CAPITOLO VENTISETTESIMO: IL CONTINENTE PERDUTO.

Se la Fondazione avesse piazzato delle boe rivelatrici nel Golfo di Biscaglia, come aveva fatto nel Mar Celtico, in quel momento i contatori sarebbero impazziti, e Rigel e gli altri studiosi avrebbero avuto di che discutere per scoprirne il motivo. Di tutti gli scienziati del mondo, forse solo quelli della Fondazione Thule avrebbero potuto capire; del resto loro sapevano. Di Lady Isabel, di Atena, dei Cavalieri. Dell’esistenza di un mondo parallelo di Dei e di eroi che viveva a fianco dell’umanità sebbene questa non se ne fosse mai resa conto.

Ma presto avrebbero dovuto ricredersi.

Presto, molto presto, i satelliti avrebbero mostrato quell’enorme zolla di terra appena sollevatasi al largo delle coste del Marocco. Una gleba che nel Mondo Antico aveva ospitato una delle più progredite civiltà umane.

Devo sbrigarmi! Mormorò Nettuno, chinato, con un ginocchio sul suolo, proprio di fronte al tempio in cui aveva riposato per secoli. Regolarizzando il respiro, affannato per lo sforzo, il Nume si rialzò, girando lo sguardo attorno a sé, per ammirare una nuova volta l’isola su cui aveva imperato millenni addietro, l’isola che, nel periodo di suo massimo splendore, aveva ospitato astronomi e aedi, scultori e maestri di danza. L’isola ove era nata la prima grande civiltà marittima e la più antica schiera di guerrieri divini.

Atlantis. Aggiunse, spaziando su tutto quel che restava di quel regno arcaico. Templi caduti in rovina, che gocciolavano silenti sotto il sole d’autunno, strade e palazzi ormai irriconoscibili, costruzioni invase da una selvaggia flora marina e da qualche animale che non era riuscito a fuggire in tempo. A parte ciò, nessun’altro essere vivente turbava la quiete del continente perduto. O almeno questo era quel che Nettuno riteneva.

"Siete tornato a casa, mio Signore!" –Esclamò una decisa voce di donna, rubando il Dio ai suoi pensieri.

Prima ancora di voltarsi, il fratello di Zeus Olimpo sorrise, ben sapendo chi avrebbe trovato di fronte a sé. La donna che già una volta gli aveva salvato la vita, mettendo a repentaglio la propria.

"Quante volte ancora vuoi morire per me, dolce Titis?" –Commentò, fissando la snella silhouette dell’ultimo Cavaliere Sirena.

"Ogni volta in cui ce ne sarà bisogno!" –Si limitò a rispondere la fedelissima, chinandosi di fronte al Nume. Aveva l’armatura leggermente danneggiata per gli scontri con Ascanio, Phantom e il guardiano del tempio sommerso, ma nei suoi occhi brillava la stessa luce di decisione che aveva sempre palesato, sin da quando, anni addietro, aveva aiutato Julian a prendere coscienza con il Dio sopito in lui.

"Sei stata al mio fianco in molte occasioni, Titis! Quando mi risvegliai nel corpo del giovane Kevines e riunii i Sette Generali e i Guerrieri di Scaglie, e quando fui davvero sul punto di credere nella vittoria contro Atena. E infine quando dovetti assistere al crollo del mare azzurro, e alla fine dei miei sogni di dominio. È giusto, in fondo, che tu sia qui anche adesso, alle soglie dell’ultima guerra."

"Mio Imperatore… quali sono i vostri piani? È dunque vero quel che il Divino Ermes mi accennò giorni addietro? Avete stretto alleanza con il Signore del Fulmine?"

Nettuno non rispose, fissando Titis per qualche secondo con imperturbabili occhi blu, prima di spostarli alle sue spalle, verso le costruzioni lontane, e incamminarsi in quella direzione, facendo cenno al Cavaliere Sirena di seguirlo.

