CAPITOLO UNDICESIMO: VORTICI DI SPERANZA.
Castalia era sconfortata. E anche quel sole appena sorto in lontananza non la faceva ben sperare. Sospirò, prima di rientrare nella capanna, pulirsi il viso al lavello e mettersi addosso la cotta di rame e bronzo che indossava durante le ricerche, preparandosi a una nuova giornata di fallimenti. Purtroppo, per quanto a lungo l’avessero cercata, per quanto attentamente avessero scandagliato mari e coste, di Tisifone ancora non avevano trovato tracce e ogni giorno che passava rendeva sempre più flebile la speranza di ritrovarla.
Stava tornando dal Canada quando aveva ricevuto nuovi ordini direttamente da Atena, informata della scomparsa della nave su cui viaggiavano la Sacerdotessa dell’Ofiuco e i suoi collaboratori. E proprio la Dea le aveva chiesto di occuparsi delle ricerche, affiancandole una squadra di recupero inviata apposta da Nuova Luxor, capitanata da un fedelissimo di Lady Isabel, un professore che anni addietro aveva persino creato delle armature. Con l’appoggio della Grande Fondazione, Castalia e la squadra al suo comando avevano perlustrato il Mar Celtico, partendo dall’ultima posizione rilevata della nave di Tisifone, dedicando particolare attenzione alle coste francesi, verso cui le correnti tendevano a confluire.
Dall’Ile de Batz, Castalia si era progressivamente spostata verso l’estremità della penisola di Bretagna, fino all’Ile de Ouessant, laddove la Fondazione aveva installato una base provvisoria. Un punto strategicamente perfetto per controllare ambo le coste della penisola francese e per lavorare in segretezza, essendo l’isola poco popolata. Ma tutte le speranze che aveva nutrito quel giorno, quando aveva stretto la mano al professore giapponese giunto di corsa dall’altra parte del globo con un jet a reazione della Fondazione Thule, portando con sé un carico di macchinari fantascientifici, adesso parevano scomparse, appannate dalla stessa foschia che al mattino permeava le coste dell’isolotto, rendendo ancora più complesse le ricerche.
"Finalmente sei sveglia!" –La richiamò una voce giovanile. –"Il professore ci ha mandato a cercare! Pare che il radar dei fratelli abbia rilevato qualcosa in mare aperto! Per ora è un segnale molto debole, ma a parer suo vale la pena di indagare!"
"Certamente." –Si limitò a rispondere Castalia, sorridendo sotto la maschera al giovane dai capelli castani con cui era stata a stretto contatto negli ultimi giorni.
Asher non colse il tentennamento della ragazza o se anche se ne accorse fu bravo a non darlo a vedere, limitandosi a farle cenno di precederlo lungo il camminamento di legno che si snodava tra le baracche del piccolo porto di Cadoran, sul versante settentrionale dell’Ile de Ouessant, poco distante dal faro di Stiff, scelto dal Professore per lavorare nell’isolamento più completo.
Anche Asher aveva ricevuto precise istruzioni da Atena, per cui, dopo aver lasciato la Svezia, aveva raggiunto le coste francesi, impegnandosi a fondo nelle ricerche.
Senza perdere neanche in un’occasione determinazione e tenacia. Osservò la Sacerdotessa dell’Aquila, ritrovando nel ragazzo alcuni aspetti che le ricordarono l’allievo che aveva addestrato ad Atene. E che adesso combatte chissà dove in questa guerra che pare non avere fine. Aggiunse, poco prima di entrare dentro la stazione di ricerca, dandosi della stupida per essersi lasciata travolgere così facilmente dal senso di sconfitta. Cosa avrebbe dovuto fare Pegasus all’ingresso della Casa del Toro? Voltarsi e tornare indietro o affrontarne il corpulento custode, pur con il rischio di perdere la vita? Si rispose da sola, reperendo nel ricordo dell’allievo la forza per andare avanti. Ti troveremo, Tisifone! Ti troverò, amica mia! Concluse, entrando nella base.
