CAPITOLO QUATTORDICESIMO: BATTAGLIA AL QUINTO CERCHIO.

"Allora, vediamo di stare calmi, ok?!" –Ripeté Matthew per la terza volta, spinto con la schiena contro una piramide, le braccia, alzate in chiaro segno distensivo. –"Sono un Cavaliere di Avalon e sono qua per lottare contro i vostri nemici!"

"E la figlia di Selene rientra in questa categoria?"

"Elanor stava andando a combattere e io l’ho colpita per impedirglielo! Tu, che sei fedele a sua madre, l’avresti lasciata andare?" –Quindi, vedendo che il Selenite pareva ancora dubbioso, vuotò completamente il sacco. –"Non vedi che si è costruita un’armatura da sola, pur di andare in guerra? Ci ha seguiti, Thot! Io ho solo fermato i suoi propositi suicidi! Cos’avrei dovuto fare?!"

Quelle parole colpirono il Dio, che abbassò il lungo bastone d’oro che teneva puntato alla gola del ragazzo, permettendogli di respirare. Quindi si chinò sulla fanciulla, ancora svenuta, e sospirò. Per quanto ben poche volte si fossero incontrati, e a pensarci adesso, dopo secoli vissuti in quel mondo lontano da tutto, gli sembrò davvero strano, quelle rare occasioni lo avevano rattristato, perché mai l’aveva vista sorridere, quella ragazza dal volto bello e luminoso, tediata sempre da un pallore che non riusciva a spiegarsi. Un pallore che, a detta di tutti, in quel paradiso perduto, non aveva motivo di esistere. A volte, nelle lunghe ore di studio della volta celeste, aveva chiesto alle stelle una risposta ai suoi perché, cercandola anche nei papiri e negli scritti che aveva portato con sé dall’Egitto. Ma non aveva saputo dare un nome a quel male, a quella noia esistenziale che a lungo aveva divorato il cuore di Elanor.

E invece era la vita, la tua stessa vita, a tenerti in gabbia, dolce Elanor! Mormorò il Dio, sfiorandole il delicato viso e sistemandole i capelli, prima di sollevarla e condurla all’interno di una delle piramidi disseminate nel Cerchio di Giove.

Matthew rimase per un momento in disparte, non sapendo cos’altro dire, prima che un rumoroso vociare lo distraesse, attirando la sua attenzione e anche quella di Thot, prontamente uscito dalla costruzione.

"Cos’è?!" –Esclamò subito Matthew, tirando uno sguardo all’orizzonte.

"I nemici… stanno per entrare nel Quinto Cerchio!" –Rispose il Dio con angoscia.


"Sono già qui?!" –Rifletté il ragazzo, chiedendosi cosa fosse successo nel frattanto, cosa stessero facendo Pegasus, Phoenix, Reis e Jonathan e soprattutto se stessero bene. Cosa quest’ultima di cui iniziava a dubitare, considerando la rapidità con cui l’esercito di Ares aveva superato i cerchi esterni.

Maledizione! È tutta colpa mia! Ho perso tempo anziché essere con loro ad aiutarli! Ringhiò, sbattendo i piedi sulla sabbia. Thot notò la sua frustrazione e lo invitò a metterla da parte, facendogli cenno di correre assieme a lui.

"Ho letto nel tuo cuore, e c’è del giusto. Se giusto è morire in guerra. Vieni con me, Cavaliere di Avalon, e potrai realizzare i tuoi propositi!"

Il custode del Talismano dell’Arcobaleno acconsentì, sfrecciando nel deserto assieme al Dio egizio, fino a portarsi di fronte al passaggio incavato nel muro che conduceva al Cerchio di Saturno, laddove alcune figure erano appena comparse. Cercò di contarle, ma perse il conto superata la centinaia, richiamato anche da Thot che lo pregò di rimanere indietro, ad almeno dieci metri di distanza. Quindi il Selenite si sedette, a gambe incrociate, espandendo il proprio cosmo e lasciando che il disco lunare, posto al centro del suo elmo, si illuminasse.

