CAPITOLO TRENTADUEESIMO: DEMONI DI GUERRA.
"Ikki di Phoenix… Sei dunque arrivato!" –Mormorò Polemos, osservando l’atletico ragazzo dai capelli blu, appena uscito dalle fiamme che attorniavano lui e Andrei.
"Mi conosci? Quale onore!" –Rise il giovane, con voce sprezzante.
"Conosco tutti voi, Cavalieri dello Zodiaco, e le vostre tecniche e già ti dico che non hai possibilità di vittoria! Dei cinque amici, che tanti Dei han vinto in questi anni, sei il meno adatto ad affrontarmi! Tu e il cavallino rampante dall’incandescente cosmo non avete speranza alcuna! Pessima scelta di fronte la tua! Avresti fatto meglio a restare ad Atene, chissà che i tuoi muscoli non potessero sostenere il poderoso tacco di Atlante! Ah ah ah!"
"Vedremo se sarai tu in grado di resistere all’uccello infuocato!" –Esclamò Phoenix, scattando avanti, il pugno già avvolto di ardente energia.
"Oh, io gli uccelli li caccio e li mangio allo spiedo!" –Ironizzò Polemos, spostandosi alla destra del Cavaliere, mentre questi piombava su di lui, lasciando che affondasse nella sua immagine residua. –"Se Vaughn fosse qua, e non fosse intento a massacrare i Cavalieri delle Stelle, potrebbe confermartelo! Siamo andati a caccia talvolta! Nel Massiccio Centrale, sulle alture del Giura e sulle Ardenne! Oh sì, abbiamo girato un po’, dopo aver lasciato i Pirenei, braccando deliziosa selvaggina! Ma devo ammettere che le prede migliori si trovano solo sul campo di battaglia!" –Aggiunse, con un ghigno serafico, prima che Phoenix si voltasse, lanciandosi di nuovo alla carica.
Ma anche quella volta Polemos fu più rapido, scivolandogli accanto e venendo soltanto lambito dal suo cosmo infuocato. In un attimo, girandosi, il Cavaliere notò la sagoma del Lord Comandante moltiplicarsi e circondarlo in fretta, mentre anche Andrei, poco distante, osservava attento la nuova strategia del loro avversario.
"Questo gioco di specchi non basterà per sfuggirmi!" –Avvampò Phoenix, muovendo il braccio destro di lato e scagliando piume metalliche verso ciascuna immagine, roteando completamente su se stesso.
"Chi ha mai parlato di sfuggirti?!" –Rise Polemos, mentre tutte le sagome afferravano le piume con la mano destra, stringendole e lasciando che detonassero, senza esserne minimamente toccate. –"Tutt’altro! Il mio desiderio è di farmi molto vicino a te! Tanto quanto tu me lo permetterai!" –Continuò, mentre le immagini del Lord Comandante si incamminavano verso di lui, muovendosi all’unisono.
"Attento, Phoenix!!! Non farlo avvicinare!!!" –Ringhiò Andrei, scattando avanti, diretto verso alcune di quelle sagome, ma non ottenendo altro risultato se non smuovere l’aria e deformarle.
"Sta’ tranquillo!" –Commentò il Cavaliere di Atena, avvampando nel suo cosmo infuocato, prima di darsi lo slancio e balzare in alto, sbattendo le ali e scatenando un turbine furibondo di fiamme. –"Ali della Fenice!!!" –Tuonò, portando i pugni avanti, mentre il vortice ardente devastava ogni cosa, coprendolo persino alla visuale dell’Angelo.
Quando la furia dell’assalto si placò, Andrei poté vedere il ragazzo di nuovo in piedi, a pochi passi da lui, il volto madido di sudore, il respiro affannato, che si guardava attorno alla ricerca del loro avversario.
"Dove sei carogna?!" –Sibilò Phoenix, a denti stretti, prima che una voce alle sue spalle lo riscuotesse.
"Davvero un bel colpo segreto! Molto scenografico! Spettacolare, direi!" –Rise Polemos, di fronte al tentativo del Cavaliere di voltarsi, solo per scoprire di non poter muovere neppure un muscolo, paralizzato da un potere così forte da impedirgli persino di chiudere le palpebre.
