CAPITOLO TRENTOTTESIMO: FRATELLI.
L'apparizione di Asterios prese tutti di sorpresa, tranne Avalon che aveva percepito l'avvicinarsi del suo cosmo, ma ancor di più fece scalpore la notizia che il Signore dell'Isola Sacra, il solitario leader che da anni (secoli forse? si chiese Pegasus) tesseva in silenzio solide trame contro l'ombra, avesse un fratello. Persino Reis e Jonathan parevano ignari della cosa, sebbene, osservando meglio la corazza di Asterios, e poi quella di Avalon, non poterono non notarne la somiglianza con un'altra armatura a loro ben più nota. Soprattutto al Cavaliere dei Sogni.
"Non fosse per l'assenza di spuntoni sui coprispalla, le forme più aggraziate e il colore ovviamente, direi che è identica a quella di Andrei!" –Esclamò, mentre anche la compagna annuiva, ricordando un altro misterioso individuo dalla corazza ugualmente simile, da lei incontrato soltanto in una manciata di occasioni. Quasi tutte funeste. –"Alexer! Il Signore dei Ghiacci! Che sta succedendo, Reis?"
"Non lo so, ma il fatto che persino i Quattro si siano mossi indica che siamo a un passo dalla fine! I nostri Talismani... presto li useremo per l'ultima volta!"
"O per la prima!" –Ironizzò Jonathan, riferendosi allo scopo per cui furono forgiati.
Il Cavaliere di Luce assentì, prima di riportare lo sguardo su Asterios, che nel frattempo aveva affiancato Avalon, in un luccichio generato dalle migliaia di falene che si muovevano nell'aria, seguendo i suoi spostamenti.
"Ridicoli poteri metti in campo, Gran Tessitore! Un musico che si diletta con delle farfalle?! Guarda cosa ne faccio delle vostre bestioline!" –Rise Nyx, sollevando un'onda di oscurità con cui fagocitò lo spazio tra di loro, inghiottendo tutte le falene.
"Così pare." –Chiosò Asterios, concedendosi un sorriso sghembo, al pari del fratello.
Indispettita per quell'atteggiamento altezzoso, Nyx tirò un'occhiata al velo di tenebra che aveva eretto attorno al satellite, notando che per la prima volta vi erano dei buchi. E notando, al pari di Pegasus e degli altri combattenti, le stelle continuare a brillare di là da esso, simbolo di un universo che seguitava ad esistere, nonostante la Notte. Di un futuro libero e privo di ombre che poteva ancora essere creato.
Per quanto sarà possibile? Si chiese il Primo Cavaliere di Atena, rimettendosi in piedi a fatica, assieme alla Dea e a Phoenix e Andromeda.
"Sei venuto a dar manforte al tuo affaticato compare? Ben poco utile sarai! Ma provaci, Principino della Luna! Dimostra che quel titolo vale qualcosa!"
"Le tue parole amare non mi tangono, Nyx! Ma dato che della Luna hai parlato, per essa combatterò! Per chi vi abita, e che nel sogno di Selene ha creduto, e per la Dea che mi ha accolto come fossi uno di famiglia, non facendomi mai mancare affetto e protezione. Sebbene io dovessi garantirla a lei." –Commentò Asterios, pizzicando per l’ultima volta la cetra e poi gettandola via, rivelando uno sguardo risoluto. –"Se notte porti, giorno avrai! Aye!" –Aggiunse, aprendo un braccio di lato e lasciando cadere a terra una goccia di cosmo, di cristallino colore celeste. –"Lance di ghiaccio!!!"
Il sabbioso suolo lunare che lo separava dalla Notte venne ricoperto all’istante da un consistente strato azzurrognolo, che si espanse ben oltre la posizione da lei occupata, permettendo alla Dea di specchiarsi in quel terreno ghiacciato dentro cui pareva fermentare una fiumana di pura energia. Poté guardarsi per un istante, rimirando il luccicare di gioielli che teneva nascosti, l’unico segno di luce in quel tenebroso spirito, prima che il terreno stesso si sollevasse, assumendo la forma di aguzze aste di ghiaccio dirette al suo cuore.
