CAPITOLO TRENTESIMO: UN RIMPIANTO PERDUTO.

L’onda di energia psichica scaraventò il Cavaliere di Virgo contro il bassorilievo che si ergeva alle spalle del trono sopra il quale era solito meditare. Accadde tutto in un attimo, mentre, con la mano di quella donna che le torceva il collo, obbligandolo a specchiarsi nei suoi occhi, ancora rifletteva sulla veridicità o meno delle sue parole.

"Per i Sigtívar io sono Modhgudhr, la fanciulla che alle porte di Hel controlla che coloro che varcano la soglia abbiano il pallore tipico dei morti, per Loki sono uno strumento di vittoria." –Parlò la donna dalle eteree quanto orride sembianze. –"Tu puoi chiamarmi come ti aggrada, anche Ana se quel nome ha ancora un significato per te, oltre a quello dell’allieva che tradisti. A me, di tutto ciò, ben poco mi cale, poiché i nomi sono etichette che gli uomini affibbiano alle cose, per soddisfare il loro bisogno di razionalizzare tutto, ma le cose di per sé sono, qualunque nome l’uomo dia loro. E la loro essenza va oltre."

"Che stai dicendo?" –Rantolò Virgo, rialzandosi e portandosi d’istinto una mano alla gola, quasi come sentisse ancora i segni di una presa in grado di togliergli il respiro. –"Tu sei Ana, la mia allieva, la Sacerdotessa del Pittor…"

"Taci!" –Sibilò lei, schiantando il Cavaliere d’Oro contro il bassorilievo alle sue spalle, con la sola forza del pensiero.

Anzi no, rifletté il Custode della Porta Eterna. Ana non usa alcun potere segreto, non possiede alcuna dote psicocinetica. Lei semplicemente desidera che le cose accadano, che gli oggetti si muovano, e ciò si verifica.

"Analisi eccellente, maestro." –Puntualizzò la donna, dimostrando di essere anche in grado di leggere nelle menti altrui. –"Soprattutto in quelle facilmente impressionabili, e come tali deboli." –Aggiunse, con un sorriso beffardo.

Un sorriso che diede però la forza a Virgo di reagire, torcendo le labbra spazientito, mentre un’aura di luce dorata circondava il suo corpo, accompagnandolo nell’atto di recuperare postura eretta, in piedi sul piccolo palco rialzato. Un attimo dopo aveva già sollevato il braccio destro, volgendo ad Ana il palmo della mano da cui una silenziosa onda di energia era appena partita.

La donna, per niente intimorita, si limitò a volgere le spalle al Cavaliere, lasciando che l’invisibile onda si schiantasse contro un altrettanto invisibile muro che pareva seguirla ad ogni movimento. L’unica traccia di quello scontro di energie psichiche comparve sul pavimento, che si crepò in più punti, schizzando schegge e pietrisco, prontamente disintegrate dal rinnovato attacco che i contendenti condussero.

"Mi tieni testa, maestro." –Commentò la servitrice di Loki, puntando lo sguardo sul Cavaliere di Atena. –"Determinazione encomiabile per un uomo in punto di morte."

"Voglio risposte!" –Si limitò ad esclamare il Custode della Sesta Casa, cercando di recuperare la calma che gli era propria, messa in crisi dalla sorpresa iniziale.

"Da me ne avrai ben poche, solo condanne." –E nel dir questo Ana spinse la mano destra avanti a sé, generando un’onda di energia psichica che frantumò il pavimento del tempio, abbattendosi sul palco e sul trono a forma di fiore di loto, sollevandolo e scagliandolo contro Virgo, il quale, con prontezza, uscì dalla traiettoria dell’attacco appena in tempo, scomparendo nel nulla.

La donna sorrise, prima di voltarsi verso la sua destra, dove l’elegante sagoma del suo mentore ricomparve nello stesso istante. Lo scontro tra i loro poteri mentali generò un’onda d’urto che spinse entrambi indietro di parecchi metri, senza che nessuno, quella volta, potesse evitarlo.

"Credevo tu fossi morta, uccisa da Loto e Pavone... Perché ti sei venduta al Dio dell’Inganno?"

"Così fu. Ma la vittoria dei tuoi prediletti avvenne solo a causa della superiorità numerica e del fanatismo integralista che brillava nei loro occhi. E nei tuoi, che percepii su di me, costanti, per l’intera durata del combattimento."

