CAPITOLO SECONDO: ANTICHI NEMICI.
"Non è possibile!" –Esclamò Pegasus, ancora stupefatto da quella rivelazione. –"Ares è morto! Lo abbiamo visto noi stessi venire risucchiato da un cono d’ombra! È stato Flegias ad eliminarlo, quando ormai non serviva più ai suoi scopi!"
"È andata davvero così?!" –Mormorò Andromeda, dando conferma anche ai pensieri del fratello.
Erano tutti seduti nell’Occhio, la grande sala al piano superiore del Santuario della Luna, sotto la cupola di vetro luminoso attraverso la quale era possibile osservare l’universo e le stelle lontane. L’arredo era minimo, costituito soltanto da un ampio tavolo la cui forma rotonda ricordava quella di una luna piena, attorno al quale i fedeli di Avalon, di Atena e di Selene si erano riuniti.
"Temo che quel che vedeste quella sera ad Atene sia stata solo la sua temporanea scomparsa, non la fine! Nessuno, in fondo, ha mai sentito esplodere il suo cosmo!" –Concluse Avalon.
"Lo sapevate?" –Domandò allora Pegasus.
"Lo paventavamo." –Si limitò a rispondere il Signore dell’Isola Sacra. –"Temevamo che quel raggio d’ombra fosse in realtà un trasferimento, un modo per nascondere la precipitosa fuga di un Dio che aveva ancora un ruolo da giocare negli eventi del mondo. Temevamo che esistesse qualcuno di ancor più potente in grado di asservire il bellicoso spirito di Ares alla sua causa. Ma per quanto i nostri occhi spaziassero sul pianeta, mostrandocelo attraverso le acque del Pozzo Sacro, di Ares Brotoloigos perdemmo ogni traccia. Viscido e silente, il distruttore di uomini ha atteso nell’ombra, tramando nuovi inganni ai danni loro e degli Dei a lui ostili!"
"Incredibile! Rabbrividisco al pensiero che possano esistere Divinità più potenti di Ares, capaci di piegare il suo cosmo!" –Mormorò Andromeda.
"Egli non è certamente solo!" –Chiarì Avalon, cui Selene rispose con un cenno di assenso, alzandosi dalla tavola rotonda e incamminandosi verso la vetrata che dava sui cerchi inferiori, laddove i suoi devoti stavano combattendo.
"Affatto. Pare che l’antica stirpe degli Dei della Guerra sia stata restaurata!" –Sospirò, mentre un grido di donna, turpe e violento, squarciava l’aria, facendo tremare persino la grande bolla del Santuario della Luna. –"Discordia lo affianca, Signora della Contesa e sua antica compagna nelle razzie del Mondo Antico!"
"E le figlie di lei, le Mahkai, i bellicosi spiriti che inneggiavano alla guerra e al clangore della lotta!" –Concluse Endimione, raggiungendo l’amata, le cui ultime notti più volte erano state interrotte dagli urli osceni delle Divinità Guerriere, che parevano ululare alle loro anime, senza concedere loro pace.
"Le Mahkai?! Le seminatrici di morte, i cui nomi si perdono nella leggenda!" –Esclamò Atena, visibilmente sconvolta.
"Sento le loro urla fin nelle vene. Ribollono nel mio sangue, scuotendomi ogni volta in cui, poggiato il capo sul cuscino, tento di chiudere gli occhi e riposarmi!" –Sospirò Selene.
"Discordia? Le Mahkai? Cos’è questo, un sabbia di streghe e fantasmi del passato?!" –Bofonchiò Pegasus, prima che Avalon prendesse nuovamente la parola, anticipando quel che Atena e i suoi paladini stavano per obiettare.