"Phoenix!!!" –Gridò Andrei, lanciandosi verso di lui. Ma bastò che il Lord Comandante lo fissasse per scaraventarlo addietro, di sotto da una duna di sabbia, sbellicandosi nell’osservarlo ruzzolare come un masso.
"Così stupidi! Siete proprio… stupidi!" –Disse, scuotendo la testa, prima di passare accanto al fedele di Atena e fermarsi davanti a lui, di modo che potesse vederlo in volto. –"Credevo che Dragone ti avesse avvisato, che ti avesse messo in guardia sullo strapotere con cui l’ho schiacciato, anzi seppellito sotto una montagna intera! Aveva proprio la tua stessa espressione, sai? Attonita e frustrata! L’espressione di chi si erge su un confine! Perché vedi, Cavaliere di Phoenix, questi pochi passi che ci separano, questa torrida aria che ti alito in faccia, rappresenta il confine tra la tua vita e la morte! La distanza giusta per mantenerti in vita, se te ne andrai, o per morire, se deciderai di accorciarla! A te la scelta, ma sii furbo, ragazzo! Sii furbo!" –Concluse, dandogli un buffetto su una guancia, prima di volgergli le spalle e allontanarsi ridacchiando.
Non riuscì a fare neppure dieci passi che già sentì una maestosa aria infuocata sollevarsi dietro di lui, un cosmo che esplose all’istante, annientando la prigionia mentale e schizzando ovunque nubi di sabbia. Senza trattenere un ghigno nient’affatto sorpreso, Polemos si voltò di nuovo, mentre Phoenix già scattava avanti.
"Pugno…"
"Infuocato! Lo so, lo so!" –Esclamò, sollevando le braccia, i palmi aperti verso di lui, gli stessi palmi su cui il globo di energia rovente si schiantò, senza sfiorarli, di fronte agli occhi sorpresi del Cavaliere di Atena, che rimase ad osservare la propria sfera incandescente roteare su se stessa per qualche secondo, prima che lo sguardo di Polemos le indicasse la nuova traiettoria.
Fu svelto, Phoenix, a balzare in alto, evitandola, lasciando che bruciacchiasse solo qualche piuma delle code dell’armatura, prima di compiere un’agile capriola all’indietro e portarsi a una decina di metri di distanza da quel nemico temibile e al tempo stesso calmo. Un nemico così diverso da tutti quelli affrontati fino ad allora. Anche i più potenti, soprattutto loro, erano violenti, iracondi, agguerriti. Erano dei distruttori, come Surtr, Ares, Discordia, Thanatos. Polemos no, lui era diverso. O forse non lo era davvero, considerando come era arrivato fin lì, annientando templi e città, senza rispetto o pietà per nessuno. Forse voleva soltanto apparire diverso, forse quella maschera serafica che portava sul volto serviva solo a mascherare l’orrore del suo cosmo. Un orrore che a Phoenix non parve troppo dissimile da quello che aveva già provato una volta, mesi addietro, durante lo scontro alla Sesta Casa.
Nel quarto mondo di Ade. Il mondo dei violenti.
Ricordava ancora le parole di Virgo, le parole che avevano accompagnato il suo veloce viaggio attraverso la perdizione.
"Il quarto mondo è popolato dalle anime dei violenti. La loro pena è quella di combattere per l'eternità. Nessuno ne uscirà mai vincitore, come nessuno è mai uscito vincitore da alcuna guerra."
È vero! Rifletté il ragazzo, chiudendo le dita della mano a pugno. Nessuno potrà mai vincere alcuna guerra, poiché sempre un’altra ve ne sarà dopo. E il fatto che siamo qua, a combattere contro coloro che edificarono il mondo, ne è la dimostrazione. Fine e inizio non esistono, non come valori assoluti. Sono solo concetti che servono a rimarcare un periodo del tempo cosmico. Uno dei tanti. Ma non l’ultimo.
Non l’ultimo! Ripeté, trovando la forza, in quelle poche parole, per combattere ancora.
"Pugno infuocatooo!!!" –Gridò, muovendo rapido il braccio e scagliando un assalto diretto al viso di Polemos, che non ebbe problema a pararlo con il palmo della mano. Ad esso ne seguì un secondo, poi un terzo e un quarto, una lunga serie di globi di energia infuocata che Phoenix scagliò contro il suo avversario alternando le braccia, pur senza mai avvicinarsi, quasi come stesse lottando contro un manichino invisibile.