"Buone notizie, Castalia! Oh sì, spero proprio che lo siano!" –Disse il Professor Rigel, mostrando alla ragazza e ad Asher i risultati di alcune ricerche effettuate in mare aperto, seguendo un’ipotetica linea retta che dal faro di Stiff correva verso le coste della Cornovaglia. –"Proprio in questo punto i nostri strumenti di rivelazione hanno individuato qualcosa, qualcosa che non dovrebbe esserci, non essendo sulla rotta ufficiale di alcuna nave. Ho già inviato i fratelli a controllare!"
"Molto bene, Professor Rigel, la vostra efficienza supera la vostra preparazione!" –Commentò la donna, che nutriva grande stima per l’operato dello scienziato, soprattutto da quando, due giorni addietro, gli aveva mostrato la sua ultima creazione. I fratelli a cui faceva, con tono fiero, riferimento.
"Oh, mi lusingate, Castalia! Voi non…" –Ma prima che il professore potesse aggiungere altro una serie di interruttori iniziò a lampeggiare, anticipando il risuonare frenetico di un fastidioso allarme. –"Ma cosa succede?" –Esclamò l’uomo, correndo verso i monitor, dove alcuni tecnici parlavano tra loro in tono concitato. –"Sembra che tutte le nostre boe rivelatrici siano impazzite… e di alcune… abbiamo perso il segnale, quasi fossero state disattivate o…"
"Distrutte." –Mormorò Castalia, e Asher le diede ragione, battendo un pugno nel palmo dell’altra mano, prima di correre all’esterno dietro di lei. A fatica trattennero un’espressione di stupore nell’osservare la violenta tempesta che stava sferzando il porto, devastando tutte le sue strutture e sradicando ponti e capanne.
No, rifletté il Cavaliere d’Argento. Non è una tempesta. Le correnti d’aria soffiano in una ben precisa direzione. Osservò, notando come tutto quel caos riuscisse comunque ad avere una parvenza d’ordine, rappresentata proprio dall’occhio di quel ciclone inatteso. È una tempesta circolare, simile a un tornado o a un…, aggiunse, notando che persino le acque del mare non erano esenti da quella furia, …vortice.
E proprio al centro di quel tornado, che ormai aveva violentato la sempiterna calma di quell’isola, cambiandone per sempre anche la morfologia, era appena apparso un uomo, i cui lineamenti da lontano non riusciva ancora a definire, sebbene fosse certa che indossasse un’armatura.
Un Cavaliere?! Mormorò, cercando di individuarlo ma stando attenta a non essere travolta dal mulinare imperterrito del vortice o dai pezzi di legno o pietra che precipitavano in ogni direzione. Fu solo l’intervento di Asher, che balzò su di lei, schiacciandola a terra, che impedì ad una trave appuntita di mozzarle il collo, ma neppure il ragazzo poté proteggerla dalla furia di quel turbine che puntava dritto verso di loro.
"Non troppo presto!" –Parlò infine lo sconosciuto apparso dal mare, e al suono della sua voce il mulinello d’aria e acqua si allargò, sfumando ai lati e scagliando verso l’entroterra tutto ciò che aveva fagocitato nella sua breve, ma devastante, marcia. –"Prima di uccidervi desidero sapere. Chi siete? Anzi no, questo già lo so. La maschera che porti sul volto, donna, è sufficiente per indicarti come Sacerdotessa Guerriero. Quel che mi chiedo è cosa fanno due Cavalieri di Atena così a nord, ben fuori dalla vostra area di giurisdizione."
"Perché vuoi saperlo? E chi sei tu?" –Incalzò Castalia, facendosi forza col tono della sua stessa voce.
"Siete giovani, per questo siete scusati!" –Rise lo sconosciuto, il corpo ricoperto da una corazza azzurrognola, molto coprente. –"Ma se foste vissuti secoli addietro, quando il mondo era giovane e gli uomini provavano reverenziale paura nei confronti del mare, allora il mio nome avreste di certo conosciuto. E lo avreste temuto. Perché io sono Cariddi, l’irrequieto. Il generatore di vortici così devastanti che persino l’eroico Ulisse ebbe di me timore, preferendo affrontare Scilla, che rischiare la sorte nelle mie profondità!"