"Sono qua per un motivo ben preciso! Verificare l’integrità delle riserve di oricalco, di cui mio fratello vuole servirsi per generare nuove corazze! È strano, non trovi? Di tutti gli Dei coinvolti in lotta adesso, sono l’unico a non avere un esercito, ma anche l’unico da cui potrebbero dipendere le sorti della stessa, disponendo della più grande riserva del materiale principale di cui le corazze di qualsiasi guerriero divino sono composte! Mi verrebbe da ridere, se fossi un folle Dio gaudente come era Dioniso! Ma sono Nettuno, o Poseidone come mi chiamavano i greci, quando invocavano la mia benedizione prima di ogni lungo viaggio per mare, quando chiedevano clemenza alle acque, per garantire una navigazione serena! Sono Nettuno sì, e sono uno stolto!"

"Co… come, mio Signore?!" –Balbettò Titis, fermandosi all’improvviso. Ma il Nume neppure se ne accorse, avanzando ancora di qualche passo fino a portarsi al centro esatto dell’isola, laddove un tempo confluivano le quattro strade principali che conducevano ai porti di Atlantide.

"Eppure Elmas me lo disse! Elmas lo aveva predetto… quel che sarebbe successo… scatenando quella guerra. Del resto, a cos’altro mai potrebbe portare un conflitto armato se non alla fame, alla miseria, alla distruzione e alla fine di tutto?"

"A sentirti parlare adesso non sembrerebbe proprio di udire il possente Nettuno Ennosigaeum, colui che si faceva borioso vanto del titolo di Imperatore dei Mari! Colui che per brama di possesso s’arrischiò a muover guerra ad Atena, scatenando la prima Guerra Sacra e decretando la fine del suo stesso regno!" –Parlò una voce all’improvviso, facendo avvampare il Nume.

"Chi osa?!" –Esclamò, scandagliando con il cosmo ogni angolo dell’isola, mentre Titis si guardava attorno sospettosa, pronta a schierarsi a difesa del suo Dio.

"Ah ah ah! Oso ben altro, se è per questo! Del resto, è ben noto che quel titolo non ti spetti, quell’onorificenza di cui mai sei stato degno! A differenza di chi, invece, negli oceani a lungo ha dimorato, traendone forza e fiducia! Senza tradirla mai!"

"Rivelati!!!" –Sibilò sdegnato Nettuno, mentre nella sua mano compariva il tridente di scaglie d’oro. Lo roteò per un istante sopra la testa, in uno sfarfallio di luci, prima di puntarlo verso i resti di un’antica costruzione, liberando un raggio di energia e distruggendo gli stessi ruderi.

"Vedo che non tutta l’eredità del tuo consigliere è andata perduta! Qualcosa di lui almeno hai salvato, se non i suoi insegnamenti, né la sua vita!" –Precisò pungente la voce sconosciuta, che adesso a Nettuno e a Titis parve più vicina, permettendo a entrambi di distinguerne le sfumature. Era la voce di un uomo adulto, dalla tonalità profonda come il mare. –"Ben misero ricordo rispetto al valore di quell’uomo che hai condannato a morte! Uno dei tanti che da te hanno avuto il benservito!" –E, dopo quest’ultima frase, un lampo di energia bluastra esplose a pochi passi di distanza dal fratello di Zeus, accecandolo per un istante, per poi rivelargli la sagoma di colui che l’aveva fino ad allora provocato.

Un uomo corpulento, rivestito da un’armatura di chiara fattura divina, sebbene molto più complessa e arzigogolata rispetto alle vesti degli Olimpi. Sullo schienale erano affisse delle ali, ma Titis, osservandole meglio, notò che non erano propriamente ali, non quelle di un uccello quantomeno. Somigliavano più a delle enormi pinne, tipiche di qualche animale sottomarino. Sulla testa indossava un elmo a forma di corona, fissato sotto il mento da un nastro metallico che si intravedeva a malapena sotto quella moltitudine di capelli blu che gli ricadevano ribelli su ogni lato del cranio, senza che questi si curasse troppo di esserne infastidito. In mano infine reggeva un’asta, all’apparenza anonima e priva di segni di riconoscimento, non fosse stato per l’impugnatura a forma di conchiglia intagliata.

