CAPITOLO VENTINOVESIMO: FRAMMENTI DI PASSATO.

Sedeva Virgo in intensa meditazione al centro della Sesta Casa. Da ore cercava di comprendere cos’era quell’ansia infinita che l’aveva aggredito quella mattina, poco prima che Atena raggiungesse il Grande Tempio. Per questo motivo aveva rifiutato di prendere parte alla riunione che si era svolta alla Tredicesima Casa, rinchiudendosi in un volontario isolamento. Doveva capire. Sì, doveva scavare a fondo nelle memorie del mondo per capire cosa stava realmente accadendo, conscio di possedere le capacità per farlo.

Il risveglio dei morti. Lo scioglimento degli antichi legami. La liberazione di creature infernali. Il crollo del Ponte Arcobaleno, la tremula via che collegava il mondo degli uomini con quello degli Dei. E, su tutti, un’ombra senza fine, che freddi venti stavano diffondendo in modo che ricoprisse l’intero pianeta.

Virgo era certo che tutti quegli eventi fossero collegati tra loro, al pari delle guerre sostenute di recente e che avevano illusoriamente creduto fossero giunte a termine.

Chi era davvero Flegias? Possibile che il figlio di un Nume Olimpico disponesse di tutto quel potere, superiore persino a quello dei suoi divini fratelli, Paura e Terrore? Si chiese il Custode della Porta Eterna. E perché non riesco a trovarne traccia in alcuno dei sei Mondi di Ade?

Non era mai accaduta una cosa simile, soprattutto relativa ad un uomo che all’Inferno doveva per forza essere finito. Nessun Paradiso dei Cavalieri, nessun Elisio, nessuna beatitudine ultraterrena poteva essergli stata prospettata a causa dei malvagi comportamenti avuti. Eppure l’Ade sembrava ignorarlo, sebbene Virgo avesse incontrato impreviste difficoltà nello scandagliare con il cosmo l’Aldilà, incerto se esistesse ancora nelle forme con cui lui stesso lo aveva conosciuto o se, dopo la morte di Sire Ade, anche il regno da lui dominato non avesse mutato conformazione.

Un’evoluzione continua. Così era la vita. Lui stesso ne aveva avuto prova nell’ultimo anno, quando aveva attraversato fasi diverse, diventando meno freddo nei rapporti interpersonali e abbandonando parte di quel superomismo dal cui alto gradino aveva sempre guardato gli altri. Ed erano state delle persone comuni a permettere che ciò accadesse, persone che, nella divisione in caste tipica della società indiana in cui era cresciuto, avrebbero occupato l’ultimo gradino della scala sociale.

Phoenix in primis, che gli aveva insegnato il significato di una virtù da Virgo nota ma accantonata. L’amicizia. E i suoi discepoli, Pavit, Tirtha e Dhaval, che lo avevano salvato da morte certa, nonostante egli li avesse dimenticati. A loro, Virgo doveva la sua nuova vita. E, per onorarli, avrebbe dato fondo a tutte le sue risorse al fine di far luce sul mistero che li circondava, un mistero ben più oscuro di come appariva.

È stato atteso per anni, ma Ragnarök si è verificato soltanto adesso. Perché adesso, alla fine di questo millennio? Certo non è data casuale. E chi era questa Veggente, o Volva, che lo profetizzò? Come poteva sapere quel che sarebbe accaduto? Possedeva davvero una Vista così acuta da poter mirare secoli e secoli nel futuro? O i suoi erano soltanto i timori di una vecchia che aveva vissuto sulla propria pelle gli orrori di un tempo che temeva si sarebbe presentato di nuovo?

Virgo non seppe rispondersi, ma continuò le proprie meditazioni, lasciandosi cullare dal vento del tempo e vagando indietro, agli albori della storia. Per un momento gli sembrò quasi di vederla, la Veggente. Un’esile donna, vestita di grigio, un abito quasi monacale, con un cappuccio sulla testa. Spaventata, si guardava intorno ma… intorno non vi era niente. Solo un colle erboso, costellato da alberi di mele, sprofondato in una coltre di nebbia. Così fitta che pareva non avere fine.

Una luce baluginava fioca sulla fronte della donna, una mezzaluna azzurra, dipinta a mano con una tinta naturale.

