CAPITOLO TRENTASETTESIMO: VENDETTA MANCATA.
"Che stai dicendo, rustica fiammella? I nio heimar appartengono a me, Loki, della stirpe dei Giganti di Brina! Questa è la mia grande occasione, attesa per anni, e dagli Asi a lungo temuta! Nel secolare conflitto tra luce e ombra, questa è la rivalsa dell’ombra!" –Declamò l’Ingannatore, ritto su una roccia nella piana di Vígridhr, circondato da un mare di fiamme che Surtr aveva appena sollevato contro di lui.
"Proprio per questo non ti appartiene! Sei solo una pedina in un gioco più grande di te!" –Ghignò il Nero, osservando l’espressione sbigottita sul volto di colui che da sempre era abituato a burlarsi degli altri. –"Una realtà difficile da accettare, Buffone Divino, ma veritiera! E adesso, se vuoi scusarmi, ho una fortezza da distruggere e un ultimo mondo da incenerire!"
"Un ultimo mondo?! Che vuoi dire?"
"Credevi che il potere dei figli di Muspell fosse asservito alla tua causa, al patetico desiderio di rivalsa di un buffone di corte che per anni è stato canzonato dagli Asi per le sue singolari pulsioni sessuali, che per anni non è stato capace di tagliare la testa di un vecchio guercio e prendersi un trono di legno? Stolto e stupido solo ad averlo pensato! I Giganti di Fuoco miei fratelli e sudditi marciano nelle terre dei Vani, degli elfi e dei nani per ridurle in cenere! E ad eguale sorte è destinato il Recinto di Mezzo! Un rogo universale sta per sorgere!" –Sibilò Surtr, chinandosi sul Dio e soffiandogli in faccia una vampata di aria calda, che subito diventò una tempesta di fuoco.
Loki fu svelto a balzare indietro, spalancando l’ampio mantello della sua veste e usandolo per planare docilmente a terra. Ma subito nuove vampe scarlatte sorsero dal suolo, obbligandolo ad usare la runa dell’immobilità al massimo della potenza.
"Isa!!!" –Gridò, congelando lo spazio attorno a sé e strappando un sorriso al gigantesco Distruttore.
"Mi diverti, Burlone Divino! Tieni alto il tuo nome, in effetti! Lascia però che ti dia un consiglio da amico, forse l’unico che tu abbia! Anche se in effetti non mi ritengo tale, ma poco importa! Sfrutta quel tuo bel mantello di piume di falco e vattene! Vola via, da Asgard e dai nove mondi, se vuoi vivere ancora a lungo! Perché se dovessi incontrarti di nuovo sulla mia strada…" –E lasciò di proposito la frase in sospeso, mentre tutto attorno a Loki si sollevavano lingue di fuoco, sciogliendo dall’interno il gelo con cui erano state temporaneamente frenate.
"È una minaccia, la tua, scintilla da caminetto?" –Esclamò Loki, ergendosi fiero in mezzo alle fiamme, incurante delle faville che gli incendiavano il magnifico abito.
"No, è suprema verità!" –Sibilò Surtr, smuovendo le vampe di fuoco in un assedio attorno al corpo dell’Ingannatore, il quale, nient’affatto intimorito, si limitò a roteare su se stesso, il braccio destro teso avanti, il simbolo di Isa rilucente nell’aria torrida.
Le fiamme crepitarono ancora, fermandosi e raffreddandosi, ma Surtr, che aveva già perso anche troppo tempo, calò su Loki la sua enorme spada di fuoco.
"Tempo al tempo!" –Mormorò il Nume, arrestando la discesa dell’arma pochi centimetri sopra la sua testa e sollevando lo sguardo verso il Nero. –"Se io sono stato uno stolto a credere nell’aiuto dei Muspells megir, tu sei ancor più ingenuo a pensare che mi faccia da parte adesso! Adesso che ho scatenato tutto questo!"
