CAPITOLO VENTIDUESIMO: L’URLO DI GUERRA.

"A-la-la!!!"

Il grido smanioso della Regina delle Makhai rimbombò per l’intero Cerchio di Marte, scuotendolo in profondità e infoiando l’animo delle Androctasie e dei Phonoi che avevano seguito la figlia di Polemos oltre il muro da lei abbattuto. Di fronte a tale devastazione, a tale sovvertimento dell’ordine che strideva con la ben assettata marcia cui finora erano stati costretti, la progenie di Eris esplose in urla concitate, dirigendo continui e pressanti attacchi contro il Custode del Quarto Cerchio. Il cerchio del Pianeta Rosso.

Rosso come il sangue e come il fuoco. Rifletté Andromeda, guardandosi attorno e riconoscendo che erano appunto questi gli unici elementi che risaltavano in quella caotica massa di combattenti. Il sangue divino della discendenza di Discordia, che ruscellava sul brullo suolo lunare, e i roghi che divampavano ovunque, accendendosi ogni qual volta un nemico veniva sconfitto. Chiaro e tangibile segno di vittoria che il Selenite di Marte voleva mostrare a chiunque tentasse di superarlo.

"Sin…" –Mormorò il Cavaliere, osservandone l’elegante sagoma dai capelli blu camminare a mezz’aria su un oceano di fiamme che senza sosta aizzava contro gli avversari.

"Se così tanto ti affascina il fuoco, ti ci rosolerò ben bene, mio delizioso agnellino! Dopo averti dilaniato le membra con le mie urla e scuoiato con i miei unghioni!" –Affermò Alala, piombando su di lui e muovendo le braccia ad altissima velocità, obbligando il ragazzo a balzare indietro. Senza dargli neppure il tempo di sollevare le catene difensive, la Regina delle Makhai rinnovò il suo assalto, scaricando pericolosi fendenti energetici che stridevano sulla lucente corazza di Andromeda, tra scintille e gemiti di fatica.

"Ora basta!!!" –Strillò il Cavaliere, liberando la guizzante arma che si moltiplicò in numerose copie, puntando su Alala da molte direzioni. –"Onde del Tuono! Colpite!"

Le catene mirarono leste al cuore della Signora della Guerra, che saltava di lato in lato per evitarne le temibili punte, senza esserne troppo impensierita. Tra un balzo e l’altro, trovò comunque il tempo di farsi una risata, sadica e sanguigna, con quel tono di voce pungente da cui Andromeda era stato fin dall’inizio infastidito. Quasi ne percepisse il disagio, Alala spiccò un salto, anticipando l’affondo della catena d’attacco e usandola poi come leva per balzare ancora più in alto, portandosi proprio sopra il Cavaliere di Atena, avvolta in una nube di cosmo.

"Resta là, in basso, e odi l’acuto imperiale che nessuna difesa può contrastare! Cadi, Andromeda, sotto le note del Grido di Guerra!!!"

L’attacco sonico travolse le catene del ragazzo, sparigliandole e rendendole inutili, mentre l’intero suo corpo veniva schiacciato a terra, sprofondando in una conca di sabbia, sottoposto a un’indicibile pressione che sembrò togliergli il fiato.

"Ouff!" –Mormorò il Cavaliere, respirando a fatica, mentre l’assalto scemava di intensità e Alala atterrava poco distante da lui, sul bordo del cratere ove aveva schiantato il suo avversario. Andromeda si sollevò di scatto, disponendo le catene in modalità difensiva, immaginando che la seguace di Ares fosse in procinto di scattare su di lui per dargli il colpo di grazia, invece, stupendosene, la trovò intenta a fissarlo. Con quello sguardo maligno che aveva visto volgere anche a Thot e agli altri al Quinto Cerchio, condito adesso da una stilla di curiosità.

"Sei una delusione anche tu!" –Commentò Alala, soffiando indietro un ciuffo dei suoi lunghi capelli rossicci che il sudore le aveva incollato alla fronte. –"Dopo il patetico Dio che si vantava di proteggere il Cerchio di Giove e i due adolescenti in pubertà improvvisatisi guerrieri, speravo di trovare ben più ragguardevole avversario in te, il Cavaliere di Andromeda, membro della gloriosa squadra che ha sconfitto Nettuno, Ade, Crono e messo in difficoltà persino Sua Tronfiezza Ares! E invece mi ritrovo l’ennesimo ragazzino indeciso che non sa combattere! Umpf, invidio i Phonoi che almeno, da quel che vedo, hanno incontrato un vero guerriero!"