Virgo la osservò discendere il colle, lasciandosi le nebbie alle spalle, e incamminarsi verso la solitudine. La perse di vista, faticando a mantenere la concentrazione su visioni che non riusciva a comprendere, visioni che sfuggivano al suo raziocinio.

Quando riuscì a focalizzare di nuovo l’immagine, realizzò che la Veggente stava correndo, ma si era mutata in un carro di luce. No, non era lei. Era il sole che roteava attorno alla Terra, portando agli uomini luce e speranza. Alle sue spalle un serpente gigantesco correva per raggiungerlo, le fauci aperte e pronte a liberare veleno.

Nell’aria risuonavano parole di un canto che Virgo conosceva, avendo studiato tale cultura. Chinati davanti a te stanno gli dei, lodando la forza del creatore. Re e capo di ogni dio, noi celebriamo la tua forza perché tu ci hai creati. Ti veneriamo perché tu ci hai formati.

Versi tratti dagli Inni di Amon.

Amon Ra e Apopi? Mormorò il Custode del Sesto Tempio, il volto una maschera di sudore, ricordando uno dei capisaldi della mitologia egizia. Il ciclo del sole che rinasce ogni mattina, dando vita a un nuovo giorno, come dopo ogni morte segue una nascita.

Cosa stava accadendo? Perché le immagini del grande carro su cui il Dio del Sole Egizio e il Serpente del Caos combattevano ogni notte si affastellano nella mia mente? Si chiese, prima di realizzare che nuovamente la scena era cambiata, espandendo lo scontro tra le due ancestrali Divinità in una vera e propria guerra.

Eserciti bardati di scure armature, dalle forme inquietanti, marciavano sotto un sole nero alla volta di un colle dove scintillavano fiori di luce. Spade levate assieme, canti di gloria e di morte, propositi di vendetta. E sagome corazzate di figure che lui stesso aveva incontrato anni addietro.

I Titani.

Virgo riconobbe la postura fiera di Iperione dell’Ebano che avanzava di fronte ai soldati da lui comandati, dando l’esempio ai martiri che quella guerra avrebbe generato. Al suo fianco l’adorato fratello, Ceo del Lampo Nero, e il folle sguardo di Giapeto delle Dimensioni, che guardava a vista l’amata Temi. Già all’epoca il loro amore era così forte da ribaltare mondi.

La Titanomachia. La cruenta guerra che i discendenti di Gea e Urano avevano scatenato per riprendere l’Olimpo da cui Zeus li aveva cacciati. L’Olimpo che loro stessi, grazie all’uccisione di Urano per mano di Crono, avevano conquistato con il sangue, dando il via alla seconda generazione cosmica, quella che aveva seguito la prima, degli Dei primordiali.

Solo pochi anni fa siamo riusciti a evitare che il mondo conoscesse di nuovo una simile carneficina… Mormorò, quando qualcosa spezzò la sua concentrazione. Fu un attimo, ma sufficiente per interrompere la visione e il viaggio nei ricordi del mondo.

Qualcuno era entrato nella Sesta Casa.

Con gli occhi ancora chiusi e le mani giunte in grembo, Virgo scandagliò le mura della propria dimora per individuare la presenza che aveva percepito. Leggera, come un fiocco di neve, ma reale. La sentiva, così vicina a lui.

Infine la trovò, e rimase sorpreso nel constatare che si trattava di una fanciulla, magra e dal carnato emaciato. Gli occhi erano spenti, privi di colore, e i capelli grigi poco curati ricadevano su vesti grinzose così fini che sembrava non le indossasse neppure. Camminava scalza sul ricostruito pavimento di marmo del Tempio della Vergine, ma i suoi piedi non producevano alcun rumore.

"Ad un uomo normale saresti potuta sfuggire! Forse anche ad un Cavaliere!" –Parlò infine Virgo, senza muovere le labbra, ma lasciando che fosse il suo cosmo a raggiungere l’imprevisto ospite. –"Ma non a me!"

"Lo so!" –Rispose prontamente lei. E quelle due parole ghiacciarono il Custode Dorato, che accigliò lo sguardo, pur senza aprire i suoi occhi, tentando di penetrare nella sua anima. Ma non vi riuscì.