Nyx dovette balzare indietro, evitando i pericolosi affondi, ma ogni qual volta toccava terra subito il suolo si congelava e nuove lance azzurre emergevano pronte ad infilzarla, inseguita dalla silenziosa marea di cosmo che Asterios aveva risvegliato.
"E sia dunque!" –Sibilò, dopo l’ennesima schivata, balzando in alto e assumendo di nuovo la forma di uccello nero, portandosi al di sopra della portata degli attacchi nemici. Questo, quantomeno, fu quel che credette.
Il fratello di Avalon torse le labbra in un sorriso astuto, mentre migliaia e migliaia di strali azzurrognoli sfrecciavano nell’aria, obbligando l’oscuro volatile a continue acrobazie per evitarle. Non vi era posto nel cielo ove le lance di Asterios non potessero giungere, generate dal suo cosmo che fluiva attraverso il suolo lunare, un territorio che nel corso dei secoli trascorsi sul satellite aveva ben imparato a conoscere e a rispettare.
Per un momento chiuse gli occhi, ricordando che proprio là, presso i cerchi esterni, amava passeggiare, intrattenendosi con i guardiani e ascoltando le loro storie, nutrendosi di un’infinita conoscenza che solo chi il mondo aveva così tanto amato poteva trasmettergli. Da Chandra, Tsukuyomi e Tecciztecatl molto aveva appreso, sulle culture dei popoli, sulle necessità degli uomini di credere in qualcosa, fosse solo in un pallido disco che roteava attorno al pianeta, e proiettarvi le loro ansie e paure. Sorrise, ripensando ai Custodi dei Cerchi Esterni, a quanto avesse provato a insegnar loro a combattere, venendo sempre ringraziato ma mai accontentato.
"Perché non volete imparare a difendervi?" –Aveva chiesto loro più volte, stupito e frustrato dal loro diniego. –"Temete di offendere la Dea della Luna, praticando arti che lei ha bandito?!"
"Non soltanto, ragazzo." –Erano soliti rispondergli, soprattutto il Selenite di Urano. –"Ma ognuno ha la sua natura, e questa è la nostra. Vorresti forse cambiarla? Vorresti forse che la luna brillasse alla stregua del sole? Rossa e radiante, come il sangue che in guerra cola, come l’ardore che infiamma l’animo dei combattenti, come il vino che scorre copioso nelle coppe dei vincitori? No, non lo vuoi, lo so bene. E allora lascia che la nostra luce sia come la vedono dalla Terra. Lascia che sia pallida, diafana, forse un po’ triste, ma mai spenta."
"Mai spenta!" –Ricordò Asterios, chiudendo le dita della mano destra a pugno, proprio mentre Nyx, evitata l’ultima raffica di lance di ghiaccio, piombava verso lui e Avalon, allungando lunghi artigli di tenebra. –"Non riuscirai in quest’impresa!!!" –Avvampò, sollevando il braccio, le dita della mano aperte, e dirigendo migliaia di azzurri strali di cosmo contro di lei.
Il fratello lo imitò all’istante, liberando uno sciame di comete energetiche che si avvolsero attorno alle lunghe aste di ghiaccio, riempiendo il cielo e obbligando la Notte ad incrementare il numero dei suoi unghioni oscuri.
Lo scontro continuo e pressante generò lampi di energia che saettavano a destra e a manca, forzando Atena e i Cavalieri dello Zodiaco e di Avalon a rimanere a debita distanza, per non essere raggiunti. Fremeva, Pegasus fremeva, dal desiderio di lottare con quell’orrenda e temibile creatura eppure, al tempo stesso, non poteva evitare di sentirsi frenato. Da perché a cui non sapeva rispondere e da una spiacevole sensazione che l’aveva invaso quando Nyx aveva posato gli occhi su di lui la prima volta. Quella sensazione gelida che mai lo aveva conquistato in battaglia, nemmeno nei momenti più disperati, quando si era detto pronto a dare la vita in nome della libertà e della salvezza dell’umanità.
La paura di morire.