"Ca… Cariddi?!" –Mormorarono Asher e Castalia, che ben conoscevano le leggende su quel pericolo marino. –"E cosa fai qua? Anche tu sei piuttosto a nord, rispetto al tuo campo d’azione, non è vero?"
"In un certo senso sì! Ma è da molto tempo che non dimoro presso le coste di Sicilia, preferendo vagare per gli oceani, in modo da non essere rintracciabile." –Disse, incupendosi per un istante, per poi tornare al tono gioviale ma fermo avuto fin dall’inizio. –"Ciò è irrilevante, comunque. Quanto meno per chi sta per morire! In tutta onestà, uccidere due Cavalieri di Atena mi reca dispiacere, perché in passato ho avuto simpatia per la vostra Dea. Pur tuttavia gli ordini sono ordini e sincerarmi che non vi fossero superstiti equivale a far fuori chiunque metta il naso in affari che non gli competono!"
"Tu sai cosa è accaduto alla Sacerdotessa mia compagna?" –Esclamò Castalia, avendo compreso a cosa si riferisse. –"Parla, che ne è di lei?"
"Solo il mare lo sa." –Rispose Cariddi, alzando le spalle.
"Bastardo!!!" –Ringhiò Asher, chiudendo le dita a pugno e iniziando a espandere il proprio cosmo. Prima che Castalia potesse dirgli alcunché, il ragazzo era già corso avanti, balzando su Cariddi e muovendo il braccio per colpirlo in pieno volto, ma, come la Sacerdotessa notò prontamente, l’uomo fu più veloce, girando il capo e lasciando che il pugno di Asher fendesse l’aria, prima di afferrarlo a mezz’aria e sbatterlo al suolo.
"Un rottame tra i relitti." –Commentò Cariddi, sprofondando il ragazzo tra le travi di legno del vecchio pontile.
"Ehi, ci sono anch’io!" –Lo chiamò allora Castalia, prima di balzare su di lui con un calcio acrobatico. E venire prontamente scaraventata indietro.
"Lo noto." –Ironizzò l’uomo, incamminandosi verso di lei. Ma fu di nuovo distratto da Asher, che, risollevatosi, stava bruciando il cosmo, richiamando a sé l’armatura dell’Unicorno, che subito apparve e si dispose sul suo corpo. –"Non ti servirà a molto. Credimi." –Disse, mentre il Cavaliere di Bronzo spiccava un balzo, portandosi al di sopra di Cariddi per poi piombare su di lui con una mitragliata di calci.
"Criniera dell’Unicorno!!!"
"Che nome sciocco per un semplice calcio volante!" –Commentò Cariddi, con aria divertita, muovendosi ad una velocità superiore a quella del ragazzo, di cui poté osservare ogni singolo movimento. Quando si stancò, soffocò con la mano destra uno sbadiglio, prima di afferrare la gamba tesa di Asher con la sinistra e sbatterlo a terra. Una volta, due volte, dieci volte, fino a crepargli l’armatura e spaccargli l’elmo della corazza, imbrattandogli il volto di sangue. Infine lo scagliò in aria, preparandosi a colpirlo con un fascio di energia cosmica, ma Castalia lo anticipò, balzando in alto e recuperando l’amico.
"Stai… attenta…" –Mormorò Asher, sputando sangue. –"Sembra calmo e tranquillo ma la sua forza fisica è devastante."
"Come nei vortici che genero, uguale forza pervade le mie braccia!" –Chiosò Cariddi trionfante. –"E non è potere che una donna e un ragazzino possono vincere!"
"Questo lo vedremo!" –Esclamò Castalia, che aveva a sua volta indossato l’armatura dell’Aquila. –"Cometa pungente!!!" –Aggiunse, scatenando il colpo segreto che aveva insegnato a Pegasus.