E in quel momento, mentre il suo cosmo divino congelava la spada di fuoco, il Dio ripensò a quel che la Celebrante di Odino gli aveva detto all’inizio di quell’avventura, prigioniera nelle segrete di Midgard. –"Credi di poterlo controllare, Loki? Credi di essere davvero il direttore di questo dramma? Sei un illuso, e te ne accorgerai presto! Il potere che vuoi scatenare è troppo grande per chiunque, persino per un figlio della stirpe degli Jötnar!"
Forse era vero. Ammise il Grande Ingannatore. Pur tuttavia si era spinto talmente avanti da non poter più tornare indietro. Perché farlo significherebbe rendere vana un’intera esistenza, significherebbe ammettere che non ho vissuto per altro se non per veder crollare i miei progetti e non avere la mia vendetta.
Il dolore del ricordo per la sorte di Vali, Narfi e Sigyn lo fece imbestialire, generando un’onda di energia che annientò le fiamme attorno, scavando il suolo in profondità, mentre tutto attorno al suo braccio rilucevano saette incandescenti.
"Thurisaz!" –Gridò, distruggendo la spada congelata e forzando Surtr alla difensiva.
"Per rispetto all’ombra che ci ha risvegliato da un torpore di millenni, avevo deciso di lasciarti vivere, Fabbro di Menzogne! Ma adesso che hai rivolto i tuoi colpi contro di me, ti ucciderò! Ti abbrustolirò su un rogo assieme agli Asi e ai Vani!" –Declamò Surtr, facendo scorrere colate di lava nel terreno di fronte a lui, fin sotto i piedi di Loki, che venne sbalzato in aria da un getto di magma ardente.
Tentò di liberarsi da quel calore intenso, ma il gelo di Isa non era sufficiente per controbattere quell’inferno millenario. Ridendo, Surtr gli soffiò contro una tempesta di fuoco, avvolgendolo in un turbine che incendiò la sua veste ricamata e ciuffi di capelli, ustionandogli la mano già danneggiata dallo scontro con Jonathan. Quindi, stufo di giocare, gli scagliò contro un getto di lava, schiantandolo contro i massi in precedenza franati a chiudere l’ingresso verso Hel.
"Al tuo posto, Nume fasullo!" –Commentò Surtr, prima di placare le fiamme e incamminarsi infine verso il Valhalla.
Sorrise, osservando il ponte distrutto da Orion, come se un misero ostacolo potesse impensierirlo, per poi richiamare a sé le sue fiamme e sprofondare nel terreno, quasi come ne venisse risucchiato. Un attimo dopo le insidiose acque di Thund ribollirono e tutti i pesci salirono a galla morti, lessati da un calore intenso che si era acceso al di sotto del letto del fiume. Sbucando dal suolo sul lato adiacente al Valhalla, Surtr riacquistò le sue immense forme e proseguì verso la Dimora degli Uccisi, incurante di tre Cavalieri feriti che giacevano poco lontani dalla riva.
Non passarono che pochi minuti che una deflagrazione di energia squassò ulteriormente la piana di Vígridhr, anticipando la liberazione di Loki dal cumulo di rocce e fiamma rovinati su di lui. A guardarlo da vicino il Nume era irriconoscibile, tranne forse per Sigyn, la sposa che morì languendo nella caverna oscura, dopo secoli trascorsi a raccogliere in una ciotola il liquido che le serpi facevano colare sul volto del compagno. L’unico essere vivente che mai lo avesse amato.
"Tu sia maledetto, Surtr!!!" –Ringhiò il Burlone Divino, crollando sulle ginocchia e respirando a fatica. Le vesti eleganti erano bruciate in più punti, lasciando intravedere le carni al di sotto. Il suo volto, al pari del resto del corpo, era segnato da striature violacee, ustioni che il suo cosmo indebolito non riusciva più a trattenere, cicatrici che volevano emergere, per mostrare al mondo un passato che non riusciva a dimenticare, che non aveva mai voluto dimenticare. Perché quel passato lo aveva reso quello che era, l’Ingannatore che aveva a lungo tramato per la caduta degli Asi.