Non… adesso. Mormorò il ragazzo, stringendo i pugni fin quasi a farli sanguinare, mentre una poderosa esplosione dilaniava l’atmosfera di fronte a loro, forzandoli tutti a sollevare le braccia per difendersi dall’onda di riflusso. Quando questa scemò, i Cavalieri videro Avalon e Asterios ergersi ancora, sia pur affaticati, avvolti dalle loro aure cosmiche, mentre la Notte, recuperata forma umana, li osservava da lontano, il lungo mantello nero che le oscillava attorno, donandole un’apparenza demoniaca.
"Ebbene? Di nient’altro siete capaci, voi che così a lungo avete atteso l’avvento della grande ombra?!" –Gracchiò con voce stridula. –"Ma perché mi sorprendo?! In due, in fondo, cosa mai potreste essere in grado di fare? Evocare le nebbie, qualche farfallina di energia per stupire gli amici di Grecia e sfere di luce destinate a perdersi nella marea d’ombra che mi sorregge! Ma questo lo sapete già da soli, non c’è bisogno che io puntualizzi, ricordandovi come vi siete ridotti! Se avevo sorriso, quando da cinque rimaneste in quattro, adesso mi inebrio esaltata del vostro fallimento! Ah ah ah! Come vi facevate chiamare un tempo? La gilda dell’equilibrio? La pentarchia dei garanti? Nomi roboanti atti a nascondere la debolezza delle vostre vane azioni e la mancanza di concordia che vi caratterizzava, e caratterizza tuttora, da quel che vedo!"
Avalon a quelle provocazioni non rispose, limitandosi a tenere fisso lo sguardo su di lei, mantenendo quella parvenza di sicurezza con cui aveva sempre fronteggiato ogni nemico, senza mai dargli occasione di compiacersi. Sebbene, in questo caso, Nyx tenesse il pugnale dalla parte dell’impugnatura.
"Non parli ma io so. Io vedo. Per mezzo dei suoi occhi, è chiaro! Ho visto quel che avete fatto, come vi siete persi, incapaci di perseguire obiettivo comune! Ti sorprendi che io sappia? Che lui sappia? Non dovresti! Sai bene, del resto, che il tempo passa lentamente quando si è da soli, tu stesso l’hai provato, nelle lunghe veglie solitarie trascorse sulla cima del colle nebbioso a fissare il cielo, osservando e aspettando che la configurazione astrale venisse ricomposta. Lavoro ingrato, non trovi? Quanto è durato? Secoli forse? Un niente, se paragonato alla solitudine dell’intermundi. Una solitudine infinita, durata millenni, eoni addirittura, in cui nient’altro ha potuto fare se non osservare e meditare, preparandosi alla nuova venuta. Al secondo avvento!" –Chiosò Nyx, mostrando il pugno ad Avalon e ad Asterios, avvolto in una bruma scura, prima di aprire le dita una ad una. –"Cinque eravate, non un numero casuale! E sette Talismani, che avete allevato come agnelli, non come figli, bensì come bestie da sacrificare sull’altare dell’equilibrio. Sette manufatti da opporre alle sette pietre nere. Peccato che qualcuno… vi abbia lasciato!"
"Taci!!!" –Tuonò allora il Signore dell’Isola Sacra, avvampando in un’aura argentata e puntando un dito contro la Dea, da cui scaturì un fascio di luce che colpì il suolo tra i suoi piedi, spingendola indietro con una repentina esplosione.
"Mancato!" –Sogghignò questa, rialzandosi. –"Non sei preciso nel colpire quanto io lo son con le parole, nevvero, Avalon?"
"Per la verità…" –Si limitò a commentare quest’ultimo, concedendosi un sorriso, mentre Nyx si accigliava, non comprendendone l’atteggiamento. Solo allora si accorse che, balzando indietro, era atterrata in una pozza d’acqua e che, scrutandola meglio, capì che non poteva affatto essere tale.
"Non propriamente…" –Commentò Asterios, espandendo il proprio cosmo. –"Spiriti d’Acqua, vi invoco!!!" –E, al suo comando, decine e decine di sagome deformi sorsero dalla pozza in cui la Notte era immersa, pozza che andava allargandosi a macchia attorno a lei e sotto di lei, sprofondandola pian piano in un turbinante ruscellare di energia celeste, simile alle ancestrali maree da cui sorse la vita.