"Quattrocentosedici colpi al secondo! Non male davvero, per un Cavaliere del tuo rango! E sono convinto che se ti lasciassi scatenare potresti anche migliorarti!" –Ammise Cariddi, con un’espressione di genuino stupore. –"Ma sei ancora troppo debole per affrontare una creatura divina! Fatti un favore e muori!" –Concluse, avanzando tra gli attacchi di Castalia e chiudendo infine la mano sul suo pugno destro teso. Lo stritolò, tra le grida della donna e lo scricchiolare della corazza, prima di scagliare in alto il corpo nemico e colpirlo con una sfera energetica.
"Ca… Castalia!!!" –Urlò Asher, rimettendosi in piedi. –"Maledetto, non ci lasceremo vincere così! Abbiamo una missione da portare a termine e non ho intenzione di deludere la fiducia che Atena ha riposto in me! No, non la deluderò!!!" –Ed espanse ulteriormente il suo cosmo, come mai fatto prima, sostenuto dal ricordo di Lady Isabel, dal suo sorriso, dalla prospettiva di renderla soddisfatta di sé. –"Assaggia il corno della giustizia! Rifulgi, Corno d’Argento!!!" –E portò avanti il braccio destro, generando una cometa energetica che sfrecciò verso Cariddi, coprendo in un lampo la distanza tra loro, solo per schiantarsi sul palmo aperto del misterioso guerriero, che la spense poco dopo, di fronte agli occhi angosciati di Asher. –"A… allora… siamo proprio inutili?!" –Mormorò, crollando a terra, assieme a tutte le sue convinzioni.
"Ora che lo avete capito, restate fermi, di modo che possa farvi fuori con un solo attacco!" –Commentò Cariddi, mentre Castalia a fatica si trascinava verso Asher.
"Resta fermo tu!" –Gridò una voce all’improvviso, facendo voltare i contendenti verso la cima del promontorio ove fino a poche ore prima si ergeva la base di ricerca della Fondazione, adesso un cumulo di macerie.
Il Professor Rigel e alcuni soldati che Isabel aveva dato loro in scorta puntavano i fucili in direzione di Cariddi e, dai puntini rossi apparsi sulla corazza dell’uomo, parevano dotati di ottima mira, nonostante la distanza.
"Sca… scappate!!!" –Rantolò Castalia. Ma fu troppo tardi.
Prima ancora che il rumore degli spari giungesse alle loro orecchie, Cariddi aveva già raggiunto i tiratori, lasciandosi alle spalle le pallottole e le grida della Sacerdotessa. Gli bastò muovere un braccio a spazzare per generare un’onda di energia con cui investì i soldati, sollevandoli e scaraventandoli indietro, le pelli lacerate, quasi strappate via, dal mulinare violento del suo cosmo.
"Rimane solo lei, a quanto pare." –Commentò, osservando il volto terrorizzato del Professor Rigel, per poi allungare il braccio e strappargli il fucile che non riusciva a far funzionare. Lo stritolò con le sue dita, mentre con l’altra mano afferrava la faccia dell’uomo, distruggendogli gli occhiali e sollevandolo da terra, incurante delle sue urla di terrore.
"Lascialo stare! Siamo noi i tuoi avversari!" –Gridarono allora Castalia e Asher, rimessisi a fatica in piedi. –"Non hai dunque onore nel guerreggiare con semplici esseri umani?"
"E voi, ai miei occhi, cosa siete?" –Ironizzò Cariddi, voltandosi e scagliando loro contro il corpo ferito dello scienziato. Castalia lo afferrò al volo, prima che sbattesse la testa a terra, mentre Asher, avvolto nel suo cosmo violaceo, si lanciava contro il nemico.
