CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO: PER IL MIO FUTURO!

Il drago di luce si abbatté su Horkos con gran foga, scaraventandolo contro una parete del massiccio montuoso, permettendo al Cavaliere di Ariete di rifiatare e di sorridere al suo inaspettato salvatore.

"Grande Mur, state bene?" –Esclamò Sirio, avvicinandosi e aiutandolo ad alzarsi.

"Adesso sì, grazie!" –Disse l’uomo, prima di raccontare quanto accaduto, rimarcando come non avesse idea di chi fossero quei guerrieri, chi li avesse inviati e soprattutto perché. –"Ciò che so, e che per adesso mi basta, è che minacciano la sopravvivenza dell’ultima colonia di Mu, della mia gente! E devo fermarli! Mia è la responsabilità di averli condotti qui, un’ingenuità che non avrei commesso se fossi stato lucido!"

"Vi aiuterò, Grande Mur, abbiate fiducia in me!"

"Lo so, Sirio! Lo so!" –Sorrise per la prima volta il Cavaliere di Ariete, ponendo una mano sulla spalla del ragazzo, prima di voltare lo sguardo verso l’ingresso nella montagna, laddove Horkos si era appena rimesso in piedi.

"Un drago e un caprone! Due teste da mozzare, due trofei da esporre nella mia sala privata!" –Ghignò, iniziando ad espandere il proprio cosmo.

"Come osi?!" –Avvampò subito Sirio, facendosi avanti, ma il Cavaliere d’Oro lo afferrò per un braccio, muovendo la testa in cenno di diniego. –"Ma… Grande Mur, lasciatemi combattere al vostro fianco!"

"Sarebbe un onore, Sirio! Ma non adesso! No, ora ho bisogno che tu mi faccia un favore! Salva la mia gente, te ne prego, proteggili dalla furia delle Amphilogie! Se la loro potenza è pari a quella del fratello, potresti aver bisogno di tutte le tue forze per superare tale impresa!" –Gli disse, fissandolo con occhi lucidi. Una richiesta accorata a cui Sirio non seppe dire di no. Annuì, ricambiando il sorriso del guerriero, prima di voltarsi verso Horkos e corrergli incontro, avvolto nel suo cosmo color verde acqua.

"Ti stai gettando allo sbaraglio!" –Commentò quest’ultimo, scattando avanti a sua volta. –"Stur…"

"Errore!!!" –Gridò Sirio, balzando improvvisamente in alto e sollevando il braccio destro, prima di calarlo di scatto, generando un fendente di energia cosmica.

Horkos tentò di evitarlo, ma i poteri psicocinetici di Mur lo inchiodarono sul posto. Gli bastò un attimo per liberarsene, ma in quell’attimo Excalibur si abbatté sul suo braccio, scheggiando la Veste Divina e raggiungendo le carni al di sotto. Ringhiando, il figlio di Discordia si voltò verso l’ingresso della montagna, proprio mentre Sirio lo inforcava di corsa, sostenuto dalle ali della sua corazza, ma non poté seguirlo poiché già il cosmo del Cavaliere d’Oro rifulgeva splendente di fronte a sé.

"Per il Sacro Ariete!!! Rivoluzione stellare!!!" –Esclamò Mur, mentre migliaia di stelle cadenti tempestavano il tozzo corpo del figlio di Eris.

"Fino alla fine, eh, Cavaliere?!" –Ghignò Horkos, espandendo il cosmo oscuro e scatenando una deflagrazione energetica che squassò il fianco della montagna, distruggendo il sentiero di accesso alla colonia, sommergendo i due contendenti sotto una coltre di neve, roccia e ghiaccio eterno.

***

L’esplosione fece sobbalzare Sirio, che correva trafelato lungo la tortuosa mulattiera nelle profondità del Dhaulagiri. E lo fece fermare per pochi secondi, giusto il tempo di ricordarsi che Mur era un potente Cavaliere d’Oro, degno di stima e di lode, e che doveva aver fiducia in lui, ricambiando quel sentimento che lo aveva portato ad aiutarlo più volte, fin dai tempi del loro primo incontro nello Jamir.