Un muro di vuoto la protegge. Un muro che sembra composto di… niente.

"Chi sei?" –Domandò allora, mentre l’esile fanciulla, quasi incorporea, si fermava al centro del salone principale, proprio dove Gemini, Acquarius e Capricorn avevano espresso il loro proposito di prendere la testa di Atena.

"Il tuo rimpianto!" –Rispose, muovendo un altro passo avanti. E un altro ancora, fino a portarsi a pochi metri dal Cavaliere della Vergine. –"Mi sorprende che tu non mi riconosca, maestro! Hai già accantonato quel rimpianto?"

Virgo, incredulo, inarcò un sopracciglio, prima di parlare con voce adirata. –"Mentitrice! Vi è una sola persona che potrebbe rivolgersi a me in questo modo, e quella persona è morta due anni fa!"

Uccisa da me! Aggiunse il suo cuore ferito.

"Ma adesso è qua, per vendicarsi del suo carnefice, l’uomo che amava più di ogni altro al mondo! L’uomo che rimase impotente ad osservarla morire!" –Esclamò lei, allungando il braccio e sfiorando il collo del Cavaliere d’Oro, torcendogli il viso verso l’alto e obbligandolo a guardare.

Virgo spalancò gli occhi, perdendosi nello sguardo della fanciulla. In quegli occhi vitrei da cui trasudava il nulla. In quegli occhi che un tempo erano appartenuti ad Ana, Sacerdotessa del Pittore, e sua allieva.

***

Artax guidò Cristal lungo le desolate distese di Niflheimr, dove nessuno dei due avrebbe pensato di tornare. Nonostante il rigido clima fosse per loro più sopportabile che non l’infuocata landa di Muspellsheimr, il continuo turbinare di tempeste di neve e la nebbia perenne non favorivano la loro avanzata, al punto che persino Artax in alcuni momenti era stato dubbioso sulla direzione da seguire. Ma non aveva detto niente, rifiutando di farsi vedere indeciso dall’antico rivale, ed era andato avanti.

Cristal, dal canto suo, lo aveva seguito senza aprire bocca, ben sapendo che senza il suo aiuto starebbe ancora girando attorno alla Porta dell’Inferno. Aveva udito, in un paio di occasioni, una voce lambire il suo orecchio, una voce dolce che gli aveva scaldato il cuore e che era certo appartenesse a Flare. Preghiere a cui la Principessa si era abbandonata nella sua solitudine. Ma non era riuscito a individuarne la provenienza, sia a causa dell’oscura nebbia che inibiva i sensi, sia a causa dell’infiammarsi di cosmi che striavano il cielo di Hel. Cosmi che, lo sapeva, appartenevano ai Vani guidati da Freyr intenti a fermare i Giganti di Brina. In quello sfrigolare continuo, Cristal parve riconoscere anche un paio di cosmi noti, ma non seppe dirsi con certezza da dove provenissero, né se fossero al contrario frutto della sua immaginazione, del suo desiderio di sapere i compagni vivi.

"Ci siamo!" –La voce di Artax, artefatta dalla visiera dell’elmo, lo distrasse dai suoi pensieri, mentre il ragazzo aumentava l’andatura, indicando una macchia nera che si apriva di fronte a loro. Una chiazza evidente nella sterminata distesa di bianco.

Appena varcata la Porta di Hel, il Cavaliere di Asgard gli aveva spiegato che Lyngi era l’isola dove gli Asi avevano incatenato Fenrir millenni addietro, al centro di un lago sotterraneo nel profondo inferno. Se Loki, dopo aver superato Bifrost, si era occupato personalmente della liberazione dei figli, era probabile che avesse lasciato Flare proprio là. Portarsela dietro, a quel punto, l’avrebbe resa soltanto un’inutile zavorra, facendola oggetto dell’insaziabile appetito di una qualche orrida creatura.

Con un balzo, Cristal e Artax entrarono nell’enorme caverna sotterranea, affondando nelle vischiose acque del lago Amsvartnit. Disgustato da quel fetido odore, il Cigno espanse il proprio cosmo, congelandole interamente, permettendo ai due Cavalieri di corrervi sopra, in direzione dell’isoletta. Brulla e con pochi massi sparsi, a uno dei quali una piccola figura era stata incatenata.