"Non sono più un ragazzino e l’indecisione l’ho messa da parte tempo addietro, Regina delle Makhai, quando ho compreso che i miei dubbi non avrebbero giovato alla causa per cui combatto!"

"E sarebbe?"

"Garantire amore e giustizia sulla Terra, concretizzando gli ideali di cui Atena è portatrice!"


"Ah ah ah! Sciocchezze di proporzioni cosmiche! Te l’ho detto, non sai combattere! Torna a casa, gentil donzella! Non puoi essere un guerriero se la guerra non ti piace e vi prendi parte solo perché devi! Guarda me, ammira la mia potenza, piegati di fronte alla devastazione che solo il suono della mia voce genera in coloro che ardiscono sfidarmi! Guardami, e poi muori, Cavaliere!!! Grido di Guerra!!!" –Avvampò Alala, mentre violente onde soniche sfrecciavano verso Andromeda, sollevando sabbia e pezzi interi di suolo lunare, obbligando il paladino di Atena a coprirsi gli occhi con una mano, mentre già con l’altra aveva scatenato la catena difensiva.

Il turbinare dell’arma lo protesse dall’assalto, ma non poté impedirgli di essere spinto indietro, tanto violento e furibondo era l’urlo di Alala. Tanto sentito! Rifletté Andromeda, intuendo che fosse quello il segreto della sua forza. La Regina delle Makhai, come tutte le sue sottoposte, nella guerra ci credeva davvero! Non in quella battaglia particolare, che forse non era neppure la più esaltante che avessero combattuto dal Mondo Antico ad oggi, ma nel cozzare esaltato di cosmi e vite. La guerra era tutto ciò che perseguivano, con la stessa motivazione con cui i Cavalieri dello Zodiaco lottavano per la pace e la speranza di un futuro sereno. Come poteva, quindi, lui che aveva sempre dovuto combattere, più che voluto, opporsi a così tanto fervore bellico? A così tanto piacere distruttivo?

La risposta gli venne spontanea, senza bisogno di riflettere troppo. Sospirando, mosse il braccio e scatenò le Onde del Tuono, obbligando Alala a balzare indietro, vicino al varco nel muro crollato che conduceva ai cerchi successivi, dove i suoi amici stavano lottando. Gli bastò pensare a loro, a suo fratello, agli insegnamenti del suo maestro e alle esperienze passate, e tutto il resto nacque da sé.

"Non posso! Ma devo!" –Ammise, espandendo il cosmo. –"E forse, in fondo, lo voglio! Sì, se davvero la guerra è l’unico modo per rispondere alla guerra! Se davvero è l’unico modo per proteggere i deboli e gli innocenti!"

L’esplosione del cosmo di Andromeda rischiarò il Cerchio di Marte, facendo ruzzolare Alala di qualche metro a terra, ma questa subito si riscosse, scattando avanti, proprio mentre il Cavaliere le dirigeva contro migliaia di strali avvolti in scariche energetiche. Non vista, però, un’ultima catena si insinuava silente nel terreno accanto ad Andromeda, scavando un solitario percorso verso l’avversario.

"Mi fa il solletico la tua arma!!!" –Ringhiò Alala, sferzando l’aria con i suoi unghioni energetici e tenendo lontane le molteplici punte perigliose. Tutta presa a contrastare l’assalto frontale, non s’avvide la Regina d’un guizzo di luce che scaturì dal suolo sotto i suoi piedi, una catena che vorticò rapida attorno al suo corpo, avvolgendola in una stretta spirale. –"Che… cosa?!"

"Non il più ciarliero è il guerriero vincitore!" –Commentò Andromeda, strattonando l’arma e sbattendo Alala a terra.

Sputando sabbia e sangue dal labbro inferiore, la Dea faticò nel rimettersi in piedi, fulminando il Cavaliere con uno sguardo furibondo, salvo poi esplodere in una verace sghignazzata. –"Mal ti giudicavo, a quanto pare! Mi hai sorpreso, te ne do atto! Mai nessuno era riuscito a fermarmi, sia pur con un trucchetto truffaldino! E ora vuoi sbrigarti a tagliarmi la testa o pensi di aspettare che l’esplosione del mio cosmo disintegri questo tuo catenaccio per cani rabbiosi?!"