Fu quel particolare, molto più dell’aspetto trasandato, a far sobbalzare Nettuno, che infine comprese chi aveva di fronte. E, nel capirlo, tremò.

"Non… è possibile! Non puoi essere tu!!! Non puoi essere vivo!!!" –Rantolò il Nume, cercando comunque di mantenere un certo contegno e un tono di voce fermo, sebbene fosse assodato che il suo avversario avesse notato il suo smarrimento.

Ed avversario è il termine adatto per indicarlo. Si disse, ricordando le antiche contese per il dominio dei mari, meno conosciute di quelle per la terraferma ma ugualmente sofferte.

La guerra dei tre re. Così la chiamarono un tempo, quando il mondo era giovane e gli Dei delle prime generazioni cosmiche non avevano ancora smesso di respirare.

E adesso uno dei tre è qui di fronte a me! Vivo e vegeto! Realizzò, prima di sbuffare scocciato per quell’intrusione e muovere un passo avanti, ponendosi al qual tempo di fronte a Titis, che di certo non aveva compreso il pericolo che correva.

"Sono sorpreso di vederti, Forco!" –Esclamò infine, strappando un ghigno perfido al nuovo arrivato.

"Ne sono sicuro! Da quanto non ci vediamo, Nettuno? Ho perso il corso dei secoli, o forse dovrei dire dei millenni? Non che abbia importanza, in fondo anche tu hai ben poco vissuto! Ben poco hai sfruttato l’enorme tesoro di cui sei rimasto troppo a lungo unico ozioso guardiano!"

"Che vuoi dire? Di cosa stai parlando?"

"Del mare, di cos’altro? Quale altro tesoro dovremmo aver caro noi che dalle acque traiamo forza e vigore, essendone i protettori ma anche le manifestazioni più pure? So che non comprendi i miei sentimenti, Nettuno, non li hai mai compresi, per questo non sei degno del titolo di cui ti sei arrogato! Imperatore dei Mari!!! Puah! Un lurido reuccio di un regno melmoso che le flatulenze di cinque ragazzini hanno abbattuto!!! E osi ancora definirti un Dio? Tu che per primo hai tradito gli ideali di grandezza e maestosità di cui i mari sono portatori?!"

"Come osi parlarmi in questo modo, Dio dimenticato?!"

"Dimenticato?! Forse è così. Immagino che gli uomini abbiano fatto presto a rimpiazzarmi con qualche nuova idolatria, del resto io, a differenza tua, non ho mai avuto interesse nell’ingraziarmeli! Non ho mai cercato la loro approvazione! Ciò che interessava a me, e agli altri Dei primordiali, era il mantenimento dell’integrità dell’enorme mondo sottomarino ove le nostre esistenze erano immerse, quel mondo di cui ben poco te n’è calato, vedendovi solo un terreno di conquista e di lotta!"

"Non è vero! Io amavo la mia terra, la mia magnifica Atlantide! E amavo il mio popolo, che a lungo vi ha dimorato, prosperando in ricchezza e felicità! Non solo i Generali, i miei guerrieri, ma anche la gente comune, i mercanti, i pescatori…"

"Sciocchezze!!! Vedi? Continui a non capire! C’è un abisso tra di noi, che neppure tutti gli oceani del pianeta potrebbero colmare! Tu parli di terra, di ricchezza, di genti umane… io parlo del mare, della vita che risplende sul fondale silente, dell’energia che fluisce in eterne correnti! Ponto e Oceano, come me, lo avevano compreso, che nel mare vi è un potenziale infinito, e a lungo abbiam lottato per la supremazia, per dirimere chi fosse degno di sedere sul trono degli oceani! Uno dopo l’altro, però, cademmo nell’oblio: il primo, sconfitto, come Gea e Urano, dalla Megas Drepanon del giovane Crono, e il secondo, ucciso poi da Zeus, al termine della Titanomachia, come ringraziamento personale per non aver preso parte alla guerra. E non dirmi che non perorasti tale richiesta? È in fondo quel che faceste all’epoca, no? Spartirvi il mondo noto! A te gli oceani, a Zeus i cieli, al tenebroso Ade l’Oltretomba. Ma a nessuno di voi, Deucci della terza generazione, è mai importato dei regni che vi siete assegnati! Nessuno di voi ne ha mai percepito le primordiali energie che vi risiedevano! Solo di farvi la guerra vi è importato! Ma adesso le cose cambieranno, e cambieranno proprio qua, ad Atlantide, simbolo della tua immensa e immonda follia, Nettuno! Trema, Dio che mai sei stato degno di essere tale, perché tra poco perderai tutto!"