"Ti faccio così paura, Cavaliere? Così tanta da ridurre questo scontro ad una pura e semplice scazzottata?!" –Ironizzò il Lord Comandante. –"Non che mi dispiaccia, in fondo! Da molto tempo non mi diverto in quel modo! Dai giorni nelle Ardenne direi!" –Parlò, quasi con se stesso, ricordando le stagioni di caccia con Chimera nelle foreste europee. –"Sono mancati i nemici, del resto, per questo tipo di addestramento! Non tutti sono come Vaughn!"
In quel momento, muovendo lesto il braccio destro, Polemos parò l’ennesima sfera infuocata, preparandosi a fare altrettanto con il sinistro, quando notò il movimento diverso nelle mani di Phoenix. Non… un pugno di fuoco… Rifletté, comprendendo quel che stava per fare. Ma prima che potesse agire, due robuste braccia si chiusero attorno al suo corpo, stringendogli gli arti e impedendogli di muoversi.
"Andrei!!!" –Ringhiò, riconoscendo il cosmo dell’Arconte di Fuoco avvampare attorno a entrambi, sollevando lingue di energia così incandescenti da scaldare persino l’Arma.
"Ora, Phoenix!!!" –Disse Andrei, che aveva compreso quel che il Cavaliere voleva fare. Annuendo, quest’ultimo scagliò il proprio colpo segreto.
"Fantasma diabolico!"
La stilettata arrivò comunque, per quanto Polemos se la aspettasse, per quanto conoscesse quella tecnica e sapesse come proteggersi, potente a sufficienza da sollevare blocchi mentali per impedire a chiunque di carpire i segreti del suo animo. Pur tuttavia fece male, solo per un secondo ma fece male. Una fitta improvvisa, una scossa che fece vacillare certezze di secoli. E lo fece imbestialire.
Il suo cosmo esplose repentino, scagliando Andrei indietro, scheggiando la sua corazza in più punti, crepandola persino, tanto violenta fu quella detonazione ravvicinata. Anche Phoenix ne venne investito, riuscendo comunque a rimanere in piedi, incrociando le braccia davanti al viso e riparandosi quanto poté.
Quando l’onda di energia scemò, il ragazzo sollevò lo sguardo e vide che Polemos, ancora davanti a lui, fissava il suolo. A parte quella stranezza, sembrava lo stesso di poco prima, l’Arma ancora intonsa, rivestita di quell’accesa luce amaranto corroborata dal sangue di tutti gli Dei che aveva massacrato. Avvicinandosi con circospezione, i pugni pronti a scattare a una sua minima reazione, Phoenix credette di sentirlo parlare, quasi stesse mormorando una litania che non riusciva a comprendere per quanto le parole fossero sempre le stesse.
Quando fu abbastanza vicino, il braccio destro avvolto dal suo incandescente cosmo, il Cavaliere notò infine cos’è che Polemos stava fissando intensamente. Una goccia di sangue, un’unica solitaria goccia di sangue imbrattava la sabbia davanti ai suoi piedi.
"Stolto!" –Gli disse il Lord Comandante, sollevando un braccio di scatto e fermandolo a mezz’aria, mentre lo stava caricando. –"Non avresti dovuto esitare!" –Giudicò, chiudendo le dita della mano e godendo dello scricchiolare sinistro delle giunture metalliche dell’Armatura Divina e delle ossa che proteggevano. –"Un errore che ti costerà la vita! L’ultima vita della fenice! Ah ah ah!"
"Co… com’è possibile che il Fantasma Diabolico…" –Rantolò Phoenix, faticando a metter insieme le parole.