"Fenrir!!!" –Chiamò. –"Fenrir, vieni da tuo padre, portami al Valhalla sulla tua folta schiena!!!" –Ma nessuno rispose. –"Hel, lurida strega, cedimi la tua scopa! La userò per sfondare il cranio del Guercio o forse per togliergli l’ultimo occhio! Ah ah ah!" –D’un tratto rise, senza sapere perché, lasciandosi cadere a terra, rotolandosi sul suolo distrutto, inebriandosi di quell’odore di fumo e morte che sgorgava dalla terra stessa.
"Sono solo!" –Dovette ammettere infine, lo sguardo perso nella coltre di nubi che sovrastava l’intera Asgard. –"Come lo sono sempre stato, in fondo. Padre di figli che non l’hanno mai amato, re di un regno che non è mai esistito se non nella mia mente."
Nonostante i bei piani di conquista, le alleanze che credeva di aver tessuto nel corso di secoli bui, non gli era rimasto nessuno. I suoi malvagi figli erano morti, uccisi dai Cavalieri dello Zodiaco; gli Dei di Vittoria erano stati sconfitti, persino il grande Erik, cui aveva donato la sua prima armatura, persino Managarmr che aveva scaldato le sue notti pensose. Le creature terribili che aveva risvegliato erano sprofondate nell’oblio: Garmr, Skoll, Hati, le Vilgemir, le streghe di Járnviðr. E dal Niflheimr non era venuto alcun aiuto. Qualcuno deve aver fermato l’avanzata dei Giganti di Brina.
Sollevando lo sguardo, vide ovunque un fuoco nero incendiare la città di Ásaheimr, un fuoco che trasudava odore di morte, effluvi che gli ricordarono tutti coloro che erano caduti in quella guerra. Heimdall e Tyr, Balder e Frigg, Ullr e Bragi, Freyr e Freya. E molti altri i cui nomi non ricordava neppure ma che era stato lieto di falciare con le sue rune di morte.
Perché? Cosa aveva provato in quel momento, quando da Dio dell’Inganno era divenuto Dio della Morte? Il passaggio, in cuor suo, era stato breve, una conseguenza dell’agire degli Asi, che lo avevano ferito, umiliato e torturato, spingendolo verso un sentiero di vendetta durato secoli, forse millenni. Eppure adesso, ripensando al bianco sorriso della Sentinella Celeste, ritta su Bifrost, Loki non provò niente. Nessuna gioia, nessuna soddisfazione. Nessun canto di celebrazione, solo un vuoto immenso. Niente di più di quel che aveva albergato nel suo animo dagli albori del mondo.
Per la prima volta, osservando le fiamme allungarsi verso il cielo e soffocare Asgard, cingendo d’assedio le residenze divine, lo invase il dubbio che quel caos, quella distruzione, quell’inferno universale, non fosse quello che aveva davvero voluto.
Lui voleva soltanto il trono di Odino, sedere su Hliðskjálf e bere idromele, non urina di capra. Voleva un esercito di guerrieri come il suo, valorosi e arditi, pronti a dare la vita per il loro signore, e non costretti a lottare per paura di ritorsioni e morte. Voleva una sposa bella e luminosa come Frigg, i cui riccioli d’oro avrebbe carezzato ogni notte, prima di unirsi a lei e generare una discendenza perfetta, non una gigantessa o una prostituta con cui mettere al mondo serpi e mostri. Lui voleva essere Odino, e non la sua nemesi, e finalmente trovò il coraggio di ammetterlo a se stesso. Quel che tanto aveva odiato, quel mondo che aveva tentato di distruggere, era il mondo su cui voleva imperare. Era il mondo che voleva fosse suo.
"Asgard è mia!" –Avvampò, rimettendosi in piedi e mirando verso il Valhalla, ove Surtr già teneva in scacco la fortezza. –"Non ti permetterò di incendiarla, perché mi appartiene! Asgard è il mio regno! E la difenderò dalle tue vampe distruttrici!"
"Sono sorpreso di sentirtelo dire!" –Esclamò una voce giovanile, sorprendendo il Fabbro di Inganni, che si voltò di scatto, con un’espressione stupita sul volto.
