CAPITOLO SECONDO: ADUNATA DI EROI.

Gli Angeli, Atena e i loro più intimi alleati si riunirono per un consiglio ristretto alla Casa dell’Ariete, ove erano presenti anche i cinque Cavalieri dello Zodiaco, la Celebrante di Odino, il Dio egizio del Falco e l’Imperatore dei Mari, intento a riferire ad Avalon gli ultimi accadimenti sull’isola di Atlantide.

"È stata la scelta migliore!" –Mormorò il Signore dell’Isola Sacra. –"Anche se capisco quanto dolore ti abbia generato, dover assistere al suo nuovo inabissamento."

"Ciò è stato necessario! Recuperato l’Oricalco, ho restituito le terre al mare e all’eterno silenzio di chi vi riposa."

Avalon annuì gravemente alle parole del Nume, prima di avvicinarsi ad Andrei, Alexer e Asterios che avevano appena disteso su un tavolo una mappa dell’Eurasia. Una mappa su cui alcuni punti erano stati segnati. Un castello nero, disegnato al centro del deserto del Gobi, che tutti ben sapevano cosa indicasse, e altri quattro simboli, che dall’Africa salivano verso nord, ad indicare i più potenti regni divini in grado di impensierire gli Antichi.

"Dobbiamo agire in fretta, organizzare subito le nostre difese, onde evitare che la marea nera ci sommerga tutti!" –Incalzò Andrei, premendo per un’immediata azione. –"Adesso che la configurazione astrale è stata ricreata, e che le loro forze sono fresche, i Progenitori non tarderanno ad arrivare!"

"Lo credo anch’io, fratello!" –Confermò Alexer, cercando lo sguardo preoccupato di Flare, e di Cristal, a lei vicino.

"La prima cosa che faranno, ben lo immagino, sarà distruggere i regni divini, quei pochi rimasti la cui potenza, sopita o manifesta, possa impensierirli, e dato che tutti noi, e i nostri seguaci, abbiamo avuto modo di combattere contro di loro, stiamo tutti rischiando una violenta rappresaglia! Asgard, che non si è piegata all’inverno che Anhar avrebbe voluto scatenare per mezzo di Loki e che più volte è corsa in aiuto degli amici di Grecia. Avalon, ove l’Angelo Oscuro ha ricevuto il primo schiaffo della sua esistenza e che egli vorrà di certo annientare, sebbene ciò sia più un capriccio suo che non una strategica necessità. La Grecia, dove con tale nome intendo sia il Grande Tempio di Atene che l’Olimpo, ove dimorano i nemici per eccellenza della grande ombra, e infine un placido regno che si erge molto più a sud e che di recente ha dimostrato notevoli segnali di risveglio." –Concluse Avalon, mentre Horus, di fronte a lui, corrucciava la fronte con preoccupazione. –"Caos e Nyx non dimenticheranno facilmente che le forze dell’Egitto hanno avuto l’ardire di penetrare nel loro Santuario, liberando due importanti prigionieri! No, giovane Falco, temo che su Karnak cadrà per prima la ritorsione degli Dei Antichi!"

"Per questo vi chiedo di perdonarmi se abbandonerò subito quest’assemblea, ma grande è la mia necessità di rientrare in Egitto! Al pari vostro, temo anch’io che saremo i primi su cui l’ondata di tenebre si abbatterà!" –Esclamò il figlio di Osiride, accennando un inchino e incamminandosi poi verso l’uscita della Casa dell’Ariete, salvo essere richiamato da Avalon poco dopo.

"Non da solo combatterai questa guerra, Falco d’Argento! Se le mie parole hanno avuto un senso, durante l’ultima assemblea, è ormai chiaro che un’alleanza deve nascere e nascerà quando guerrieri e Cavalieri di fedi diverse, di culti diversi, ma ugualmente mirati al mantenimento della pace e dell’equilibrio, lotteranno fianco a fianco, schiena contro schiena. E quel giorno è adesso!"

"Guiderò personalmente una forza in aiuto degli Dei d’Egitto!" –Intervenne allora Andrei. –"I soldati di Inti non rimarranno a guardare mentre un altro tempio viene saccheggiato e distrutto, come accadde a Isla del Sol anni addietro!"

Avalon, a quelle parole, sorrise rincuorato, mentre l’Angelo di Fuoco prendeva congedo, chiedendo a Horus di seguirlo nell’arena, dove avrebbero organizzato le truppe da lui scelte. Fu in quel momento che la delicata voce di Flare parlò.