"Se la caverà!" –Si disse il ragazzo, riportando lo sguardo avanti e riprendendo a correre. Di preciso, neppure lui sapeva bene verso cosa, ma Mur aveva parlato di una colonia e ritenne che quella fosse l’isola felice dove i discendenti di una delle prime civiltà terrestri ripararono dopo l’affondamento della loro terra natia. Un luogo pregno di storia e cultura che ignoti nemici stavano minacciando.

"Horkos… Figlio di Discordia…" –Rifletté, ricordando gli scontri con i Cavalieri Ombra risvegliati da quella cupa Divinità. –"Che la sua stirpe voglia vendetta? Cos’altro potrebbero cercare in questo luogo di cui nessuno, finora, aveva notizia?!"

Tutto preso da intricati pensieri, quasi non s’avvide della figura che apparve dietro una curva, proprio al centro del sentiero. Esile, non molto alta, una donna dai lunghi capelli scuri procedeva con cautela, guardandosi attorno smarrita e tenendosi una mano sul fianco destro, il volto contratto dagli spasimi. Gli ci volle qualche secondo, a Sirio, per riconoscerla, il tempo di cui la sua mente abbisognò per realizzare che la donna ferita che le si era appena parata di fronte era colei che tanto aveva cara.

"Fiore di Luna?!" –Esclamò, fermandosi a pochi passi di distanza e guardandola con occhi sgranati, mentre un rivolo di sudore gli colava lungo la schiena. –"Cosa… fai?"

"Sirio?! Oh Sirio, ti ho trovato!!!" –Parlò la fanciulla, avanzando verso di lui e allungando una mano, la stessa che aveva tenuto fino ad allora premuta sulla ferita al fianco destro. Una mano da cui grondavano gocce vermiglie.

"Fiore di Luna, ma che ci fai qua? No… no, non è possibile!!! Non puoi essere lei!" –Scosse la testa il combattente di Atena, alla ricerca di una spiegazione razionale.

Fu allora che la ragazza inciampò, cadendo di fronte a lui, con un gemito che fece trasalire il Cavaliere, la mente confusa e preda di ansie e dubbi. Non poteva essere la donna che amava, di questo Sirio era certo. Fiore di Luna era ancora ai Cinque Picchi, dove quella mattina l’aveva lasciata, distesa nel loro giaciglio, ancora intenta a sognare il loro futuro assieme. Il futuro di cui a lungo, in quei giorni di quiete, avevano discusso, giungendo a una sola conclusione.

"Aiutami, Sirio!!!" –La voce della fanciulla lo strappò ai suoi pensieri, quella voce così identica a quella di colei che per anni lo aveva sostenuto e consolato, durante l’addestramento e in seguito, quando le guerre del mondo da bambini li avevano fatti diventare adulti. –"Mi fa male…" –Aggiunse, sollevando le vesti color porpora e rivelando una ferita causata da un taglio di lama, da cui sangue sgorgava copioso.

"Cos’è successo? Perché sei qui?"

"Non è ovvio?!" –Mormorò lei, chinando il capo con imbarazzo, quasi temesse la sua reazione. –"Ti ho seguito, Sirio. Non potevo restare ancora a casa, da sola, a languire giorno dopo giorno, aspettando tue notizie, il tuo ritorno o che Pegasus ti riportasse in un feretro. Quante volte mi hai abbandonato? Non le conto più ormai… Si perdono insieme alle lacrime versate nelle mie notti solinghe. E stamani ho pensato che avrei potuto cambiare il fato, iniziando un nuovo cammino insieme… come i tuoi amici!"

"Co… come?! Che c’entrano gli altri?!"