Cristal il Cigno lo osservava incuriosito, stringendo Flare in un protettivo abbraccio, affiancato da Sirio, Andromeda e Phoenix, tutti con le Armature Divine ricoperte da aloni di fumo, e con i capelli e il volto bruciacchiati. Dragone, in particolare, con i capelli corti e disordinati, sembrava un’altra persona.
"Siete ancora vivi?" –Bofonchiò scocciato l’Ingannatore. –"Umpf, non lo sarete per molto. Surtr è di umore instabile oggi e pare voglia usare Asgard per la sua personale grigliata! Fate attenzione o potreste ritrovarvi a rosolare allo spiedo come succulenti suini!" –Quindi diede loro le spalle, muovendo qualche passo avanti, ma poi, sentendo ancora i loro sguardi su di sé, si voltò apostrofandoli seccato. –"Beh, non correte a salvare i vostri amici? Non è questo che fanno gli eroi?!"
"Lo faremo, ma tu verrai con noi e ci aiuterai a sconfiggere Surtr!" –Esclamò Cristal, attirando gli sguardi preoccupati e incuriositi dei suoi compagni.
"Ah ah ah! Buona questa! Avrebbero dovuto scegliere te come buffone di corte, Cigno! Io, Loki, Dio dell’Inganno, dovrei aiutarti a spegnere l’incendio che io stesso ho appiccato?! Ma sii serio!"
"Non è questo quel che volevi ottenere! Ti abbiamo sentito poc’anzi! La fiamma di Surtr è sfuggita al tuo controllo!"
"Ma ho ben altre fiamme con cui posso farti male!" –Sibilò Loki, disegnando la runa di fuoco nell’aria. –"Kaunaz!!!" –Declamò, dirigendo un getto di energia infuocata verso il Cavaliere, il quale, aspettandosi una qualche offensiva, era già pronto per contrastarla con il suo gelido cosmo.
"Cristal!!!" –Intervenne Sirio, vedendo l’amico spinto indietro dalle fiamme di Loki. Sollevò il braccio destro, caricandolo di energia cosmica, e poi liberò la sacra spada, osservandola dirigersi verso l’Ingannatore, falciando suolo e fiamme.
"Isa!" –Si limitò a commentare il Nume, aprendo il palmo dell’altra mano e parando l’avanzata di Excalibur. –"Divertente, non avevo mai combattuto con te, Sirio, adoro le novità… Aaarggh!!!" –Gridò, accorgendosi che in quel breve lasso di tempo Cristal aveva congelato le fiamme e ricoperto di ghiaccio il suo braccio destro. –"Com’è possibile? Il tuo zero assoluto non può aver ragione di una fiamma divina!" –Solo in quel momento si accorse che la runa di fuoco, da lui evocata, era scomparsa.
Possibile? Rifletté, sfiorandosi il mento pensieroso.
"Non puoi usare due rune nello stesso momento!" –Intervenne allora la candida voce di Flare, trovando il coraggio di farsi avanti, dopo aver intuito i suoi dubbi.
"Che cosa?!" –Esclamarono insieme Loki e i Cavalieri dello Zodiaco.
"Ilda una volta mi spiegò che le rune possono essere evocate una alla volta, poiché ogni simbolo è unico e associato ad un solo potere!" –Disse Flare, al che Cristal e gli altri annuirono.
"Così come un Cavaliere non può scagliare due colpi segreti contemporaneamente!" –Confermò Sirio, ricordando lo scontro con Megrez.
"Sciocchezze, un Nume del mio calibro non è soggetto a limitazioni alcune ed infatti finora ho disposto liberamente di qualsiasi runa in qualsivoglia momento!" –Tagliò corto Loki, sollevando l’indice e preparandosi per un nuovo assalto. I Cavalieri dello Zodiaco approntarono le proprie difese, spingendo Flare dietro di loro, ma poco prima di disegnare una runa nell’aria Loki si fermò. Per riflettere.
Proprio in quel momento il vento ululò, solleticando le fiamme dei roghi sparsi per la vasta piana, spargendo ovunque ceneri di un mondo destinato alla rovina.