"Non abbia avuto effetto? Beh, l’ha avuto, in parte!" –Spiegò Polemos, avvicinandosi, sempre tenendo un braccio avanti, con cui manteneva l’avversario immobilizzato. –"L’avrai visto anche tu! Mi hai ferito! Complimenti, ragazzo! Sei il primo a riuscirci, da molto tempo! Certo, non fosse stato per l’intervento di quel fastidioso Angelo di Fuoco avresti fallito, ma così è andata! E ora dimmi, la tua ultima richiesta, immagino tu voglia sapere cos’è che stavo mormorando, non è così? Credevi stessi farneticando in preda a chissà quale delirio scatenato dal tuo colpo?! Ah ah ah! Dovresti aver chiaro ormai che non esiste tecnica in grado di ferirmi, sia essa fisica o mentale! Che Demone della Guerra sarei se lasciassi aperta anche solo una porta alla sconfitta? Se permettessi che esistesse anche solo una chiave per far crollare l’impenetrabile muraglia che mi circonda?! Tut tut, sei stato stolto a pensarlo! Stolto come Sirio, Andrei e tutti gli avversari che ho affrontato, perché vedi, Cavaliere di Phoenix, quella cantilena che ripetevo poc’anzi è quella che ho ripetuto ogni volta prima di coricarmi in ogni giorno di quest’interminabile esistenza di cui Caos mi ha fatto dono! È l’elenco di tutti coloro che ho sconfitto! Un elenco lungo quanto la mia stessa vita, che ho imparato a ricordare canticchiandolo ogni notte, nel timore di dimenticarmi qualcuno. Sono così tanti, del resto, coloro che ho vinto, uomini e Dei, creature di ogni tipo, persino animali la cui bruttezza farebbe inorridire la Chimera! Senza offesa per Vaughn, s’intende! Ah ah ah!"
"Sei… pazzo…" –Sibilò Phoenix, mentre la morsa mentale di Polemos si chiudeva sempre di più, per quanto stesse tentando in tutti i modi di opporsi, bruciando il proprio cosmo, deciso a non lasciarsi andare.
"Non sarei un genio, sennò. Non credi?!" –Rise il Lord Comandante. –"E sai perché ho ripetuto quella lista poco fa? Per aggiungere il tuo nome alla fine di essa! Spiacente ma ti avevo avvertito, hai varcato il confine e adesso non puoi più tornare indietro!"
"Io non voglio farlo! Non voglio tornare indietro!" –Esclamò il Cavaliere, rilucendo nel proprio cosmo infuocato. –"E quel confine di cui parli, umpf, se tu mi conoscessi bene sapresti quante volte l’ho varcato! Con le ali della fenice a sorreggermi!"
"Già, ma cosa ne sarà di te quando ti avrò mozzato le ali? Cosa ne sarà di te quando avrò spento la tua fiamma, spennato la bestia da cui trai forza e ucciso tutti coloro che ti ostini a difendere? Perché è questo che farò, Phoenix! È proprio questo!" –Sogghignò Polemos, sbattendolo con la faccia a terra, più e più volte, fino a riempirgli la bocca di sabbia. Quindi, non pago, posò un piede sulla sua schiena, là dove erano affisse le ali metalliche dell’armatura. –"Dì addio alla tua capacità di volare, Cavaliere! Da oggi striscerai, ultima fenice!!!" –Aggiunse, sollevando il tacco e calandolo di colpo, schiantando Phoenix al suolo.
Il seguace di Atena cercò di reagire, di opporsi a quell’immenso potere che premeva sulla sua schiena, ma non ci riuscì. D’un tratto si sentì piccolo e insignificante, sovrastato da un cosmo che traeva forza in secoli, millenni persino, di storia. Un cosmo che pareva attingere alle sorgenti dell’umanità. Se quel che Sirio gli aveva detto era vero, se Polemos dalla guerra prendeva il suo potere, Phoenix capì di non poterlo vincere. Non con la forza, non come aveva sempre sconfitto tutti i suoi avversari, anche quelli più potenti e insidiosi, perché la guerra era una condizione alla quale non poteva opporsi, essendone anch’egli parte. Poteva essere giusta, poteva essere necessaria, una scelta forzata a volte, come lo era stata per suo fratello, ma per loro, che di Atena erano Cavalieri e che stavano combattendo per salvare l’umanità, era l’unica strada in quel momento. L’unica via percorribile se non volevano arrendersi alle tenebre. Che cosa quindi poteva fare? Quali alternative aveva? Si chiese, mentre il Lord Comandante lo sbatteva di nuovo a terra, scheggiandogli la splendida armatura e saturando i suoi orecchi con quella fastidiosa cantilena di morte. Quella lista di Divinità ed eroi di tempi lontani a cui il Demone della Guerra aveva strappato la vita. Una lista che a Phoenix parve infinita.