Stranito, Matthew non proferì parola, per non disturbare la sua meditazione, immaginandola un’ultima preghiera prima della battaglia, quando un sibilo richiamò la sua attenzione. Sbattendo le palpebre più volte, e focalizzando lo sguardo sulle alture del varco, il ragazzo rimase di sasso nel vedere che i bordi si stavano assottigliando, sfumando leggermente. Anzi sembrano proprio sciogliersi, decomponendosi nella loro struttura primaria. Tantissimi granelli di sabbia!

Pochi attimi dopo, mentre il grosso dell’esercito di Ares correva all’interno del passaggio per il Quinto Cerchio, le pareti laterali collassarono su loro stesse, sfaldandosi in cumuli di sabbia e travolgendo l’intera armata. Ma il potere di Thot non si limitò a disgregare le mura, bensì prese il controllo di ogni singolo granello di rena, continuando a muoverli, a farli scorrere ad alta velocità, generando figure animalesche le cui fauci inghiottirono i Phonoi e le Androctasie, e poi vortici e mulinelli, che ne risucchiarono altri, riempiendo di sabbia le loro bocche, le loro narici e i loro orecchi, fino a soffocarli.

"Che fine terribile!" –Commentò Matthew.

"Ad arti ben più eleganti ho dedicato la mia esistenza, Cavaliere di Avalon, come il tuo maestro certo saprà. Alla scrittura, mia passione primaria, alla matematica, alla geometria, alla medicina e all’astronomia. Non alla guerra, a quella non ho mai pensato di profondervi sforzi. Pur tuttavia so difendermi, se minacciato!"

In quella, un urlo demoniaco squarciò il cielo lunare, mentre mucchi confusi di rena, polvere e corpi venivano sbalzati in aria, dal centro dello spazio ove fino a poco prima era esistito il varco, adesso un caotico ammasso di sabbia lunare. Un secondo urlo, ancor più raccapricciante, obbligò Matthew e Thot a tapparsi gli orecchi, mentre un’onda d’urto si abbatteva su entrambi, scagliandoli indietro. Tanto intenso era stato quel suono che il Cavaliere di Avalon credette di aver perso l’udito, quando, faticando a rialzarsi, barcollò stordito, prima di riuscire a stabilizzarsi.

"Che diavolo… succede?!"

La risposta arrivò sotto forma di un’agile donna, dai lunghi capelli rossicci e dalla corazza identica a quella delle Androctasie, di cui sembrava membro. Con estrema destrezza sfrecciò tra le sabbie, sollevandole al suo passaggio, prima di balzare su Matthew e riempirlo di pugni. Quando il ragazzo capì quel che stava accadendo, e che se non avesse reagito a breve sarebbe morto, già la sua nemica lo aveva ghermito per il collo e sollevato, per guardarlo in faccia prima di strappargli il cuore dal petto.

"Ora basta!" –Tuonò allora Thot a gran voce, mentre calava il bastone sul braccio con cui la donna stava stritolando Matthew, colpendola sul gomito e forzandola a lasciar cadere a terra la sua preda.

"Osi interrompermi?! Quale coraggio! Mai nessuno è vissuto abbastanza da potersi vantare di aver toccato la Regina delle Makhai!" –Avvampò la guerriera dalla chioma rossiccia, le labbra torte in una smorfia malvagia. –"Alala è il mio nome, il grido che risuona sui campi di battaglia, incitando l’animo dei miei soldati e creando sconforto e disperazione nei miei nemici! A te, Dio che ti fregi dell’appellativo di sapiente, la scelta del campo!"

"Ho già fatto quella scelta millenni addietro!" –Esclamò Thot con orgoglio. –"E non sarà un ammasso di barbari sanguinari a farmi cambiare…"

"A-la-la!!!" –Echeggiò d’improvviso la Makhai, spingendo indietro il corpo del Dio egizio, fino a schiantarlo contro il muro di confine dall’altra parte del cerchio.

"Onde soniche…" –Mormorò allora Matthew, affannando nel rimettersi in piedi.

"Molto di più! Io sono l’essenza della guerra! Il preludio di lance! Il grido che infoia, la voce che uccide! Persino Ares è solito invocarmi in battaglia, prima di inebriarsi dell’attacco finale! Io sono l’estrema unzione che anticipa la carneficina!"

"Se sei così importante, perché sei vestita come gli altri soldati, con quest’armatura semplice?"