"Taci, serpe maligna devota alla guerra!" –Esclamò Andromeda, mentre folgoranti lampi di energia pervadevano la catena, diffondendosi poi lungo tutto il corpo della figlia di Polemos e strappandole un silenzioso vagito di dolore.

"Ah ah ah! Queste patetiche espressioni di quella che tu definisci violenza, e che per me nient’altro è se non un vacuo pizzicore, non fanno altro che eccitarmi! Sì, mi stimolano… a gridare!!! A-la-la!!!" –Tuonò, liberando un suono così acuto e frastornante che il Cavaliere dovette portarsi le mani alle orecchie, disturbato e ferito.

La Dea approfittò di quel momento per corrergli addosso e spingerlo a terra con una violenta spallata, che gli fece persino perdere l’elmo dell’armatura, prima di iniziare a tempestarlo di calci, per quanto limitati potessero essere i movimenti delle sue gambe, ancora strette nella catena.

"Una furia… che non può essere placata… ciò è evidente… Una sete inestinguibile di guerra…" –Mormorò il discepolo di Albione, recuperando la presa sulla sua arma e liberando una poderosa scarica di energia rosata, ben più intensa delle precedenti, che percorse Alala da capo a piedi, incendiandole persino ciuffi di capelli. Ma neppure quella volta la suprema Makhai gemette, eccitata a dismisura dallo scontro in atto. Fece per dischiudere le labbra e travolgere Andromeda con una nuova onda sonica, quando un corpo balzò all’improvviso sulla sua schiena, gettandola a terra e tappandole la bocca con una mano intrisa di rovente energia. –"Ma tu…?"

"Affrettati, Cavaliere di Atena! Ogni secondo che passi a trattenere la tua forza, a interrogarti sui perché e i per come che determinano le guerre nel mondo, è un’occasione che offri al nemico per riportare vittoria su di te! Vittoria che, per quel che mi è dato vedere, non è poi così distante!"

"Sin…" –Commentò Andromeda, distogliendo lo sguardo da quello gelido del Selenite di Marte.

"Potrei ucciderla adesso, riempiendole le viscere di fiamme e osservarla compiaciuto mentre arde dall’interno!" –Disse quest’ultimo, mentre il palmo della sua mano si illuminava di una luce rossastra, che dovette ferire Alala, che iniziò a dimenarsi sotto di lui, gli occhi per la prima volta saturi di lacrime di terrore. –"Non sarebbe una morte immediata, richiederebbe qualche secondo, forse un minuto intero, ma sarebbe divertente! E appagante!" –Aggiunse, quasi con un sussurro.

"Ti prego, non farlo!" –Lo chiamò Andromeda, senza che questi riducesse l’intensità della propria fiamma, limitandosi a chiedergli una spiegazione.

"Perché non vuoi che uccida questo nemico, che così tanta devastazione e morte ha causato al Reame della Luna Splendente? Perché Andromeda non sei uomo abbastanza per vincere le tue remore? Cosa dovrebbe accadere affinché tu ti svegli? Che ti portino la testa di tuo fratello?!"

Il Cavaliere di Atena non rispose alcunché, inghiottendo a fatica, mentre Sin balzava indietro, liberando infine Alala dal suo peso e permettendole di tornare a respirare. Osservandola meglio, mentre affannava nel rimettersi in piedi, Andromeda notò che aveva le labbra e parte del viso ustionato.

"Spero per te che quel momento non arrivi, Cavaliere di Atena!" –Chiosò Sin, prima di riportare lo sguardo sul mucchio di Phonoi e Androctasie ancora vivi, prigionieri di una gabbia di fuoco che il Selenite aveva evocato pochi attimi prima di intervenire nello scontro di Andromeda. –"Ma se dovesse accadere, tu solo ne saresti responsabile!"

"Io… so che devo ucciderla, perché non accetterà mai una sconfitta! Solo non voglio che sia una tortura, bensì un estremo atto necessario!"

"Questa si chiama pietà! Ed è ciò che distingue le Divinità dagli esseri umani! Noi non proviamo emozioni, poiché provandole saremmo al pari degli umani! E io non voglio esserlo! No, io sono un Dio e come tale sono superiore! Ma tu e i tuoi compagni, che avete risvegliato il Nono Senso, siete degli umani ascesi al cielo degli Dei! Adesso dovete scegliere ciò che volete essere, non potete rimanere in mezzo a due mondi! Poiché presto entrambi collasseranno e voi dovrete sapere dove e per chi combattere!" –Affermò deciso il Custode del Cerchio di Marte, prima di allontarsi e tornare a fronteggiare i suoi avversari.