"Temo che la presenza di Eris, Dea della Contesa, sia colpa mia! Cavalieri di Atena, avrei dovuto parlarvene in precedenza, ma non abbiamo avuto modo di scambiare qualche parola in più se non quelle che la guerra ci ha imposto di pronunciare. Pur tuttavia sento il dovere di confessarvi quel che accadde lo scorso anno! Terminato il vostro scontro con Discordia, che avevo osservato attentamente, pronto a intervenire qualora ve ne fosse stata necessità, percepii un’energia irata persistere ancora, sia pur debole, sull’isola di Hokkaido, proprio dove la Madre dei Mali aveva sollevato un santuario occasionale. Mi ci recai e trovai la fonte di quelle vibrazioni: la mela d’oro, ove lo spirito di Discordia era perdurato!"
"Che cosa?! Ma io la distrussi, con la freccia di Sagitter!!!" –Obiettò prontamente Pegasus.
"Credesti di distruggerla. Ma un’arma umana, sia pur impugnata dal più valente dei Cavalieri, non può arrecare permanente danno ad un involucro divino, poiché tale devi considerare l’amaro frutto che ancora ha mietuto vittime! Ma per comprenderne il potere dobbiamo risalire agli albori del mondo, alle prime contese divine, quando Zeus, per punire Eris per aver provocato l’ennesima zizzania tra gli Olimpi, e sono certo che Atena potrebbe confermare le mie parole, ricordando lei stessa la contesa per la mela alla Dea più bella, si decise infine a bandirla dal Monte Sacro e dalla Terra intera, tanto grande e fresco era il potere del Signore del Fulmine all’epoca! La maledizione che Zeus le inflisse la legò per sempre alla cometa Lepar, che in quel momento transitava attorno alla Terra, vincolando ad essa la sua esistenza! Indi per cui, per quanto il suo corpo mortale venne trafitto della freccia del Sagittario, la sua Divina Volontà, legata alla cometa, ha perdurato, ricreando la mela d’oro, simbolo primigenio della contesa, e attendendo sofferente un nuovo corpo da adescare, come fece con la giovane fanciulla dell’orfanotrofio!"
"È terribile!" –Esclamò Andromeda. –"Quindi, finché la cometa Lepar esisterà, anche Discordia non potrà essere uccisa del tutto?"
"Proprio per porre rimedio a questa nefasta possibilità decisi di portare la mela ad Avalon, per spezzare il legame con la cometa! Non fu semplice, lo ammetto! I sigilli del giovane Zeus erano ancora forti, ma grazie all’aiuto dei druidi riuscii nell’impresa! In questo modo, una volta uccisa, Discordia non sarebbe più potuta rinascere! Così informai Atena, pregandola di nascondere la mela d’oro nella Sala del Sigillo, il luogo più protetto dell’intero Santuario, in modo da tenerne sotto controllo la rinascita, ed ella concesse ad un messo a lei fidato di raggiungere le coste del Galles e recuperare il prezioso carico, che, per quel che vedo, è invece andato perduto! Me ne dispiaccio! Ritenevo improbabile che qualcuno potesse percepirne la presenza, eppure le demoniache figlie vi sono riuscite! Forse soltanto loro avrebbero potuto seguirne il tracciato cosmico!"
Fu allora che Atena si voltò verso Pegasus, Phoenix e Andromeda, confermando le parole del Signore dell’Isola Sacra. –"Avevo chiesto a un mio collaboratore, Cliff O’Kents, di occuparsene, approfittando del rientro della Nike dalle coste scozzesi! Ma sia lui che Tisifone sono scomparsi!"
"Che cosa?!" –Gridò Pegasus. –"Quando? Perché non siamo stati informati?!"
"Avrei voluto parlarvene. Un giorno di questi lo avrei fatto. Ma stavo cercando di mettermi in contatto con la Sacerdotessa prima di allarmarvi; temo che sia stata ferita da un improvviso attacco!"
"E… ci siete riuscita?!"
"Purtroppo no." –Chiosò Atena, distogliendo lo sguardo, mentre una lacrima le solcava una guancia. Sapeva che Pegasus la stava fissando, che la stava giudicando con i suoi occhi neri, con il balenio intenso della sua iride che non sarebbe riuscita ad affrontare in quel momento, nonostante fosse una Dea. Nonostante fosse la sua Dea. O forse, si disse, sospirando amaramente, proprio per quello.