Virgo non rispose, poiché aveva già sostenuto varie volte quella conversazione dentro se stesso, un processo a cui la sua anima aveva già partecipato. Come spettatore, imputato e giudice.

"Ne fosti contento? Ti gloriasti di questo successo ai piedi del Grande Sacerdote, alla cui gonna a lungo ti sei ottusamente strusciato? Mi pare quasi di vederti sorridere, mentre con la tua maledetta flemma commenti: l’ordine regna ad Atene."

"Questa è menzogna, un’inesatta interpretazione dei fatti." –Commentò infine Virgo, sorprendendosi per aver alzato il tono della propria voce.

"Davvero?!" –Sibilò la donna che conosceva come Ana, prima di scagliargli contro una nuova onda di energia psichica, che il Cavaliere parò, rimanendo fermo davanti a lei e lasciando che si infrangesse sul suo corpo, circondato da un alone dorato.

"Sì!" –Rispose Virgo, prima di posare lo sguardo fisso su di lei e immobilizzarla. –"Troppo a lungo mi sono prestato a questo gioco di scherno, ma adesso ho capito. Tu non sei Ana, di lei hai solo l’odore di un passato bastardo che non più mi appartiene e che vuoi usare contro di me. Come Eros fece al Tempio dell’Amore, sull’Olimpo! Ma non basterà questo rancoroso effluvio a piegare il Custode della Porta Eterna!" –E, nel dire ciò, concentrò il cosmo tra le mani, liberandolo poco dopo sotto forma di un ventaglio di energia dorata, che si chiuse di fronte a sé, proprio sulla sua rivale.

"Erri sapendo di errare." –Commentò questa, cinta e stritolata dall’assalto energico, che le trafisse il corpo e le vesti, prima di svanire e rivelare il vuoto lasciato.

Virgo richiuse gli occhi, concentrando i sensi e fendendo la semioscurità della casa, per percepirne la presenza prima che potesse attaccarlo, quando, tutto attorno a sé, comparvero decine di sagome eteree, fluttuanti in aria, identiche all’allieva che aveva addestrato un tempo, il volto macerato dall’odio e dalla disperazione. La mano che parve calare su Virgo come un artiglio pronto a strappargli il cuore.

Sospirando, il Cavaliere d’Oro sollevò le braccia verso l’alto, le mani unite a creare un calice da cui fuoriuscì una marea di oro vivo. –"Abbandono dell’Oriente!" –Gridò, mentre i marosi di energia travolgevano le languide figure, annientandole una ad una. Quando l’impeto dell’assalto si spense, Virgo capì di aver fallito, di non essere ancora riuscito a raggiungerla.

La donna chiamata Ana comparve davanti a lui, dando l’idea di esserci sempre stata, mescolata alle tenebre che le avevano divorato l’anima. Prima che Virgo potesse colpirla, ella lo schiantò contro una colonna alle sue spalle, sollevando il braccio destro e socchiudendo le dita, quasi come stessero stringendo il collo del Cavaliere.

"Lo sai che sono morta proprio così? Con il collo spezzato. Mentre Loto mi impediva di muovermi, con i suoi trucchetti mentali, Pavone mi colpì con forza tale da troncarmi l’osso del collo. Eccoli i tuoi aguzzini, la bieca mano di Dio." –Commentò, avvicinandosi a passo lento e strappando, ad ogni passo, un gemito al Cavaliere, immobilizzato da una devastante forza psichica mai incontrata prima. Una forza che gli scuoteva ogni muscolo del proprio corpo, facendo vibrare la dorata corazza, che scricchiolava come se fosse sul punto di esplodere da un momento all’altro.

"A… Ana… se sei davvero tu, allora saprai quanto mi costò accettare quell’ordine. Ma erano tempi diversi, tempi oscuri, e la mia fede non poi così limpida…"

"Tempi diversi, dici, maestro? Perché questi non sono forse tempi oscuri? L’avvento delle tenebre è iniziato e neppure l’immacolata Vergine d’Oro potrà fermarlo!" –Sogghignò la donna, così vicina al volto dell’uomo da potergli sfiorare le labbra con le proprie. Ma, a differenza della morbida pelle di Ana, che emanava un fresco odore di fiori, quel che cresceva dal corpo di quella donna era solo un alito di morte.