"Temo che tua sorella avesse ragione, Principessa di Midgard!" –Commentò infine il Grande Ingannatore, rilassando le braccia. –"Sentite queste vibrazioni? È il fremito ultimo del Frassino dell’Universo! Il grido di dolore del cosmo! Yggdrasill sta soffrendo, sottoposto a troppe pressioni simultaneamente: il fuoco di Muspell, il gelo del Niflheimr e gli sconvolgimenti in atto nei nio heimar. Con il suo crollo, il creato stesso vacillerà e un nuovo ordine sorgerà!"
"E non c’è modo per impedirlo?" –Domandò Andromeda, attirando lo sguardo interessato del Dio.
"No!" –Rispose, con una lontana tristezza nel tono. La stessa che aveva intravisto nell’occhio di Odino durante il loro scontro a Fensalir. –"Però possiamo ritardarlo e dare una possibilità a questo vecchio mondo!"
"Fermare Surtr è quel che vogliamo entrambi! Ma nessuno di noi può farlo da solo!" –Commentò Cristal, incitando Loki a mettere da parte gli antichi rancori, cui Flare gli aveva accennato nella loro fuga da Amsvartnit. –"Dobbiamo unire le forze!"
"Un’alleanza?! Uhm, idea efficace e risparmiosa! Mi piace! La approvo, Cigno! Ma, spenta quest’irruenta fiamma, nemici come prima, non aspettatevi sconti! La mia ipoteca su Hliðskjálf non è ancora scaduta!" –E fece loro cenno di avvicinarsi.
Sospettosi, i Cavalieri dello Zodiaco si guardarono tra loro per un momento, temendo qualche trucco, mentre Loki sbuffava scocciato. Fu Flare a farsi avanti per prima, Flare che aveva ascoltato gli sfoghi, i lamenti, i monologhi dell’Ingannatore durante la loro venuta ad Asgard, certa che, nel profondo, anch’egli avesse un cuore. Sebbene ben nascosto. Si disse, prendendo Cristal per mano e conducendolo avanti.
Sirio, Andromeda e Phoenix seguirono gli amici, avvicinandosi all’Ingannatore, che sfiorò un monile che portava al collo, liberando un lampo di energia che abbagliò tutti i presenti. Quando la luce scemò, i Cavalieri si accorsero di essere sull’altra sponda del Thund.
"Alte si levano le strida dalla Dimora degli Uccisi!" –Commentò Loki, mirando sinuose vampe di fuoco sollevarsi lungo le mura esterne del Valhalla, tra le grida e l’agitarsi continuo del cosmo degli ultimi difensori.
"Dobbiamo portare loro aiuto!" –Esclamò Phoenix, al che tutti gli altri annuirono. Persino Loki, sebbene si stesse incamminando in tutt’altra direzione. –"Hai intenzione di rimangiarti la parola, Grande Ingannatore?"
"Tutt’altro. Ma lo stratega che in me mi impone di riunire tutte le forze a nostra disposizione, anche a costo di rimediare a precedenti errori!"
I Cavalieri dello Zodiaco non capirono a cosa si riferiva, ma quando lo videro chinarsi su alcuni corpi abbandonati in mezzo all’erba riconobbero le sagome di Orion, Reis e Jonathan, da Loki massacrati poco prima. Il Nume sfiorò i loro corpi, mentre una runa simile ad un fulmine riluceva nell’aria.
Eihwaz. La runa del tasso.
"Il tasso è un albero forte e antico, ben piantato nel suolo, con la corteccia a ruvida per difendersi dalle intemperie. Una gioia in una tenuta." –Mormorò, risanando le loro ferite.
Fu Reis la prima a riaprire gli occhi, aiutata da Andromeda a rimettersi in piedi. Sgranò gli occhi nel vedere Loki chino su Orion e fece per avventarsi su di lui, ma il Cavaliere lo trattenne, spiegandogli i fatti in breve.
"Che cosa?! Dovremmo allearci con l’Ingannatore per antonomasia? Cercherà di colpirci quando saremo feriti e vulnerabili! È solo un trucco per farci sconfiggere Surtr, che lui non ha la forza di affrontare!!!"