"Mi dispiace avervi coinvolto!" –Esclamò allora Selene, richiamando l’attenzione dei presenti. –"Avevo inviato un messaggio ad Avalon, per rinverdire un’antica promessa, non mi aspettavo che anche i Cavalieri di Atena accorressero in nostro aiuto. Non è la vostra guerra, me ne rendo conto, non è il vostro regno ad essere attaccato. Quello, fin troppo avete dimostrato di essere degni di proteggerlo. Pur tuttavia devo chiedervi di rimanere, ve lo chiedo in tutta umiltà, perché coloro che presiedono i nove cerchi di luna hanno ben poche capacità belliche, non avendo alla lotta armata destinato la loro esistenza. Soltanto il mio capitano, il valoroso Shen Gado dell’Ippogrifo, è un abile combattente, ma da solo, contro l’intera famiglia degli Dei della Guerra, ben poco potrebbe fare!"
"Sono pronto a morire per voi, Divina Selene!" –Commentò il condottiero, alzandosi prontamente in piedi e attirando gli sguardi dei Cavalieri di Atena su di sé.
Da quando erano entrati nell’Occhio, Shen Gado non aveva più parlato, anzi, precisò Pegasus, non aveva mai parlato, né rivolto loro parola alcuna, da quando erano giunti al Santuario della Luna. Pareva che tutte le sue attenzioni fossero dirette a Selene e alla guerra in corso, perché era chiaro, e gli sguardi che ogni tanto rivolgeva oltre la cupola di vetro lo confermavano, che là l’Ippogrifo voleva volare. Sopra la guerra. A vivere e a morire per il Reame che aveva giurato di difendere.
Tanta dedizione… Mormorò Pegasus, senza nascondere un moto di comprensione verso di lui, sebbene ben poca empatia avesse mostrato nei loro confronti. Una devozione che in fondo non era diversa da quella che da anni mostrava verso Lady Isabel.
"Perché sta accadendo tutto questo? Perché?" –Pianse Selene, gettandosi a terra e coprendosi il volto con le mani.
Endimione si chinò subito su di lei, sussurrandole parole dolci e pregandola di essere forte. Anche Atena si mosse, per porgerle aiuto, prima che la voce del Signore dell’Isola Sacra la richiamasse.
"Ho esteso io l’invito ai Cavalieri di Atena e alla loro Dea, credendo che, di fronte al risvegliarsi di antichi nemici, avessero conti in sospeso che desiderassero saldare. Oltre che per il loro innato senso di giustizia che li ha sempre portati a combattere cause ritenute inizialmente perse ai confini del mondo conosciuto, o persino più in là. Ma di fronte al precipitarsi degli eventi, mi rendo conto di non aver concesso loro scelta. Perdonatemi, Cavalieri dello Zodiaco, per avervi privato di questo diritto, avrei dovuto informarvi prima di trascinarvi in questa nuova campagna militare!"
"Signore dell’Isola Sacra, non siamo divenuti Cavalieri di Atena per voltare le spalle alla giustizia o alla libertà dei popoli minacciati!" –Esclamò allora Pegasus, alzandosi in piedi, subito affiancato da Andromeda e da Phoenix. –"Non lasceremo Ares e Discordia liberi di distruggere questo mondo! Fin troppo sangue è stato sparso a causa loro! Scorpio e i Cavalieri di Bronzo, di Acciaio e dell’Olimpo gridano ancora vendetta! Non lo abbiamo dimenticato!"
Selene sorrise a quelle accorate parole, rialzandosi grazie all’aiuto di Endimione e muovendo appena le labbra, per pronunciare un sentito ringraziamento.
"Coraggio Cavalieri, andiamo! Non vedo l’ora di tornare a prendere a cazzotti Ares!" –Avvampò Pegasus, venendo però frenato da Andromeda.
