CAPITOLO VENTICINQUESIMO: QUINTO INTERLUDIO.

ARCOBALENO.

 

Estratto dalle Cronache di Avalon.

Sedici anni prima del secondo avvento.

C’era guerra quel giorno ad Atene.

Le Panatenee erano state interrotte da un attacco improvviso, condotto da guerrieri dalle armature egizie. La folla si era dispersa, urlando e gemendo, invocando la protezione della Dea Guerriera su tutti loro. Qualcuno era stato ascoltato, altri erano caduti implorando pietà. Pochi infine avevano combattuto.

Matthew li aveva visti cadere, molti compagni di addestramento, ragazzi come lui che non avevano ancora raggiunto i dieci anni. Li aveva visti morire davanti ai suoi occhi, trafitti da spade in grado di scagliare raggi di energia, divorati dagli artigli di una donna dalla corazza a forma di Sfinge, prima che iniziasse la riscossa dei difensori del Santuario di Atena. Aveva visto il fumo levarsi da più parti quel giorno, i cosmi dei Cavalieri d’Argento accendersi e rischiarare il cielo, mentre i Custodi Dorati tentavano di impedire l’avanzata nemica attraverso le Dodici Case, per proteggere l’Oracolo della Dea. Aveva sentito questo e molto altro, nascosto nelle cavità sotto le gradinate dell’arena, in un luogo scoperto per caso assieme ad alcuni amici anni addietro, mentre cercavano un nascondiglio per evitare l’addestramento. Adesso di quegli amici non era rimasto niente, uccisi da quella guerra improvvisa per cui non erano preparati. Neanche lui lo era, del resto il suo maestro lo diceva sempre, criticando la mancanza di concentrazione e l’indolenza che gli impedivano di progredire, nonostante ne avesse le capacità.

Avrebbe voluto averne, quel giorno, di capacità, così forse avrebbe smesso di udire le grida del popolo impaurito, delle donne che supplicavano pietà, dei giovani che morivano sotto edifici in fiamme. Mai avrebbe pensato che il Grande Tempio potesse essere invaso, mai avrebbe pensato che l’Oracolo non avesse potuto prevederlo.

Già, il Sacerdote. Forse era troppo vecchio per decifrare i segni portati dal vento. Forse era troppo sordo per ascoltare la Dea. Presto avrebbe abdicato, lo dicevano in molti al mercato. E in molti indicavano nel suo mentore un possibile successore.

Il suo maestro. L’uomo che aveva tentato di sollevarlo dalla polvere di quotidiana tristezza e farne un Cavaliere. O quantomeno un apprendista. A volte non si sentiva degno neppure di quel misero titolo. Non si sentiva degno di niente, in realtà, solo di starsene nascosto mentre il resto del mondo crollava attorno a lui.

Rimase nel suo nascondiglio per ore, fin quasi al tramonto, e vi sarebbe rimasto ancora non fosse stato per un richiamo improvviso, una voce che aveva iniziato a risuonargli nella mente. Un unico suono che sembrava invocare il suo aiuto.

Si riscosse, alzandosi e guardandosi intorno, finché non percepì da dove provenisse quel silenzioso richiamo che nessun’altro poteva udire. Dal luogo più protetto del Grande Tempio, dove certo non sarebbe potuto arrivare tramite il percorso ufficiale. Non solo perché la scalinata delle Dodici Case era macchiata dal sangue di una guerra in corso, ma perché difficilmente i Cavalieri d’Oro avrebbero consentito a uno sconosciuto di raggiungere la Sala del Grande Sacerdote in quel preciso momento.

Così Matthew dovette arrangiarsi.

Il suo maestro, una volta, lo aveva portato ad allenarsi nelle valli rocciose alle spalle della Collina della Divinità e da là sotto aveva ammirato il retro della Statua di Atena baciata dal sole, l’enorme scultura eretta sulla terrazza della Tredicesima Casa. Proprio dove Matthew voleva arrivare, e proprio dove arrivò, dopo ore di dura e massacrante scalata. A mani nude, cadendo e ferendosi più volte, si inerpicò lungo la parete di roccia, aprendosi una personale strada verso la residenza dell’Oracolo, con cui sentiva il bisogno di parlare, per confidargli i suoi sentori, i turbamenti del suo animo. Turbamenti che riguardavano il suo maestro. Il valoroso Cavaliere di Gemini.