"Ancora giochini e trucchi per gli amici?!" –Ghignò Nyx, agitando il lungo mantello nero e affannando per uscire da quell’improvvisata prigione, accorgendosi però di non riuscirvi. E più provava, più si dimenava nel balzar fuori, più sagome di energia acquatica le sorgevano attorno, allungando le loro roride braccia deformi verso di lei, sfiorandola, toccandola, abbracciandola, abbarbicandosi addosso a lei, generando nella Dea un subitaneo moto di disgusto ogni qual volta veniva anche solo strusciata. Del resto, quell’energia era così pura, così pregna di luce, da scuotere in profondità la sua essenza di oscurità.
E quelle figure, quelle sagome che sembravano invocare il suo nome, fissandola con sguardi muti ma intensi, parevano simboli del Mondo Antico. Sirene, tritoni, putti e ninfe, forme aggraziate, eleganti, luminose, così lontane dal mondo di tenebra su cui lei avrebbe voluto imperare.
"Ba… basta!!!" –Ringhiò furiosa, lasciando esplodere il proprio cosmo oscuro e dilaniando tutte le figure che la attorniavano con lame di ebano. –"Non so in quali perversi giochi vi dilettiate, ma pretendere di fermare la calata della Notte con queste grottesche statue d’acqua è quanto meno ridicolo! Ne prosciugherò l’essenza, lasciandole ad essiccare su questo brullo suolo lunare, memento mori della mia potenza e della vostra inutilità!"
"Ogni cosa ha un posto nell’universo, anche gli Spiriti d’Acqua!" –Commentò placido Asterios, continuando a infondere alla pozza tutto il suo cosmo, in modo da generare un numero sempre maggiore di sagome celestiali, costringendo Nyx ad aumentare ulteriormente la propria aura da battaglia.
Boom!!!
Un gigantesco boato fece tremare l’intera Luna, con Pegasus e gli altri Cavalieri che si tenevano per mano per non cadere, investiti poco dopo dal sollevarsi di un’ondata di sabbia che, da Nyx, andò espandendosi a raggiera. Quando la tempesta scemò, i paladini della giustizia videro che la Dea ancora si ergeva in piedi, per quanto vistosamente affaticata e infastidita da quel patetico tentativo di frenarne l’avanzata. Non s’avvide però la Notte che Avalon era scomparso.
Lo notò soltanto quando fu sopra di lei, e liberò la tempesta di lucente energia che aveva accumulato in quel breve lasso di tempo in cui Asterios l’aveva impegnata, e distratta.
"Nebulosa delle stelle!!!" –Esclamò, investendo in pieno Nyx con un torrente di pura energia, che fece strabuzzare gli occhi ai Cavalieri dello Zodiaco tanto abbacinante era il riflesso di quell’ondata.
"Incredibile!" –Mormorò Andromeda, a cui parve una versione potenziata del proprio colpo segreto. Un vero e proprio fiume di stelle come le galassie che aveva rimirato negli atlanti scolastici.
"A così poderosa luce non posso che opporre altrettanta oscurità!" –Ghignò Nyx, piegata al suolo dallo straripante getto energetico scaturito da Avalon. –"Ti pentirai di avermi costretto a poggiare un ginocchio a terra! Non sai proprio come compiacere le donne! Soprattutto quelle vendicative come me! Marea d’ombra!!!" –Avvampò, sollevando marosi di pura tenebra che si schiantarono contro le onde luminose.
Asterios tentò di intervenire, ma le sagome di energia acquatica vennero annientate all’istante, mentre il riflusso di tenebra dilagava anche in altre direzioni, obbligando i Cavalieri di Atena e di Avalon a difendersi. Lo stesso Signore dell’Isola Sacra fu costretto a tornare con i piedi a terra, piegato dalla potenza di serpi d’ombra determinate a trascinarlo verso il cuore di quella notte, verso l’inferno più nero che l’umanità avesse conosciuto.
Fu allora, mentre Avalon e Asterios affannavano per liberarsi dalla tetra fanghiglia, che parve a entrambi che l’impeto di tale marea diminuisse, nonostante Nyx fosse ancora concentrata nel produrne. Socchiudendo gli occhi, e osservando meglio, notarono che un velo di energia era appena stato innalzato tra loro e l’ancestrale Divinità, la parte estrema di una cupola protettiva che aveva il suo baricentro alle loro spalle.