"Corno d’argentooo!!!" –L’attacco energetico sfrecciò verso Cariddi, che lo evitò semplicemente spostandosi a destra, per poi colpire il ragazzo sul dorso con un pugno che gli schiantò lo schienale dell’armatura. Non fece in tempo a infierire perché già Castalia era balzata su di lui, gli artigli dell’aquila pronti a ghermire. Ma bastò che Cariddi spostasse lo sguardo su di lei per sollevare un turbine di energia che ne frenò il volo, spezzandone parti della corazza, prima di risucchiare anche Asher al suo interno, farli roteare assieme e scaraventarli a riva, tra i relitti del porticciolo.
"Bene, sembra che il problema superstiti sia stato risolto. Incaute Makhai, mi state facendo tardare all’appuntamento con il mio signore, l’unico che possa vantarsi del titolo di Imperatore dei Mari!" –Commentò Cariddi, passando tra i cadaveri dei soldati e dirigendosi verso la baia, laddove le acque già stavano increspandosi all’avvicinarsi del suo cosmo, pronte ad aprirsi per accoglierlo.
Fu allora che lo raggiunse il lamento di Castalia, presto seguito da quello di Asher, che, doloranti, tentavano di risollevarsi ancora, come il loro vecchio allievo e amico aveva sempre fatto. Tanta testardaggine strappò un sorriso al loro avversario.
"Come si dice da queste parti, Kentoc'h mervel evet bezañ saotret! Meglio la morte che la macchia, eh?" –E espanse infine il proprio cosmo, rivelandolo ai due Cavalieri come mai lo aveva ostentato prima. Ansimando a fatica, sia Castalia che Asher ne percepirono la magnificenza e anche la profondità, simile a un gorgo abissale di cui non si riesce a vedere la fine. –"La vostra devozione merita un premio, vi onorerò del mio colpo segreto! Siatene fieri, e addio!" –Ma prima ancora che riuscisse a rivelare tale potere, la terra tremò sotto i suoi piedi, mentre lunghi filamenti verdastri saettarono fuori, avvinghiandosi attorno al suo corpo. –"Che… cosa sono?!"
"Le liane dell’Eridano!" –Esclamò allora una voce, limpida e cristallina, mentre le liane aumentavano in quantità, e anche nella forza della loro stretta, percorse adesso da un vigoroso cosmo celeste. –"E questo è il mio gorgo!!!" –Aggiunse, anticipando l’arrivo di un globo di energia azzurrina, che si schiantò sul pettorale dell’armatura di Cariddi, scagliandolo in alto, incenerendo le stesse liane.
"Questa… voce…" –Mormorò Castalia, muovendo lo sguardo nella direzione dell’uomo appena comparso sull’isola, un uomo a cui si era unita tempo addietro. –"Niko… laos…" –E svenne, certa di essere adesso al sicuro.
"Riposa, dolce Castalia!" –Commentò il nuovo arrivato, fermandosi accanto ai corpi feriti dell’Aquila e dell’Unicorno e sincerandosi che non fossero in fin di vita. –"Il tuo cosmo mi ha guidato fin qua. Ti tenevo d’occhio da giorni, da quando hai mancato il nostro appuntamento per mettere anima e corpo nella ricerca di un’amica. E finalmente ti ho individuato."
"Un altro Cavaliere di Atena?!" –Ghignò allora Cariddi, rimessosi in piedi. –"Avresti fatto meglio a restartene in Grecia, perché se dei due pivelli ho avuto pietà, tu mi hai fatto proprio arrabbiare con quest’attacco a sorpresa!"
"Non a un Cavaliere di Atena ti rivolgi, guerriero sconosciuto, ma al Luogotenente dell’Olimpo, Nikolaos dell’Eridano Celeste!" –Esclamò fiero il ragazzo, rivestito dalla sua lucente cotta turchina.
"Eridano eh?! Ho sentito parlare di te… i fiumi mormorano, del resto, e io ascolto le acque. Sei l’ultimo della tua stirpe, l’ultimo Cavaliere Celeste, e l’unico umano tra le guardie scelte di Zeus. Perché? Cosa ti rende diverso?"
"La fede nel futuro e il desiderio di proteggere coloro che amo." –Rispose il giovane, iniziando ad espandere il cosmo. –"E se l’uno o l’altro tu minacci, io ti combatterò!"