Anche se non gli aveva detto alcunché, Matthew aveva notato che l’uomo era cambiato negli ultimi giorni, da quando aveva ricevuto quella visita inaspettata, che a tutti aveva tenuto nascosta. Persino al prode Cavaliere di Sagitter, con cui molto era in amicizia. Matthew li aveva scoperti per caso, mentre rientrava da un giorno di allenamenti, e li aveva seguiti, osservandoli parlare nel tramonto di Atene, litigare e infine picchiarsi. Aveva trattenuto il fiato, scoprendo che l’altro uomo con cui il maestro si incontrava di nascosto era suo fratello, e che adesso era stato imprigionato a Capo Sounion per aver cospirato contro la Dea. Matthew c’era persino stato, alla prigione del mare, che molti ritenevano in disuso da tempo, e l’aveva visto, il fratello del Cavaliere di Gemini, origine dei turbamenti del suo maestro.

Di questo avrebbe voluto parlare al Sacerdote, quando fosse giunto alla Tredicesima Casa. Ma non vi trovò nessuno, solo una scia di sangue che macchiava il marmo di fronte alla Statua di Atena. Ancora abbastanza fresco.

Spaventato, Matthew si nascose tra i tendaggi del tempio, cercando di capire cosa stesse accadendo, dove fosse il Sacerdote e perché quel richiamo fosse giunto proprio da lì. Rimase nascosto per ore, finché non calò la notte e un rumore improvviso lo distrasse. Un uomo era apparso sulla terrazza della Tredicesima Casa, un uomo che pareva mescolarsi alle tenebre stesse. In silenzio si tolse l’armatura d’oro, pulendola dal sangue, e si immerse nella vasca nella Sala della Purificazione, lasciando alle fresche acque di Grecia il compito di lavar via i suoi peccati.

Con orrore, Matthew riconobbe il corpo del suo maestro, i lunghi capelli, un tempo azzurri, tinti di un grigio che andava facendosi sempre più scuro, e un giorno sarebbe divenuto nero. Deglutendo a fatica, il ragazzo comprese che dell’uomo dal cuore nobile che lo aveva addestrato non era rimasto niente, vinto da tenebre così profonde che neppure la luce del sole avrebbe potuto rischiarare. Avrebbe voluto parlarne con qualcuno, ma in fondo lui non era nessuno e nessuno lo avrebbe ascoltato. L’Oracolo era morto, i Cavalieri d’Oro lo avrebbero deriso, forse solo Micene lo avrebbe capito, ma il Sagittario era lontano, a combattere in Egitto, ed egli era rimasto solo.

Rientrò ai suoi alloggi, trovandoli devastati, come buona parte degli edifici dei soldati, la mensa e anche l’infermeria. Per quella notte dovette accontentarsi di dormire all’aria aperta, sotto una coperta che una vecchia gli donò, ma non vide stelle nel cielo lontano. Solo un’ombra immensa ricoprire tutta la sua vita.

Giorni dopo lo raggiunse la notizia del tradimento di Micene, e del suo tentativo di assassinare l’infante Atena. Tutti al Santuario ne furono sconvolti ma solo lui capì che la lunga mano di Gemini aveva mietuto un’altra vittima e che l’ombra ormai dimorava ad Atene. Per tal motivo, quella notte prese la decisione di andarsene, con i suoi pochi averi e un fagotto di stracci, imbarcandosi su una nave in partenza per l’Africa. Di mozzi, in fondo, i mercantili avevano sempre bisogno.

Rimase in mare per dieci anni, guadagnandosi da vivere come poté, girando attorno all’Africa e a volte spingendosi fino in Australia, rendendosi conto che c’era tutto un mondo fuori da Atene, un mondo che, continuando a restare al Grande Tempio, non avrebbe mai potuto conoscere. A volte pensava ai suoi compagni d’addestramento, alla battaglia di quel giorno d’estate, alla sorte del suo maestro, ma poi finiva per scuotere la testa, convinto che fossero eventi troppo grandi per lui, al di là della sua portata.