"Può darsi. Ma non abbiamo alternative. I nostri futuri sono intrecciati come le maglie della mia catena." –Chiosò Andromeda, mentre anche Orion e Jonathan si rialzavano. –"Temo che finirà male per tutti noi!" –Sospirò il Cavaliere di Luce, accettando comunque la volontà generale.
Loki non disse alcunché, rimanendo in ginocchio per qualche istante, con una mano a sfiorarsi il cuore, quasi sentisse di aver perso qualcosa che non sarebbe più tornato. Scuro in volto, si limitò a rialzarsi, senza degnare di uno sguardo nessuno dei suoi improvvisati compagni. Ma né ad Andromeda né a Cristal sfuggì la preoccupazione nei suoi occhi.
Phoenix ravvivò l’animo degli amici, incitandoli a correre verso il Valhalla, laddove era appena esploso un cosmo che ben conoscevano. Quello del Cavaliere di Pegasus.
Ritto sulle mura della Dimora degli Uccisi, il giovane stava infatti incoraggiando gli ultimi einherjar, guidati da Atreju, che presidiavano il cancello principale della fortezza. Proprio su Valgrind si era diretta la grande offensiva di Surtr, le cui fiamme riempivano la piana di fronte, arrampicandosi minacciose lungo le mura esterne. E non vi erano frecce, né armi, né fasci di energia che potessero fermarle. Soltanto il cosmo di un Dio stava impedendo loro di penetrare nel cuore di Asgard.
"Mio Signore…" –Mormorò Pegasus, avvicinandosi al Nume inginocchiato sopra il cancello principale. –"Posso aiutarvi?"
"Vi sono animi fatti per pregare, e altri per combattere, Cavaliere di Pegasus. Io, che rifuggo il clangore della battaglia, come mio fratello Balder, appartengo al primo ordine, ma farò quel che è nei miei poteri per difendere la mia gente!" –Commentò Vidharr, l’Ase silente, riprendendo la sua meditazione, con cui aveva generato un velo di energia per riparare il Valhalla dalle fiamme.
Dopo che aveva dato ordine di ripiegare dentro la roccaforte, con tristezza Odino aveva visto rientrare appena un decimo, o forse anche meno, degli eserciti che aveva messo in campo quel giorno. Idunn, al suo fianco, lo aveva incitato ad essere forte, perché una notte di fuoco stava calando su Asgard, e con Eir aveva portato i corpi di Balder e di Frigg ai piedi di
Yggdrasill, dove Odino avrebbe voluto dire loro addio. Ma le Norne lo avevano messo in guardia."Non vi sarà pace per i tuoi cari, né per il tuo animo inquieto, finché la fiamma di Surtr non sarà spenta! Non odi i sinistri scricchiolii del Frassino Cosmico? Non vedi Ratatoskr correre inquieto lungo i suoi rami, seguito dai cervi e dalla grande aquila? Fuggono, stanno fuggendo e fuggiranno finché le acque di Urðarbrunnr non saranno esaurite e, come vedi con il tuo unico occhio, quel momento è prossimo!"
Odino aveva sospirato, osservando la fonte del destino gocciolare soltanto poca acqua, troppo poca perché le Norne potessero usarla per dissetare l’Albero del Mondo. Quelle ultime gocce della sorgente cosmica era il tempo che restava loro, e avrebbero dovuto usarlo al meglio.
Proprio in quel momento Surtr soffiò contro le mura del Valhalla, sollevando una tempesta di fuoco tale da scaraventare in aria molti einherjar, precipitandoli a terra in malo modo, avvolti dalle vampe. Quindi portò avanti l’enorme spada fiammeggiante, piantandola nel portone di Valgrind.
A nulla servì la protezione di Vidharr, che andò in frantumi, scagliando il Nume a terra e ricoprendo il suo corpo di vivide ustioni, mentre il cancello principale saltava in aria e parte delle mura crollavano su loro stesse. Quando la polvere e le fiamme si diradarono, Surtr poté vedere Odino, in sella a Sleipnir, che lo attendeva fiero, la lancia in mano, laddove Valgrind si era eretta fino ad allora. Al suo fianco, avvolto nello splendore del suo cosmo, il Primo Cavaliere della Dea Atena.