"Dea Atena, amici di Grecia e di Avalon, al pari del Falco d’Argento, grande è la mia preoccupazione per le mie genti, assediate non solo dal freddo e dall’isolamento ma anche da quest’ombra che non vuole darci pace! Non posso offrirvi guerrieri, perché nessuno più resta a difendere la cittadella di Midgard, solo chiedervi il permesso, che non sia scortesia o mancanza di riconoscenza ai vostri occhi, di rientrare nella mia terra, e là rimanere, assieme al popolo di cui sono divenuta regina! Il popolo assieme al quale condividerò lo stesso destino, qualunque esso sia!"

"Nobile Flare…" –Commentò allora il Principe Alexer, avvicinandosi. –"Del vostro buon cuore ero certo, per questo le vostre parole non mi stupiscono! Non stupitevi quindi voi se già le mie legioni azzurre difendono la fortezza di Midgard! In accordo con Avalon, tornerò io stesso in Nord Europa al vostro fianco, per tentare di tamponare, quanto possibile, le ferite che gli Antichi ci infliggeranno! E immagino che anche il giovane Cigno sia dei nostri!"

"Certamente!" –Annuì Cristal con convinzione, salvo poi voltarsi verso Atena, a chiederle il permesso.

"Vai pure, Cavaliere!" –Lo rassicurò lei, prima che la voce di Asterios li richiamasse.

Era rimasto in silenzio a lungo, l’Angelo di Acqua, ad osservare la mappa del Mondo Antico, perdendosi con lo sguardo in terre che a lungo aveva rimirato dall’Occhio, chiedendosi come fosse vivere in mezzo a così tanta gente, anziché procrastinare un’eterna, ma solinga, esistenza su uno scoglio lunare, fuori dai confini del mondo,

"Che ne sarà degli altri regni?" –Pose infine la domanda che molti temevano. –"Che ne sarà dei piccoli centri di culto disseminati in India, tra le montagne himalaiane o nel Sud-Est Asiatico?"

"Non possiamo difenderli tutti!" –Precisò allora Alexer, trovando Avalon concorde. –"Abbiamo già evacuato molti di essi! Grazie all’aiuto delle Amazzoni, molti monaci e santoni indiani sono in marcia verso le rive del Mar Nero, da cui poi giungeranno in Grecia! Di più non possiamo fare; molto, in guerra, deve essere sacrificato, purtroppo!"

"E che mi dici del mondo sommerso?!"

"Uh?!" –Chiese allora Pegasus, che stava quasi per addormentarsi di fronte a tutti quei discorsi strategici. –"Quale mondo?!"

"Non sono solo Asgard, Avalon, Atene e l’Egitto gli unici regni divini ancora in forze, ve ne è un quinto, celato e sconosciuto ai più, ma che nel corso di lenti secoli è divenuto una vera e propria colonia. Anche alla luce di ciò che Nettuno ha riferito, riguardo alle ambizioni imperiali di Forco, sarebbe opportuno verificare."

Avalon rimase in meditazione per qualche istante, consapevole che le parole del fratello fossero vere, oltre che dettate da sincera e personale preoccupazione per una costola della sua vita passata. D’altra parte, dividere ulteriormente le loro forze, proprio adesso che i Progenitori stavano per attaccare li avrebbe di certo indeboliti. Ma all’accorata richiesta di Asterios non seppe dire di no, tanto più che, in cuor suo, era convinto che l’eventualità da lui suggerita potesse davvero concretizzarsi.

"Molto bene, immagino che vorrai occupartene personalmente!" –Commentò, strappando un sorriso all’Angelo di Acqua. –"Porta Ascanio con te! Sarò più sicuro!"

"E noi, Signore dell’Isola Sacra?! Cosa faremo? Rimarremo qui ad attendere gli eventi?!" –Intervenne allora Pegasus, sostenuto dai compagni.

"No, ragazzi miei, finito è il tempo dell’attesa, adesso dobbiamo agire! Ma prima dovrete essere messi in condizione di combattere al meglio, e certo non potete farlo con quelle armature deteriorate da guerre continue! Per quanto Efesto le abbia riparate, mesi addietro, le battaglie che avete affrontato, contro Ares e i suoi figli, contro Anhar, Loki, Surtr e infine sulla Luna, le hanno danneggiate pesantemente! Urge un restauro appropriato, non credete?!" –Sorrise il Principe degli Angeli, trovando lo sguardo determinato dell’Imperatore dei Mari, prima di incamminarsi, assieme a tutti gli alleati, verso l’uscita del Primo Tempio. –"Tu e i tuoi quattro compagni verrete con me, prima di tutto, poi decideremo dove dislocarvi!"