Tornò ad Atene a vent’anni compiuti, sistemandosi nel villaggio di Rodorio assieme ad alcuni marinai stanchi di vivere in mare. Per un po’ camparono lavorando come pescatori o scaricatori di porto, ma poi molti si stufarono di stare a terra e, spinti dal richiamo del mare, tornarono a cercare lavoro sulle navi in partenza. Ma non Matthew, che anche di quella vita vagabonda si era stufato.

Fu proprio al porto, mentre scaricava casse, che la vide per la prima volta.

Sembrava fuori luogo, quella delicata figura dai morbidi capelli rossicci, intenta a guardarsi attorno con fervido interesse, come se rare volte avesse visto delle navi. Indossava una maschera che le copriva il volto, ma Matthew capì comunque che lo stava fissando, così le sorrise, accennando un saluto e costringendola a voltarsi dall’altra parte, imbarazzata.

"Ci servono due casse di olive e anche del vino! Rosso per l’esattezza! In gran quantità!" –Esclamò la voce squillante di una donna dai capelli verdi, che stava concordando con il capitano della nave una consegna da effettuare nell’entroterra. E Matthew non ebbe difficoltà a capire dove esattamente.

Quella donna era una Sacerdotessa Guerriera e la ragazza che la accompagnava una sua apprendista. Intuizioni che, scoprì in seguito dalle parole della stessa esile fanciulla, si rivelarono fondate.

"Sei stato gentile a caricare tutte le casse sul carro!" –Gli disse. –"Avrei potuto occuparmene io, ma grazie lo stesso!"

"Dovere di cavaliere!" –Ironizzò il ragazzo, asciugandosi il sudore dal volto con la maglietta, senza perdersi lo sguardo vagamente interessato ai suoi addominali che l’apprendista sacerdotessa tentò di dissimulare.

Proprio in quel momento una bambina dai vispi occhi verdi gli passò vicino, stringendosi alla lunga veste di un vecchio che camminava a fatica, appoggiandosi a un bastone.

"Com’è bella Atene, nonnino! Mi ci porti ancora?" –Esclamò la piccola, raggiante.

"Certo, piccola Elena! Ci torneremo presto! Ma ora dobbiamo tornare sulla nostra isola, con tutti i rifornimenti!" –Le sorrise, prima di inciampare e cadere a terra.

Matthew corse subito ad aiutarlo, guidandolo alla propria barca e premurandosi che non fosse ferito. L’anziano lo ringraziò più volte, rivolgendogli parole benaugurali, prima di congedarlo con un sorriso stanco. Solo allora, tornando al molo, il giovane notò che l’apprendista sacerdotessa era scomparsa.

La rivide un anno dopo, nella stessa stagione, scoprendo che si chiamava Miha. Venne da sola, quella volta, essendo la sua maestra impegnata in una missione per conto del Sacerdote, e si permise di trattenersi un po’ di più, a parlare con quel ragazzo dai capelli biondi per cui aveva un’inspiegabile simpatia. Matthew le confessò che un tempo anch’egli aveva provato a divenire un Cavaliere.


"Sei un apprendista?!" –Mormorò a bassa voce, prima di dire al ragazzo di fare silenzio. –"Non sono informazioni che dovresti dare agli sconosciuti! Non sai che vige la legge marziale al Grande Tempio? Arles non ammette disertori!"

"Arles…" –Ripeté cupo Matthew, abbandonandosi a un sospiro. Ringraziò Miha per il consiglio e le rinnovò l’invito a tornare per un’ulteriore scorta. –"Magari in tempi migliori, tempi in cui un ragazzo e una ragazza possano parlare senza paura di essere uccisi per tradimento, defezione o altri assurdi pretesti!"

"Il rispetto dell’autorità costituita non è il tuo forte!" –Ironizzò Miha.

"Non quando non la riconosco!" –Si limitò a commentare Matthew prima di salutare la ragazza.

Tempi migliori arrivarono dopo pochi mesi, quando il giovane seppe che l’usurpatore era stato sconfitto e Atena, la vera Atena, esiliata anni addietro dal suo stesso Santuario, era tornata per riportare la pace.

"Arles è morto?!" –Rifletté quel giorno, quando tutti a Rodorio festeggiarono la fine della tirannia, preparandosi per partecipare alla grande adunata che la Dea avrebbe tenuto nell’arena del Grande Tempio.