"Flare!!!" –Gridò Cristal, lanciandosi avanti, prontamente affiancato da Artax. Ma la Principessa di Asgard non rispose, avendo perso conoscenza a causa del freddo e delle emozioni provate.

Non riuscirono però a raggiungerla che una folata di vento gelido li strattonò, sollevandoli da terra e spingendoli indietro, fino a schiantarli nell’ammasso congelato di acque stagnanti. Con le ossa doloranti, Cristal e Artax si rimisero in piedi, mirando la causa di quella corrente improvvisa.

Di fronte a loro, orribile come l’ultima volta in cui l’avevano vista strillare di paura sotto uno strato di ghiaccio, la figlia di Loki, Hel, Regina del Niflheimr, li osservava con i suoi occhi spaiati. Bianco e senza iride quello sul lato del volto da vecchia, blu e glaciale quello sul lato in cui aveva ancora una parvenza di donna.

"Ci rivediamo, Cavalieri!" –Sibilò, smuovendo la scopa di saggina che reggeva in mano. –"Vorrei dirvi che è un piacere! Ma in realtà non lo è! O per lo meno non lo sarà per voi!" –E nel dir questo mosse l’utensile verso l’esterno, in modo da generare un’onda di energia che sfrecciò verso i ragazzi, frantumando il ghiaccio al suo passaggio e obbligandoli a separarsi e a scattare ognuno in una diversa direzione.

"Non possiamo esitare con lei, Artax! Sappiamo di cosa è capace!" –Incalzò Cristal, concentrando il cosmo sul pugno destro e liberando la Polvere di Diamanti. Artax, dall’altro lato, concordò, unendo il proprio potere a quello del Cavaliere, dirigendo l’intero ammasso congelante verso Hel.

Con un sorriso bastardo, con cui mostrò i pochi e putridi denti rimasti, la figlia di Loki aprì le braccia, lasciando che le correnti di gelo le scivolassero addosso, senza smuoverla minimamente, né congelarla. Parve quasi nutrirsi di quella forza, prima di ruotare i palmi delle mani e invertire l’attacco, che si riversò contro i due Cavalieri, scaraventandoli molti metri addietro.

"In astuzia non siete certo maestri!" –Li sbeffeggiò Hel, incamminandosi verso di loro. Tentò di ridere, ma alle orecchie di Cristal giunse solo una raschiata di gola. –"Per chi ha trascorso la vita immerso in un gelo ben più pungente e oscuro, la vostra brezza mi solletica le gambe! Volete forse alzarmi la veste, bei ragazzi? Igh igh igh!"

"Cercherò di tenerla impegnata! Tu libera Flare!" –Mormorò Cristal, rimettendosi in piedi, salvo poi accorgersi che Artax, nell’urto, aveva perso i sensi.

"Quando Loki mi ha affidato l’ordine di ridiscendere nel Niflheimr ho tirato un sospiro di sollievo! Saprai bene che nel corso dei millenni raramente sono uscita dalla mia residenza, e se l’ho fatto, igh igh, è stato solo per portare morte e sventura!" –Sghignazzò Hel. –"Al mio passaggio le genti si chiudevano in casa, barricando le porte, come se simili difese potessero fermare la morte! Igh igh igh! Poveri stolti, la morte quando arriva non guarda in faccia a nessuno! Re e soldati, contadini e sacerdoti, ammalati si son tutti e poi caduti ad un sol colpo di ramazza!"

"Bastarda! Ti toglierò quell’arma che troppe vittime ha mietuto! Anche oggi, tra i valorosi Einherjar!" –Ringhiò Cristal, sbattendo i pugni avanti e liberando un vortice turbinante di energia.

La Dea lo sorprese di nuovo, andando incontro al suo attacco e lasciando che la sollevasse da terra, sfruttandone la spinta per balzare verso l’alto ed eseguire una capriola, non troppo perfetta, fino ad atterrare sull’isola, a un paio di metri dal corpo esangue di Flare.

"Che cara ragazza!" –Commentò, allungando il braccio destro verso il suo volto. –"Così delicata! Così fragile!" –Sogghignò, carezzandole il collo con dita nodose.