"Ancaria, Sanco, Angizia, Cerfum, Cupra, Hondo, Fufluns, Horta, Semia, Aponus, Ibla, Marica, Pico, Feronia, Reitia, Mavors, Vofione, Tages, Soranus, Norax, Sardus Pater, Ausone, Camilla, Sucellos, Furrina, Umbrone, Arghippo, Nantosuelta, Tinia, Uni, Menrva, Charun, Culsu, Maimone, Mere…"
Rabbrividì quando udì nomi egizi, forse quelli dei soldati e dei fedeli di Amon che Polemos aveva massacrato poco prima. E lui cosa voleva fare? Farsi aggiungere alla lista? Divenire l’ennesimo trofeo di caccia di un Dio che a nient’altro anelava se non allo scontro?
No! Ringhiò, avvampando nel proprio cosmo rossastro. Phoenix non permetterà che nessun’altro si serva di lui! Ci hanno già provato in passato! Il suo maestro, Issione, Gemini, l’odio che aveva provato per se stesso dopo la morte di Esmeralda! Persino Ade aveva giocato con lui, godendo nel vederlo affrontare suo fratello! Un abominio che la Dea Ate aveva poche ore addietro rinnovato!
Fu allora che gli venne un’intuizione. Ripensò ai suoi scontri recenti, con Hrmyr ed Eris, al modo in cui il Fantasma Diabolico aveva agito, in grado persino di superare le loro antiche difese divine. Che abbia fatto altrettanto anche stavolta?
"Furrina, Umbrone, Arghippo, Nantosuelta, Tinia, Uni, Menrva, Charun, Culsu, Maimone, Mere, Fiso Sancio, Hondo, Horio, Poemonio, Cornelius, Vesuna, Valetudo, Tefro, Torsa Giovia, Makeris, Janas, Panas, Shardaf, Devel, Dundra, Urmen, Thalna, Thesan…"
Quei nomi, quella perversa litania mormorata da Polemos non era solo una macabra lista di morte. Erano voci rivolte a lui, voci che lo stavano supplicando. Voci che agognavano la salvezza.
Spalancando le ali dell’armatura, spinse Polemos indietro, sollevandosi di scatto, avvolto in un turbine di fiamme cosmiche, proprio mentre Andrei lo affiancava di nuovo. Scottati entrambi ma non ancora arsi dal fuoco della sconfitta.
"Volete ritentare? Siete coraggiosi o stolti a non aver capito che nessuna vostra tecnica può sconfiggermi!" –Li intimò il Demone della Guerra. –"Pazienza, aggiungerò i vostri nomi agli antichi Dei sconfitti, con cui passerete il resto della vostra breve e misera vita a discutere i vostri errori di strategia! Addi…" –Ma prima che riuscisse a terminare la frase già Phoenix aveva portato avanti il pugno, liberando di nuovo il proprio colpo segreto, diretto non verso il volto del Nume bensì verso il ventre, in un punto indefinito della sua corazza. –"Uh?" –Mormorò Polemos, senza percepire alcunché. –"Un po’ misero quel raggio di energia per scalfire la prima Ars Magna della storia, non trovi? Eh eh eh!"
"Per la verità, no! Non lo credo affatto!" –Si limitò a rispondere Phoenix, avanzando di qualche passo, di fronte agli occhi incuriositi del Lord Comandante e di Andrei. Quindi, senz’altro aggiungere, si lasciò cadere con le ginocchia al suolo, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente, mentre il cosmo si espandeva attorno a sé.
"Che… fai, Phoenix?!" –Rantolò l’Angelo di Fuoco, non comprendendo. –"Non vorrai… arrenderti?!"
"Lascialo fare, Andrei! Non vedi com’è intelligente!" –Rise Polemos. –"Ha capito quel che Dragone non riusciva ad accettare! La mia indiscussa superiorità e l’assoluta assenza di armi atte a ferirmi! Molto bene, Phoenix! Accetto la tua resa!"
Il Cavaliere di Atena non parlò, continuando a rilassare le proprie membra, lasciando il cosmo libero di fluire attorno a sé, come una silenziosa marea di fuoco e luce che ormai aveva invaso l’intero campo di battaglia. La sentirono tutti, amici e nemici, inebriandosi di quell’energia ardente e carica di vita o temendone la collera, il sollevarsi impetuoso, terrorizzati all’idea di esserne travolti. La sentirono Jonathan e Reis, che pure l’avevano già assaporata in altre occasioni, la sentirono Bastet e Horus, consapevoli che sarebbe potuta appartenere a un Dio del loro pantheon. Una moderna Enneade di cui Phoenix avrebbe potuto far parte, assieme a Pegasus, Andromeda, Sirio e Cristal. La sentì Ioria, mentre affrontava i Lestrigoni, e anche Sin, strappandogli un sorriso compiaciuto. E infine la sentì Amon Ra, che aveva appena sconfitto l’Angelo Oscuro aiutato da suo figlio e da Marins. La sentirono, e capirono. Tutti quanti.