"Un’armatura, per essere efficace, deve essere resistente agli affondi nemici e deve coprire le parti vitali. Di tutti gli orpelli e le decorazioni, di cui molti Dei van fieri, a me poco importa, inutili fastidi in battaglia, niente di più! E poi a me piace stare tra i soldati, camminare in mezzo a loro, anzi dietro di loro, in modo da poterli abbracciare tutti con un unico urlo di guerra e spingerli avanti!" –Precisò Alala, prima di ordinare a Homados, che intanto era emersa dall’ammasso di sabbia, di radunare in fretta le truppe e marciare sul palazzo. –"Che quegli sfaticati dei Phonoi portino le chiappe fuori all’istante! Non siamo qua per fare le sabbiature! Se entro due minuti non sono tutti in riga, ucciderò personalmente gli scansafatiche e i detrattori!"

"Sì, mia Regina!" –Obbedì Homados, iniziando a correre per ricreare la formazione da battaglia, aiutando i superstiti a rialzarsi e abbandonando feriti e caduti.

"Ordine ci vuole in guerra! Ordine e fermezza, oltre che una grande potenza d’attacco!" –Chiarì Alala, riportando lo sguardo su Matthew. –"E tu, ragazzino, non hai nessuna di queste cose a quanto pare! Sei solo, debole e confuso, fatti un favore… muori!" –E sfrecciò verso di lui per colpirlo con un pugno al cuore, ma il Cavaliere fu lesto a balzare di lato, evitando l’affondo ed espandendo al qual tempo il suo cosmo.

La cintura della sua armatura, ove erano incastonate sette gemme di colori diversi, si illuminò all’improvviso, mentre una spirale di energia variopinta vorticò attorno a Matthew, che portò avanti il braccio destro, liberando il suo colpo segreto.


"Arcobaleno incandescente!!! Via!!!"

L’attacco però si spense dopo pochi istanti, travolto dall’onda d’urto generata dal grido di Alala, che non soltanto sollevò sabbia e polvere, scavando persino solchi nel suolo lunare, ma si abbatté su Matthew, schiantandolo a terra e facendogli perdere l’elmo dell’armatura. Un attimo dopo Alala era su di lui, libera adesso di tempestargli la faccia di pugni. Per primo gli spaccò il naso, spezzandoglielo e poi facendoglielo ingoiare con un secondo pugno, che gli portò via parte dell’arcata dentaria. Il terzo pugno lo sprofondò nel suolo, aprendo un cratere sotto il suo corpo, macchiato da schizzi di sangue fresco. Quindi lo sollevò per i capelli biondicci, strappandogliene parecchi, e preparandosi, con l’altra mano a dita tese, a tagliargli la testa.

Fu un colpo d’ali a distrarre Alala dall’ultimo atto, l’ombra di un uccello apparsa all’improvviso. –"Conosci la leggenda dell’ibis, Regina delle Makhai? Era animale sacro alle popolazioni egizie perché si cibava di serpenti, ma ancor più di carogne! E guarda che carogne infami abbiamo qua davanti! Un gran condottiero intento a massacrare un ragazzino! Atteggiamento disdicevole, non trovi?" –Esclamò Thot, avventandosi dall’alto, le ali della corazza spalancate e avvolte in un luccichio di sabbie dorate. Gli artigli dell’ibis le graffiarono la pelle, nei punti non protetti dall’armatura, e fu solo con molta prontezza che Alala poté evitare che le unghie di Thot le si piantassero in faccia, cavandole gli occhi.

Con un colpo d’anca, la donna cercò di svincolarsi dalla presa del Dio, ma questi la tenne saldamente, fino a ruzzolare insieme nel cratere insanguinato. Thot provò a colpirla con il bastone, ma Alala era svelta, resistente e cocciuta, e quei fendenti menati a casaccio non la scoraggiarono, ma la spinsero a reagire, torcendo il polso del Selenite e facendogli perdere la presa sullo scettro, che con un calcio spinse lontano. Quindi la donna balzò indietro, portandosi in alto e radunando le forze per un ultimo assalto, a suo dire quello definitivo.

"A-la-la!" –Sibilò, generando un’onda di pressione che sfrecciò verso Thot, incapace di difendersi, ma che venne intercettata dal corpo di Matthew, balzato agilmente di fronte al Dio per proteggerlo.