"Le tue parole sono oscure, Forco, e intrise di follia!" –Tuonò il Nume Olimpico, impugnando saldamente il tridente.

"Le renderò più chiare, se lo desideri! Gli Dei antichi stanno tornando, e il fatto che io sia qua ne è una dimostrazione! Non ne sei convinto? Lascia allora che te ne dia prova! Lascia che ti dia un assaggio del potere di Forco, Signore e Padrone degli Oceani!" –E, nel dir questo, rivelò per la prima volta il proprio cosmo, vasto e possente, simile a mareggiata che tutto travolge. –"Kata Thalassa!!!"

Una poderosa ondata sorse dal suolo stesso, distruggendolo e scaraventando in alto Nettuno e il Cavaliere Sirena, che il Dio fu svelto a riparare con il proprio corpo, permettendole di sopravvivere a quell’incredibile pressione. Persino lui, se fosse stato un uomo comune, sarebbe morto, il corpo tranciato da quell’onda titanica. Si schiantarono molti metri addietro, contro le mura di un antico tempio, sprofondando tra le rovine e l’erba marina, di fronte allo sguardo soddisfatto dell’ancestrale Divinità.

"Co… come hai fatto?!" –Rantolò Nettuno, rimettendosi prontamente in piedi. –"Un potere simile… degno di un Dio del tuo livello, sicuramente… Ma come hai potuto recuperarlo? E come sei riuscito a tenerlo nascosto agli occhi di Zeus? Non riesco a credere che mio fratello non fosse a conoscenza della tua rinascita!"

"Ooh, il grande Zeus Tonante a ben altre faccende ha dedicato gli ultimi decenni della sua lunga e inutile esistenza! Tu non l’hai visto, nei suoi momenti migliori, ma la sua massima fatica consisteva nel sollevare il bicchiere di ambrosia che il prode Ganimede o qualche driade dal corposo seno gli aveva appena riempito! Un novello Dioniso, così avrebbero potuto definirlo!"

"Pur tuttavia avrebbe dovuto percepire il sollevarsi di una simile maestosa energia, così sconfinata e così… profonda!"

"Questo è infatti il mio cosmo, il cosmo di Forco, primordiale dominatore dei Mari, nato da Gea e Ponto! Io sono la Prima Onda, Nettuno! Io sono l’antico che avanza, e tu, che ti sei dimostrato indegno, non potrai sconfiggermi, da solo!"

"Il mio Signore non è solo!" –Esclamò allora l’acuta voce di Titis, affiancando prontamente il Dio, avvolta nel suo iridescente cosmo, e strappando una franca risata a Forco.

"Ti fai difendere dalle donne, Nettuno? Non sei in grado di brandire da solo il tuo tridente?! Ah ah ah! Ma non temere, ardimentosa donzella, ho anch’io qualcuno da farti affrontare!" –E, nel dir questo, il Dio antico batté le mani, mentre da dietro un muro poco distante usciva l’alta sagoma di un guerriero dai capelli arancioni.

Sulle prime Nettuno non lo riconobbe, ma poi ne osservò la danneggiata corazza azzurrognola, e il simbolo che l’aveva ispirata, il possente vortice che terrorizzava i naviganti nei mari del nord, e comprese, fulminandolo con uno sguardo terribile.

"Tu!!! Traditore!!!" –Ringhiò, puntandogli contro il tridente e liberando una guizzante scarica di energia, che il guerriero riuscì a malapena ad evitare, scansandosi con agilità, nonostante la sua stazza robusta. –"Come osi presentarti al mio cospetto? Hai una bella faccia tosta a camminare sull’isola che hai lasciato sprofondare!"