"È una follia…" –Mormorò Jonathan, commentando le intenzioni del ragazzo. Ma Reis, al suo fianco, gli disse che potevano fidarsi. Dovevano fidarsi. –"Phoenix non rischierebbe la vita di nessuno senza un motivo."
Anche Ioria gli diede ragione e così fecero i seguaci di Inti, persino Sin, planando a terra e placando il proprio cosmo offensivo. Uno dopo l’altro, i membri dell’alleanza divina si lasciarono cadere al suolo, abbandonando i combattimenti in corso, limitandosi ad espandere i loro cosmi alla ricerca di una sensazione che da tempo non provavano, una sensazione ai più ignota in quel mondo di guerre continue.
Pace. Mormorò Andrei, capendo quel che Phoenix aveva in mente e inginocchiandosi a sua volta, come il resto dei suoi compagni.
"Sì, pace!" –Ripeté il ragazzo, cercando di svuotare sempre più la mente, l’animo e la propria aura cosmica di qualsivoglia desiderio bellico, di qualsivoglia istinto di agire, intervenire, combattere o modificare il destino.
"Che diavolo state facendo, idioti?!" –Esclamò Chimera, vedendo che i suoi avversari parevano aver tutti deposto le armi. Spostò lo sguardo da Karnak alla riva del Nilo e laddove prima erano in corso scontri cruenti adesso vi erano solo Cavalieri e soldati inginocchiati, intenti a meditare, e nemici attoniti che li guardavano esitando. –"Che aspettate voialtri? Hanno scelto di morire e dategli la morte allora!!!" –Ringhiò, muovendo la lunga coda squamata e colpendo sul viso la Dea Gatta.
Una volta, due volte, tre, tante quanti gli squarci che le aprì sulla pelle, godendo del sangue che ne ruscellava fuori. I Lestrigoni, i Nefari, tutti i guerrieri dell’Armata delle Tenebre fecero altrettanto, dirigendo i loro attacchi contro il nemico vicino, l’inerme avversario che non reagiva più, pur non capendo il perché di tale scelta. Fu una barriera dorata a proteggere i membri dell’alleanza, impedendo alle forze di Caos di infierire su di loro, una barriera pregna di una luminosa energia che aveva in Karnak il fulcro della sua estensione.
"Amon Ra!!!" –Sibilò Chimera, stringendo i pugni. Quindi si voltò verso Polemos, per chiedergli come dovessero comportarsi adesso, notando solo allora lo sguardo incredulo comparso sul volto del Lord Comandante.
Da un paio minuti infatti, da quando quella sensazione di pace aveva invaso le sabbiose terre a est del Nilo, il Demone della Guerra pareva essere stato fiaccato. Forse era solo la stanchezza per il procrastinarsi dello scontro, eppure per un momento Polemos aveva percepito qualcosa abbandonarlo. Un attimo dopo la stessa sensazione si era presentata di nuovo, seguita da un terzo spasimo, dandogli la certezza di non essere solo un’impressione. Bensì verità. Una verità crudele che gli si rivelò quando la sua splendida armatura, mai sporcata in battaglia, lo abbandonò.
Di fronte ai suoi occhi stupefatti, la prima Ars Magna, creata e forgiata nelle fucine italiche all’epoca delle campagne condotte per lo sterminio degli antichi Dei minori di quei luoghi, si sfaldò, cadendo nella sabbia, un pezzo dopo l’altro, senza che il Nume potesse in alcun modo impedirlo. Provò a recuperare gli schinieri, i bracciali, i coprispalla, a rimetterseli addosso, ma capì che non esisteva modo per tenerli a sé. Avevano smesso di essere parti di un’armatura, parti di un tutto più grande e maestoso, divenendo infine solo dei volgari pezzi di metallo, niente più.
"Non… è possibile!!!" –Esclamò inorridito, muovendo per la prima volta un passo indietro.