"Non la toccare!!!" –Gridò Cristal, facendo per scattare avanti. Ma bastò che Hel lo fissasse, con entrambi gli occhi, per bloccarlo sul posto, trafitto dalla consapevolezza della fragilità di quel momento. Sarebbe bastata una sola mossa, da parte della Dea, per uccidere la donna che amava.

"Pare che lo scontro sia già finito! Igh igh igh!" –Ironizzò Hel, intimando il Cigno di tenersi a debita distanza. –"Mio padre mi ha raccontato qualcosa sul vostro conto, Cavalieri di Atena! Pare che siate dei folli altruisti che rischiano ogni giorno la vita, nelle situazioni più disparate, solo per impedire che qualche Dio realizzi i propri progetti! Non avete freni, non avete pace, non vi curate di voi stessi, solo degli altri! Stolti siete, ma me ne rallegro! Così potrò finirti in fretta prima di raggiungere le radici di Yggdrasill e uccidere quel damerino impomatato che si ostina ad impedire ai Titani del Gelo di risalire l’Albero Cosmico!"

"Il Principe Freyr…" –Mormorò Cristal, mentre la Dea strappava un filo dalla scopa.

"Saggina dell’Infermità!" –Commentò, osservando l’esile stelo allungarsi e conficcarsi nel terreno sotto i suoi piedi, prima di riapparire, neanche un secondo dopo, accanto al volto di Artax, che aveva perso l’elmo nello scontro.

"Nooo!!!" –Ringhiò Cristal, mentre il filo si attorcigliava attorno al collo del Cavaliere di Asgard per soffocarlo. Ma quando si mosse per avventarsi su Hel, vide che la donna aveva già puntato un coltello alla tempia di Flare, e il sadico sguardo che gli rivolse gli fece capire che non avrebbe esistato un istante a piantarcelo.

"A te la scelta, bel biondino! Puoi tentare di salvare solo uno di loro! La ragazza che ami o il tuo rivale in amore! Non che sia una scelta difficile, me ne rendo conto, ma questa ti si prospetta! Quale scegli?"

Sospirando, l’allievo del Maestro dei Ghiacci socchiuse gli occhi, ripensando alle sue lezioni e a quelle apprese in seguito da Acquarius, da Abadir e da Alexer, precursore di tutti loro. Ricordava ancora il loro ultimo incontro, fuori dalla Cittadella di Midgard. Prima di andarsene, l’uomo gli aveva donato un’antica moneta, su un lato della quale era incisa un’immagine del tempio di Delfi, ove risiedeva l’Oracolo di Apollo nel Mondo Antico, sormontata da un’iscrizione in greco antico.

Gnôthi seautón.

Conosci te stesso.

"E conoscerai l’universo e gli Dei! In questo modo saprai quali sono i tuoi punti di forza e le tue debolezze e riuscirai a utilizzare le seconde trasformandole nei primi!" –Gli aveva spiegato Alexer, prima di andarsene.

"Essere freddo ed esercitare il distacco!" –Ripeté Cristal, espandendo il proprio cosmo, al punto da saturare l’intera caverna. –"È in questo modo che ti vincerò, strega!!!"

Nello stesso momento in cui riaprì gli occhi, lasciando esplodere il suo cosmo, accaddero molte cose, che presero di sorpresa la figlia di Loki. Il filo di saggina che stava soffocando Artax si congelò, andando in frantumi e liberando il ragazzo, che subito balzò in piedi, sia pur dolorante e ferito, temendo per Flare. Il pugnale che Hel stringeva in mano venne rivestito da uno strato di ghiaccio così consistente che inglobò persino la mano stessa e parte del braccio, per quanto la Dea si dimenasse tentando di distruggerlo. Così facendo, perse di vista Cristal, che scattò verso di lei alla velocità della luce, con il pugno carico di energia cosmica, colpendola in pieno petto e scaraventandola molti metri addietro, sull’altro versante del lago. Non la vide schiantarsi a terra, ma ne sentì il fragore, proprio mentre si chinava su Flare, congelando le catene e spezzandole.