"Non combatte forse Pegasus da sempre assieme a Lady Isabel? Con lei e per lei. E Andromeda e Nemes? Sono entrambi guerrieri. E Flare non ha mai avuto timore di scendere in battaglia, temprata a sopportare ben più del freddo di Asgard, per Cristal! Solo per amore suo. Perché io non posso fare altrettanto?!"

"Tu non sei una guerriera, Fiore di Luna. Sei una ragazza... anzi, sei… io non so cosa sei, non so nemmeno come tu possa essere qui… se davvero… sei tu." –Mormorò il Cavaliere, agitandosi e torturandosi per il tempo che stava perdendo.

"Ma che stai dicendo, Sirio? Chi mai dovrei essere?!"

"Non lo so! Un inganno forse. Non capisco… Già una volta fui sorpreso da una combattente che si finse la donna che amo, e non posso, non voglio, permettermi di…" –Ma la sua frase fu interrotta da una parola, una sola parola che la fanciulla ferita pronunciò. –"Co… come?! Cosa hai detto?!"

"Ryuho!" –Ripeté Fiore di Luna, singhiozzando. Quindi, prendendosi la testa tra le mani, chinò il capo, quasi prostrandosi a terra tra le lacrime.

Sirio rimase paralizzato di fronte a quella scena, con quell’unica parola che ancora gli rimbombava nella mente. Quella parola eletta a simbolo del loro amore che solamente la vera Fiore di Luna, e nessun sosia avversario, poteva conoscere.

Scusandosi per aver dubitato di lei, il ragazzo si abbassò sulla fanciulla, pregandola di non piangere più e di mostrargli la ferita, di modo che potesse curarla alla bell’e meglio, in attesa che Mur, o uno della sua stirpe, avesse modo di occuparsene.

"Oh Sirio, sono così felice di essere con te!" –Disse lei, ansimando. –"Scusami se ti ho seguito, non volevo essere un peso… volevo soltanto stare con te…"

"Lo voglio anch’io, Fiore di Luna! Lo voglio anch’io!" –Commentò placido il Cavaliere del Dragone, carezzando i morbidi capelli della ragazza, mentre i loro occhi si incontravano, trasmettendosi tutto il loro amore. Un attimo dopo le labbra di lei si posarono su quelle del compagno, bagnandole con le lacrime scivolate sul suo volto. Un bacio che sembrò fermare il tempo attorno, attutendo i rumori e lasciando che tutto sfocasse, che tutto precipitasse nell’oblio.

Non appena Fiore di Luna allontanò le labbra, Sirio crollò a terra senza neppure un gemito, gli occhi vitrei, la bocca ancora fresca del sapore di lei.

"Mai fidarsi di una donna!" –Commentò la fanciulla, tirandosi indietro i lunghi steli corvini, prima che le sue forme mutassero, rivelando quelle della figlia di Discordia.

Era un trucco vecchio come il mondo, rifletté Lethe, ma ogni volta c’era sempre qualcuno che ci cascava. Del resto nient’altro un uomo desidera se non trovare appagamento ai propri desideri, ai propri ideali, ai propri progetti. Una conferma di vita in mezzo al caos imperante nel mondo! E lei, Dea della Dimenticanza, quei sogni li faceva propri, mostrandoli come prospettive di futuro recente, prima di strapparli dalla memoria dei nemici, assieme al ricordo di ciò che tali speranze aveva generato.

***

Dopo la scomparsa di Loki e Surtr, Sirio era rientrato ad Atene assieme ai Cavalieri dello Zodiaco suoi compagni, trattenendosi solo una notte, per riposarsi e curare le proprie ferite, sospinto dal desiderio di tornare ai Cinque Picchi e abbracciare Fiore di Luna. Ormai lo aveva capito, e vedere Cristal consolare Flare per la perdita della sorella non aveva fatto altro che confermare i suoi sentimenti. Per quanto ardesse nel suo cuore un anelito di libertà, che lo avrebbe spinto sempre e comunque a lottare per gli uomini, uguale calore aveva iniziato ad emanare una fiamma nata col tempo passato assieme. La fiamma più potente dell’universo.