"Ragazzo!!!" –Gridò questi, osservandone il corpo venire maciullato da un’indicibile violenza, le ossa schiantarsi, gli occhi uscire dalle orbite, fino a ricadere inerme a terra, la sua vita aggrappata a un ultimo filo di cosmo.

Per niente turbata, ma sempre più divertita, Alala spalancò le labbra per un secondo attacco, quando un’agile figura saltò su di lei, colpendola al volto con un calcio e atterrando poi dall’altra parte. Nell’urto la Regina delle Makhai perse l’elmo, rivelando il suo volto di donna adulta e battagliera, con i lunghi capelli rossicci che ondeggiavano alle sue spalle, come serpenti pronti a stritolare il nemico tra le spire.

"Un nuovo arrivo? Di singolare corazza sei equipaggiata, fanciulla!" –Ironizzò Alala, osservando la ragazza dai capelli castani e dagli occhi verdi.

"Elanor!!!" –La riconobbe Thot, correndo verso di lei. –"Che fai qua? È pericoloso!"

"Conosco la gravità della situazione! Perché mi avete estromesso? E dov’è Matthew? Devo fargli un bel discorsino!" –Incalzò subito lei, prima che il Dio la facesse voltare verso il fondo del cratere, dove il corpo massacrato del ragazzo giaceva. –"Per tutti gli Dei! Matthew! Sta bene? È vivo?!"

"Perché non vai a chiederglielo?" –Ironizzò Alala, muovendo un passo nella loro direzione e iniziando a bruciare il proprio cosmo.

"Vacci tu, strega!" –Esclamò Elanor, sollevando l’indice destro al cielo e attaccando col proprio colpo segreto. –"Croci di luna!!!" –Da quattro punti attorno al suo corpo si irradiarono raggi di energia, moltiplicandosi in migliaia di copie che spezzarono la concentrazione necessaria ad Alala per liberare l’urlo furioso, obbligandola a balzare di lato in lato, evitando i fasci energetici.

Con agilità, la donna si portò infine proprio di fronte a Elanor, troppo vicina perché le croci potessero raggiungerla, e sorprendentemente le carezzò il viso, ammirandone la passione guerriera. Stordita, la ragazza fece per allontanarsi, ma Alala la tenne stretta per il collo mentre i suoi capelli ondeggiavano sinuosi, scivolando lungo il corpo di Elanor e intrappolandola in una solida maglia.

"Ho apprezzato il tuo tentativo, fanciulla! Inconsistente ma passionale! E quando c’è la passione tutto il resto non conta, tutto il resto si perde alle porte del furor bellico! Saresti una Makhai perfetta! Con un po’ d’addestramento, s’intende!" –Sogghignò la donna. –"Che te ne pare della mia proposta? Sempre meglio di un cappio al collo, non trovi? Oh, perdonami, quello in fondo l’hai già!" –Rise, mentre i suoi lunghi capelli vermigli strattonavano ogni osso del corpo di Elanor, marcandole la pelle, aprendole ferite e ricordandole quanto fosse stata stupida e imprudente.

"Sai dove puoi ficcartela la tua proposta?!" –Trovò la forza per mormorare, strappando una risata divertita ad Alala.

"Homados, l’hai sentita? È una di noi!" –Ghignò, per poi mutare la sua espressione in disappunto, aumentare la presa e scuotere la testa delusa.

Fu allora che un uccello di cosmo si abbatté sulla sua chioma, incendiandola e liberando Elanor da quella soffocante prigionia, proprio mentre Thot mulinava il bastone d’oro, obbligando la Dea a un balzo indietro. Un secondo ibis energetico dipartì dal suo scettro, schiantandosi contro il pugno teso della Makhai, che venne comunque spinta a distanza di sicurezza, permettendo al Dio di chinarsi sulla figlia di Selene e liberarla alla bell’e meglio da quel groviglio di capelli bruciati.


"Elanor, ascoltami bene! Ho bisogno che tu faccia esattamente quel che ti dico! Guardami! So di non avere autorità su di te, ma è necessario che tu obbedisca!" –Esclamò Thot, prendendo le mani della ragazza, il cui sguardo era chiaramente sconvolto. –"Prendi il ragazzo e va’ dietro quella piramide, trova un riparo! Niente obiezioni! Va’! Ora!"