La giovane Principessa era molto debole e aveva il volto pallido, per la paura e per aver sopportato ore di freddo così intenso, ma mosse comunque la testa nella sua direzione, incrociando gli occhi azzurri del ragazzo.

"Sei… tu…" –Riuscì a mormorare.

"Sì, sono davvero io!" –Le sorrise Cristal, sollevandola e baciandola delicatamente sulle labbra. –"Ti amo! Per gli Dei, ti amo davvero! Avevo paura di dirlo, avevo paura che questo amore fosse troppo grande per noi, che non ne fossimo degni, ma l’idea di perderlo, di perderti, mi avrebbe ucciso mille volte di più!"

"Ti… amo anch’io!" –Rispose la Principessa di Midgard, lasciandosi abbracciare.

Fu la voce di Artax a interrompere quel momento di ritrovata intimità.

"Cristaaal!!! Attento!!!" –Gridò, sfrecciando avanti avvolto nel suo cosmo rossastro. Hel si era infatti ripresa e stava piombando su di loro con la scopa tesa e migliaia di fili di saggina pronti a stritolarli, come fossero venefici serpenti.

Artax la raggiunse in volo, proprio sopra la testa di Cristal e Flare, colpendola con un getto di energia infuocata, che incendiò i fili di saggina, facendo imbestialire Hel.

"Di che t’impicci, fallito?!" –Ringhiò, muovendo la ramazza e scaraventando Artax in alto, travolto da un’onda di energia che lo schiantò contro il soffitto della caverna, distruggendolo, facendolo poi precipitare a terra.

"Maledizione! Artax!!!" –Cristal strinse i pugni, depositando Flare a terra e pregandola di rimanere nascosta. –"Dietro quel grosso masso!" –L’unico rilievo che poteva dirsi tale su quell’isterilita isoletta.

"Fatti avanti, strega malvagia!" –Esclamò, mentre un cigno ad ali aperte appariva alle sue spalle, simbolo della sua costellazione. –"Aurora del Nord! Via!!!"

Hel tentò di parare l’assalto roteando la scopa, ma l’onda di energia che provocò fu troppo debole per contrastare l’impeto dell’aurora, venendo dispersa e facendo sì che l’arma della Dea venisse raggiunta, congelandosi e andando in frantumi.

"Finalmente!" –Mormorò Cristal. –"Uno strumento di tortura durato per secoli che adesso ha smesso di mietere vittime!"

"Non solo con la scopa posso causare la morte!" –Rispose Hel con voce infastidita per la perdita dell’antico utensile, uno dei pochi compagni che l’aveva seguito per tutta la sua lunga e solitaria vita. Così dicendo mosse il braccio destro, finora rimasto intrappolato nel ghiaccio, lasciando che Cristal notasse un baluginare intenso provenire proprio dall’interno dello strato di gelo. Una luce che andò aumentando, fino ad esplodere, liberando l’arto e il coltello.

"Co… cos’è questa luce?!" –Mormorò, tappandosi gli occhi con una mano, disturbato da quell’improvvisa luminescenza, una violenza alla retina abituatasi alla caliginosa aria del Niflheimr.

"È la luce di cui in vita non ho mai goduto!" –Spiegò Hel, mentre tutto il suo corpo parve ricoprirsi di quel manto dorato. –"Perché Odino me ne privò, relegandomi qua sotto, con due servi sciatti come compagni, una reggia a forma di bara come casa e un letto di malattia dove giacere da sola! Anch’io avrei voluto godere della luce del sole, magari giacendo con Balder lo Splendente, ma mi sono dovuta accontentare di immaginarlo, ascoltando i racconti di coloro a cui strappavo la vita, invidiosa che a loro fosse stato concesso di esporvisi! La rabbia che ho covato per secoli adesso la riverserò su di te, sventurato Cavaliere di Atena! Disgrazia abbagliante!!!" –Gridò, sollevando le braccia aperte di lato e lasciando che dal suo corpo sorgesse un’onda luminosa che sfrecciò avanti, fagocitando tutto quel che trovava sulla sua strada, schiantandosi su Cristal e scaraventandolo indietro, tra i frammenti del terreno distrutto e della corazza danneggiata.