"Non essere incauto! È di una Divinità che stai parlando, e una delle più pericolose! Ricordi lo scontro nelle Stanze del Sacerdote? Neppure in cinque riuscimmo a piegarlo! E dovremmo riuscirci in tre?"
"Credo che il vostro valore, da allora, sia ulteriormente avanzato, Cavaliere di Andromeda! E non mi riferisco ai vostri ideali o all’indubbio senso dell’onore che vi contraddistingue, bensì alla padronanza dei sensi e alla capacità di bruciare il cosmo, capacità che, come è noto, permette il superamento di propri precedenti limiti." –Spiegò Avalon. –"Avete da tempo scavalcato il confine dell’essere umano, divenendo qualcosa che sta oltre, padroni di un’essenza che appartiene soltanto agli Dei."
"Agli Dei?!" –Balbettarono i Cavalieri dello Zodiaco, non capendo le parole del Signore dell’Isola Sacra, che quindi riprese a parlare.
"Quando affrontaste i Cavalieri d’Oro, ad Atene, risvegliaste l’essenza del cosmo, il settimo senso, che imparaste a padroneggiare ad Asgard e nel Regno Sottomarino, divenendo veri e propri Cavalieri d’Oro. Quando scendeste in Ade, vi spingeste oltre, raggiungendo l’ottavo senso, la capacità di restare vivi nell’aldilà, quella che per degli esseri umani parrebbe una contraddizione in termini. Ma quel che avete fatto in seguito, e lo avete fatto inconsapevolmente, vi ha portato ancora un gradino più in alto, a un tanto così dall’essere Divinità. Avete acquisito il nono senso!".
"Il nono senso?! Ma quanti ce ne sono?!" –Bofonchiò Pegasus.
"Nove coscienze. Poiché non vi è altro che un uomo possa raggiungere, se non uno status superiore a quello dell’esistenza. Uno status divino." –Precisò Avalon, e alle sue parole anche Selene e Atena annuirono. –"Non so con esattezza quando avete risvegliato quest’ultima coscienza, forse durante la scalata all’Olimpo, o negli scontri con i figli di Ares, ma di certo ne avete affinato l’uso in seguito, guerreggiando per i nove mondi di Asgard e giungendo infine qua, dove non potreste stare se non possedeste il senso ultimo!"
"Avalon dice il vero, Cavalieri!" –Intervenne Selene, notando lo sbigottimento negli occhi dei tre compagni. –"Soltanto agli Dei è consentito permanere nel Reame della Luna Splendente, soltanto ad esseri dotati del Nono Senso! Ed infatti tutti gli abitanti del mio regno sono Divinità, o discendenti di Divinità. Il mio amato Endimione, figlio di Zeus e della ninfa Calica, le mie figlie, di stirpe divina, e infine coloro che proteggono i nove cerchi: i Seleniti, le Divinità della Luna dedite al culto degli astri in varie religioni terrestri."
"Quello che avete sentito accendersi, pochi attimi fa, era il cosmo di Tsukuyomi, Divinità lunare dello shintoismo, mentre questo che arde di impazienza appartiene a Tecciztecatl, Selenite di Urano e Dio della Luna presso i popoli aztechi." –Concluse Endimione.
"Si stanno facendo pericolosamente vicini se già il custode del settimo cerchio appresta le sue difese!" –Rifletté Asterios, ottenendo uno sguardo di assenso da parte di Avalon.
"Cavalieri di Atena, non temete! Il nono senso avvampa in voi, lo percepisco! Siatene consapevoli e sfruttatelo al meglio! Fatelo esplodere, trascendendo la vostra natura umana e raggiungendo lo stadio ultimo dell’esistenza, divenendo pari a delle Divinità! Divenendo voi stessi Dei!"
"È davvero possibile?! Per un essere umano… divenire una Divinità?!" –Mormorò Andromeda.
"La vostra esistenza qui lo testimonia, Cavalieri. Nessun essere privo del Nono Senso potrebbe rimanere vivo in questo regno."