"Sei pronto per il tuo ultimo viaggio, Caronte dorato?" –Sibilò, fissandolo negli occhi e portando avanti la mano destra, a guisa di artiglio, mirando al cuore. Con tutte le sue forze, Virgo mosse un braccio, afferrando la mano e torcendola, mentre il suo cosmo dorato esplodeva attorno a sé.

"Per il Sacro Virgo! Non potrai più attaccare né difenderti. Adesso… sei inerme!" –Mormorò, a fatica, senza suscitare in alcun modo stupore o paura nel volto della donna.

"Come lo fui quel giorno d’autunno? In balia degli attacchi incrociati di due Cavalieri di rango a me superiore?!" –Rispose tagliente la discepola di Virgo, liberando il braccio dalla presa dell’uomo e portandolo avanti, con le dita della mano unite a formare la punta di una spada. Una lama intangibile che piantò nel cuore del Cavaliere d’Oro senza che egli potesse impedirlo. –"Sono cresciuta, non trovi?"

Virgo tossì, vomitando sangue e sentendo le forze venire meno, come se tutto il suo cosmo, tutta la sua energia vitale, venisse risucchiata dall’arto piantato nel suo cuore, e se non fosse stato per la presa mentale di Ana, che lo schiacciava contro la colonna, si sarebbe afflosciato sul braccio nemico.

"Come… è possibile?!" –Rantolò, osservando l’arto che, quasi fosse composto d’aria, aveva trapassato l’armatura d’oro, senza danneggiarla minimamente. Sollevò lo sguardo, cercando quello della migliore allieva avuta, ma trovò solo la morte chiusa in quegli occhi vitrei. E allora capì.

Che Ana era morta, uccisa quel giorno da Loto e Pavone, e che soltanto il fantasma della sua anima era stato risvegliato da Loki e caricato di tutto il rancore che soltanto un Dio che aveva trascorso millenni a odiare poteva provare. Non c’era niente, in lei, della fanciulla cui aveva insegnato un tempo, la Sacerdotessa dal cuore puro che sapeva tramutare in quadri le sue emozioni.

E capì anche come vincerla, per quanto il solo pensiero lo facesse soffrire.

Doveva tornare indietro, e ucciderla di nuovo. E uccidere al tempo stesso i suoi rimpianti, liberandosene definitivamente.

Sospirando, radunò tutto il cosmo di cui ancora disponeva, prima di liberarlo sotto forma di un’onda di luce che scagliò la donna indietro, schiantandola contro il portone che conduceva al Giardino dei Salici Gemelli. Ignorando il dolore al cuore e il fiato che sembrava mancargli, Virgo le passò accanto, andando oltre e entrando nel luogo dove, mesi prima, aveva affrontato Gemini, Acquarius e Capricorn.

Della magnificenza di quel parco c’era rimasto poco. Adesso era solo un terreno brullo e spoglio, al termine del quale due alberi senza foglie si ergevano a sfidare il tempo. Una memento mori che neppure il Custode della Porta Eterna poteva vincere. E forse anche un ammonimento sul suo passato.

"Hai scelto il luogo dove morire?" –Lo richiamò la voce stridula della figura dalle sembianze di Ana.

"Non propriamente. Da questo luogo sacro trarrò la forza per compiere la mia missione, raggiungendo il mio Nirvana!" –Si limitò a commentare Virgo, sedendosi in terra, a gambe incrociate, nello spiazzo tra i due alberi. Proprio dove, nell’originale tempio in India, il Buddha Shakyamuni morì.

"Questi propositi suicidi mi facilitano le cose!" –Sogghignò la serva di Loki, avanzando di un passo verso il Cavaliere, ma accorgendosi di non riuscire più a muoversi. Sollevò lo sguardo indispettita, per perdersi nell’abbagliante splendore del cosmo del Custode della Sesta Casa, sbocciato come un fiore attorno a entrambi, precludendogli ogni movimento.

Senza dire alcunché, incurante degli attacchi psichici che la donna gli stava dirigendo contro, Virgo proseguì nella sua meditazione, mentre lo spazio circostante parve deformarsi, gli alberi gemelli scomparire e il cielo farsi plumbeo.

"Che.. che stai facendo?!" –Strillò la donna, che aveva compreso dove il Cavaliere la stesse portando. Nell’isola del Mediterraneo dove Ana aveva vissuto dopo aver lasciato il Grande Tempio, e dove era morta. –"Smettila, che vuoi fare?! Non puoi cambiare il passato!!!" –Gridò, dirigendo un’onda di energia mentale contro Virgo, il quale, per pararla, dovette dare fondo a tutte le sue energie, mentre sangue iniziava a ruscellare sul suo volto, fuoriuscendo dal naso e dagli occhi, per l’elevata concentrazione necessaria all’operazione che voleva compiere.