Elanor, soffocando le lacrime, ubbidì, gettandosi nel cratere e recuperando il corpo esanime del Cavaliere di Avalon, caricandoselo in spalle e correndo verso la costruzione indicata da Thot, non molto distante, di fronte all’attento sguardo di Alala, che poi lo riportò sul Dio egizio.

"Sei generoso e vuoi morire al loro posto o semplicemente non vuoi che assistano alla tua tragica e patetica fine? Ti risparmio la scelta, poiché la prima opzione proprio non sussiste, in quanto, ucciso te, ammazzerò anche loro! Ah ah ah!" –Rise Alala.

"Lo vedremo, carogna!"

"Sbagliato! Avresti dovuto dire sentiremo! È verbo più adatto per Alala!" –Ironizzò, preparandosi infine all’assalto. Ma prima che riuscisse a vociare il suo urlo di guerra, venne sollevata da un improvviso turbine di sabbia, un vortice che la sradicò da terra, tempestandola di scariche energetiche, e schiantandola molti metri addietro, proprio addosso all’armata di Androctasie appena riformatasi, gettandola nella confusione.

Approfittando di quel momento, Thot corse verso i due ragazzi, chinandosi su Matthew per verificare le sue condizioni, a dir poco tragiche. Gli sfiorò il cuore, sotto il pettorale ammaccato dell’armatura, e socchiuse gli occhi, recitando un’antica litania che Elanor non seppe interpretare. Un cosmo caldo avvolse il corpo di Matthew, cicatrizzandone le ferite, ripristinando i suoi organi distrutti e lenendo i suoi affanni, risvegliandolo infine dal delirio cui era precipitato.

"Mio Signore… Thot, state bene? Mi avete donato il vostro cosmo?!" –Esclamò il ragazzo, toccandosi il corpo, come per verificare di avere tutte le ossa al posto giusto.

"Tu non hai avuto paura a porti a mia difesa, giovane Cavaliere, perché dovrei temere io di donare un po’ della mia eternità?!" –Rispose sibillino il Dio, prima di rimettersi in piedi, sia pur visibilmente provato. –"Ora andatevene! Tornate a palazzo! Selene sarà disperata al pensiero di averti perso, Elanor!"

"Non se ne parla!" –Si impuntò lei, e quella volta anche Matthew le diede ragione.

"Credo che ormai sia tardi per tutto, tranne che per una cosa! Combattere!" –E uscì da dietro la piramide assieme a Elanor e a Thot, avanzando a passo deciso verso Alala, che nel frattempo si era rimessa in piedi, tra insulti e anatemi, avvolta in un’aura di cosmo violaceo.

"Raccomandate l’anima ai vostri Dei! Di Avalon, d’Egitto o di qualunque altro misero regno! Per noi Makhai sono solo province di un ben più vasto impero!" –Sibilò, preparandosi all’ultimo assalto.

"I tuoi deliri cosmici devono essere fermati!" –Sentenziò Matthew, espandendo il suo rinfrescato cosmo. –"Arcobaleno incandescente!!!"

"Croci di luna!!!" –Gli fece eco Elanor, prima che la voce di Thot li sovrastasse entrambi, mentre la maestosa sagoma di un uccello sacro a Ra sfrecciava di fronte a loro. –"Volo dell’Ibis!"

"Grido di guerra!!!" –Tuonò allora Alala, generando un’onda distruttiva su cui si schiantò il triplice attacco, frenandolo e disperdendolo, sollevando sabbia e polvere e scagliando anche parecchi Phonoi e Androctasie indietro, a gambe all’aria, per quanto Homados stesse ordinando di allontanarsi.

La potenza della Makhai obbligò i tre combattenti a infondere ogni stilla di energia a quell’ultimo tentativo di resistenza, consapevoli di non avere un’altra possibilità. Nessuno di loro l’avrebbe avuta. Ma la vitalità della Regina della Guerra, il suo furore bellico, erano ben più grandi di quanto avessero potuto immaginare e presto il suo grido prese il sopravvento, spingendo indietro la massa di energia, prima lentamente poi in maniera sempre più consistente, mentre Elanor si accasciava esausta e Matthew e Thot avvampavano nei loro cosmi allo stremo.