Matthew non vi prese parte, incamminandosi da solo in un’area isolata e ben poco frequentata. Il cimitero ove riposavano i guerrieri che avevano combattuto per la giustizia e la libertà della Terra e che, dopo la prematura morte, non avevano ottenuto altro che una lapide malconcia in un campo d’erba brulla. Il ragazzo vagò tra le tombe per una buona mezz’ora, passando tra nomi che non aveva mai sentito, Ludwig, Serge, Gilles, Helga, Algerion, Edomon, Adamant, Tancredi, Tristano, Iulia, Ian, Serian, Lesia, Relta, Izo, Kaiser, Eurialo, Niso, Noesis, fino a giungere a tombe più recenti. Asterione, Betelgeuse, Cancer, Capricorn, Acquarius. E Gemini.

Di fronte alla tomba del suo maestro si inginocchiò. E pianse. Finalmente pianse.

"Perdonatemi! Sono stato indolente! Avrei potuto combattere e salvarvi, avrei dovuto farlo! Ma temevo che avrei fallito!" –Mormorò, sfiorando la fredda lapide di marmo. –"Spero che adesso abbiate potuto finalmente trovare pace!"

Quando rientrò a Rodorio, trovò Miha ad attenderlo. Sapeva cosa gli avrebbe detto, quanto avrebbe insistito affinché tornasse al Grande Tempio e riprendesse il suo addestramento. Quello, a sentir lei, era il suo destino, il suo futuro.

"Non rinunciare alla tua missione! Fallo anche per onorare l’uomo in cui credevi un tempo!"

Matthew annuì, abbracciando la ragazza e rientrando infine ad Atene, pronto per far parte del nuovo corso che la storia avrebbe preso adesso che la Dea era ricomparsa. Per quanto rasserenato dalla sua presenza, e dalla sua guida, il ragazzo sapeva, al pari di tutti i fedeli di Atena Polias, che la sua presenza significava una cosa soltanto.

L’oscurità era forte adesso, e una nuova guerra sarebbe presto scoppiata.

***

Estratto dalle Cronache di Avalon.

Un mese prima del secondo avvento.

Avalon osservava Matthew praticare un esercizio mentale con una mela, un esercizio molto semplice, in verità, che la maggior parte dei novizi imparava dopo pochi mesi di addestramento, e che consisteva nel far rotolare una mela sul loro corpo, dalla testa ai piedi, muovendola con la sola forza della mente. Rudimenti di telecinesi di cui anche un bambino disponeva.

Eppure per Matthew era impegnativo. E aveva già schiacciato due mele, sbattendole a terra per la frustrazione.

"La pazienza non rientra tra le sue virtù!" –Commentò un’anziana voce, affiancando il Signore dell’Isola Sacra sulla cima dell’alto colle.

"È un modo edulcorato per dire che non imparerà mai?" –Ironizzò Avalon, senza staccare gli occhi dal ragazzo che, molti metri più in basso, sedeva nel meleto provando ormai da ore senza riuscire.

"Tu perché vuoi che impari?"

"Per completarsi!" –Rispose Avalon. –"L’ombra si allunga su tutti noi, ogni giorno un po’ di più, e quando il varco si aprirà Matthew dovrà essere pronto! Tutti noi dovremo esserlo; non potremo funzionare al meglio se alcuni muscoli non saranno sufficientemente sviluppati! Un uomo non può camminare a lungo se ha un’unghia incarnita!"

"Credi che il ragazzo lo sia? Reis e gli altri sono molto più avanti di lui!"

"Matthew non è inferiore a nessuno, non in termini di addestramento! Sebbene discontinua e frammentaria, ha goduto di una preparazione che ha coperto ogni sfera del sapere di un uomo! Da Gemini ha appreso i fondamenti del cosmo e le tecniche base di uno scontro fisico, dalla vita in mare ha imparato a sopravvivere e il sudore del duro lavoro, dalle persone che ha incontrato ha conosciuto l’amore e il rispetto. Qui, ad Avalon, ha perfezionato tutto questo, canalizzando le sue energie per uno scopo superiore!"

"Che cosa gli manca, allora?!"

"La volontà di liberarsi dei fantasmi del passato!" –Commentò Avalon, fissando l’Antico negli occhi e ricevendo un cenno d’assenso con il capo.