"Ti amo!" –L’aveva svegliata così quel mattino, con un bacio, strappandole un grido di felicità per quell’improvvisa ma gradita sorpresa. –"Voglio stare con te! Per sempre!" –E aveva desiderato che tale auspicio divenisse presto certezza.

Lo pensava davvero, e anche Fiore di Luna vi credeva. Del resto lo aveva sempre aspettato, ogni volta in cui era partito per affrontare una nuova minaccia. Ma la più grande, il timore di una sempiterna solitudine, l’aveva sopportata lei stessa, da sola, trovando nella speranza di un futuro insieme la forza per superarla. Quando, dove e come erano soltanto domande che si perdevano nelle acque della Cascata del Drago, quel che contava, quel che davvero valeva, era la certezza di quella verità, che la coppia suggellò una notte, scambiandosi promessa d’amore eterno e unendosi sotto il cielo di Cina. Lo stesso cielo che, da bambini, avevano ammirato insieme, in cerca di una stella cadente che potesse indicare loro il cammino.

"Non sarò un Cavaliere per sempre!" –Le aveva detto Sirio. –"Un giorno le tenebre verranno spazzate via, da un così luminoso vento di giustizia che darà nuova linfa alla Terra intera, nuova fede agli uomini. Un vento di futuri non troppo distanti, che si offrono al palmo della nostra mano. Io combatto per questo, Fiore di Luna! Non soltanto per te, per Atena o per i miei compagni, ma per garantire a tutti noi una vita felice, paghi nelle nostre ambizioni. E finalmente sereni!"

"Lo saremo mai, Sirio?!" –Aveva sospirato la fanciulla, stretta al compagno, che non aveva saputo offrirle risposte migliori di un abbraccio e di un bacio sul ventre, che a lungo aveva carezzato quella notte, sepolcro ove giaceva la loro promessa di fede.

E quel giorno, quando il Cavaliere aveva percepito cosmi inquieti saturare l’aria, ed esplodere minacciosi in vari luoghi della Terra, alcuni anche vicino ai Cinque Picchi, aveva rimarcato l’importanza di quel giuramento. –"Tornerò!" –Aveva affermato, indossando l’Armatura Divina, di fronte agli occhi inquieti di Fiore di Luna. –"Lo farò per noi, e per il figlio che porti in grembo!"

"Come lo chiameremo, Sirio?!"

"Ryuho!" –Aveva risposto lui, sorridendo. –"Picco del Drago! A ricordare il luogo in cui è nato il nostro amore e nella speranza che un giorno egli possa ergersi al di sopra delle tenebre del mondo, rischiarandole con la purezza del proprio cuore!"

Quello era il bagaglio emotivo che Sirio portava nel cuore quando aveva raggiunto Mur tra le montagne, la leva indistruttibile su cui avrebbe fatto pressione per rimettersi in piedi ogni volta in cui un nemico o il fato avverso lo avrebbero piegato. Per quello, per il suo futuro, avrebbe lottato ancora.

Eppure…

"Do… dove sono?!" –Mormorò il ragazzo, la cui mente stava scivolando nell’oblio, sommersa dalle acque della dimenticanza in cui Lethe l’aveva immersa.

Di quei ricordi, di quel bacio, delle notti trascorse insieme pareva non essere rimasto niente. Solo fatue reminescenze, che veli di nebbia stavano allontanando sempre più da lui, strati di incertezza ove persino i nemici affrontati, e gli amici al cui fianco aveva lottato, divennero figure evanescenti. Cancer, Capricorn, Luxor, Orion, Crisaore, Ade, Ares, Flegias e molti altri svanirono, tra macchie di sangue e morte.