Incuriosito, il Signore dell’Isola Sacra si voltò verso l’ingresso del Cerchio di Urano, alzando un sopracciglio stupefatto.
Selene era infine intervenuta.
"Dea della Luna!!!" –Mormorò Avalon, osservandola avvicinarsi a passo lento ma costante, lo sguardo timoroso e forse travolto da mille domande, da troppe incertezze, ma comunque deciso ad aiutare chi così tanto per lei aveva combattuto.
Endimione, rivestito dalla sua intarsiata cotta da battaglia, camminava al suo fianco, stringendole la mano, mentre Elanor e Matthew la assistevano sull’altro lato. Di fronte a loro, disposti a semicerchio attorno alla Dea che avevano scelto di difendere, i Seleniti rimasti avvampavano nei loro cosmi divini.
Li guidava Shen Gado dell’Ippogrifo, la corazza danneggiata dallo scontro con Kydoimos, macchiata del sangue versato, ma ancora non pronto a lasciarsi andare. Attorno a lui i custodi dei cerchi più interni, decisi a vendicare i compagni caduti e a dare un senso alla loro esistenza.
"Per cosa abbiamo creato questo regno nascosto ai più, questo paradiso di cui tanto abbiamo decantato le virtù, se alla prima difficoltà, al primo tentativo di invasione, siamo disposti a cederlo così facilmente?!" –Aveva detto loro Sin degli Accadi, nella breve conversazione avuta all’Occhio con i parigrado.
Avatea, Mani e gli altri avevano annuito, accettando la proposta di marciare in aiuto dei Cavalieri di Atena e di Avalon.
"A qualunque costo!" –Aveva aggiunto il Selenite di Marte, adesso in prima fila, a fianco di Shen Gado, avvolto nel lampeggiare rossastro del suo cosmo.
"Ci siamo, Mene!" –Disse Endimione, continuando a dare forza alla compagna, che accennò un sorriso timido, prima di cercare lo sguardo di Atena e annuire.
"Cavalieri di Atene e di Avalon, non ho parole per ringraziarvi! E non dirò niente, no, solo agirò!" –Illustrò la Dea, riunendo tutta l’energia rimastale in modo da allargare sempre più la cupola difensiva, per arginare l’espansione della marea d’ombra.
Endimione, Shen Gado e tutti i Seleniti sopravvissuti le donarono la loro forza, avvampando in un arcobaleno di cosmi accesi.
"Ooh, finalmente combatto!" –Sogghignò Sin, scatenando le fiamma di cui era padrone e sommandole al potere degli altri quattro custodi rimasti.
"Umpf, dovrò occuparmi anche di te, Dea della Luna!" –Ridacchiò Nyx, nient’affatto intimorita. –"Vorrà dire che prima sgozzerò il tuo bel maritino, cibandomi del suo cuore martoriato, e poi verrò da te, ficcandotelo in gola e punendoti per quest’atto di ribellione!" –Tuonò, fissando Selene con uno sguardo così penetrante che alla Dea parve di vedere le proprie difese andare in frantumi, travolta da un odio a cui non sapeva come opporsi. Per un attimo il muro di energia vacillò, ma Endimione le strinse la mano, infondendole quell’amore, quella fiducia, quella speranza di una vita insieme che solo eliminando la Notte avrebbero avuto. E ciò bastò per ridarle vigore.
"Adesso!!!" –Esclamò allora Pegasus, caricando da un fianco scoperto di Nyx assieme ai due amici. –"Cometa lucenteee!!!" –Urlò, dirigendole contro il suo massimo colpo segreto, subito seguito da Phoenix e Andromeda. –"Ali della Fenice!!! Tempesta della Nebulosaaa!!!" –E persino da Atena, che puntò lo Scettro di Nike avanti, liberando un potente raggio di energia luminosa.
"Sciocchi!!!" –Ghignò Nyx, sollevando e interponendo un manto d’ombra ai loro attacchi. Ma quando fece per muoversi si accorse di non riuscire a spostarsi, bloccata al centro di un quadrilatero di lucente energia che quattro figure avevano generato attorno a lei. Quattro Cavalieri avvolti nei loro cosmi sfavillanti.