"Mia è la vittoria!" –Ringhiò Alala trionfante, rinnovando la carica distruttiva, proprio mentre uno stridio metallico pervase l’aria. Un fischio fastidioso di cui non seppe individuare la provenienza, finché non vide guizzanti catene d’avorio scintillare nel cielo lunare, afferrare Thot, Matthew ed Elanor e portarli fuori dal raggio d’azione del suo assalto. –"Chi ruba le mie prede?"

"Io!" –Esclamò allora una giovane voce, mentre un’Armatura Divina dai colori rosa e oro appariva sul campo di battaglia.

"Riconosco le tue vesti, Cavaliere di Andromeda! Dovrei ucciderti subito per avermi privato del mio trofeo, ma dato che questo prolisso scontro mi ha riservato solo delusioni, sono certa che avrai modo di offrirmi qualcosa di meglio! Qualcosa che gratifichi la nostra presenza qui e ora! Non credi?" –Esclamò Alala.

"Io sono qua per difendere questo regno, Regina delle Makhai! Non per ottenere onore o piacere in guerra!" –Rispose pronto il ragazzo, prendendo posizione di fronte a Thot, Matthew ed Elanor.

"Sarà uno scontro interessante, allora! L’urlo di guerra, che infuoca l’animo di coloro che lottano, e lo spirito di pace che li vorrebbe invece a casa a fare la guardia alle pecore! Ah ah ah! Interessante davvero!" –Rise Alala, prima di liberare il suo poderoso assalto. –"Grido di guerra!!!"

L’onda di energia sfrecciò verso Andromeda, che sollevò lesto le catene per rallentarne l’avanzata, riuscendovi solo in parte e venendo comunque sballottato indietro. Quando poté recuperare posizione eretta si accorse che Alala non era più di fronte a lui ma che già era sfrecciata avanti, cambiando completamente strategia. A nulla valsero le grida di Matthew ed Elanor, perché Andromeda non riuscì neppure a vederlo, quel demone periglioso, balzare su di lui e afferrargli un braccio, per poi scaraventarlo contro il muro di confine, a parecchi metri di distanza. Ve lo fece schiantare con una forza tale da far tremare la colossale struttura, strappando un ghigno soddisfatto alla Regina delle Makhai, che si voltò verso Homados, berciando loro di tenersi pronti.

"Perché perdere tempo a zigzagare tra questi cerchi di falliti, quando possiamo aprirci la via?! Diritti verso il cuore dell’impero!" –Sibilò, radunando le forze e preparandosi a lanciare il più potente grido di guerra mai risuonato su quel lontano suolo.

Quasi avesse capito cosa la Dea aveva in mente, Thot si alzò e fece per correre verso Andromeda, per metterlo in guardia, ma l’urlo acuto di Alala lo atterrò, obbligando Matthew ed Elanor a gettarsi a terra, tappandosi le orecchie, non desiderando altro che sfondarsi i timpani.

"A-la-la!!!" –Vociò la Makhai suprema, mentre un’onda di pura potenza nasceva dalle sue labbra, rimbombando sull’intero corpo celeste e scuotendolo in profondità.

Lo udirono tutti.

Selene e Avalon, riuniti a palazzo, sotto la pioggia di vetri dell’Occhio andato in frantumi.

Pegasus e Atena, intenti a guerreggiare con Ares, e Phoenix, poco distante.

Jonathan e Reis, che faticavano ad affrontare Proioxis, e tutti i Seleniti ancora in attesa.

Andromeda venne investito in pieno, proprio mentre cercava di rialzarsi dall’assalto precedente, e schiantato di nuovo contro il muro alle sue spalle, ma stavolta neppure questo bastò a frenare la corsa di quell’onda distruttiva, che scosse la costruzione così violentemente da farla tremare, erodendo la sabbia lunare, già provata dalla debolezza del Selenite custode. Pochi attimi dopo, un duplice schianto e due faglie si aprirono ai lati del Cavaliere, mentre una nuova onda d’urto scaraventava lo stesso e il pezzo di muro alle sue spalle proprio all’interno del Quarto Cerchio.

"Incredibile!" –Mormorò Matthew, di fronte a tale devastante potenza. –"Dobbiamo aiutare Andromeda! Da solo contro Alala non potrà farcela!"

"Oh, di lui non mi preoccuperei adesso! Al Cerchio di Marte troverà tutto l’aiuto di cui potrebbe disporre, aiuto ben più efficace di quello che noi tre potremmo dargli!"