Chi era il guerriero dalla corazza rossa che si faceva vanto di avere uno scudo come il mio? E quei demoni di nero vestiti che affrontai in gruppo di fronte a un’enorme muraglia? Che muro era? Ed era davvero un muro, o forse era un palazzo?

Domande e dubbi subissavano la sua mente, rincorrendosi e mutando ogni volta in cui i ricordi sfumavano, divenendo sempre più sottili, al punto che a molti avversari non riuscì a a dare un nome. Alla fine, di tutti quegli scontri e di quei guerrieri, Sirio perse anche il ricordo di averli combattuti, chiedendosi se non fossero stati piuttosto dei surrogati di realtà, mondi fantastici in cui la mente aveva trovato rifugio.

Niente è reale. Si disse, vittima di un incantesimo cui non poteva opporsi. E un’aggraziata voce di donna rincarò la dose, incitandolo a lasciarsi andare, a lasciarsi cullare dalla serenità, da quella pace dell’animo che aveva diritto di provare.

"Dimentica!" –Mormorò Lethe, carezzando il volto di Sirio e manovrando le sue capacità percettive. –"Sei giovane, sei bello. Hai diritto alla felicità, non credi, figlio mio? Allattato da una madre che sa cosa è meglio per la propria progenie e non da una Dea che solo di sangue e guerra ha intriso la vostra adolescenza, impedendovi di viverla a pieno! Adesso potrai ricominciare, adesso potrai essere davvero felice! Guarda!" –E mosse ulteriormente i suoi ricordi.

Era il primo giorno di scuola, al liceo classico della sua città. Sirio adorava leggere, navigare lungo le pagine dei libri della biblioteca di famiglia, ove trascorreva ore, anche da solo, a nutrirsi di un’antica sapienza. E quando suo nonno veniva a fargli visita, tornando da uno dei tanti scavi che conduceva in Medio Oriente, il ragazzo sedeva sul divano assieme a lui, per ascoltare i resoconti delle sue avventure, affascinato da un mondo preistorico che un giorno avrebbe scoperto. Così aveva deciso di coltivare i suoi interessi umanistici, sperando di diventare un archeologo o un professore universitario e aiutare a diffondere la cultura.

"Ehi Sirio, ci vediamo stasera alla festa! Non mancherai vero?!" –Gli disse un ragazzo dai mossi capelli castani, passandogli accanto nei corridoi della scuola. –"Ho sentito che ci saranno tutte le ragazze della seconda, soprattutto quella cinesina che ti piace tanto!" –E corse via, assieme a un amico dai capelli biondi, lasciando Sirio ad osservarli pensieroso.

Non ricordava i loro nomi, né come si fossero conosciuti, forse erano nella stessa classe, ma sentiva di voler loro bene, sentiva che i loro destini erano connessi. E quando rientrò a casa, dopo le lezioni, e chiese ai genitori il permesso di uscire la sera, questi furono ben lieti di concederglielo, ritenendo che alla sua età avesse pieno diritto di svagarsi con gli amici.

"Te lo meriti, figlio mio!" –Gli disse sua madre, baciandolo e avvolgendolo in un tepore che solo la sicurezza di una famiglia poteva infondergli.

E Sirio era felice, non aveva motivo di non esserlo. I suoi risultati scolastici erano eccellenti, i suoi genitori erano fieri di lui, gli amici lo adoravano, potendo sempre contare sul suo aiuto. E adesso aveva persino iniziato a frequentare la ragazza dagli occhi a mandorla che da anni lo faceva impazzire. Come potrebbe la vita essere migliore di così? Si chiese, tornando a casa in bicicletta.

Fu allora che una scossa violenta fece tremare il manto stradale, e forse l’intera città, abbattendo palazzi e aprendo voragini in cui edifici e uomini rovinarono. Crepacci da cui sorsero improvvise colonne di luce verdastra, che si innalzarono verso il cielo. Colonne che, Sirio strabuzzò gli occhi stranito, somigliavano a dragoni di luce. Durò un attimo e nulla più, il tempo con cui il paesaggio cambiò di nuovo e Sirio si ritrovò a casa, con la madre che lo aspettava sulla soglia, per abbracciarlo.