Scambiandosi un cenno di intesa, Odino e Pegasus sfrecciarono avanti, puntando ognuno su un lato di Surtr, che tentò di frenare la loro corsa tempestandoli di magma ardente. Pegasus fu svelto a balzare in ogni direzione, per evitare tale pioggia devastatrice, scagliando, quando poteva, scariche di energia per distruggere la lava. Ugualmente faceva Odino, lanciando lampi di luce da Gungnir e annientando le fiamme che gli piovevano addosso.
Deliziato dall’intervento del Padre delle Schiere, che era infine uscito in campo aperto, Surtr modellò un braccio a guisa di una grande verga, con cui sferzò l’aria e il suolo sotto di sé, per intrappolare Odino nelle sue spire.
Pegasus, avvedutosi del pericolo, tentò di intervenire in aiuto del Nume, ma muraglie di fiamme gli sbarrarono la strada, seguendolo ovunque si muovesse.
"Non voglio fare la fine di un coniglio arrosto!" –Bofonchiò il ragazzo, espandendo il proprio cosmo e aguzzando l’ingegno. Roteò su stesso e liberò una raffica di meteore lucenti con cui crivellò il suolo, sollevando terriccio con cui coprì e spense le fiamme attorno. Quando cercò Odino con lo sguardo, lo vide crollare a terra, la frusta di Surtr arrotolata attorno ad una gamba di Sleipnir, che stava strillando dal dolore, mentre le fiamme gli consumavano l’arto.
"Suvvia, bella giumenta, hai ancora sette gambe per portare a spasso il tuo Dio!" –Commentò Surtr, chinandosi su Odino, che arrancava nel terreno ardente alla ricerca di Gungnir, di cui aveva perso la presa cadendo da cavallo. –"Cerchi questa, possente Odino? Il pungiglione di un’ape, di fronte a me!" –Rise il Distruttore, sollevando la lancia con fiamme sinuose e porgendola al Nume, che irato la afferrò all’istante, incurante di quanto potesse ardere.
Maledicendosi per la sua avventatezza, Odino strinse i denti, per nascondere il dolore, che non sfuggì comunque a Surtr, nient’affatto impressionato dal trovarselo di fronte. La forza da cui attingeva, il potere della creazione, lo faceva sentire invincibile.
"Torna nel mondo da cui provieni, Surtr!" –Esclamò Odino, puntando la lancia verso il volto della creatura e liberando un raggio di energia.
"Impossibile! Poiché presto tutti i mondi saranno uno solo!" –Commentò sibillino il Nero, dilatando le sue fattezze in modo da far sì che il fascio energetico colpisse il vuoto, perdendosi alle sue spalle. Quindi mosse la frusta, aggrovigliandola attorno a Gungnir, incendiandola e liquefacendola, di fronte allo sguardo stupefatto del Nume, che si ritrovò circondato da vampe di fuoco simili a serpenti.
Il Distruttore strinse il cerchio attorno a Odino, quando un’agile figura piombò in mezzo alle fiamme, gettando a terra il Dio e roteando veloce su se stesso, disperdendo le vampe con un vento impetuoso. Quando il Padre delle Schiere si rialzò, per ringraziare l’improvviso salvatore, immaginando si trattasse di Pegasus, enorme fu la sua sorpresa nel riconoscere il volto di Loki.
"Non guardarmi così! È stata un’idea del Cigno!" –Lo apostrofò il Nume, indicando i Cavalieri dello Zodiaco giunti con lui al Valhalla, assieme a Orion e ai due fedeli di Avalon.
"Amici!!!" –Gridò Pegasus, superando un muro di fiamme e atterrando vicino a Phoenix e agli altri, felici di ritrovarsi. –"Neppure portali vecchi di chissà quanti secoli possono incrinare la nostra amicizia!" –Aggiunse, abbracciandoli.