"Se vi è un colpevole da incriminare per la vostra disfatta, quello siete voi, Re Nettuno! Elmas ve lo disse, di non attaccare Atena, di non portare in guerra il vostro popolo! Ma voi, accecato dalla brama di potere, dal desiderio di possedere l’Attica, le muoveste guerra, esponendo tutti noi alla sua rivalsa! Ricordate le frasi del vostro consigliere? "Lasciate che le acque riposino nei mari, non sulla Terra!" Questo amava ripetere alle vostre orecchie sorde!"

"Sordo e anche cieco son stato, se non son stato in grado di capire il tuo tradimento! Tu informasti la figlia di Zeus dei miei piani, donandole la chiave per vincere i miei Generali! Tu le rivelasti il segreto delle armature, favorendo l’alleanza tra Atena e gli alchimisti di Mu!"

"Non prendertela con lui! Già all’epoca eseguiva i miei ordini!" –Intervenne allora Forco, godendosi il volto arrossato dalla rabbia dell’antico rivale. –"Come adesso, anche allora attendevo nell’ombra, sperando in una tua distruzione! E quale modo migliore per ottenerla se non lasciare che altri fossero a occuparsene?"

"Maledetto! Entrambi siete dei maledetti!" –Ringhiò Nettuno, di fronte alle risate soddisfatte di Forco e Cariddi. Li aveva odiati a lungo, soprattutto il secondo, uno dei più promettenti tra i giovani generali di cui all’epoca si era circondato. Aveva persino pensato di affidargli il comando dell’esercito, il posto che in seguito fu di Dragone del Mare, ma scoperto il tradimento lo scomunicò, rifiutando di usarne il simbolo tra le corazze di scaglie e scegliendo quella di Scilla, al posto di Cariddi.

"La verità, Nettuno, è che io ho sempre saputo da che parte stare!" –Chiarì quest’ultimo. –"Dalla parte del più forte, com’è ovvio. Certo non dalla parte di un Dio della terza generazione cosmica, così infingardo e pauroso da non arrischiarsi mai ad usare il suo vero corpo in battaglia, dovendo ricorrere ogni volta a un simulacro terrestre. Quale stima dovrei avere di un così miserabile Signore del Mare? Imperatore delle Pozzanghere, questo dovrebbe essere il tuo titolo! Ah ah ah!"

Irato, Nettuno scatenò una violenta scarica di energia, ma questa non raggiunse Cariddi, riparato dietro un muro di energia azzurra, una barriera d’acqua che Forco aveva sollevato attorno a loro.

"Trattieni la tua ira, Nettuno! Avrai presto occasione di combattere, sebbene non sarà scontro a te favorevole!" –Precisò l’antico Dio, con voce vellutata. –"Pur tuttavia, per rispetto al tuo rango e al tuo ruolo di Signore dei Mari, ti faccio una proposta! Ti offro la possibilità di aver salva la vita e quella della damigella che ti fa da scorta! Unisciti a me!"

"Co… cosa?!" –Balbettò il fratello di Zeus, e persino Cariddi sollevò un sopracciglio, stupito da quella richiesta.

"Le potenze del mare dovrebbero stare tutte assieme! Non ha senso farci la guerra tra di noi, l’ho imparato in secoli di conflitti con mio padre e Oceano, Titano delle Correnti! A che giova sprecare così le nostre forze? Dovremmo unirle sotto un’unica bandiera, sotto l’effigie del trono del mare! Questo, quantomeno, è ciò che sto facendo io, radunando tutti i guerrieri e le Divinità degli oceani. Di tutti gli oceani. In fondo, come tutti gli Dei non sono che un solo Dio, ugualmente i mari di tutta la Terra non sono che un unico mare. Panthalassa. Un termine caduto in disuso, ma che presto tornerà attuale."

"Cosa vuoi dire, Forco? Cosa stai per fare?!" –Esclamò Nettuno, e Titis al suo fianco rabbrividì, temendo una nuova inondazione del pianeta.