"Hai sentito il terremoto, mamma?" –Domandò, affannato e confuso.

"Quale terremoto, Sirio? Non è successo niente!" –Gli sorrise, prendendogli lo zaino e incitandolo a correre in cucina, dove una tavola imbandita lo aspettava. –"Non è successo niente, pensa solo a mangiare!" –Ripeté, cullandolo, come ogni giorno.

E forse, in fondo, era davvero così. Aveva sognato, distratto da un riverbero di luce che aveva scambiato per un dragone, ed era caduto dalla bicicletta. E presto anche il ricordo di quel sogno scomparve, travolto da un presente così festoso e intenso in cui Sirio venne risucchiato. Gli studi, gli amici, le ore in biblioteca con il nonno, le serate a passeggio sul molo con la sua ragazza. E sua madre che ogni giorno, regolarmente, lo attendeva sulla soglia, prendendosi cura di lui e indicandogli il sentiero. Così sempre, e sempre così. Un’eterna felicità.

Eppure

Una leggera contrazione del volto del ragazzo infastidì Lethe, che ancora non era riuscita a distruggere del tutto la sua coscienza. Cos’era stato quel ricordo? Quel frammento che aveva rischiato di destabilizzare la struttura della sua opera, quella vita perfetta in cui la mente del ragazzo si era persa? Quel ricordo… sta tornando!!!

Come un flash improvviso, le acque del mare si sollevarono di fronte agli occhi straniati di Sirio e della sua ragazza, che amavano trascorrere le serate a passeggiare sul molo, fantasticando su terre lontane ove un giorno avrebbero veleggiato assieme. Il giovane mosse un passo indietro, mentre onde immense sfrecciavano verso di lui, abbattendosi sul pontile, sulle navi ormeggiate, sulla spiaggia e la sua città, celandola per un momento al suo sguardo e permettendogli di vedere all’interno. Tra l’acqua e la schiuma torbida dei suoi ricordi, vide un uomo rivestito da una corazza d’oro lucente fronteggiarne un altro, su cui aleggiava una tenebra infuocata. Volti che non conosceva, che non ricordava, ma che sembravano chiamarlo.

"Sirio…" –Mormorò la figura dalla corazza d’oro, il cui volto sanguinante pareva guardare proprio verso di lui. Allungò una mano, priva di alcune dita, nonostante Sirio tentasse di allontanarsi, e lo raggiunse, sfiorandogli la fronte e bagnandola. Non con sangue, come il ragazzo aveva temuto, ma con acqua. Fresca e lucida come rugiada. –"L’acqua della cascata dei Cinque Picchi!" –Aggiunse l’uomo, prima di scomparire, travolto dal turbinare furioso delle onde marine.

Quando tutto si placò, e la baia riprese il suo consueto aspetto, Sirio si voltò verso la ragazza dagli occhi a mandorla, trovandola ancora al suo fianco, sorridente e pronta a passare un’altra notte assieme, come se nulla fosse accaduto.

Del resto, si disse il ragazzo, toccandosi il viso e lasciando che le gocce d’acqua ruscellassero sulla sua mano, cos’è accaduto davvero?

"Niente." –Gli parve di udire la voce di sua madre che lo rassicurava. –"Andiamo Sirio! Portami a ballare!" –Lo incitò la ragazza, mentre anche altri amici li raggiungevano. –"Coraggio, Sirio, la festa ci aspetta!"

"Sirio! Sirio! Sirio!" –Tante voci lo chiamavano, inebriandolo e rendendolo felice. Ma così facendo, cantilenando di continuo nella sua mente, gli impedivano di vedere davvero ciò che giaceva all’ombra della sua vita. Un’altra esistenza.