Fare pace con se stesso.

"Dovresti essere felice di cadere per mano nostra!" –Esclamò una voce d’improvviso, distraendo il Cavaliere e portandolo ad aprire gli occhi, mentre le forme attorno a sé cessavano di essere indistinte e assumevano contorni definiti. –"La mano armata di chi ti ha investito del titolo di Sacerdotessa! O dovrei dire la mano amata! Ah ah ah!"

Virgo riconobbe la sonora sghignazzata di Pavone, spostando lo sguardo ai piedi della collina sulla quale Modhgudhr e lui si erano ritrovati. Il Cavaliere d’Argento e il suo compagno stavano fronteggiando Ana, la quale, sorpresa dal repentino attacco, non aveva neppure avuto il tempo di indossare la propria corazza. Né i due sicari gliene avevano concesso l’occasione, privi di qualsivoglia senso di cavalleria.

"Poche chiacchiere, Pavone, ed eseguiamo gli ordini!" –Esclamò Loto, congiungendo le mani e scaraventando Ana contro una parete di roccia, paralizzandola con i suoi poteri mentali, mentre, alle sue spalle, un enorme fiore di loto si apriva. Un fiore che, Virgo lo riconobbe subito, rappresentava il trono su cui sedeva in meditazione alla Sesta Casa; il trono su cui, anche in quel preciso momento del passato, era seduto per rimirare, sul rosone del tempio, quel che accadeva sull’isola.

"Non puoi cambiare il passato!" –Ripeté la fanciulla nota come Modhgudhr, sbarrando la strada al Cavaliere d’Oro, avendo intuito le sue intenzioni.

"Non è questa la mia intenzione! Per quanto possa tentare, e se sapessi di avere una possibilità tenterei fino alla morte, non sarei mai in grado di spostarmi nel tempo! Ma nelle dimensioni sì! Ed è qua che ci troviamo, nei miei ricordi!" –Spiegò il Cavaliere d’Oro, liberandosi della donna con una spinta e schiacciandola a terra. –"Questa è la mia terra e i tuoi poteri a niente servono! Ma che parlo a fare? Il terrore dipinto sul tuo volto conferma che di ciò sei già al corrente!" –Virgo si concesse una risata maliziosa prima di discendere il colle e portarsi proprio in mezzo alla battaglia.

Ana era riuscita a liberarsi dalla presa mentale di Loto e stava fronteggiando gli assalti di Pavone, balzando di lato in lato, obbligando il Cavaliere d’Argento a intensificare il proprio attacco.

"Il gioco è finito!" –Tuonò Loto, paralizzando di nuovo la Sacerdotessa, mentre Pavone si portava alle sue spalle, afferrandole la testa e spezzandole il collo. Quindi, senza neppure degnarsi di seppellirla, i due sicari si allontanarono, fieri di aver portato a compimento la missione che Arles aveva affidato loro.

Proprio il loro mentore, in quel momento, si chinò sul cadavere di Ana, carezzandole la pelle e lasciando che una lacrima gli scivolasse sulla guancia, prima di bagnare le labbra della Sacerdotessa. Labbra che mai il Cavaliere d’Oro aveva sfiorato, nonostante Ana lo avesse più volte desiderato.

"Avevi diritto ad essere amata." –Commentò, sollevando il corpo e avvolgendolo in un’aura lucente. Prima ancora che Modhgudhr potesse dire alcunché, lo spazio attorno a loro mutò di nuovo, mentre un varco dimensionale si apriva, precipitandoli nel nulla e strappando un grido alla serva di Loki.

"Do.. dove siamo?!" –Mormorò, osservando l’ambiente circostante e realizzando, con un certo stupore, di ritrovarsi sulla mano di una gigantesca statua che pareva raffigurare il Buddha della religione indiana.

"Nell’unico luogo in cui potrei vincerti!" –Spiegò il Cavaliere d’Oro. –"Nel sesto mondo di Ade!"

"Nel sesto mondo di Ade?! La dimenticanza?! Non è questo il luogo ove sono imprigionate le anime destinate a non essere ricordate?!"

Virgò non disse alcunché, limitandosi a lasciar cadere il corpo di Ana nel vuoto al di là della mano del Buddha e ad osservarlo scivolare via, in silenzio, prima di dissolversi in polvere.