"Vuoi ripetere il tuo vecchio trucco? Non ti stanchi mai di interpretarlo?"

"Per la verità, pensavo a qualcosa di diverso stavolta. A qualcuno di diverso, forse l’unica persona che possa dare a Matthew la giusta spinta, chiudendo così un percorso iniziato quasi vent’anni fa!"

***

Fu Avalon ad accompagnarlo sulla cima del Tor, percorrendo assieme il Sentiero del Pellegrino, che si snodava lento attorno alla collina per sette cerchi. Reis e Jonathan gli avevano detto che era un rito di iniziazione, e anche Marins, prima di partire per l’Asia con Febo, lo aveva pregato di stare tranquillo, conservando la mente lucida che un Cavaliere delle Stelle avrebbe sempre dovuto avere.

E forse era per quello che Matthew non si sentiva ancora parte del gruppo.

Per quanto lo avessero accolto con calore, con il trasporto riservato a un familiare ritrovato dopo molto tempo, e si fossero anche offerti di allenarsi assieme, l’ultimo allievo di Avalon non aveva ancora rotto quel velo di ghiaccio che lo separava dagli altri Cavalieri delle Stelle. Perché si sentiva diverso, e forse non all’altezza.

Giunti sulla cima del Tor, il Signore dell’Isola Sacra aprì il portone del campanile, ultimo resto di costruzioni religiose che si erano succedute, al pari dei culti praticati, nel corso dei secoli. Un gargoyle sembrò fissarlo incuriosito e Matthew ricambiò lo sguardo, chiedendosi, non per la prima volta, cosa ci facesse lì, con un piede sulla soglia dell’Altro Mondo, e perché il destino avesse scelto proprio lui, in cuor suo immeritevole di così tante attenzioni.

"Il destino non esiste." –Gli ricordò Avalon, richiudendo il portone alle sue spalle e lasciando il ragazzo da solo. Nell’ombra. Del presente e di tutta la sua vita. –"Sono solo le nostre azioni a determinare chi siamo. E tu, per il tuo buon cuore, sei stato scelto per indossare la Cintura dell’Arcobaleno, i cui colori tingeranno il mondo dei sentimenti che celi nell’animo. Questo era il proposito di Vasteras, e sono certo che sia anche il tuo."

"I miei propositi?!" –Rifletté Matthew, rimasto da solo.

"Sì, per quanto strano possa apparire, anche un rinunciatario come te ha dei progetti, delle ambizioni!" –Esclamò allora una voce, proveniente dalle tenebre attorno. –"Che poi tu non sia uomo abbastanza per lottare per essi è un altro discorso!"

"Ma… questa voce?!" –Mormorò il ragazzo, mentre una sagoma di luce prendeva forma davanti a lui. Un uomo dal volto maturo, segnato dal tempo e dal fato, con lunghi capelli grigi che ricadevano sull’armatura dorata che indossava. –"Maestro, siete voi?! Il Cavaliere di Gemini?!"

"Questo il ruolo che ebbi in una parte della mia vita!" –Chiosò il suo interlocutore. –"Parte che terminò quando venni sopraffatto dalla Pietra Nera, abbandonando questa corazza e indossando altri paramenti! Ma che te ne parlo a fare? Tu c’eri, tu sai quel che accadde! Osservasti impaurito, riparato dietro le tende della tua vita, il consumarsi dell’ombra nel mio animo, senza fare niente, come tuo solito. Senza intervenire. Mi lasciasti cadere, senza neppure allungare una mano!"

"Maestro io… avrei voluto salvarvi, avrei voluto fare qualcosa… ma cosa? Cosa avrei potuto fare di fronte a così tanta malvagità, io che ero solo un ragazzo?!"

"E cos’eravamo io e Micene quando scegliemmo? Non eravamo forse ragazzi quando andammo in Egitto per combattere l’ombra? E cos’era Pegasus, quando accettò di recarsi in Grecia, a subire massacranti allenamenti, lontano da sua sorella, pur di rivederla un giorno? E cos’era Phoenix quando scelse l’inferno della Regina Nera, sacrificandosi al posto del fratello? Non c’è bisogno di essere adulti, o Cavalieri, per essere eroi! Basta solo volerlo!"