"Non andare, Sirio!" –Lo chiamò sua madre, la voce incrinata per la prima volta dal timore. –"Non percorrere quella strada, ti porterà solo dolore! Vieni a casa, invece, vieni da noi!"

"Mamma, io…" –Indugiò il ragazzo per qualche istante, mentre le gocce d’acqua nella sua mano rilucevano vivide, sollevandosi nell’aria di fronte a lui ed esplodendo in lampi di luce verdognoli. E in quei flash, in quei frammenti di visione, Sirio vide ciò da cui stava fuggendo, ciò da cui sua madre, gli amici e l’amore lo avevano allontanato. Il suo vero io.

"Dragoneee!!!" –Gridò una voce all’improvviso, squarciando l’oscurità di quel futuro incerto in cui era precipitato. E portando il ragazzo a riaprire gli occhi.

China su di lui, intenta a massaggiargli la cute, c’era una donna dal volto emaciato, che mai aveva visto fino ad allora. Una donna che di certo non era sua madre, di cui non ricordava più il volto, né colei che lo attendeva ai Cinque Picchi.

"Chi sei?" –Domandò infine, mentre l’esile donna si alzava, allontanandosi scocciata.

"Sei uno sciocco! Ti ho offerto la possibilità di una vita diversa, migliore da quest’esistenza di affanni e morte, e tu l’hai rifiutata! Perché non hai accettato di perderti lentamente nell’oblio? Perché hai gettato via la tranquillità di una vita in cui chiunque, al tuo posto, sarebbe stato ben lieto di vivere, con coloro che ama, senza doversi preoccupare più di niente? Io… non lo capisco…"

Sirio si rimise in piedi, scuotendo la testa frastornato, ma libero infine di tutte quelle visioni che lo avevano disorientato.

"Avevo rimosso i tuoi ricordi di guerra, generando un mondo di pace perpetua dove saresti potuto vivere per sempre! Mai nessuno ha rifiutato un così dolce dono di Lethe, Dea della Dimenticanza!"

"Lethe?! Sei dunque sorella e compagna del Dio che il Cavaliere d’Ariete sta fronteggiando? Il Dio che ha guidato una spedizione mortale in questa colonia?"

"Così pare. Sebbene Horkos ed io abbiamo modi diversi di approcciarsi agli altri. Io aborro lo scontro violento, il fluire abbondante del sangue! Avendo percepito la bontà del tuo cuore, avevo deciso di farti dono di una fine placida, consona al tuo spirito! Un infinito naufragare in un mondo perfetto! Ma rifiutando il mio presente mi hai offeso, e ora vedrai il mio lato terribile!" –Affermò la Dea, espandendo per la prima volta il cosmo e obbligando Sirio a fare altrettanto.

"Ti ringrazio per l’offerta, Divina Lethe, ma io stesso ho scelto questa vita, ogni giorno, vivendola per ciò che ritengo sacro, pur doloroso che possa essere! E non la cambierei mai! Sono un Cavaliere di Atena e per questo combatto!"

"Per questo morrai, stupido idealista!" –Parlò la figlia di Eris con voce stridula, prima di sollevare un braccio al cielo e generare un’immensa sfera di energia azzurra e verde, simile ad un vorticare di acque perigliose. –"La dimenticanza che ti aspetta adesso è ben diversa da quella in cui ti avevo poc’anzi cullato, questa è fredda e immediata come la morte! Addio Dragone, perditi! Fiume dell’oblio!!!"

"Non sperare che io mi arrenda!" –Rispose il Cavaliere a gran voce, portando entrambe le braccia avanti e liberando il proprio cosmo scintillante. –"Colpo dei Cento Draghi!!!"

I due poteri si scontrarono uno contro l’altro, crepitando folgori di energia e rimanendo in equilibrio per lunghi istanti, obbligando entrambi i combattenti a profondervi sempre più energia.

"Puoi contrastarmi ma non vincermi, Sirio! Io sono una Divinità!" –Esclamò la donna, aumentando l’intensità dell’assalto e travolgendo il paladino di Atena, fino a schiantarlo contro il versante interno della montagna.