"Talismani!!!" –Gridarono all’unisono Reis, Jonathan, Matthew ed Elanor, incanalando l’energia dei manufatti in raggi di energia con cui generare una gabbia da cui la Notte faticava a muoversi.
In quel momento Avalon e Asterios la attaccarono, piombando sul fianco rimasto libero dopo l’attacco di Pegasus e compagni, strappando un gemito di sorpresa alla Dea ancestrale. L’impeto della Nebulosa delle Stelle la investì in pieno, esponendola all’affondo di migliaia di lance di ghiaccio e facendola ruzzolare per parecchie decine di metri sul devastato suolo lunare.
Quando si rialzò, togliendosi il cappuccio e gettando via il lacerato mantello nero, i suoi occhi eruttavano fiamme di puro odio. Ma non fu quello a frenare i passi di Pegasus e degli altri Cavalieri, bensì il volto della Dea, il suo aspetto aggraziato, la snella silhouette di una donna nel fiore degli anni, come Isabel era sempre apparsa loro. Un aspetto lontano anni luce dall’idea che avevano avuto di lei.
"Avete scelto la morte più atroce!" –Sibilò, prima di fermarsi e tendere l’orecchio, attratta da un suono impercettibile ai più. Si voltò verso il pianeta Terra, sbuffando scocciata alle notizie appena avute. La stridula voce di Oizys appariva fastidiosa persino da quella distanza, sebbene non avesse motivo di mentirle.
Qualcuno, in sua assenza, aveva violato i confini del Primo Santuario, liberando Febo e Marins e rimettendo le sorti della battaglia in gioco.
Sogghignò, certa che Avalon già sapesse, costretta a concedergli il primo tempo di quello spettacolo, ben lungi dall’essere terminato. Non disse alcunché, limitandosi ad avvolgersi di nuovo nel proprio mantello e a scuotere lunghe ali di tenebra con cui si sollevò poco dopo, assumendo la forma di un gigantesco uccello nero e volando via, non prima di essersi abbandonata ad un ultimo stridulo verso che piegò buona parte dei Seleniti e dei Cavalieri a terra, tant’era pregno di oscurità.
"Ci rivedremo presto. E quando tornerò, mi riconoscerete, perché allora non sarò la Dea della Notte. No, sarò l’emblema della vendetta! E come tale mi comporterò!" –Aggiunse. E ognuno dei rimanenti temette che si rivolgesse a sé.
"Avalon!!!" –Gridò allora Atena, correndo verso il Signore dell’Isola Sacra, subito seguita dai suoi Cavalieri. –"State bene? Dov’è andata? Perché ci ha lasciato vivere?"
"L’avete sentita." –Commentò sibillino il Gran Tessitore, sebbene conscio che ormai non poteva più permettersi segreti. Non dopo che Nyx si era rivelata. –"Tornerà!"
"Quando? Come possiamo fronteggiarla?! E cosa intendeva dire parlando dell’intermundi?!" –Incalzò Pegasus, e anche Phoenix e Andromeda, e persino i Seleniti, parevano avere molte domande, obbligando Asterios e Shen Gado a placare gli animi, invitando tutti a rilassarsi un momento.
"Presto avrete tutte le risposte di cui necessitate. Ve lo assicuro, valorosi Cavalieri!" –Parlò allora il Signore dell’Isola Sacra, con quel tono che da sempre lo caratterizzava. –"Dea Atena, inviate messaggi sull’Olimpo, ad Asgard e in ogni regno divino con cui avete buoni rapporti! È tempo che tutti coloro che combattono per l’umanità, contro l’avvento delle tenebre, si riuniscano! È tempo di conoscere quello che accadde, sta accadendo e accadrà!"
***
Estratto dalle Cronache di Avalon.
Tempo: Quindici anni prima del Secondo Avvento.
Luogo: Isola di Avalon.
"Morto?! Come può essere morto?! Egli era l’uomo della profezia!"
La voce solitamente calma di Alexer si incrinò, ferita da un dubbio improvviso che mai aveva violato il suo animo ferreo.
Vicino a lui, in ginocchio sul cadavere martoriato del suo allievo, Avalon piangeva.