"E dove andiamo?!" –Chiesero Pegasus e Andromeda.

"Sull’Etna!" –Rispose Avalon, chiudendo la discussione.

Fu in quel momento che una guizzante sagoma oscurò il sole, proiettando la sua ombra sull’ingresso della Casa dell’Ariete, suscitando immediate e allarmate reazioni da parte dei presenti. Timori che andarono aumentando quando tutti poterono percepire una decina di cosmi comparire, cosmi freschi, vigorosi e molto potenti, mentre sagome luminose piombavano dall’alto, quasi fossero comete di energia.

"Che… cosa?!" –Mormorò Pegasus, sollevando le braccia per combattere, mentre già Cristal si poneva di fronte a Flare e Phoenix e Andromeda circondavano Lady Isabel per proteggerla. Ma fu proprio la stessa Atena a dire loro di rilassarsi, avendo riconosciuto l’impronta cosmica di uno dei nuovi arrivati, sebbene non avesse modo di incontrarlo da molto tempo.

Anche Nettuno lo identificò, sgranando gli occhi di fronte ad un evento che, complici le recenti parole di Zeus, giudicava impossibile. O forse, si disse con un mezzo sorriso, per lui l’impossibile non esiste? Del resto era un uomo che con le sue azioni si meritò il titolo di Dio. Che ci si senta o meno, di fatto lo è. Rifletté, osservando il gruppo di guerrieri appena comparso ai piedi della scalinata che conduceva al Palazzo dell’Ariete d’Oro.

Erano una dozzina, guidati da un uomo alto e robusto, dal viso scuro e virile, i corti capelli neri e ruvida barba incolta. Rivestito da un’armatura scura, che al sole emanava bagliori violacei, salì i gradini con passo fiero, mentre il lungo mantello di pelle ondeggiava al vento di Grecia.

"Non può essere…" –Mormorò Atena, stupefatta, avvicinandosi per guardarlo meglio. Anche a distanza di anni, di secoli in verità, era ancora lui, l’uomo dallo sguardo indomito che lottò per divenire un Dio, senza poi mai considerarsi tale.

"Conoscete costoro, milady?!" –Intervenne allora Pegasus incuriosito, affiancando la Dea, proprio mentre undici guerrieri in armatura si fermavano qualche passo più in basso, dietro al massiccio uomo che li guidava.

"Non riconosci il Sommo Eracle, ragazzo?!" –Parlò uno di loro, con voce spavalda. –"Figlio di Zeus e di Alcmena, Vincitore delle Dodici Fatiche impostegli da Euristeo, Attraversatore dell’Inferno, Dio della Forza e Vindice dell’Onestà, Protettore degli Uomini e Signore di Tirinto, nonché Comandante Supremo degli Heroes!"

"Basta così, Agamennone!" –Commentò allegro Eracle, prima di rivolgere un magnifico sorriso alla Vergine dai capelli viola, inchinandosi di fronte a lei e baciandole la mano. –"Troppo tempo è passato, ma non i nostri sentimenti! Non il senso di giustizia che ha guidato le tue, come le mie, imprese, Atena!"

"Lo so, Eracle! Ti ho ammirato, da lontano, ma mai avrei creduto di rivederti! Non in quest’era oscura che segnerà la fine del nostro tempo cosmico!"

"Neanch’io lo avrei creduto, eppure è stato possibile, grazie al sacrificio di colei che così tanto mi aveva combattuto!" –Spiegò il figlio di Zeus, raccontando come Era aveva ceduto il proprio Ichor per ridare loro la vita. –"Di fronte a quest’ultima guerra, per la sopravvivenza non solo del genere umano, ma anche della Terra stessa e di tutti i suoi culti, di tutte le sue diversità, anche antiche contese divine passano in secondo piano. Contese che mai come adesso appaiono sciocche ai più!"