"Io… perdonatemi…" –Abbassò lo sguardo Matthew, per nascondere le lacrime.

"No!" –Rispose secco il Cavaliere di Gemini, colpendolo in pieno volto con un pugno e sbattendolo a terra. Solo allora, rimettendosi in piedi, con la guancia rossa e dolorante, Matthew notò dove si trovavano, nell’arena del Grande Tempio, in uno dei tanti tramonti in cui erano soliti allenarsi. Lui indossava le vesti dei giorni dell’addestramento, misere protezioni rispetto alla fulgida corazza ottenuta in seguito, corazza che adesso giaceva in cima ad una colonna, al centro dell’arena, ripiegata sotto forma di cintura. –"Se la vuoi, se vuoi riprenderla, dovrai superarmi! Alzati, indolente, e completa almeno un percorso della tua vita!"

"Affrontare voi, maestro?!" –Balbettò per un attimo il ragazzo, non comprendendo come tutto quello fosse possibile. Se anche era un sogno, se anche era un’illusione, era così reale, così vivida, davanti ai suoi occhi e nel suo cuore. Come i pugni di cui Gemini lo riempì negli istanti successivi, come i lividi che gli apparvero sul viso, sul petto, sulle braccia. Come le ossa che gli cedettero, venendo schiacciato a terra da un ultimo violento affondo, sprofondando tra la polvere della sua esistenza.

"Non avrei potuto sperare in una vittoria più facile! Cosa può attendere del resto chi guerreggia contro un pupazzo? Perché tale devi considerarti, un fantoccio in balia del vento, la cui vita è sempre stata decisa dalle scelte degli altri, scelte a cui hai risposto in un unico modo. Fuggendo, cambiando strada, rinunciando. Ma adesso sei all’ultima curva, Matthew. O reagisci e mi sconfiggi, oppure morirai qua, senza armatura, senza amici e senza onore. È questo che vuoi?!"

Il ragazzo non rispose, schiacciato sotto il tacco della corazza di Gemini, ingoiando polvere e rimpianti. Qualunque cosa avesse detto non avrebbe cambiato la realtà dei fatti, ben riassunta dalle parole del suo maestro. Era vero, era sempre stato un rinunciatario, che aveva preferito le scorciatoie al vero e proprio scontro. Eppure… non voleva essere ricordato così. Adesso che aveva conosciuto la luce del mondo, che aveva scoperto la sua missione, non avrebbe avuto più scuse a giustificare la sua inazione.

"Io… combatto!!!" –Avvampò, rimettendosi in piedi e spingendo via il piede del Cavaliere d’Oro, obbligandolo a balzare indietro, proprio mentre Matthew espandeva il proprio cosmo, che vorticò attorno a lui come un arcobaleno lucente. –"Combatto per voi, maestro mio! Per tenere alto il vostro buon nome, che non deve essere legato agli infami gesti che avete compiuto nei tredici anni in cui siete stato vittima dell’ombra!" –E portò avanti il pugno destro, generando un’onda di energia che sfrecciò verso Gemini, che la parò volgendogli contro il palmo della mano, ma venendo comunque spinto indietro.

"Combatto per tutti gli apprendisti, gli adolescenti, i semplici servitori della Dea che trovarono la morte durante il vostro regno, durante l’attacco dei berseker o sull’Isola delle Ombre! Morirono perché erano deboli, e forse se fossi stato più forte, se fossi stato un vero Cavaliere conscio del suo ruolo, li avrei salvati! Almeno uno lo avrei potuto salvare!" –E scagliò un secondo pugno lucente, che forzò Gemini a portare avanti anche l’altra mano per difendersi dall’onda d’urto, sempre più consistente.

"Infine combatto per me! Non per Avalon, ma per me stesso, che ho finalmente compreso quale ruolo voglio avere! Non più di pedina, ma di alfiere! Io… vi darò quel che avrei dovuto donarvi a suo tempo! La dimostrazione di aver appreso i vostri insegnamenti!!! Io, maestro, farò esplodere le stelle per voi!!!" –Aggiunse, rifulgendo in un cosmo dagli intensi colori, prima di sollevare il braccio al cielo e generare una devastante esplosione di energia.