"Attenti!!!" –Intervenne Reis, balzando di fronte a loro e sollevando la Cascata di Luce, in modo da mettere i cinque compagni al riparo dalle fiamme che Surtr stava rigurgitando contro di loro.
"Siete davvero sicuri che sia una buona idea?" –Commentò Pegasus dubbioso, memore dello scontro con Loki e dei massacri cui si era abbandonato.
Nessuno rispose e il sorriso furbetto apparso sul volto dell’Ingannatore fece loro comprendere che li aveva uditi, nonostante la distanza. Andromeda avrebbe voluto dire qualcosa, ma il rinnovato attacco del Distruttore catalizzò l’attenzione di tutti.
"Cosa fai qua, Loki?" –Gridò Odino, liberatosi dalle fiamme con un’onda di energia.
"Quel che fai tu, Guercio! Combatto, non lo vedi?!" –Rispose il Burlone Divino, congelando il terreno attiguo con Isa, prima di dirigere la runa verso Surtr. –"Ma non credere che sia qui per te! Lo faccio solo perché non voglio che dia fuoco agli arredi! Non vorrei dover ammodernare tutto quando sarò re di Asgard!"
"Tu non sarai mai…" –Ma la frase di Odino rimase a metà, troncata dall’impatto devastante delle sfere di fuoco che crivellarono il terreno attorno. Nella mischia, tra il fumo e le scintille di magma, il Dio vedeva a fatica e non si accorse di un globo ardente che stava per piombare su di lui. Loki fece per rallentarlo ma così facendo espose il fianco a nuove fiamme di Surtr, obbligandosi a concentrare gli sforzi solo su di esse, lasciando Odino al suo destino.
Fu una spinta energica a gettare il Padre della Vittoria fuori dalla traiettoria delle sfere di magma, quella di Orion, che morì così, nel culmine della battaglia, sacrificandosi per proteggere qualcuno, come Brunilde aveva fatto per lui.
Nel vedere il corpo del Principe degli Einherjar scomparire dentro un ammasso di lava, Odino si accalorò, facendo esplodere il proprio cosmo che dilagò nella pianura di fronte al Valhalla, spazzando via ogni fiamma. Persino Pegasus e i suoi amici vennero spinti indietro dall’onda d’urto, faticando per rimanere in posizione eretta.
Per un istante Surtr vacillò, sforzandosi di mantenere il controllo sulle sue fiamme, solo per ritrovarsi di fronte il Signore degli Dei, con il braccio destro teso verso di lui.
"Tempesta di spade!!!" –Tuonò Odino, falciando il corpo del Distruttore con migliaia e migliaia di lame dal freddo cosmo, e strappandogli per la prima volta da millenni grida di terrore.
"Pare che il Guercio si sia infine scatenato!" –Ironizzò Loki, che osservava la scena dal basso, assieme a Pegasus e ai Cavalieri dello Zodiaco, pronti per intervenire in aiuto del Padre delle Schiere. Ma prima che potessero muoversi, la terra tremò, in modo così forte da disturbare persino Odino e Surtr, spingendoli indietro, proprio mentre un’enorme fenditura spaccava il suolo, una crepa che aveva avuto origine alla Fonte del Destino.
In quel momento un’aquila, con un falco tra gli occhi, si levò in cielo, mentre quattro cervi saltarono sulle rovine delle mura esterne del Valhalla, seguiti da uno scoiattolo, correndo poi oltre l’orizzonte.
"Ratatoskr! E Dainn, e Dvalinn, Duneyrr e Duraþrór!" –Mormorò Odino, puntando lo sguardo verso Urðarbrunnr, dove Huginn e Muginn svolazzavano inquieti. Per la prima volta non fecero in tempo a tornare dal loro padrone a riferirgli gli eventi, che le fronde del Frassino Cosmico fremettero, ripiegandosi su loro stesse, mentre tre spiriti lucenti apparvero sul campo di battaglia.
"È l’ora!" –Dissero le Norne, prima di dissolversi, terminato il loro millenario compito.
La Fonte del Destino si era esaurita e l’Albero Cosmico stava crollando, portando con sé tutti i mondi.