"E sia! Ma non chiamarmi guerriero, usa il mio nome, che è Cariddi! Un nome che dovresti conoscere o che, in ogni caso, conoscerai presto!"
"Pagherai per il dolore che hai inflitto a questi innocenti! Gorgo dell’Eridano!!!" –Avvampò Nikolaos, concentrando il cosmo in una sfera di energia celeste e scagliandola verso Cariddi alla velocità della luce.
"Umpf! Mi hai sorpreso una volta, non la seconda!" –Commentò quest’ultimo, aprendo le braccia di lato mentre un violento vortice iniziava a turbinare attorno a sé, generando una barriera roteante contro cui l’assalto del Luogotenente si schiantò. Anzi, come ebbe a notare lo stesso Nikolaos, venne risucchiato al suo interno, disgregandosi in macchie di energia che vorticarono attorno a Cariddi, salendo a spirale verso l’alto, fino a esplodere nel cielo lontano.
"Così intenso è il mulinare di quel turbine…" –Rifletté il Cavaliere Celeste.
"E niente può sottrarsi alla sua forza di attrazione." –Concluse Cariddi, aprendo il palmo della mano avanti a sé e spingendo il vortice verso Nikolaos, dandogli la forma di una barriera verticale d’aria, che schiacciò a terra il Luogotenente, schiaffeggiando il suo corpo con violente scariche di energia. –"Come ben puoi vedere." –Aggiunse, volgendo il palmo verso il cielo e sollevando al qual tempo il suo avversario, travolto dal vortice di energia.
"Maledizione, devo reagire!" –Esclamò Nikolaos, cercando di recuperare una postura corretta e al tempo stesso incendiando il proprio cosmo, fino a generare una sfera di energia tra le mani, pronto per scagliarla contro Cariddi. Ma questi intensificò il proprio assalto, scagliando il ragazzo ancora più in alto, facendogli persino perdere il controllo sulla sfera, che gli esplose tra le mani, scheggiando la sua corazza, per poi scaraventarlo decine di metri addietro.
"Pare che tu sia un po’ meglio degli altri due. Anche se inferiore alle mie aspettative. Da un Cavaliere Celeste mi aspetto di più, e lo so perché ne ho affrontati in passato. Giasone, Castore, Polluce, gli Argonauti, erano tutti eroi leggendari, semidei, figli, come me, di Divinità. Tu invece non sei nessuno, solo un banale essere umano, e come tale inferiore!"
"Non… parlare… di Giasone e dei miei compagni, caduti contro l’ombra che ammanta questo scorcio di secolo!" –Disse Nikolaos, affannando nel rimettersi in piedi. –"Ombra di cui tu fai parte! E che è mio dovere spazzar via! Correnti… dell’Eridano!" –Aggiunse, sfiorando il suolo con la mano carica di vitalità cosmica.
Getti d’energia acquatica sgorgarono dal terreno sotto e attorno ai piedi di Cariddi, schiantandosi sulla sua corazza e destabilizzandolo per qualche istante, quanto gli ci volle per recuperare una posizione eretta, annientando quei fiotti d’acqua con un’onda di cosmo. Quel breve attimo bastò a Nikolaos per portarsi di fronte a lui, una sfera di energia rilucente sulla mano destra. La poggiò sul pettorale del nemico, lasciandola sfrigolare e strappandogli un gemito, di sorpresa e di disappunto, prima che questi lo scaraventasse indietro con un vortice d’aria, schiantandolo poco distante da Castalia e da Asher.
"Ardito!" –Commentò Cariddi, osservando la crepa ancora fumante sull’armatura, prima di spostare lo sguardo sul Cavaliere di Zeus, che già si era rimesso in piedi. –"Ti onorerò con il mio massimo colpo, il possente maelstrom che tutto risucchia! Raggiungi i tuoi compagni, Luogotenente dell’Olimpo, e dì loro che hai tenuto alto il nome di cui ti fregi! Addio! Moskstraumen!!!" –Gridò, sollevando il braccio destro al cielo e generando un gigantesco vortice, che piombò su Nikolaos, Castalia e Asher in una frazione di secondo, risucchiandoli al proprio interno e facendoli turbinare nel cielo sopra l’Ile de Ouessant.