"Cos’hai fatto?! L’hai… dannata ad essere dimenticata?! È questo che volevi per lei? Dimenticartene in modo da non dover ricordare quanto male le hai fatto?! Sei un vigliacco, Cavaliere di Atena!" –Ringhiò Modhgudhr, lanciandosi avanti, ma bastò che Virgo si voltasse verso di lei per spingerla indietro, prostrandola a terra, con la testa oltre il bordo della gigantesca mano.

"Non ad essere un fantasma l’ho condannata, bensì ad essere libera. In questo mondo senza guerre, il ricordo di Ana riposerà per sempre, fin quando l’eternità esisterà. Una pace senza fine, questo è ciò che mi auguro per lei, la stessa pace che ha infine trovato il mio cuore."

"Non ci credo! Pur di vincermi, pur di vincere una stupida guerra, ti sei privato del ricordo dell’allieva che hai amato! Perché lo sai, Cavaliere d’Oro, che nel momento stesso in cui torneremo ad Atene di lei non ti resterà niente, soltanto un immenso vuoto?!"

"Ne sono consapevole!" –Si limitò a commentare Virgo. –"Così come sono consapevole che in questo modo non hai più ragione di esistere. Tu, come figura a me dannosa, nasci dal senso di colpa che mi ha attanagliato per anni, dal rimpianto per non essere intervenuto a difesa dell’allieva che mi aveva amato a lungo. E dato che, per quanto possa provarvi, non c’è niente che possa fare per cancellare quel momento infame, l’unico modo per andare oltre è rimuoverlo dalla mia mente, di modo che tu non possa avere più niente su cui agire, nessun rimorso da usare contro di me. E adesso…" –Aggiunse, mentre il suo cosmo d’oro rischiarava il sesto mondo di Ade. –"…è tempo di dirci addio. Addio, Ana!"

In un lampo di luce Virgo fu di nuovo alla Sesta Casa, la testa sgombra di pensieri, l’energia cosmica palpitante sul palmo della mano destra. Di fronte a lui, avvizzita e logora, una scheletrica figura lo fissava confusa, priva di ogni baldanza. Gli bastò un movimento, a Virgo, per far esplodere un globo di energia e cancellarne ogni traccia.

Fiaccato dalla dura prova, il Cavaliere d’Oro crollò sul marmo del pavimento, mentre alcune parole rimbombavano nella sua mente. Parole che Ana gli aveva detto, prima di sprofondare nel mare della dimenticanza. Parole che aveva udito fin da quando Loki l’aveva risvegliata, grazie al potere della pietra nera, innestando la sua corrotta coscienza nel corpo della guardiana della Porta del Niflheimr.

Alfa e omega. Principio e fine.

Che cosa sta in mezzo?

La trasformazione di tutte le cose, poiché tutte le cose hanno un’unica origine, così come tutti gli Dei non sono altro che un unico Dio.

"Non è possibile…" –Balbettò Virgo, il respiro affannato, il cuore che batteva all’impazzata. Poggiò una mano a terra, macchiandola col sangue che gli colava dal naso, cercando di calmarsi, di ritrovare una compostezza che ormai sentiva di aver perso.

Luce e ombra. Giorno e notte. Alternanza ed equilibrio.

Aveva capito tutto. Adesso tutto aveva un senso, anche le visioni che lo avevano invaso quella mattina.

"Flegias, ecco cosa voleva ottenere! Per questo ha risvegliato Crono e Ares, ha usato Loki, per anticipare l’avvento dell’ombra! Devo dirlo ad Atena, a Pegasus, ai Cavalieri d’Oro! Sono in pericolo, tutti sono in pericolo!"

Ma non appena ebbe dato forma ai suoi pensieri, una sensazione di fine lo pervase, come se una tenebra immensa avesse invaso la Sesta Casa. Silenziosa, era strisciata al suo interno non appena Virgo ne aveva compreso l’identità.

"Egli era…" –Non poté aggiungere altro, venendo fagocitato da un’ombra senza fine, un’ombra che pareva contenere in sé un intero universo.

Quando Ioria e Dohko entrarono correndo nella Sesta Casa, pochi minuti dopo, furono stupiti nel trovarla completamente vuota. Solo un mucchietto di polvere sparsa sul pavimento, i resti della mortifera fanciulla posta di fronte alle porte di Hel, e una strana macchia di sangue che Virgo aveva disegnato quasi senza rendersene conto, mentre fluttuava con la mente in cerca di risposte.