Quando Sirio ricadde a terra, ormai privo dell’elmo scheggiato dell’armatura, Lethe era già su di lui, fluttuando veloce nell’aria, come fosse un’evanescenza. Ma la morsa che gli stringeva il collo, obbligandolo a guardarla negli occhi, era reale, e funesta.

"Sei stolto! Quale ideale può valere così tanto da rinunciare alla vita di propria sponte? Gli onori della guerra, la soddisfazione di aver abbattuto il proprio nemico?"

"Un… figlio…" –Mormorò Sirio, fissando la Dea nelle bianche orbite e notandovi un guizzo sorpreso. Approfittando di quella distrazione, il Cavaliere la colpì con un calcio improvviso, liberandosi dalla sua presa e spingendola indietro, avvampando nel proprio cosmo. –"Un figlio che solo colei che amo mi potrà dare! E non sarà un’illusione, no! Sarà reale, come l’amore che provo per lei, come il futuro agognato assieme! E né tu, né alcuna Divinità potrà mai farmi cambiare idea!!!" –Gridò, mentre dragoni di luce vorticavano attorno a sé, avvolgendosi alle sue braccia e generando una poderosa massa di energia. –"Per vincerti, per vincere una Divinità, dovrò spingermi più in là di quanto abbia mai fatto finora! Perdonatemi, Vecchio Maestro, se violerò di nuovo i vostri insegnamenti! Ma non posso fallire, non adesso che ho trovato la mia strada!!!"

"Impressionante!" –Commentò la figlia di Discordia, prima di evocare di nuovo il torrente della dimenticanza, aprire le dighe e scatenarne la furia.

"Pienezza del dragone, nei limiti di Atena!!!" –Rispose Sirio, generando una straordinaria massa di energia che cozzò contro il Fiume dell’Oblio, frenandone l’avanzata. –"Iaaah!!!"

"La tua è follia!!!" –Gridò Lethe, il tono di voce preoccupato dagli esiti imprevedibili di una battaglia che sperava di evitare.

"Amare è anche essere folli." –Chiarì Dragone, cercando di rimanere calmo e concentrato, per quanto l’aver liberato un simile ammasso di energia lo sfiancasse ogni attimo sempre di più. Non solo per il continuo infondergli di ogni stilla vitale, ma anche per il disperato tentativo di controllarlo, di impedire che esplodesse, come Libra aveva sempre ritenuto, e che quindi annientasse in un sol colpo l’intera catena del Dhaulagiri.

All’improvviso un’enorme sfera di energia piovve su Lethe, schiantandola a terra ed uccidendola, rilasciando tutto il cosmo accumulato in una poderosa deflagrazione che scagliò Sirio indietro di parecchi metri, danneggiando in più punti l’Armatura Divina e ustionandogli la pelle. Abbagliato da tale imprevisto lucore, il Cavaliere faticò a rialzarsi, sbattendo le palpebre più volte, ferito dal fastidioso riverbero e dall’ultima immagine che aveva della Dea nemica. Un urlo disperato prorotto dal suo corpo sventrato, pallido cadavere che giaceva adesso stramazzato al suolo, tra il pulviscolo e i detriti.

"Che… è successo?!" –Mormorò, mentre i suoi occhi spaziavano nel polverone sollevato, individuando una figura alta e snella avanzare a passo deciso. –"Chi sei?! Perché l’hai uccisa?!"

"Dovresti ringraziarmi, piuttosto, non interrogarmi! Ti ho risparmiato una fine lenta e lacrimosa! Detestabile per un guerriero, non trovi, Sirio Dragone? Tu che rappresenti una delle sacre bestie di Cina, a ben più gloriosa morte sei destinato. Morte che io, Polemos, posso darti!" –Esclamò l’uomo, rivelandosi infine al Cavaliere di Atena.