Quando il ragazzo si mosse per rialzarsi si accorse che Hel era già su di lui, col braccio teso e Sulltr in mano. Fece per evitare l’affondo, ma non vi riuscì completamente, venendo ferito di striscio ad un braccio. Tremò, realizzando che il suo corpo non rispondeva completamente ai suoi impulsi cerebrali. Una mano in particolare sembrava fremere, scossa da una febbre improvvisa. E una fitta lo aveva invaso ad una gamba, portandolo a trattenere un grido.

"Igh igh igh! Portatrice di morte e di malattia sono! Un uomo normale sarebbe già crepato, implorando ai miei piedi di recidere lo stelo della sua vita, ponendo fine alle sue sofferenze, ma tu, che tanto ami sacrificarti per gli altri, ti crogiolerai ancora un po’!" –Ridacchiò Hel, avventandosi di nuovo su Cristal, ma venendo quella volta fermata da una serie di cerchi concentrici di ghiaccio che la avvolsero.

"Anelli… del…" –Rantolò il Cavaliere, cercando di rimettersi in piedi e accorgendosi di sputare ogni volta che apriva la bocca, scosso anche da conati di vomito. Quale che fosse la malattia che Hel aveva scelto per lui, i suoi effetti si stavano facendo sentire.

"Allunghi solo la tua sofferenza…" –Mormorò la Dea, spalancando le braccia e liberando il suo attacco, che distrusse gli anelli di ghiaccio esponendo nuovamente Cristal al suo potere.

Fu allora che il ragazzo notò un movimento sull’isola, su cui non aveva più posato lo sguardo da quando Hel aveva iniziato a brillare. Artax si era ripreso e aveva raggiunto Flare in silenzio sul piccolo rilievo, sia per sincerarsi delle sue condizioni, sia per prestare aiuto al Cavaliere del Cigno.

Un rumore di ciottoli fece voltare d’istinto Hel, proprio mentre il grosso masso che Artax aveva spinto piombava su di lei. Con un agile balzo, la Dea lo evitò, proprio come il Cavaliere di Asgard aveva previsto.

"Soffio del Meriggio!" –Tuonò, dirigendo torrenti di fuoco su di lei, ancora in aria, che non ebbe problema alcuno nel disperderli, annientandoli poi con la Disgrazia abbagliante, che come l’onda di un maremoto si abbatté violenta sull’isola.


Artax si buttò su Flare, spingendola a terra e proteggendola con il suo corpo, mentre l’attacco strideva sulla sua armatura già danneggiata, schiantandola in più punti. A denti stretti, il ragazzo sogghignò, consapevole di aver dato a Cristal un momento per recuperare le forze e liberare il più potente dei suoi attacchi.

"Per il Sacro Acquarius!!!" –L’imperiosa voce del Cavaliere del Cigno confermò i suoi pensieri, permettendogli di tirare un sospiro di sollievo mentre aiutava Flare a rialzarsi.

"Disgrazia abbagliante!!!" –Rispose Hel, voltandosi e cercando di fronteggiare la devastante corrente fredda che Cristal gli aveva appena scatenato contro. Ma la maggior potenza dell’assalto e la lentezza con cui si era opposta permisero alle divine acque dell’aurora di aver ragione della malattia, travolgendo la Dea e sommergendola in un rozzo ammasso di ghiaccio, da cui rimase fuori soltanto la testa.

Per non ripetere errori del passato, il Cavaliere di Atena scattò avanti, il cosmo biancastro che ricopriva il braccio destro, teso verso l’alto. Hel parve comprendere quel che sarebbe accaduto e si abbandonò ad un ultimo disperato grido, forse il primo momento di vero terrore della sua lunghissima esistenza.

"Spada di Ghiaccio!!!" –Gridò Cristal, generando un fendente di energia congelante che recise la testa della figlia di Loki, facendola rotolare per molti metri sul terreno distrutto.

Fissandola un’ultima volta, disgustato, il Cavaliere la vide caricarsi di un’ultima luce, la stessa che invase il resto del corpo, venendo da esso inglobato, prima di esplodere. Tutto andò in frantumi, spingendo persino Cristal, e Artax e Flare, indietro di qualche metro. Quando si voltarono di nuovo, di Hel non era rimasto niente.