I due Cavalieri d’Oro la osservarono storditi, riconoscendo le imperfette forme circolari dell’Uroboro, il serpente che si morde la coda.

Il simbolo dell’infinito e dell’eterno ritorno.

***

Stavano correndo. Per quanto la stanchezza e le ferite aperte permettessero loro di correre, in quel deserto gelido che pareva non avere fine. Inoltre, da quando avevano lasciato il lago Amsvartnit, pareva loro che i venti del Niflheimr soffiassero con impeto maggiore, quasi partecipi delle sorti stesse del mondo in cui per millenni avevano turbinato, sferzando la schiena dei disperati che vi avevano languito.

"Dobbiamo continuare ad avanzare!" –Gridò Artax, tenendosi un braccio dolorante e barcollando incerto.

Cristal, dietro di lui, non disse niente, limitandosi ad annuire e a stringere Flare a sé, in un abbraccio reso goffo dall’Armatura Divina ma animato dal più caloroso dei sentimenti. L’amore che provava per lei, e che lo aveva spinto a scendere all’inferno di nuovo.

"Non possiamo fermarci! Il gelo di Niflheimr non perdona! Inoltre…" –Aggiunse il servitore di Odino, scrutando quello che doveva essere il cielo. Nient’altro che un ammasso dello stesso colore grigiastro identico al mondo che li circondava, dove non vi erano oriente né occidente, né stelle da usare come punto di riferimento. Solo un turbinare imperterrito di venti e gelo che parevano raschiare in profondità le viscere del mondo. –"Provo una strana inquietudine, una sensazione… di fine incombente."

"Ce la caveremo, Artax!" –Tossì Cristal, affiancandolo.

"Non mi riferisco a noi, Cavaliere. Ma a questo mondo. Non lo senti? È l’ululato disperato del vento, che stride con forza maggiore sui nostri corpi, quasi volesse trovare un appiglio per restare, per rimanere ciò che è e che è sempre stato."

"Lo sento anch’io." –Mormorò Flare, il volto poggiato sul pettorale della corazza del Cigno. –"Qualcosa di terribile sta per accadere! Yggdrasil vacilla e soffre!"

"Affrettiamoci." –Si limitò a dire il Cavaliere di Atena, facendo un cenno al compagno e aumentando l’andatura del loro già celere passo.

Fu allora che un grido stridulo li raggiunse, così acuto e diverso dal frustare ritmico del vento che non poterono non notarlo. Ugualmente notarono la rozza sagoma animalesca che piombò di fronte a loro nell’arco del minuto successivo. Una bestia dalla pelle di tetro colore e dalle ampie ali retrattili, le cui fauci ghignarono nella loro direzione, rivelando affilati denti macchiati di sangue.

"Nidhöggr…" –Balbettò Artax, riconoscendo il serpente infernale.

"Ma quante bestie popolano questi mondi?!" –Mormorò Cristal, pensando in fretta ad una possibile strategia di lotta. Flare era debole e i suoi vestiti non erano sufficienti per ripararla dal freddo infernale. Ugualmente lui ed Artax erano stremati dallo scontro con Hel, oltre che dalla rigidità del clima, per questo dovevano superare quell’ostacolo in fretta, sebbene la rapidità, ben lo sapeva, cozzava con la placida tranquillità con cui un nemico andrebbe affrontato. Come i suoi maestri gli avevano più volte ricordato.

"Spiacente di dover deludere i vostri insegnamenti." –Commentò il Cavaliere di Atena, concentrando il cosmo sul pugno destro, mentre il grande drago si lanciava su di lui. –"Polvere di Diamanti!!!"

L’assalto saettò contro Nidhöggr, senza incupirlo né rallentarlo. Infastidito, il gigantesco serpe si limitò a scuotare la testa, mentre gocce di sudicia bava gli colavano dalle fauci digrignate, cadendo al suolo e liquefacendo lo stesso terreno, generando pozze di putridi vapori.

"Per millenni si è nutrito dei morti di Nastrond, portandoli nella sua dimora, nei Monti dell’Oscurità, provviste che improvvisamente sono venute a mancare, quando i morti stessi sono stati risvegliati da Hel, divenendo l’esercito del padre."