Gemini, dall’altro lato, rispose con eguale determinazione e i due assalti collisero, schiantando ogni cosa raggiunta dal loro raggio d’azione. Terriccio, colonne, gli spalti dell’arena, tutto fu inghiottito dalla poderosa deflagrazione, e per un momento anche Matthew pensò di venir annientato a sua volta. Ma, sollevando lo sguardo e puntandolo su quello del suo maestro, quel momento durò solo un attimo, ricordando le sue stesse parole di poco prima. I motivi che lo spingevano a lottare, il desiderio di completarsi infine. Ed allora il suo cosmo esplose, allungandosi verso Gemini come un ponte di luce.

"Arcobaleno incandescente!!!" –Gridò, mentre il suo corpo veniva rivestito dalla corazza del Cavaliere dell’Iride e e le sette pietre si illuminavano una ad una. –"Sono questi i colori con cui tingerò il mondo! Rosso, come l’amore di cui ogni essere vivente aspira! Arancione, come l’onore e lo spirito di generosità che dovrà sorreggere i nostri passi! Giallo, come la lucentezza di un futuro sotto il sole! Verde, espressione delle forze della natura, e di una giovinezza che tramite questa potremo sempre coltivare! Blu, come gli sconfinati orizzonti del cielo, simbolo di sogno e di un’infinita aspirazione! Indaco, colore acceso, in grado di vincere la tristezza di un mondo spento, e infine viola, ricordo e capriccio della mia infanzia. Era il colore dell’abito con cui vestirono mia madre il giorno del funerale. Combatto anche per questo, per un mondo dove genitori e figli possano vivere insieme, abbracciandosi l’un l’altro!"

"Bra… bravo…" –Mormorò Gemini, prima che l’onda di luce lo travolgesse, trapassando le sue difese e prostrandolo a terra, il torace in fiamme e quel che restava della sua corazza chiazzata di sangue. –"Hai completato il tuo addestramento, regalandomi quel che più di ogni altra cosa volevo per te! Uno scontro in grado di tirar fuori tutto il tuo potenziale!"

"Ma… maestro…" –Matthew corse verso di lui, afferrandolo in tempo prima che crollasse esanime al suolo. –"L’ho capito, adesso. Quel richiamo che sentii quel giorno, ad Atene, era il vostro cosmo che chiedeva aiuto! Era l’ultimo barlume della vostra coscienza che si aggrappava alla speranza che un allievo indolente potesse salvarvi! Perdonatemi, ho fallito, se avessi agito… molte cose sarebbero andate diversamente!"

"Hai fatto quello che era in tuo potere, Matthew. Non avresti potuto opporti all’ombra racchiusa nella Pietra Nera. Persino Atena ha faticato a risvegliare il mio vero io! Smettila di fartene una colpa e impara a perdonare te stesso! E poi, se potrai, un giorno perdona… anche me…" –Ansimò il Cavaliere d’Oro, gli occhi che faticavano a rimanere aperti, le immagini che iniziavano ad apparire sfuocate. Tutto sembrò scomparire, l’arena, il Grande Tempio, persino Atene, scivolare in una profonda oscurità, ma Matthew non si arrischiò a lasciare la mano del suo mentore, che trovò la forza per sorridergli un’ultima volta. –"Sei un vero combattente per la giustizia, l’allievo che ho sempre desiderato! A qualunque Divinità tu sia devoto, non smettere mai di credere! Nel futuro, nel tuo futuro! Quello che tu, con i tuoi gesti e il tuo cammino, da solo determinerai!" –Non disse altro e spirò, dissolvendosi in polvere di stelle tra le sue mani.

Matthew rimase in ginocchio, singhiozzando per qualche minuto, finché non sentì una leggera brezza smuovergli i capelli. Solo allora si voltò, trovando Avalon di fronte a sé, sulla cima del Tor ormai immersa nella notte di Britannia.

"Voi?!" –Balbettò stanco, credendo di aver vissuto un’immensa illusione.

"Io mi limito a creare l’ambientazione, Matthew, ma i sentimenti, e quel che muove l’animo di chi la popola, sei tu ad averli messi in campo! E ad essere riuscito ad andare oltre, a chiudere per la prima volta un percorso della tua vita!"

Estratto dalle Cronache di Avalon.

Un mese prima del secondo avvento.

Fine.