"Fa anche il sapiente, quel bel combattente! Mi dispiacerà quasi cavargli gli occhi!" –Ringhiò Alala, ormai rimessasi in piedi. –"Quando avrò finito con te!"

"Tu non farai più male a nessun…" –Esclamò Andromeda, prima di vacillare all’improvviso, forzandosi a poggiare un ginocchio al suolo per non crollare e avendo cura di stringere ancora la catena tra le mani, per non lasciare la Makhai libera di agire.

"Oh, ti fa male la testa, bel bambino?" –Ridacchiò quest’ultima, in maniera sguaiata. –"Lascia che la mamma ti dia un bacino!" –Aggiunse, alzando il tono della voce, sì da prostrare di nuovo Andromeda a terra. –"Nausea, vertigine ed emicrania sono i sintomi immediati di chi è a lungo esposto ai suoni da me generati! Cos’è? Credevi di esserne immune? O credevi che soltanto nelle grida infoianti fosse il mio potere? Se così pensavi, allora eri in errore, Cavaliere! Errore che adesso pagherai con la vita!"

Il paladino di Atena scosse la testa, per cacciar via quei suoni malefici, ma non riuscì a togliersi la voce di Alala dalla mente. La sentiva rimbombare dentro di sé, saturando ogni organo interno, stordendolo e indebolendo i suoi riflessi. Riuscì comunque a percepire l’avanzata della Makhai, prima ancora che quest’ultima muovesse un piede, fermandola di scatto, muovendo la catena a guisa di tagliola e sbattendola di nuovo a terra. Fu un riflesso condizionato, si chiese, o forse in quel momento di pericolo aveva fatto buon uso del dono di Biliku, come Arvedui gli aveva insegnato?

Non seppe rispondersi che già Alala era di nuovo in piedi, il cosmo che ardeva incandescente, la bocca spalancata in un grido di sfida. Andromeda percepì la forte tensione che correva lungo la catena di difesa e temette quasi di vederla andare in frantumi di fronte ai suoi occhi. Così, nonostante lo stordimento dei sensi, mosse svelto anche l’altra catena, avvinghiandola attorno alla Makhai in modo da fermarla dentro una gabbia trapezoidale, bloccando definitivamente ogni suo movimento.

"Astuto!" –Commentò la Dea, concedendosi però un sogghigno perverso. –"Ma a meno che tu non mi tappi la bocca con un bacio, a ben poco servirà! A-la-la!!!"

Il grido di guerra distrusse i timpani di Andromeda, prostrandolo a terra, mentre il cosmo dell’oscura Regina permeava l’aria, obbligando le catene ad uno sforzo immane per non essere sradicate dal suolo e disintegrate.

Male… dizione… E’ come contro Mime e Syria! Non c’è modo di fermare questi suoni demoniaci! Capitolò il Cavaliere, tenendosi la testa con ambo le mani, quasi sul punto di impazzire.

"E invece c’è! Basta semplicemente che tu non ascolti!" –Parlò allora Sin, intento, a una ventina di metri di distanza, a fronteggiare l’ultimo assalto dei Phonoi.

"Co… cosa?! Non è possibile! Le onde sonore possono arrivare dappertutto!"

"Idiozie! Puoi farlo, Andromeda! Anzi devi farlo se vuoi vincere! Io lo faccio! Sempre!"

"Come?!"

"Concentrati! Focalizza il tuo cosmo sull’obiettivo ultimo della battaglia ed escludi tutto il resto! Rifiuta tutto il resto! Solo allora smetterai di udire la voce del tuo nemico, le sue provocazioni, lo scherno! Sorretto dall’unica fede in cui merita credere, lascia che il tuo cosmo arda fiammeggiante, espressione della fiducia in te stesso e nella tua vittoria! È questo che io, Sin, faccio sempre! Vinco!!!" –E nel dire ciò, il Selenite di Marte volse il palmo della mano destra contro i Phonoi, generando una devastante esplosione di magma ardente che ne annientò una decina, scagliando le loro membra incendiate contro i compagni titubanti.