"Dici il vero, prode Eracle! E la mia presenza qua lo testimonia!" –Concordò Nettuno. –"Ricordo bene, e di certo lo ricorderai anche tu, i giorni della prima guerra sacra, da me scatenata per il dominio dell’Attica! Eravamo giovani, all’epoca. Sì, anche noi Dei lo siamo stati. Ed eravamo anche molto sciocchi, fermi in convinzioni che, dalla prospettiva di adesso, avevano solo valore di immediatezza, un palliativo ad un’eternità di noia, niente più!"

Avalon sorrise, annuendo compiaciuto all’autoanalisi del Cronide, il cui risveglio aveva a lungo paventato, prima di avvicinarsi ad Eracle, lieto di accogliere il coraggioso paladino nelle loro schiere.

"La tua presenza, e quella degli Heroes a te fedeli, è rassicurante! Ogni aiuto, sia pur minimo, è indispensabile per fronteggiare l’ombra e ben nota è l’abilità guerriera dei difensori di Tirinto! Possiate considerare la Terra come una grande Tirinto e proteggerla come proteggeste la vostra città secoli addietro!" –Precisò, mentre moti di simpatia e approvazione percorrevano la piccola folla di presenti.

"Come minimo?! Potremmo offenderci, sapete?! Siamo i migliori combattenti che il nostro Signore potesse desiderare!" –Esclamò allora una fresca voce maschile, quella di un uomo alto e snello, rivestito da una corazza dall’elmo leonino. –"Non per nulla siamo la Legione dei Migliori!"

"Atena, Nettuno, Angeli, questi sono gli Heroes al mio comando, i più potenti, i più abili, i più fedeli. I dodici che ho potuto salvare dall’oblio, destinandoli a una ben diversa fine. Una gloriosa morte in battaglia!" –Spiegò Eracle, presentando i compagni uno ad uno, iniziando da colui che aveva appena parlato. –"L’impavido Agamennone del Leone di Nemea! Affiancato da Marcantonio dello Specchio, da Nestore dell’Orso e da Adone dell’Uccello del Paradiso. Dietro di loro, le eleganti figure di Alcione della Piovra e di Pasifae del Cancro Celeste, assieme all’audace Nesso del Pesce Soldato. Il guerriero con le fruste è Gerione del Calamaro, mentre i due robusti combattenti ai suoi lati sono Iro di Orione e Chirone del Centauro. Chiude la fila il meditativo Tiresia dell’Altare Sacro. Il dodicesimo, Neottolemo del Vascello, è rimasto a bordo della Nave di Argo, avendo già ricevuto un compito dal Sommo Zeus!"

Solo allora, volgendo lo sguardo al cielo, i Cavalieri dello Zodiaco identificarono l’ombra che aveva oscurato la luce solare come un grande vascello volante, guidato da un uomo dai lunghi capelli azzurri che agitò placido una mano verso di loro, per poi roteare il timone e allontanarsi.

"Molto bene! Con Eracle e i suoi Heroes al nostro fianco saremo invincibili!" –Esclamò Pegasus, mentre Agamennone gli si avvicinava, battendogli una mano sulla schiena, con una forza tale da piegarlo in due.

"Dici il vero, ragazzo! Forza, scendiamo in guerra! Quante ardimentose imprese ci attendono?!" –Incalzò, prima che Avalon richiamasse la loro attenzione.

"Divino Eracle, la tua presenza sull’Etna è gradita e necessaria, per proteggere gli Dei durante quella delicata operazione! Mentre altri tuoi Heroes possono unirsi alle truppe guidate dai miei tre fratelli, già in partenza per i vari regni divini!"

"Le mie armate sono le vostre, Sommo Avalon!" –Concordò il figlio di Zeus, per poi rivolgersi ai suoi guerrieri. –"Tenetevi a disposizione degli Angeli! In mia assenza, risponderete direttamente ai loro comandi!"

"Siamo pronti, quindi! L’alba dell’ultima guerra è infine sorta!" –Concluse il Signore dell’Isola Sacra, sciogliendo infine l’assemblea e incamminandosi verso l’Arena, ove tutte le forze dell’alleanza erano radunate per partire.

"Ermes e Demetra devono essere già sull’Etna! Li raggiungerò all’istante!" –Chiosò Nettuno, subito seguito da Eracle e da quattro Heroes. Avalon annuì, invitando i Cavalieri dello Zodiaco a fare altrettanto.