"Vana è ogni resistenza. Chi viene inghiottito dal maelstrom incontra solo morte. Una morte atroce, dovuta all’enorme pressione interna al gorgo che spezza tutte le ossa." –Spiegò Cariddi, placando infine la sua tecnica, dal cui fondo fuoriuscirono i corpi malconci dei tre Cavalieri. Uno dopo l’altro si schiantarono a riva, tra i frammenti insanguinati delle loro corazze, sotto lo sguardo vigile del generatore di vortici.
Alla vista di quei corpi contusi, delle pose innaturali assunte dai loro arti, Cariddi sospirò, prima di dare loro le spalle e incamminarsi verso l’oceano. Verso casa.
Questo dolore… è fortissimo. Rantolò Nikolaos, cercando di rimettersi in piedi. L’Armatura Divina era distrutta in più punti, ma la sua maggiore resistenza gli aveva impedito di riportare danni peggiori, come invece temeva fosse accaduto a Castalia e Asher. Ma era come se sentisse rotta ogni singola ossa del corpo. A fatica cercò di recuperare controllo di sé, focalizzandosi prima sulle dita, muovendole piano, una ad una, quasi a sincerarsi di averle ancora tutte. Le trascinò sul terreno sabbioso, determinato a stringerle a pugno ma incapace di farlo, incapace di trovare la forza per chiuderle. E se anche vi riuscissi… non ho modo di vincere Cariddi. Non ho tecniche che possano danneggiarlo, rifletté. Del resto non era per quello che era divenuto un Cavaliere Celeste.
"Non per attaccare, non per arrecare offesa, bensì per difendere la nostra bella Terra. E coloro che la popolano." –Aveva detto quel giorno ai suoi genitori, mostrando loro la cotta celeste che Efesto aveva appositamente forgiato per lui.
"Anche noi avremmo dovuto difendere la nostra terra, il nostro regno. Eppure un giorno ci fu chiesto di attaccare, di scendere in guerra per il nostro Signore!" –Dissero allora tre voci, raggiungendo l’animo di Nikolaos. Tre voci lontane che gli ricordarono i giorni dell’investitura, quando li aveva incontrati la prima volta, fieri e possenti, e così grandi gli erano apparsi da cingere l’Olimpo in un unico abbraccio.
"Ma voi… siete… Bronte del Tuono, Sterope del Fulmine e Arge lo Splendore…"
"I Ciclopi Celesti!" –Parlarono tronfi gli antichi difensori del Bianco Cancello. –"Incaricati dal Sommo Zeus di presidiare i confini del suo regno, fino al giorno in cui non ci fu detto di uscirne per iniziare una guerra sbagliata. Una guerra ove tu, Luogotenente, fosti l’unico a rimirare lontano. Una guerra ove perirono i tuoi compagni. Adesso sei l’ultimo rimasto, l’ultimo Cavaliere Celeste, su te ricade la responsabilità e l’onore di lottare fino alla fine! In nome di Zeus e di coloro che hanno rivestito quel ruolo nel corso di millenni, combatti anche per noi, che fummo ingannati e credemmo nell’ombra! Combatti, giovane Ciclope!"
Quelle parole rincuorarono l’animo di Nikolaos, ma ancor più fece la scarica di energia che improvvisamente pervase ogni membra del suo corpo, come se i Ciclopi avessero acceso una miccia che attendeva silente dentro di lui. Bruciando il cosmo, il ragazzo si rimise in piedi, liberandosi dell’elmo a maschera, ormai distrutto, e spazzandosi i capelli insanguinati all’indietro, quasi a voler gettar via ogni residuo di stanchezza.
Nel percepire l’avvampare del suo cosmo, Cariddi si fermò, voltandosi sorpreso, ma non troppo dispiaciuto per il nuovo scontro che avrebbe dovuto sostenere.
