono questi insetti luminescenti?!"

"Falene d’acqua! Lasciati guidare dalla loro luce, lascia che ti portino via!" –Cantò l’Angelo, nelle cui mani era apparsa una cetra d’avorio, sfiorando le corde dello strumento e generando un motivetto che parve animare le falene, dirigendone il volo verso Forco, che si ritrovò circondato e ricoperto da migliaia di insetti di luce.

"Ridicolo!!! Hai idea di chi hai di fronte? Sono il figlio di Ponto e di Gea, ultimo Signore dei Mari, colui che guiderà il più grande regno del pianeta dopo che i Progenitori avranno annientato la razza umana! Non sono uno che puoi sconfiggere con questi trucchetti?!" –Esclamò rabbioso il Nume, lasciando esplodere il proprio cosmo, con cui annientò tutte le falene che lo avevano attorniato.

Ad Asterios bastò pizzicare la cetra per sollevare una bolla di energia dentro cui si riparò, per difendersi dall’attacco, senza mostrare il benché minimo cenno di stupore. Continuò a solleticare le corde dello strumento finché la furia di Forco non parve placarsi e il Nume crollò sulle ginocchia, respirando a fatica, chiedendosi il perché di quella stanchezza improvvisa. Solo allora, osservando la propria Veste Divina, notò che era costellata di piccole chiazze nere, proprio dove le falene si erano posate.

"Mi hai..."

"Succhiato via l’energia vitale?!" –Annuì Asterios, smettendo di suonare la cetra e avanzando verso l’indebolito Dio. –"La natura vuole equilibrio, Forco, e tu l’hai violentato, assalendo un regno che non aveva mai preso parte ad alcuna operazione bellica sul pianeta, un regno che aveva scelto di vivere in pace! Non hai dimostrato rispetto per coloro che dimorano nel mare, perché dovrei averne io per te, colui che ordinato questa strage? Colui per colpa del quale mia figlia è morta?!"

Forco non disse niente, limitandosi a spostare lo sguardo sul cadavere della Alii, che stava rinsecchendo in fretta, mentre un’espressione di dubbio gli comparve sul volto.

"Com’è possibile? Come può quella vecchia essere tua figlia? Avrà almeno cento anni!!!"

"Duecentosedici, per l’esattezza!" –Precisò Asterios. –"Duecentosedici anni trascorsi al servizio di una comunità che tu hai distrutto!" –E in quel momento l’ombra di un dubbio lo invase, portandolo a voltarsi di scatto verso la cima del palazzo e guardando oltre, fino alla cupola che proteggeva l’Avaiki.

Forco approfittò di quel suo momento di distrazione per lanciarsi su di lui, gettandolo a terra con una spallata e colpendolo al volto con un pugno. Rotolarono per qualche metro al centro dell’ampio salone, prima che una scossa improvvisa riscuotesse entrambi, portando Asterios a reagire d’istinto. I suoi occhi lampeggiarono, sbalzando il Dio nemico indietro e distruggendo parte della sua corazza; quindi, vedendo che questi non accennava ad arrendersi, sollevando le braccia per evocare la grande onda al suo comando, lo anticipò, aprendo le dita della mano davanti a sé.

"Lance di acqua!" –Tuonò, trapassando Forco allo sterno con cinque lunghe aste di energia, fino a inchiodarlo alla parete alle sue spalle, mentre una nuova scossa faceva tremare il Palazzo di Corallo e l’intero Avaiki.

"Cosa succede?! Che sta succedendo, Asterios?!" –Sirio e Ascanio entrarono in quel momento nel salone, osservando la morte regnarvi sovrana e rivolgendosi all’unico che, sia pur ferito, ancora si ergeva.

"Quello che temevo! Senza il cosmo della Alii a sostenerla, la barriera che sorregge l’Avaiki sta cedendo! Tra poco tutte le Conchiglie saranno invase dall’acqua che, senza difesa, piomberà su questo regno, annegando chiunque vi si trovi!"

"Maledizione!!!" –Strinse i pugni il Cavaliere della Natura. –"Come possiamo impedirlo?!"

"Non possiamo! Solo la Alii può sobbarcarsene il peso, motivo questo della sua esistenza!" –Chiosò l’Angelo di Acqua, frustrato.

"Posso offrirmi io per sostenere la barriera!" –Si fece allora avanti Sirio, ma Asterios lo frenò subito.

"No! Il tuo destino è lottare contro Caos assieme ai tuoi compagni, non trascorrere il resto della vita isolato nelle profondità oceaniche!"

"Eh eh eh…" –Un gorgoglio sommesso li raggiunse in quel momento, portandoli a voltarsi verso Forco, dalla cui bocca stava uscendo un rivolo di sangue. –"Pare che alla fine avrò la mia vittoria! Il popolo che mi fece il gran rifiuto sarà condannato ad essere rifiutato dal mare stesso!"

"Questo non accadrà!" –Esclamò deciso Asterios, prima di rivolgersi a Sirio e Ascanio. –"Evacuate immediatamente l’Avaiki! Fatevi aiutare da Nettuno e dagli Heroes! Portate in salvo quanti più Areoi potete! Io ve ne darò il tempo!"

"Mio Signore…" –Mormorò Ascanio, comprendendo quel che l’Angelo voleva fare. –"Non vorrete rimanere qua sotto?"

"Se mia figlia ci ha vissuto in solitudine per duecento anni, posso trattenermi anch’io quel tempo che ancora resta alla Terra prima di sprofondare nell’ombra, non credi, Ascanio Pendragon?" –Gli sorrise Asterios, prima di incitarli ad agire. Subito.

"Nooo!!! Maledetti!!! Ve lo impedirò!!!" –Ringhiò allora Forco, facendo esplodere il proprio cosmo e liberandosi dalle lance di energia acquatica. Fece per avventarsi sui discepoli di Dohko, ma un muro di falene azzurre gli si parò davanti, una barriera così fitta su cui andò a schiantarsi, mentre quelle migliaia di insetti di luce gli ricoprivano il corpo, il volto, entrandogli persino in bocca, nel naso, nelle cavità auricolari, per succhiargli via fino all’ultima stilla di energia.

"Che fine orribile!" –Mormorò Sirio, distogliendo lo sguardo. –"Se la merita!" –Chiosò Ascanio, mettendogli una mano su una spalla e correndo fuori, mentre il suolo tremava ovunque attorno a loro e le volte delle Conchiglie parevano schiantarsi da un momento all’altro.