"Anche i Cavalieri delle Stelle possiedono il Nono Senso?" – Chiese allora Pegasus, cui Avalon rispose con un sorriso.
"Quand’anche non fosse così, non avrebbero problemi a rimanere in questo reame in virtù delle armature che indossano, intrise dello spirito primordiale dei creatori dei Talismani."
"Vi è una sola eccezione al proposito che dominò me e le altre Divinità lunari quando, stanchi delle guerre terrestri, lasciammo il pianeta per costruire il nostro Elisio privato. Una valorosa eccezione, rappresentata dall’unico uomo cui abbia mai concesso di dimorare nel reame beato. Il vittorioso Shen Gado dell’Ippogrifo, che salvò la mia primogenita dalla violenza di nove giganti, e nelle cui mani metto di nuovo la sua vita, assieme a quella di tutte le mie altre figlie e dell’uomo che amo."
Il silenzioso guerriero non disse alcunché, limitandosi a indossare l’elmo sopra i mossi capelli rossicci e a incamminarsi verso l’uscita dell’Occhio, le ali della corazza che fluttuavano in aria seguendone i movimenti. Fu la voce di Pegasus a fermarlo poco prima che lasciasse la sala.
"Aspetta, Shen Gado! Verremo con te! Concedici l’onore di affiancarti, e di farci da guida, in questa nuova perigliosa guerra!"
Il comandante dei Seleniti non disse alcunché, limitandosi ad annuire e a spostarsi di lato, per invitare i Cavalieri dello Zodiaco e delle Stelle a precederlo, ma a Pegasus parve di vedere l’ombra di un sorriso profilarsi sul suo volto teso.
"Siate prudenti!" –Commentò Lady Isabel, indugiando con lo sguardo sul suo Primo Cavaliere.
Prima di andarsene, il ragazzo mise una mano sul pettorale della corazza di Andromeda, sperando che non se ne avesse a male. Lui e Phoenix ne avevamo brevemente parlato ed entrambi si erano rivelati d’accordo.
"Resta con Atena e Selene! Qualcuno dovrà proteggerle! Non mi fido di Ares! Se è vero che i Seleniti non sono in grado di combattere, potrebbe sbaragliare in fretta le linee difensive e giungere a palazzo! Non deve trovarle indifese!"
Andromeda storse un po’ il naso, sospirando all’idea che gli amici continuassero a vederlo come il coniglio del racconto di Sirio, ma ritenne comunque che la valutazione di Pegasus fosse corretta. Per cui rimase sulla soglia, ad osservare l’amico e il fratello correre dietro all’Ippogrifo, seguiti dai tre Cavalieri delle Stelle. Quel che Andromeda non vide fu una figura minuta che, nascosta nel corridoio, aveva ascoltato l’intera conversazione, prendendo infine la sua decisione.
Nell’Occhio erano rimasti soltanto Endimione e Selene, crollata nuovamente su una sedia, il respiro affannato e numerose gocce di sudore che le imperlavano il viso. Da quella distanza, Andromeda non poté udire cosa le stesse dicendo, ma era certo che il sempiterno giovane stesse cercando di consolare il suo cuore, dandole quella sicurezza, quella speranza, che solo chi ama può riuscire a darti.
Gli stessi pensieri albergavano nella mente di Lady Isabel, che era rimasta a fissare la coppia per qualche minuto, incapace di dire alcunché. O semplicemente troppo presa dai suoi turbamenti personali per poter prestare soccorso alla Divinità amica.
Alla vista di quell’amore, così intenso, così puro, così dannatamente umano, la Duchessa di Thule non poté fare a meno di chiedersi se anche lei, un giorno, avrebbe potuto goderne. Se anche lei, quando tutto fosse finito, avrebbe potuto provare quella stessa sensazione, quella felicità improvvisa, che per millenni si era negata. Oppure sarò condannata ad essere sempre Atena, la Vergine Dea della Guerra Giusta?