"Incredibile!" –Balbettò Andromeda, percependo nel Custode del Cerchio di Marte una vigorosa energia, che in ben poche Divinità aveva riscontrato. –"Se sei così forte perché non sei intervenuto in aiuto degli altri Seleniti? Ne avrebbero avuto bisogno!"

"Aiutarli? E perché mai avrei dovuto? Un guerriero che non è in grado di combattere da solo, per difendere la propria terra, non è degno di dirsi tale e merita di essere sconfitto. Con i vinti, Sin degli Accadi non ha niente a che spartire! Perciò, se non vuoi essere considerato tale, sbrigati a terminare il tuo avversario, prima che sfoderi qualche nuovo trucco con cui piegarti!" –Affermò serio, prima di interrompere la comunicazione telepatica con il Cavaliere e lasciare che un muro di vivide fiamme sorgesse tra loro, a rimarcare i propri campi di battaglia.

Approfittando di quel momento, Alala aveva radunato le forze, decisa a liberarsi da quella prigionia metallica. Per quanto il fuoco di Sin le avesse ustionato la bocca, incenerendole persino un pezzo di lingua, e il solo parlare le generasse spasimi mai provati fino a quel giorno, non aveva intenzione di farsi vincere in quel modo. Non da quell’efebico ragazzino in armatura rosa che non amava combattere. No, se fosse caduta, se un giorno le sue spoglie avessero dovuto tornare a calcare la desolazione del Tartaro, sarebbe dovuta morire in una battaglia all’ultimo sangue contro un vero guerriero, magari il giovane dai capelli blu che così tanto la disprezzava.

"Questo scontro termina adesso, Andromeda! Di ben altra compagnia ho bisogno per trovare appagamento!!! A-la-la!!!" –Gridò la figlia di Polemos, scatenando un’onda di energia sonica che smosse il terreno di fronte a sé, facendo oscillare persino le catene che la tenevano prigioniera, prima di dirigersi su Andromeda.

Ma, con sommo stupore, la Dea dovette osservare il disperdersi del proprio assalto, che per la prima volta non aveva raggiunto il bersaglio, rallentato, vinto e infine disperso da una nebbia rosacea che il Cavaliere di Atena aveva sollevato di fronte a sé. Un bizzarro muro di energia che aveva neutralizzato le onde soniche.

"Cosa diavolo è quella nebbia?!"

"Energia allo stato puro, Alala! Il mio potere segreto!" –Commentò Andromeda, in piedi di fronte a lei, gli occhi socchiusi, il respiro calmo, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Una posizione necessaria per liberare la mente e raccogliere tutte le proprie energie, imbrigliandole in un utilizzo diverso dal solito devastante attacco.

"Corrente della Nebulosa!" –Mormorò infine, aprendo gli occhi e permettendo ad Alala di vedere più chiaramente un vorticare di evanescente energia rosa attorno al corpo del ragazzo, una cortina protettiva che andava facendosi sempre più spessa. –"Sin ha ragione! Non devo permettere alle mie emozioni di intralciarmi! Questo non significa che sono disposto a diventare una bestia da guerra come te, ma conservando lucidità e occhio clinico ho capito che la capacità dei tuoi assalti di andare a segno è dovuta in parte allo stordimento che la tua voce genera negli avversari! Se fossi riuscito a escluderla, ho pensato, avrei avuto un attimo di tempo in più per fermare l’avanzata dell’onda energetica che accompagna sempre le tue strida!"

"Piuttosto interessante… Pur tuttavia come pensi di vincermi, restando celato dietro la tua foschia rosata? Ah ah ah! Ti risparmio la fatica di pensarci!" –E, nel dire ciò, Alala espanse al massimo il proprio cosmo, sradicando le catene di Andromeda dal suolo lunare, pervadendole con una devastante energia che le scheggiò in più punti, schiantando alcuni anelli e portandola ad un passo dalla liberazione.

"Come poc’anzi ti ho detto, questa era solo la corrente della mia nebulosa! La fase iniziale! Ora conoscerai l’impeto della tempesta, impeto che neppure il tuo Grido di Guerra può eguagliare!!!" –Esclamò fiero il Cavaliere, portando avanti il braccio destro e scatenando il suo massimo colpo segreto. –"Nebulosa di Andromedaaa!!!"