"Non ti è bastato discendere una volta nel maelstrom? Vuoi dunque precipitarvi di nuovo? Che sia per follia o per un disperato bisogno di sentirti alla pari con coloro che ti hanno preceduto, io ti accontenterò! Ecco, Luogotenente, questo di Cariddi è il Moskstraumen!!!"
Il gigantesco gorgo travolse Nikolaos, risucchiandolo al suo interno, fioca fiammella di cosmo baluginante in un abisso di tenebra. Ma anziché risputarlo poco dopo, con la corazza distrutta e le ossa maciullate, il maelstrom dovette tenerlo in sé, perché il Cavaliere Celeste era determinato a non lasciarsi travolgere.
"Ma cosa… sta facendo?!" –Borbottò Cariddi, cercando di penetrare con lo sguardo all’interno del vortice. A fatica, riuscì a percepire la presenza di Nikolaos, in piedi, con le gambe divaricate, al centro del gorgo, il cosmo che risplendeva come non mai. Un cosmo celeste avvolto adesso da saettanti scariche azzurre.
"Aaaahhh!!!" –Gridò il Luogotenente, le braccia aperte ai lati, le mani che tentavano di afferrare quella turbinante oscurità. Mani che racchiudevano adesso la forza di tre Ciclopi Celesti, i custodi del fulmine, la sacra arma di Zeus. A Nikolaos parve di udire la voce di Arge, mentre le sue dita affondavano nel gorgo, come la Spada del Fulmine sempre squarciava i corpi nemici. Poi gli parve di sentire Bronte sollevare il vortice da terra, con la sua immensa forza, mentre le folgori lucenti di Sterope pervadevano l’intera struttura. –"Io… sono l’ultimo dei Cavalieri Celesti. L’ultimo Ciclope Celeste!!!" –Ringhiò a squarciagola Nikolaos, di fronte agli occhi sbalorditi di Cariddi. –"Zeus, aiutamiii!!!"
Con il cosmo al parossismo, il Luogotenente deviò la direzione del maelstrom, fino a farlo schiantare contro lo stesso Cariddi, che ne venne risucchiato all’interno. Quindi, sfruttando le ultime forze, fu abile a spingerlo verso il mare aperto, lasciando che esplodesse in lontananza, agitando le acque per un’ultima volta. Solo alla fine crollò sulla sabbia, affondando la faccia nella rena bagnata, e lì avrebbe voluto rimanere, per riposarsi e riprendere fiato, quando si ricordò di Castalia e di Asher e delle loro condizioni critiche.
Rantolando, cercò di rimettersi in piedi, poggiando un ginocchio a terra, ma la stanchezza lo fece cadere di lato. Fu afferrato in tempo da due braccia snelle, che lo aiutarono a rialzarsi e lo accompagnarono fino al limitare della baia, dove Castalia e Asher erano stati distesi. Entrambi palesemente feriti.
"Non si affatichi!" –Disse il Professor Rigel, che aveva soccorso, appena aveva potuto, anche gli altri due Cavalieri. Aveva il volto sporco di sangue e schegge di vetro ancora infilate nella pelle, ma la sua risoluzione non era venuta meno.
"Dobbiamo… tornare in Grecia…" –Mormorò Nikolaos. –"Per curarci. Per medicare le loro ferite." –E anche lo scienziato dovette dargli ragione, sebbene non sapesse in quel momento come avrebbe potuto aiutarli. La nave di ricerca era ancora in mare aperto e non sarebbe rientrata fino a sera e, dopo la distruzione della base, non aveva neanche modo di mettersi in contatto con i suoi occupanti.
Fu uno improvviso sbatter d’ali a distrarre entrambi da foschi pensieri.
"Se permettete, vi verrò in aiuto!" –Esclamò una placida voce, mentre Nikolaos muoveva lo sguardo verso il cielo, contro cui si stagliava una delicata figura ammantata di luce. –"Posso trasportarvi io in Grecia!"