"E invece è possibile! Adesso sì!" –Parlò Phoenix, rialzandosi e fissando Polemos negli occhi. –"Hai perso! E non perché io sono più forte o più esperto, ma perché io non voglio combatterti!"
"Co… come?!"
"La tua forza, la tua potenza, le tue molteplici vittorie dipendono da ciò che sei, la personificazione degli istinti primordiali dell’uomo, del suo istinto allo scontro che lo ha animato fin dalla nascita! E non sarebbe potuto essere diversamente, considerando che, appena creato, già la sua esistenza fu macchiata dal sangue versato nella Prima Guerra, quella contro il suo stesso creatore! Caos! Una razza bastarda la nostra, forse è vero, una razza maledetta, improntata al conflitto, che di nient’altro è stata capace per secoli, se non di scontrarsi con i propri simili, dando vita a guerre continue che hanno insanguinato il pianeta, portandolo ad oggi e donandoti tutta questa forza! L’armatura che indossavi era come te, forgiata nella guerra. è bastato colpirla, entrare in sintonia con le anime degli Dei e degli eroi che la impregnavano, spingendoli alla libertà, a rinunciare ai loro propositi di vendetta e di guerra, per eliminare quel che la teneva unita!"
"Ma certo! Adesso capisco!" –Intervenne Andrei, affiancando Phoenix. –"Non con la guerra poteva essere vinto il Demone che la rappresentava! Non con colpi segreti, strategie o armi, poiché tutte le conosceva, a tutte avrebbe potuto opporsi. Bensì con qualcosa che in guerra non è mai stato usato, qualcosa che è l’esatto opposto della guerra! La pace!"
"Esatto! Per questo motivo Polemos, all’inizio del nostro scontro, hai detto che io e Pegasus eravamo i meno adatti ad affrontarti! Forse è così! Forse mio fratello avrebbe capito subito come vincerti, provando una repulsione profonda verso il conflitto!"
"Umpf! Ora ti sopravvaluti, Phoenix! Avrei massacrato Andromeda nello stesso modo in cui massacrerò te!" –Esclamò il Lord Comandante, volgendogli contro il palmo della mano destra e liberando un’onda di energia, che si infranse sulla barriera che Amon aveva eretto a difesa di Phoenix e Andrei. –"Non sarà un ridicolo velo a impedirmi di colpirti!"
"E invece sì! Lo sarà! Perché non hai tecniche adatte! L’ho sospettato fin dall’inizio, notando che attaccavi con semplici sfere e onde di energia, mai con una tecnica! Ti ho chiesto perché ma hai svicolato la domanda, la cui risposta adesso è chiara! Non hai posseduto un colpo segreto, perché hai sempre temuto che qualcuno avrebbe potuto trovare il modo per evitarlo o vanificarlo! Come Signore della Guerra non avresti potuto sopportare una simile umiliazione!" –Spiegò Andrei, suscitando l’incollerita reazione di Polemos.
"Grrr!!! Hai l’occhio attento, Arconte di Fuoco! Te li strapperò entrambi!"
"No! Tu non farai più niente ormai!" –Intervenne Phoenix, il cui cosmo sfavillava imponente attorno a sé, concentrandosi in un turbine di fuoco. –"Sei mio! Ali della Fenice!!! Sbattete in nome di colei che, anni addietro, mi insegnò ad aver fede, a guardare la bontà di un mondo in pace e non il perverso fascino della guerra violenta!"
"Aurora infuocata!!!" –Gli andò dietro Andrei, unendo la propria energia a quella del ragazzo e generando un vortice incandescente che risucchiò Polemos al suo interno, strattonandolo, bruciando le sue vesti e la sua pelle, dilaniandolo con artigli di fiamma, tra le grida disperate del Lord Comandante. Solo quando la furia del turbine scemò, l’Armata delle Tenebre poté vedere la carcassa smembrata di colui che li aveva condotti in Egitto, scaraventata a metri di distanza, sulle rive del Nilo, le cui acque presto la travolsero, portandola verso la foce.
"C’è una macabra ironia in tutto questo." –Commentò l’Angelo di Fuoco. –"Quello stesso fiume, le cui terre Polemos aveva violentato, devastato e distrutto, si nutre adesso dei suoi avanzi. Non c’è nessuna gloria in guerra, ragazzo!"
Phoenix, al suo fianco, annuì.