In quell’esatto istante il ragazzo tolse forza alle catene, permettendo ad Alala di liberarsi, giusto in tempo per essere investita in pieno dalla bufera energetica che la scaraventò in alto, sballottandola più volte, spaccandone l’armatura, fino a schiantarla infine a terra, in un cratere profondo il doppio rispetto a quello che aveva ospitato Andromeda poco prima.

Ansimando per lo sforzo, ma finalmente libero da quel fastidioso eco nelle orecchie, il Cavaliere crollò sulle ginocchia, respirando a fatica e chiedendosi, come ogni volta in cui aveva ucciso qualcuno, se quella fosse davvero stata l’unica via. O se non avesse potuto esserci un sentiero che non era stato in grado di battere. Se lo era sempre domandato, anche contro i nemici più crudeli e sanguinari, persino contro Phobos e Fenrir, convinto, in fondo al suo buon cuore, che tutti alla fin fine fossero vittime, che tutti fossero schiavi della guerra, un’entità crudele a sé stante che giocava con le vite di uomini e Dei piegandoli al suo volere.

Avrebbe voluto chiedere a Sin cosa ne pensasse, sebbene già ne intuisse la risposta, quando il sollevarsi di un turbine di sabbia attirò la sua attenzione. Al centro del cratere scavato poc’anzi Alala si era rimessa in piedi, i lunghi capelli rossicci sospinti dal vento, simili a serpenti di fuoco le cui fauci nient’altro desideravano se non affondare nel delicato corpo del Cavaliere di Atena.

"I miei complimenti! Pare che tu abbia tirato fuori la tua virilità, infine!" –Commentò la Dea, uscendo dal buco nel suolo, l’armatura danneggiata e sporca di grumi di sabbia e ichor che mai aveva ruscellato fuori da quel muliebre corpo. –"Il Nono Senso… lo padroneggi ormai! E questo ci rende quasi pari!"

"Alala…" –Mormorò Andromeda, tradendo un’espressione incredula e sgomenta, che la Regina delle Makhai non vide o non volle vedere, troppo presa a radunare il suo possente cosmo divino.

"Hai scelto di attaccarmi usando il tuo colpo migliore, non ti meravigliare se altrettanto farò io, adesso!" –Spiegò, sollevando le braccia in chiara posa offensiva. –"Non lo usavo da tempo, dall’era delle prime guerre tra Dei, successive all’evirazione di Urano! Sentiti degno di questo privilegio, Cavaliere, sentiti degno di essere definito un avversario, per me!" –Sogghignò Alala, prima di generare una sfera di energia tra le mani, una sfera che andò ingigantendosi sempre più, fino ad avvolgere l’intero corpo della Regina. –"Addio Andromeda! Che la mia voce ti accompagni lungo i gradini che conducono agli inferi! Arringa finale!!!"

Quasi intuendo quel che sarebbe accaduto, il Cavaliere dello Zodiaco balzò indietro, quel tanto che gli consentì di evitare di essere disintegrato dalla poderosa massa di energia che sfrecciò verso di lui, fagocitando in fretta il terreno tra i due contendenti. Andromeda mosse d’istinto le catene, per rallentarne la corsa, ma nessuna configurazione si rivelò efficace, venendo distrutte una dopo l’altra; tentò allora di sollevare il muro difensivo che aveva sperimentato poco prima, ma l’enorme velocità dell’attacco gli impedì di portare a compimento il suo proposito, venendo investito dalla marea energetica e spinto indietro. Di quanto non seppe dirselo, sentì solo il corpo schiantarsi contro una dura superficie e la corazza divina creparsi in più punti, sempre sperando che non fossero invece le sue ossa ad aver ceduto. Quindi precipitò a terra, schiantandosi malamente con la faccia nella sabbia lunare. Per qualche istante non fece niente, non avendo la forza di muovere neppure un dito, convinto che l’Arringa finale gli avesse triturato ogni singolo osso del corpo. Poi, piano piano, iniziò a sentire il sangue continuare a fluire dentro di sé, le braccia e le gambe che rispondevano ai suoi stimoli, e riuscì allora a farsi forza per rimettersi in piedi.

"Posso aiutarti?!" –Ghignò allora una voce all’improvviso, mentre fredde mani lo afferravano per il collo, tirandolo su di colpo e costringendolo a fissare l’indemoniato sguardo di Alala, ritta di fronte a sé. –"Non disturbarti a rispondere, da un cenno del capo capirò se sono gradita o meno!" –Sibilò, mentre unghioni di energia nascevano dalle sue dita trafiggendo Andromeda al collo e inzuppandosi di fresco sangue.