***
Il primo a rompere il momento di silenzio fu proprio colui che lo aveva chiesto, per ricordare e commemorare coloro che non c’erano più, ma che non per questo, a detta sua, avrebbero rinunciato a lottare per la giustizia, da qualunque luogo li avesse attesi dopo la morte.
"Sono certo che, anche in questo momento, Gemini, Scorpio e Micene rimangono fedeli Cavalieri di Atena, al pari di Toro, Acquarius, Capricorn e oserei dire anche di Cancer e Fish!" – Chiosò il Cavaliere d’Oro della Vergine, concludendo il suo breve intervento iniziale.
Gli altri partecipanti, riuniti attorno a lui, annuirono, abbandonandosi a un leggero sospiro, leggero ma veloce, per non permettere a tristi ricordi di riaffiorare.
"Ti ringrazio per l’accoglienza, Cavaliere di Virgo, e per averci concesso di usare la tua casa per quest’incontro. Sebbene non ne abbia l’ufficialità, in quanto solo Atena o il suo rappresentante in Terra possono convocarlo, questo è de facto un Chrysos Synagein!" – Commentò Libra, spostando lo sguardo sugli altri uomini presenti.
Ioria del Leone assentì, stringendo i pugni in silenzio, affiancato da Mur che si precipitò a chiarire le ragioni di quell’incontro.
"Da tempo non prendevamo un momento per noi, sopraffatti come siamo stati, nell’ultimo anno, dalle guerre continue che siamo stati chiamati ad affrontare."
"Un altro anno, un’altra guerra. Pare che nessun secolo sia così fortunato da potersene ritenere privo." –Intervenne allora Virgo, seduto sul trono a forma di fiore di loto, al centro del Sesto Tempio dello Zodiaco.
"Pur tuttavia mai come negli ultimi mesi, da quando Cristal il Cigno ci liberò dalla prigionia di Hel, a così estenuanti e ininterrotte prove siamo stati chiamati! Sembra che il mondo intero stia precipitando verso la sua distruzione!"
"O che qualcuno voglia farvelo precipitare!" –Chiosò Dohko, strusciandosi il mento con le dita. Al che Virgo annuì, sempre tenendo gli occhi chiusi.
"Appurato questo, che non è una novità, possiamo passare al vero motivo di quest’incontro, Cavaliere di Libra?" –Incalzò Ioria.
"Sono stato io a chiederlo, in verità!" –Parlò allora Mur, attirando gli sguardi dei compagni. –"Ho una richiesta da fare, una richiesta che ho già avanzato a Dohko, e di cui volevo rendervi partecipi! Ho bisogno di allontanarmi dal Grande Tempio per qualche giorno! So che non è il momento migliore per gite fuori porta, ma è un atto necessario, che sento di dover compiere per fugare il dubbio che covo nell’animo."
"Che sta succedendo, Mur? Di cosa vai parlando?" –Replicò il custode del Quinto Tempio.
"Da giorni le mie notti sono tempestate di incubi. Visioni terrificanti in cui vedo mia madre agonizzare sanguinante, singhiozzare, delirare e urlare il mio nome a gran voce, come mai le ho sentito fare, priva di quella calma, di quel controllo, che hanno sempre contraddistinto la nostra stirpe. Temo che qualcosa di terribile le sia accaduto, e il fatto di non riuscire a contattarla telepaticamente mi preoccupa." –Spiegò il Cavaliere di Ariete, ripetendo quanto già detto poche ore prima a Libra.
"Ed io già ti ho detto che le tue preoccupazioni potrebbero essere infondate. Anzi, certamente lo sono. Sei stanco e spossato, come tutti noi, ma non dobbiamo permetterci facili allarmismi. Nondimeno vi è dell’altro. Ben lo so. Lo sospettavo da tempo, sebbene Shin non me ne avesse mai parlato."
A quelle parole Ioria fissò Dohko con sguardo stranito, mentre anche Virgo, in silenzio, seguiva interessato quella conversazione.
"La colonia segreta." –Mormorò Mur.
"Quale colonia?!" –Sbraitò il Leone, stufo di tutti quei segreti.