"Così adesso vorrebbe usarci come spuntino. Un cambio di menù. Potremmo risultargli indigesti." –Commentò Cristal, balzando di lato ed evitando la carica del drago, che subito si voltò, sferzando l’aria con la lunga coda squamata e obbligando il ragazzo, che teneva sempre Flare con sé, e il compagno a separarsi. Rotolò per qualche metro sul terreno ghiacciato ma quando fece per rimettersi in piedi, Cristal annaspò, crollando in avanti e sputando sangue, mentre la vista si faceva sfuocata e un senso di nausea lo invadeva.

La malattia di Hel non era scomparsa con la sua morte.

"Cristal!!!" –Gridò Flare, la cui tenue voce parve perdersi nell’inferno di ghiaccio.

Nidhöggr, accortosi delle difficoltà dell’avversario, spalancò le fauci sibilando, prima di gettarsi in picchiata su di lui, ma lo sfavillare impetuoso del cosmo di Artax gli ostruì la strada, ergendosi come un muro di fuoco di fronte a lui, uno sbarramento che presto si allungò su entrambi i lati divenendo un cerchio di fiamme attorno al drago.

"A… Artax…" –Mormorò Cristal, faticando a rimettersi in piedi e osservando il Cavaliere di Odino, dall’armatura in pezzi e dalle ferite ancora aperte, porsi a braccia aperte di fronte a sé, come Pegasus, Andromeda e gli altri si erano eretti più volte. Come un compagno, forse un amico.

"Non abbiamo tempo per i discorsi di commiato, Cristal!" –Si limitò a rispondere Artax, senza voltarsi, ancora concentrato a cingere il dragone infero in un assedio di fiamme. –"Prendi Flare e vattene! Con lei, troverai la via!"

"Ma… Artax, tu verrai con noi!" –Esclamò il Cavaliere di Atena, rimettendosi in piedi, mentre Flare correva tra le sue braccia, stringendosi a lui. Ma bastò che Cristal muovesse un passo verso Artax che un muro di fuoco gli sbarrò il passaggio, indicandogli la via da seguire verso le Porte dell’Inferno.

"Siamo pari adesso, Cristal il Cigno! Prenditi cura di Flare, e dei suoi ricordi! Trattala bene, la mia Principessa! La tua Regina!" –Commentò il ragazzo che un tempo aveva affrontato nella caverna di lava. –"E ora andatevene! Lo scontro finale non tarderà ad arrivare e voi dovrete raggiungere il Valhalla prima che Yggdrasil collassi!" –Non aggiunse altro, concentrando il cosmo sulle braccia, avvolgendole di impetuose vampe di fuoco che danzavano tra le ombre di Niflheimr.

Cristal annuì, stringendo il pugno, tirò Flare a sé e poi iniziò a correre, senza voltarsi mai. Corse più in fretta che poté, lasciandosi tutto indietro, mentre sentiva il cosmo di Artax avvampare ed esplodere un’ultima volta.

Nidhöggr spalancò le ali, per disperdere le fiamme, ma queste parvero incollarsi alla sua putrida pelle, determinate a non lasciarlo andare. Il grande drago guaì, mentre Artax gli si avvicinava, avvolto in un’aura rossastra. Convinto di poterla ancora spegnere, Nidhöggr sollevò un artiglio, piantandolo poi nel corpo del servitore di Odino, distruggendo quel che restava dell’antica corazza. Fu allora, mentre il veleno del drago penetrava all’interno del suo corpo, che il ragazzo sorrise, come non faceva da tempo, prima che gli egoismi del presente oscurassero la fiducia nel futuro che aveva provato un tempo. Quando era cresciuto con Flare, imbevendosi del suo amore.

Con gli occhi vitrei dai ricordi di un tempo, l’einherjar afferrò l’artiglio del drago, scaricandovi tutto il suo cosmo infuocato, che esplose repentino, avvolgendo l’intero rozzo corpo, tra strilli che ormai non aveva più orecchie per udire.

"Addio, principessa della mia infanzia. Questo è tutto il mio amore, questo è tutto il rancore che mi ha divorato l’anima troppo a lungo. Mira, infernale dragone, la fiamma che ha corroso il cuore di Artax e che adesso lo renderà infine libero!" –Un attimo dopo le vampe circondarono i corpi aggrovigliati di Artax e di Nidhöggr, dilaniandoli e facendoli esplodere dall’interno, in un ultimo lampo di luce che mai più avrebbe rischiarato le distese del Niflheimr.