"Prepararmi al domani. Quando questa guerra sarà finita, la Terra sarà ridotta ad un cumulo di macerie; ville, palazzi e alte costruzioni saranno spianate e stessa sorte subiranno i colli e le montagne, anche le più eminenti. I campi saranno resi sterili e i pochi uomini superstiti si massacreranno tra loro per un po’ di cibo. Solo nel mare ci sarà la vita, quella vita maltrattata da troppo tempo. Quella vita che io farò pagare, a peso d’oro, a chi la vorrà! Per questo mi sto armando, Nettuno! Allora, dimmi, da che parte preferisci stare? Tra coloro che moriranno o tra i pochi eletti che sopravvivranno?"

"La tua offerta è allettante, Forco, e poggia su ben logiche basi. Io stesso, neppure due anni addietro, tentai di ricoprire la Terra sotto profondi strati di acque, per punire il degrado e la depravazione del genere umano!"

"L’unico momento di te che molto ammirai!" –Ironizzò l’ancestrale Divinità.

"Ma i tempi sono cambiati, io sono cambiato! L’hai detto tu stesso, l’ultima guerra è arrivata e ognuno deve scegliere dove stare! Mio fratello Zeus ha avuto fiducia in me, mi ha risvegliato e mi ha donato il suo Ichor, per riaccendere l’assopita fiamma della vita. Non lo tradirò, violando i sacri vincoli di famiglia! No, io Nettuno combatterò per mantenere l’equilibrio sulla Terra!" –Esclamò fiero l’Olimpico Dio, avvampando nel proprio cosmo cristallino, di fronte agli occhi pieni di ammirazione di Titis, che quelle parole avrebbe voluto udire.

"Dunque hai scelto! Morte!" –Commentò Forco, puntando il bastone avanti e abbattendo Nettuno con una scarica di potenza. –"E morte sia!"

"Mio Signore!!!" –Gridò prontamente Titis, correndo in suo aiuto, ma venendo atterrata all’istante da Cariddi, balzato su di lei con un veloce calcio rotante.

"Occupati della sirena! La voglio fuori da quest’isola in pochi minuti! Ma prima…" –Aggiunse, osservando perfido Nettuno che si rialzava. –"Divertiti con lei! Voglio che l’usurpatore veda la sorte in cui incorrono coloro che a lui sono fedeli! Come Elmas, così Titis! Voglio che assista impotente anche alla sua morte!"

"Sei un bastardo!!!" –Urlò il fratello di Zeus, scattando verso Forco, che fece altrettanto, mulinando la lunga asta argentea.

"E tu sei stato deposto, fittizio sovrano di un regno che non esiste più!" –Commentò quest’ultimo, fermando l’avanzata di Nettuno e spingendolo indietro con una scarica energetica, prima di conficcare il bastone nel suolo, imprimendovi tutto il suo cosmo. –"Questo è il potere degli Dei ancestrali, l’essenza del cosmo che ricevetti in eredità da mio padre! La Eskatos Dunamis!!!" –Avvampò Forco, mentre enormi crepe iniziarono ad aprirsi lungo l’intera zolla di terra che un tempo era stata Atlantide. –"Mira, oh usurpatore, la fine di un sogno in cui troppo a lungo ti sei cullato! Il continente perduto scomparirà di nuovo! E tu non potrai fare niente per impedirlo!"

"Ti sbagli! Io posso combattere!" –Dichiarò Nettuno, con decisione. –"Io combatterò!"

***

Flare teneva Cristal per mano, stringendosi a lui per avere conforto. Sedeva sul trono che era stato di sua sorella fino a pochi giorni prima, vicino al grande braciere che Enji continuamente si premurava di mantenere in vita. Un tempo, forse quando era bambina, gli aveva sentito dire che la fiamma di quel braciere doveva essere sempre tenuta accesa, perché, qualora si fosse spenta, Asgard sarebbe caduta. E Flare di Polaris temeva che ciò sarebbe accaduto durante il suo, non desiderato, regno.