"La colonia dei discendenti di Mu, da cui proveniamo Kiki ed io. E di cui il mio maestro Shin è stato autorevole membro." –Precisò l’Ariete. –"È là che mia madre vive, ed è là che l’ombra è calata. Lo sento. Per questo vi chiedo, venerabile Maestro, in quanto Cavaliere più anziano, e alla presenza di amici e compagni, di accordarmi il permesso per recarmi in Asia a verificare quanto sta accadendo."
"E io ti concedo quel permesso, Mur dell’Ariete. La tua missione è importante anche per gli equilibri del mondo. Perciò va’, indaga e riferisci al consiglio quanto prima!"
"Vi ringrazio. Sarò di ritorno quanto prima." –Si inchinò in segno di rispetto e poi si mosse, uscendo dalla Sesta Casa dello Zodiaco.
"Informerò Atena quando ritornerà dalla missione con Avalon! Sono certo che anche lei avrebbe acconsentito." –Commentò Libra, prima di incamminarsi verso l’uscita sul retro, lasciando Ioria e Virgo da soli.
"Beh, se non c’è altro…" –Esclamò il Cavaliere di Leo, facendo per muoversi, ma venne trattenuto dalle parole del parigrado.
"Un’ultima cosa, Ioria. Sono contento che siamo rimasti noi. Ciò che sto per dirti è di estrema importanza, per Atena e per te soprattutto, ma sono certo che Dohko lo troverebbe un argomento un po’ frivolo."
Ioria si voltò, fissando Virgo con sguardo incuriosito, per quanto avesse già capito a cosa il compagno stesse alludendo. Lo sorprese, invece, vedere che il Cavaliere aprì gli occhi mentre pronunciava il nome di una donna a cui era legato. Una donna che non era stato capace di amare.
Castalia.
"Come Libra ci ha riferito, la Sacerdotessa dell’Aquila, di ritorno dalla missione umanitaria in Canada, è stata invitata da Atena a fermarsi in Bretagna per investigare sulla sorte della compagna, il Cavaliere dell’Ofiuco, di cui si sono perse le tracce da quasi una settimana!"
"Conosco bene i fatti, Virgo."
"Ma da giorni non abbiamo più notizie neppure dall’Aquila e la situazione è diventata degna di inquietudine. Cosa farà quindi il Leone?"
"Cosa dovrei fare? Farmi travolgere dai sentimenti e abbandonare il mio posto? Con Pegasus, Atena, e adesso persino Mur, in missione, le difese del Grande Tempio sono già fin troppo sguarnite. Dobbiamo avere fiducia, Virgo. Fiducia nei nostri compagni. Sono certo che Castalia sta bene, e anche Tisifone!" –Mormorò Ioria, cercando di trattenere l’apprensione che invece l’aveva invaso. –"Inoltre anche Asher sta convergendo verso il Mar Celtico!"
"Umpf, un Cavaliere di Bronzo, e neppure dei più capaci." –Lo schernì Virgo. –" Se davvero un pericolo ha investito le Sacerdotesse Guerriero, credi che un ragazzino come lui sia in grado di portare loro aiuto? Perderemmo tre Cavalieri e in un momento di crisi come questo non possiamo permettercelo. Stavo pensando di andare personalmente a verificare la situazione, sempre che tu non voglia assumerti l’onere di questo salvataggio. In tal caso, mi farei prontamente da parte."
Ioria non disse alcunché, limitandosi a spostare lo sguardo dal Cavaliere d’Oro al vuoto che li circondava, il vuoto in cui i suoi occhi verdi vagarono per qualche istante, tentando di afferrare una risposta, all’apparenza vacua e lontana ma in realtà ben più vicina e consistente di quanto il ragazzo credesse.
Sbuffò, infastidito, prima di dare le spalle al Custode della Porta Eterna e incamminarsi verso l’uscita. Virgo sogghignò, percependone l’incertezza e i tumulti del cuore, consapevole che il Leone avesse già preso la sua decisione.