Fu difficile per Cristal separarsi nuovamente da Flare, sebbene fosse certo che, con Alexer al suo fianco, non le sarebbe accaduto niente di male. Pur tuttavia, come ogni volta negli ultimi mesi, quando avevano dovuto salutarsi, una parte di sé tendeva a rimanere con lei, stretta all’ultimo scoglio che ancora gli restava, l’ultimo affetto che lo attendeva tra calde e sempiterne mura.

Anche Pegasus avrebbe voluto abbracciare Atena, al pari del compagno, ma entrambi sapevano che non avrebbero potuto farlo. Non adesso, non in pubblico, non con il soffio della grande ombra che alitava sul loro collo. Così si limitarono a guardarsi, un’ultima volta, e in quello sguardo misero tutto loro stessi, tutte le coscienze accumulatesi in secoli vissuti assieme, fin dagli albori dei tempi, e poi andarono ognuno per la sua strada. Lui, assieme a Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix, seguì Avalon in Sicilia, lei rimase al Grande Tempio, assieme ai Cavalieri di Bronzo, d’Argento e d’Oro, per organizzarne la difesa.

Quando tutti se ne furono andati, e l’arena rimase vuota, Atena sospirò, guardandosi attorno. Del centinaio di ospiti, presenti all’assemblea, non era rimasto nessuno. Tutti erano andati a combattere in qualche luogo del mondo, un modo edulcorato per dire che tutti erano andati a morire. Lei questo ben lo sapeva.

Se avesse potuto, si sarebbe gettata a terra, piangendo e lamentandosi, chiedendo a Dio, al Fato o a tutti i Numi del mondo, perché continuamente doveva soffrire, perché doveva essere piegata dall’ombra della perdita. Ma era Atena, Dea della Giustizia e della Guerra, e aveva fatto la sua scelta tempo addietro.

Combattere e combattere ancora, finché l’ultimo rimpianto non fosse stato cancellato.

Così afferrò saldamente lo scettro di Nike e si diresse verso gli alloggiamenti dei soldati semplici. Prima di rientrare alla Tredicesima Casa, dove Nicole la stava aspettando, doveva parlare con una persona, affidandogli un’ultima missione. Lo trovò nell’armeria, mentre si stava vestendo come uno dei soldati del Santuario, desideroso di combattere con loro, per loro, in nome della Dea adorata dall’uomo che l’aveva salvato quando era un bambino.

"Non serve." –Si limitò a dirgli, sorprendendo il giovane, il cui corpo era ancora segnato dalle ferite subite dalle Makhai giorni addietro. –"Mi addolora ricorrere di nuovo ai tuoi servigi, ma è necessario che tu parta subito! Ti potrai avvalere di un jet della Fondazione e portare i due fratelli con te, ma non dovrai farne parola con nessuno!"

Di fronte a lei, Cliff O’Kents annuì.

***

Con un boato tremendo, udibile anche a parecchie leghe di distanza, la Diga di Assuan esplose.

Costruita per regolamentare le inondazioni del Nilo, l’enorme costruzione venne sventrata da un poderoso attacco energetico, che la dilaniò in profondità, scagliando in aria pezzi di cemento, metallo e brandelli degli uomini che vi stazionavano, in una tetra iridescenza di colori e getti d’acqua. L’enorme pressione dell’acqua fece il resto, generando una devastante piena che invase il corso del fiume, straboccando facilmente nelle terre attorno, per poi proseguire nella sua dirompente avanzata verso nord.

Niente rimase della vicina cittadina di Kom Ombo, e dei templi che ospitava, dedicati a Sobek, Dio Coccodrillo, e a Horus, travolti dalla furia improvvisa del Nilo, al pari dei sacerdoti e dei fedeli che vi stazionavano. Stesso macabro destino incontrarono la città di Edfu e il rinato tempio del Dio Falco, proprio dove i quattro figli di lui dimoravano, in attesa del suo ritorno dalla Grecia.

Impiegarono troppo tempo a capire cosa stesse accadendo, a realizzare di essere sotto un feroce attacco, nonostante la Dea Gatta li avesse avvisati di tenersi pronti. Ma forse non si sarebbero aspettati un così diretto assalto.

Uno dopo l’altro, Duamutef e i suoi fratelli abbandonarono il santuario dedicato a loro padre, ove si erano riuniti per rendere omaggio al defunto Osiride, per quanto niente del Nume potesse essere conservato nell’apposito vaso canopo che per lui avevano realizzato. Indossate le armature, spiegarono le ali e iniziarono a sorvolare il corso del Nilo, osservando sconvolti la devastazione imperare sovrana sulla loro amata terra, la violenza di una natura piegata ai dettami di una volontà superiore. Quella stessa volontà che li raggiunse, abbattendoli, all’istante.