Percependone la tensione, Cristal le si avvicinò, sfiorandole la guancia con una mano e sorridendole, prima di voltarsi di nuovo verso l’uomo che, in rispettoso silenzio, attendeva al centro del Salone del Fuoco.

"Vi sono ruoli che a volte siamo chiamati a vestire, per quanto ben defilati preferiremmo invece rimanere" – Commentò il Principe Alexer, splendido come sempre nella sua corazza azzurra, dai riflessi di acquamarina. –"Anch’io, come voi, Celebrante di Odino, aborro la guerra, preferirei trascorrere le giornate sull’ampio verone del mio castello, ad osservare il sole sorgere e calare sulla Valle di Cristallo, e i mille giochi di luce da ciò generati. Pur tuttavia, se lo facessi, dovrei accettare anche la non remota ipotesi che quello potrebbe essere l’ultimo giorno in cui rimirerei la mia adorata valle. Che forse domani potrei non vederla più. E quel pensiero è sufficiente a spingermi a non rimanere inerte, ad agire!"

"Mio fratello parla proprio bene! Ha preso da me, questo è certo!" –Esclamò allora una quarta voce, sorprendendo i presenti, anticipando il palesarsi di un cosmo fiammeggiante.

Le lingue di fuoco del braciere presero a danzare, turbinando in un mulinello scarlatto che avvolse l’intero salone, prima di concentrarsi attorno ad una sagoma apparsa in mezzo ad esse. Alla vista di un’armatura sconosciuta, e di una così poderosa esplosione di energia, Cristal si mise prontamente di fronte a Flare, gettando via il mantello di pelliccia e rivelando la sua Armatura Divina.

"Non temere, Cigno! La fiamma di Andrei non ti arrecherà dolore!" –Spiegò Alexer, mentre il compagno usciva dal vortice di fuoco, disperdendolo con un leggero cenno della mano e permettendo infine al Cavaliere di Atena di osservarlo meglio.

Alto e robusto, con il volto fiero e battagliero, un filo di barba incolta e lo sguardo determinato di chi mai si guarda indietro, il nuovo arrivato indossava una corazza della stessa fattura di quella del Principe Alexer, dalle forme aerodinamiche e dagli sgargianti colori rossastri. Pareva, a vederla, che fosse composta da fiamme vive, tanto i riflessi potevano muoversi a seconda del variare del punto di osservazione.

"Lode a te, Celebrante di Odino! Il mio nome è Andrei, Signore del Fuoco, e sebbene non ci fossimo mai incontrati finora, conosco bene il tuo cuore, così come le gesta impavide dell’eroe che ti affianca!" –Esclamò l’uomo, inginocchiandosi e portandosi una mano sul cuore. –"Perdonate quest’intrusione ma, avendo sentito che mio fratello non era al castello, ho pensato fosse il luogo più opportuno dove cercarlo!"

"Tuo fratello?!" –Balbettò Cristal, che, per quanto rilassatosi, era rimasto sbalordito dall’apprendere che, oltre ad Alexer, vi era un altro cosmo così potente, sfolgorante come quello di un Dio.

Un cosmo così simile a quello di Avalon. Rifletté, ricordando l’apparizione del Signore dell’Isola Sacra nell’ultima battaglia contro Flegias.

"In un certo senso..." –Si limitò a sorridere Alexer, poggiando una mano sulla spalla di Andrei. –"In fondo lo scopo per cui siamo nati è lo stesso." –Ma poi, osservandolo meglio, notò un taglio sulla guancia destra e qualche scheggiatura sulla sua perfetta corazza, e il suo sorriso scomparve.

"Incidenti di percorso." –Parlò allora Andrei, anticipando la domanda del Principe. –"A te la diplomazia, a me la guerra. Non è così che funziona?"

"Cos’è successo, Andrei?"

"Ho deciso di anticipare i tempi. In questi anni in cui hai osservato beato la tua bella valle e Avalon si è nascosto nelle nebbie, io ho girato il mondo, strisciando in silenzio lungo le ley lines."