"Non può essere accaduto! Egli non doveva morire! Non poteva!!! Era il Cavaliere della Leggenda, l’uomo che avrebbe dovuto vestire la sacra corazza…"
"Ripetere notizie già note non arrecherà conforto al mio dolore!" –Parlò allora il Signore dell’Isola Sacra, sollevando lo sguardo, gli occhi bagnati da lacrime sincere, che la brezza mattutina smosse, facendole luccicare nell’alba di Britannia.
"Perdonami, fratello! Comprendo il tuo dolore! Uguale pena riempirebbe il mio cuore se il discepolo in cui avevo riposto così tante speranze e amore fosse perito! Speranze per noi e per l’umanità intera. Pur tuttavia… io non capisco…"
"Neppure io capisco, Alexer! Le visioni del pozzo sacro erano chiare, mai mi hanno mentito! Mai ho errato nell’interpretarle! O ci saremmo persi molti secoli addietro!"
"Di questo puoi essere certo! La tua guida e la tua saggezza hanno permesso alla gilda di prosperare nei secoli e ai Talismani di tornare a sbocciare!"
"E allora perché?! Perché?!" –Gridò Avalon, stringendo a sé il corpo privo di vita di Micene del Sagittario, la fascia imbrattata del sangue dell’ultimo combattimento. –"Era suo il volto che le acque del pozzo sacro mi mostrarono, sua la gloria eterna e la fede nella giustizia! Sue le mirabili imprese con cui rimandò nel limbo Tifone, Seth e Apopi! Egli era la cura per i mali del mondo, faro di luce verso cui le umane genti avrebbero potuto volgere lo sguardo ogni volta in cui l’ombra avrebbe offuscato il loro malfermo cammino! Non riesco a credere di aver sbagliato, non posso neppure pensare di aver voluto credere di averlo trovato! Di essermi convinto di aver trovato colui che ci salverà tutti, portando a compimento il nostro percorso!"
"Potresti usare nuovamente la Vista…"
"Non servirebbe a riportarlo indietro! Niente può tornare indietro, neppure gli Dei! Ed egli ad essere uno di loro certo non aspirava! No, egli era un umano, e come tale ha scelto di vivere! E di morire!"
"Forse… se tu lo avessi salvato…"
"Cosa avrei dovuto fare? Violare la sua volontà?!"
"Non è quello che facciamo da sempre? Incuranti della volontà degli uomini, li usiamo per i nostri scopi?" –Rifletté Alexer, con voce malinconica.
"Messa in questi termini, non siamo molto diversi da Anhar!"
"Forse no!" –Commentò laconico il Principe. Poi cacciò via i pensieri con un sospiro, sedendo accanto all’amico e ponendogli un braccio sulle spalle, cui Avalon si appoggiò per trovare momentaneo ristoro dagli affanni del presente.
Per qualche minuto i due fratelli rimasero in silenzio, mentre il sole sorgeva e si faceva spazio tra le nebbie che proteggevano l’isola sacra, illuminando il cadavere del Cavaliere d’Oro, le numerose ferite e i tagli che costellavano l’addome, stigmi che i suoi parigrado gli avevano impresso. Fu allora che un guizzo rischiarò la mente di Avalon, portandolo ad alzarsi di scatto, di fronte allo sguardo interessato di Alexer.
"E se non fosse stato lui il diretto artefice della caduta dell’ombra… ma l’uomo che, con i suoi gesti, l’avrebbe resa possibile? Se non fosse lui destinato a scoccare l’ultima freccia, ma il suo erede… Tutto avrebbe comunque senso!" –Mormorò il Signore dell’Isola Sacra, incamminandosi verso il Pozzo e affacciandosi ad ammirarne le silenti acque. –"Prima di morire, Micene ha consegnato una bambina a un uomo… quella bimba è la reincarnazione della Dea cui era devoto e che avrebbe dovuto difendere… ma quell’uomo… chi è?" –Aggiunse, espandendo il cosmo ed entrando in sintonia con le ancestrali forze che permeavano quel luogo di preghiera.