"Aaargh!!!" –Gridò Qebehsenuf, Dio preposto alla conservazione degli intestini, venendo colpito da un improvviso fascio di energia, che danneggiò la sua corazza alata, portandolo a tentare di atterrare quanto prima.

Imset e Hapi gli furono dietro, planando su sabbiose terre inondate e offrendosi come facile bersaglio a un determinato e preciso nemico, che li travolse, schiantandoli a terra, in una nube di terriccio, acqua e frammenti umani.

"Ah ah ah! Fin troppo facile sarà conquistare questo torrido paese!" –Rise una voce sguaiata, mentre, tra le rovine del Tempio del Falco, emergeva una figura dal fisico atletico, rivestita da un’armatura marrone dalle fattezze bestiali. –"Non che mi dispiaccia un po’ di sole in fondo, dopo gli ultimi giorni trascorsi nell’ombra! Cos’hai da guardarmi, tu, scimmione?" –Ringhiò, mentre uno dei figli di Horus, trascinandosi a fatica, gli aveva afferrato un piede, insozzandola con dita sanguinolente. –"Al tuo posto, sotto i miei zoccoli!!!" –Esclamò deciso, sollevando la gamba e calando poi il tacco sul volto sfigurato dell’indebolito avversario, sprofondandolo in un cratere che presto andò macchiandosi con il suo sangue divino. –"Ah ah ah! Come godo!"

"Il gioco è di tuo gradimento, Chimera?!" –Esclamò allora una ben più adulta voce, mentre un’elegante figura, avvolta in un cosmo amaranto, appariva accanto a lui, obbligandolo a chinare il capo all’improvviso.

"Sì, Lord Comandante! Stavo solo insegnando a questi insulsi protettori di budella smembrate qual è il posto che compete loro! Dentro quei vasi! Ma come cenere! Ah ah ah!" –Rispose il guerriero dai biondi capelli, torcendo le labbra in un ghigno divertito.

"Molto bene, procedi dunque!" –Concordò colui che guidava quell’assalto, mentre decine e decine di altri cosmi oscuri piovevano dal cielo, apparendo alle sue spalle e disponendosi in una precisa formazione triangolare, in cui la punta era rappresentata da lui, il Demone della Guerra a cui Caos aveva affidato il comando delle sue armate, l’Esercito delle Tenebre che attendeva un suo gesto. Voltandosi, guardò il mare di armature nere, violacee e rossicce, spaziando dai soldati semplici ai membri dello Zodiaco Nero, fino alle Divinità minori al suo servizio, gloriandosi di quel momento. Quello era l’esercito che aveva a lungo atteso di comandare, quella era l’armata che pendeva dalle sue labbra e che adesso avrebbe scatenato contro il regno di Amon Ra, per farlo suo. –"Distruggete ogni cosa! Radete al suolo il tempio di Horus! Che sia il primo a cadere degli Dei Egizi, in modo da ricongiungersi al padre che ha deciso di sfidare il fato! Chi siamo noi, in fondo, per privare un figlio di un così intenso desiderio?! Ah ah ah!"

Non riuscì neppure a terminare il suo discorso che già due sagome longilinee erano scattate dalle retrovie, dirette verso i figli di Horus che, storditi e feriti, tentavano di rimettersi in piedi. Piombarono su di loro, affondando nei corpi stanchi e inadatti alla lotta, spargendo ovunque il sangue divino, il cui ruscellare inebriò le demoniache figure intente a massacrarli. Uno dopo l’altro, gli Dei incaricati di proteggere gli organi interni dopo la mummificazione caddero sotto i colpi affilati dei due guerrieri dalle lunghe chiome fluttuanti, mentre, poco distante, Chimera sfoderava la sua frusta, divertendosi a colpire alcuni membri del suo stesso esercito.

"Avanzate, codardi! Obbedite! Non avete sentito gli ordini del Lord Comandante, braccio armato di Caos? Sua Eccellenza vuole che il tempio di Horus venga distrutto, non gli basta che un po’ d’acqua ne abbia allagato le fondamenta! Deve essere raso al suolo, non deve restarne traccia! Proprio come dei tuoi capelli, Oizys! Mi hai capito, testone spelacchiato?!" –Ringhiò il feroce guerriero, mulinando la lunga coda squamosa della sua corazza con cui sferzava ripetutamente le Astrazioni ancora in vita, Astrazioni che, dopo sua stessa richiesta, erano state assegnate da Nyx al loro diretto comando.