"Che vuoi dire, Thot? Prima non vi ho trovato nessuno, solo una miriade di falò accesi, e ho pensato fosse disabitato! Chi protegge il Quarto Cerchio?"

"Un uomo di poche parole! Sebbene uomo non sia il termine adatto! Anzi, tra tutti i Seleniti preposti alla difesa del Reame Splendente, Sin è l’unico che possa davvero definirsi un Dio! È l’unico a non conoscere pietà!" –Chiarì il Selenite di Giove, prima di fare cenno a Elanor e Matthew di rialzarsi e aiutarlo a sistemare una nuova faccenda.

***

Andromeda, nel frattempo, stava affannando nel rimettersi in piedi, travolto dall’onda sonica scatenata da Alala, quando si sentì afferrare per le punte dell’elmo e tirare in piedi, per trovarsi il volto indemoniato della Regina delle Makhai di fronte a sé, eccitata e desiderosa di uno scontro all’ultimo sangue.

"Sei folle!" –Gridò il Cavaliere, espandendo il cosmo e liberando una scarica di energia che scosse l’intero corpo della donna, spingendola indietro con un gemito improvviso. –"A tal punto giunge la tua disperazione? A nient’altro aneli se non ad un mondo di guerra?"

"Sì!" –Rispose laconica Alala, leccandosi le labbra. –"E guerra sarà!"

"Come desideri!" –Esclamò allora una voce maschile, che non provenne però dalla bocca di Andromeda.

Sorpresa, la Makhai si guardò attorno, notando l’accendersi di roghi scarlatti, vivide fiamme che costellavano l’intero suolo del Quarto Cerchio. Un elemento, il fuoco, in cui avrebbe dovuto trovarsi a suo agio, avendo trascorso numerose campagne belliche tra le vampe di Ares. Ma c’era qualcosa, in quei roghi precisi e controllati, in quei cerchi di fuoco ben delineati, che la insospettiva, che la faceva addirittura temere. Qualcosa, si stupì anche solo a pensarlo, di sinistro.

"Se guerra mi porti, guerra avrai! Non sia mai che Sin degli Accadi rifiuti un combattimento!" –Rincarò la voce, anticipando l’apparizione di un ragazzo dai capelli blu, rivestito da un’elegante cotta divina, così finemente intarsiata come ben poche Alala ne aveva ammirate nella sua lunga carriera militare.

Anche Andromeda lo osservò affascinato, mentre camminava in aria di fianco a lui, notando nei suoi occhi una luce altera che in pochi guerrieri aveva rimirato. E quei pochi, come Atlas, Alcor e Radamante, erano stati tutti avversari terribili.

"Sin degli Accadi? È questo il nome della mia prossima vittima?" –Rise Alala, iniziando ad espandere il proprio cosmo.

"A meno che non si tratti di un caso di omonimia, temo di no!" –Chiosò il Selenite di Marte, volgendole contro il palmo della mano e scaraventando la Regina delle Makhai contro i resti del muro franato, travolgendola con una bolla infuocata che incendiò parte dei suoi capelli. –"Sin non è mai vittima, solo carnefice!"

In quella, dallo squarcio aperto nella muraglia tra Quarto e Quinto cerchio decine e decine di Phonoi e Androctasie iniziarono a riversarsi all’interno, le armi in pugno, i cosmi sfolgoranti energia cosmica. Fin troppo ordinato era stato il loro avanzare fino a quel momento, adesso necessitavano di sfogarsi, di lasciar libero sfogo alla loro furia guerriera. E il Selenite di Marte sogghignò, non aspettando altro.

"Cavaliere di Andromeda! Penserò io a fronteggiare quest’animalesca marea di anime prave! Sei in grado di tenere a bada i capricci di quella donna?"

Quale che fosse la sua opinione, il seguace di Atena non poté esprimerla, obbligato a liberare di nuovo le sue catene, dopo che Alala aveva fatto esplodere il suo cosmo, polverizzando i detriti franati su di lei e pronta a dare nuovamente battaglia. Stretto tra i ruggiti bestiali dei Signori della Guerra da un lato e la feroce difesa del Selenite del fuoco, ad Andromeda sembrò davvero di ritrovarsi in un girone infernale.