Sulle acque del pozzo si dipinse un volto che Avalon non aveva mai visto, un uomo di cinquant’anni, dall’aspetto austero e severo. Colui che aveva ricevuto in custodia la Dea della Guerra. Il Signore dell’Isola Sacra ne sondò l’animo, ne scoprì la storia e i segreti e infine capì. Che il destino aveva scelto la sua strada, proprio come Micene, e che i sogni che aveva cullato per anni potevano ancora trovare realizzazione.
Così placò le visioni, dando le spalle al pozzo, ad Alexer e al cadavere dell’allievo, il cui rito funebre sarebbe stato celebrato quella sera, alla presenza di tutti i druidi dell’isola ove era stato addestrato. Disse al fratello di non preoccuparsi e sparì.
Sapeva dove l’avrebbe trovato, avendolo visto poc’anzi grazie alla Vista. In una zona degli scavi ove gli archeologi ritenevano un tempo fosse esistito un altare in onore di Atena, un’ara di pietra che, sia pur scheggiata e ingiallita, ancora si ergeva in un mare di polvere e ricordi. Di fronte a quel marmo di ben più antichi splendori, Alman di Thule stava in ginocchio, piangendo e pregando Dio, o qualunque altro nome gli avessero dato gli uomini, di dargli un segno, di indicargli il cammino.
"Cosa devo fare, Signore? Come posso prendermi cura di Atena? Chi sono io per essere degno di tale gravoso ma meritevole compito?"
Per qualche minuto nessuno parlò, neppure il vento. Soltanto il respiro affannato di Alman segnava il tempo che passava, estraniandolo dal mondo che continuava ad andare avanti. Poi, d’un tratto, al Duca di Thule sembrò di udire una voce chiamarlo, una voce inudibile, proveniente dal profondo del suo animo. Un abbraccio di serenità che parve confortarlo.
Chinò lo sguardo sull’infante Dea e le parve quasi di vederla sorridere, di dirgli, con quei suoi occhi pieni di vita, di non avere paura, che tutto sarebbe andato bene e che lei sarebbe stata protetta e amata.
Allora Alman pianse, consapevole del proprio ruolo, del ruolo che il fato aveva scelto per lui. In fondo era ricco, erede del patrimonio di una famiglia che aveva prosperato per secoli con il commercio e la navigazione, ma non aveva mai avuto figli, non aveva mai avuto un erede. Adesso, forse, il futuro avrebbe potuto essere riscritto, anche per lui.
Pensò al suo burbero maggiordomo, chiedendosi come avrebbe reagito all’idea di avere una femmina per casa, all’idea di vederla crescere e diventare donna. Sorrise, sicuro che anch’egli si sarebbe commosso di fronte alla purezza della Dea. Poi pensò ai bambini dell’orfanotrofio Saint Charles, di cui la sua dinastia aveva finanziato la costruzione. Come lui, erano raminghi, ancora alla ricerca del loro ruolo nel mondo, ed egli presto gliene avrebbe assegnato uno. Volenti o nolenti, avrebbero fatto la loro parte, e chissà che tra loro non fosse stato presente qualcuno in grado di distinguersi dall’ordinaria massa, di elevarsi al di sopra delle umane genti e dare un senso alla propria esistenza.
Rinfrancato da quella speranza, Alman si alzò, scosse i pantaloni dalla polvere e rese grazie a Dio per averlo illuminato. Poche ore dopo era già in volo verso il Giappone, pronto per organizzare la sua nuova vita.
Nascosto dietro una colonna, nella bruma mattutina, Avalon annuì, certo di aver visto bene. Micene era morto, questo era vero, ma il suo nome non sarebbe scomparso con lui, avrebbe perdurato, scintillando nel cielo a memoria imperitura di coloro che sarebbero venuti dopo di lui, e che in lui avrebbero visto l’eroe, il martire per la causa, la Stella Polare cui volgere lo sguardo alla ricerca della giusta direzione. Da lui, e in nome suo, sarebbe nato un gruppo di individui dai sensazionali poteri sempre pronto a salvare la Terra ogni volta in cui le tenebre fossero calate su di essa. Un gruppo che avrebbe ospitato il Cavaliere della Leggenda, destinato a indossare l’ultima armatura. O la prima.
Estratto dalle Cronache di Avalon.
Tempo: Quindici anni prima del Secondo Avvento.
Fine.