"Aaargh!!!" –Annaspò il ragazzo, muovendo di scatto il braccio destro, attorno al quale già rilucevano folgori energetiche, per spingere Alala indietro. Ma la Dea, aspettandosi una mossa simile, lo colpì con un calcio, per poi ribaltare l’intero corpo di Andromeda e sbatterlo a terra, sotto di lui, il collo ancora trafitto da artigli oscuri. Non del tutto paga, la Regina delle Makhai calò il tacco sul pettorale dell’Armatura Divina, più e più volte, sprofondando il ragazzo qualche metro dentro al suolo, liberandolo infine dai sanguinari unghioni e osservandolo affogare in una pozza di sangue.

"Come, scusa? Hai detto qualcosa?!" –Ironizzò, abbandonandosi ad una chiassosa sghignazzata e generando al tempo stesso nuove e fastidiose onde di energia sonica con cui dilaniò ulteriormente il corpo e la mente del Cavaliere. –"Ah ah ah! Quale sorpresa questo scontro! E io che temevo si rivelasse una perdita di tempo!"

Andromeda non disse niente, troppo debole per muovere le labbra. Poté solo sfiorare la catena che ancora stringeva in mano e darle il suo ultimo ordine.

"A-la-la!!! A-la-la!!! A-la-la!!!" –Intonò la Regina delle Makhai, scatenando la furia devastante del suo potere e sprofondando sempre più il ragazzo nel suolo lunare, tra schizzi di sangue e frammenti di corazza crepata. –"Arringa fin…"

D’un tratto però il vociare sguaiato si interruppe, mentre con un sibilo impercettibile due lucenti serpenti metallici sgusciarono fuori dalla sabbia, ognuno da un lato della Dea. Obbedendo alle direttive del padrone, le catene di Andromeda si arrotolarono attorno al collo di Alala, puntando poi una nella direzione opposta all’altra. Si tesero per un momento, percorse da una violenta scarica di energia, strappando un grido di sorpresa alla figlia di Polemos, e poi le mozzarono la testa, insudiciandosi del suo divino sangue.

Privo di vita, il corpo della Signora della Guerra si accasciò sul bordo del cratere, precipitando all’interno poco dopo e finendo proprio sopra l’indebolito Cavaliere di Atena, il cui volto stanco e ferito era adesso bagnato dalle lacrime del suo ultimo gesto. L’ultimo di una mai conclusasi serie di omicidi.

Pur tuttavia… si disse, fissando il cranio della Makhai rimasto sull’orlo della conca, a guardarlo di sbieco, con quello sguardo torvo che persino adesso pareva millantare. Non mi hai lasciato scelta. Nessuno me l’ha mai lasciata! Aggiunse, non per giustificarsi, o per trovare consolazione ai suoi peccati, ma perché davvero sapeva che era così. Poco prima di perdere i sensi, vide un’agile ombra balzare all’interno della buca, sollevarlo e poi portarlo fuori. Non riuscì a guardarlo in faccia, notò soltanto dei ciuffi di capelli blu stagliarsi contro il cielo scuro e per un attimo credette che Phoenix fosse giunto a salvarlo, come in passato.

"Ci sei riuscito, infine!" –Esclamò l’atona voce maschile del Selenite. –"Sapevo che avresti fatto quel che andava fatto, per garantire la vittoria tua e di coloro che come te combattono per un ideale! Pensala come vuoi, ma sei un guerriero come me, sebbene più reticente! Riposa adesso, nessuno disturberà il tuo sonno, Cavaliere di Andromeda!"

"I… che è…?!" –Balbettò il ragazzo, ma Sin gli premette un dito sul collo, mozzandogli il fiato. D’istinto, un cosmo caldo lo penetrò, passando dentro le ferite aperte che ancora grondavano sangue, cicatrizzandole poco dopo e permettendo ad Andromeda di regolarizzare il proprio respiro.

"Se la tua domanda era chiedermi cosa ne fosse stato degli incauti guerrieri che hanno osato violare il Cerchio di Marte, la risposta è una soltanto! E non poteva essere diversa! Sono morti, arsi dalle fiamme di Sin degli Accadi, il Selenite che non conosce dubbi o pietà! Sarai tu un giorno in grado di fare altrettanto?"