"Le linee di energia che percorrono la Terra?!" –Esclamò Alexer, ricevendo un cenno d’assenso da parte del Signore del Fuoco.

"Ero sicuro che, se fossero rinati, sarebbero apparsi in un punto percorso da correnti di energia naturale, in modo da sfruttarle per recuperare in fretta le forze. Così è stato, infatti. Sono riuscito a far fuori una ventina di loro, in questi giorni. Limos, meglio noto come Fame, e altri figli di Discordia, i Neikea, gli spiriti della lite e del bisticcio, e gli Pseudologoi, Divinità delle bugie. Sono gli unici che sono riuscito a trovare. Per fortuna, attaccandoli subito, quando erano in forma embrionale, ho potuto distruggerli prima che disponessero di tutto il loro pieno potere e che potessero correre aiuto dei loro numerosi fratelli."

"Ottimo, Andrei. Davvero ottimo! Strategia e potenza d’attacco non ti sono mai mancati." –Annuì Alexer, prima di voltarsi infine verso Cristal, che fissava entrambi con sguardo attonito, non avendo capito alcunché della loro conversazione.

"Ti spiegherò a breve, e tu dovrai riferirlo ad Atena. Il frutto è maturo, Cristal, e presto cadrà dall’albero del tempo. L’ultima guerra si avvicina, anzi, possiamo dire che con l’attacco alla luna sia ufficialmente iniziata."

"Quale guerra?" –Chiese il Cavaliere del Cigno.

"Quella per il futuro del pianeta e di tutti i suoi abitanti. Vivere o morire. E forse la seconda opzione non è poi così lontana dal vero."

"Che mi dici del tuo giro attorno al mondo? Di sottili arti diplomatiche sei ancora maestro?" –Incalzò Andrei.

"Ovviamente. In guerra si va preparati. E con tutti i rinforzi possibili." –Commentò il Principe Alexer, spiegando di aver armato tutti i suoi guerrieri nella Valle di Cristallo e di aver invitato gli altri regni divini a fare altrettanto. –"Da Themiskyra sono sceso in India, nella valle del Gange, e poi in Oceania, incontrando ovunque opinione favorevole al nostro progetto di unificazione militare. Del resto la minaccia che siamo chiamati a fronteggiare è, a dir poco, globale."

"Anche i guerrieri inca faranno la loro parte. Di questo puoi star sicuro!" –Disse fiero Andrei, mettendosi una mano sul cuore. –"Il culto di Inti è ancora radicato e nessuno ha dimenticato… quel che accadde vent’anni fa."

"In questo caso, credo sia opportuno smetterla di nascondersi e aprirsi al mondo, seppur così diverso da quello in cui a lungo abbiamo vissuto!" –Esclamò allora una morbida voce maschile, mentre tre figure, avvolte dalla luce, entravano nel Salone del Fuoco, camminando a passo lento verso il trono.

Cristal, che nella vera Asgard, aveva trascorso un po’ di tempo, imparando a conoscerne gli abitanti, rimase stupito nel ritrovarseli di fronte, avendo dato per scontato che fossero caduti durante il Ragnarök.

"Mio Signore!" –Flare subito si affaccendò per mettersi in ginocchio e rendere omaggio al nuovo arrivato.

"Lasciate stare, Regina di Midgard. Non è tempo di inchini e abbracci. E tu, giovane Cigno, non essere adirato con la tua amata, le ho chiesto io di mantenere il segreto sulla nostra presenza qua. Lo smottamento spaziotemporale ci ha stordito, più di quanto avessimo creduto, e volevamo essere al sicuro per riprendere le nostre forze." –Parlò il Dio di Asgard.

"L’ospitalità del Recinto di Mezzo è davvero squisita!" –Commentò una donna dal viso magro, a fianco dell’Ase.

"Se questa guerra che incombe è davvero l’ultima, allora credo che varrà la pena combatterla insieme. Per rendere onore a coloro che non ci sono più. Coloro che ci sono stati portati via. Qualunque alleanza stiate tentando di mettere insieme, sappiate che anche Asgard si unirà a voi!" –Disse allora Vidharr, l’Ase Silente.