"Ahi ahi, ho capito! Che male però!" –Brontolò il Dio della Miseria, avanzando scalzo e con foga, affiancato da Apate, per quanto il mulinare della verga di Chimera lo facesse continuamente inciampare e cadere con la faccia a terra, di fronte alle risate sguaiate del suo torturatore. –"Come stavo bene in quel fresco santuario! E ora eccomi qua, a morire di caldo in questo postaccio! Che tragedia, che sventura! Santi numi!" –Borbottò, mentre di nuovo la frusta lo raggiungeva al volto, imbevendosi del suo antico sangue.

Alle spalle delle Astrazioni, senza che avessero bisogno di alcun incoraggiamento, gli altri membri dell’Armata delle Tenebre avanzavano, distruggendo tutto quel che incontravano sul loro cammino. Non ci volle molto perché il complesso templare dedicato al Dio Falco venisse abbattuto, crollando sotto poderose artigliate, folgori oscure e pugni devastanti, di fronte al compiaciuto sguardo del Lord Comandante.

"Quanto tempo dovremo attendere, secondo te, prima che posi il suo occhio su di noi?" –Domandò allora a Chimera.

"Spero ce ne dia a sufficienza! Non voglio certo perdermi il piacere di distruggere la sua bella terra! Come lui ha invaso la nostra, noi faremo altrettanto! Il tempio di Knhoum ci attende poco oltre! Sarebbe scortese non degnarlo di un’apposita visita!"

"Il tuo garbo mi lascia senza parole! Ah ah ah!" –Rise allora Polemos, sollevando allora il braccio destro, sul cui palmo concentrò una devastante quantità di energia, pari a quella con cui aveva sventrato la Diga di Assuan, liberandola all’istante, sotto forma di una sfera di energia rosacea, che saettò tra i presenti, conficcandosi nei profondi basamenti del Tempio di Horus.

Ci volle un attimo, giusto il tempo che Chimera ebbe per voltarsi, riparandosi gli occhi dall’onda d’urto, prima che esplodesse, scagliando in aria resti e rovine di quell’antico tempio, proprio mentre le due slanciate figure terminavano di massacrare i figli di Horus.

"Ora, Cailleach! Scatena i fulmini!" –Ordinò Polemos, splendido e raggiante. E una sagoma alle sue spalle obbedì, sollevando un bastone nodoso al cielo ed espandendo il proprio cosmo oscuro, evocando una tempesta di folgori e nubi.

"Caillteanas de dheasca tuile nó anfa! Che tutto si perda, travolto dai flutti!" –Tuonò una rachitica voce di donna, mentre un turbine di vento scosse il già impetuoso corso del Nilo, generando alti cavalloni che si abbatterono sulle terre attorno, devastando case, villaggi e campi, mentre in mezzo a quei fulmini roteavano, quasi attratti dalle nubi stesse, i resti dei martoriati corpi di Duamutef, Hapi, Imset e Qebehsenuf. Un turbine che la figura chiamata Cailleach diresse verso nord, verso un vasto complesso templare che si ergeva in lontananza, riparato da un viale di sfingi e dal cosmo del suo protettore.

"Dio del Sole, che su queste assolate terre regni, sarai il primo a conoscere la forza dell’Armata delle Tenebre! Obiettivo ambizioso, e di certo non facile, sarai, ma la tua testa, il tuo trono, anzi il tuo occhio, saranno il gradito dono che offrirò ai Progenitori, ringraziandoli per avermi dato fiducia!" –Mormorò Polemos, rinnovando l’ordine di avanzare all’intero esercito.

Ares, stolto stratega, se ancora esisti in qualsivoglia forma, osservami e nota quanto poco meritasti il nome di Signore della Guerra, titolo che reclamo per me! Guardami adesso, dal limbo oscuro in cui sei sprofondato e in cui ancora per poco resisterai, e osserva i miei successi, le sontuose vesti di cui mi addobbo e che mai sporco! Già la Diga di Assuan è caduta, e con essa i templi di Horus e Sobek, e presto entrerò nella sala ove Amon Ra troppo a lungo si nascose! Presto entrerò a Karnak e siederò sul Trono del Sole, e là berrò alla tua salute!