CAPITOLO VENTUNESIMO: ANTICHI RANCORI.
L’agitarsi furibondo del Serpe del Mondo aveva distrutto il ponte di pietra su cui Jonathan stava correndo, seguito dall’esercito dei nani, scaraventandoli in alto fino a farli ricadere molti metri addietro, separati da Mizar dalle acque del Thund. Assieme a lui, sull’altra riva del fiume, c’erano Artax e Cristal, che avevano raggiunto i due Cavalieri poco prima che uscissero da Valgrind, un po’ provati dall’intenso scontro sostenuto a Muspellheimr.
"Cavaliere mithril!" –Lo chiamò la ruvida voce di Durin, avvicinandosi per aiutarlo a rimettersi in piedi.
"Sto bene, grazie, Re dei Nani!" –Esclamò Jonathan, rialzandosi, con lo Scettro d’Oro saldamente in mano. Tirò un’occhiata a Mizar e Cristal, che gli fecero cenno che sarebbero andati avanti, e si guardò attorno, cercando un modo per superare quel fiume dal letto ampio e dalla corrente agitata. Avendo Jormungandr distrutto il ponte vicino al Valhalla, potevano soltanto correre al successivo, più orientato verso nord rispetto al precedente, sebbene Jonathan non fosse affatto sicuro che la direzione in cui si stavano adesso muovendo fosse il settentrione.
In questa terra mitica, di insidie e di eroi, anche le coordinate geografiche sono difficili da definire! Si disse.
Era l’alba, quella mattina, quando aveva lasciato Avalon assieme a Reis e non dovevano essere passate più di due ore da quando aveva varcato la soglia del portale dimensionale a Midgard. Ma che fosse tarda mattinata o primo pomeriggio, di questo non poté esserne certo, stranito da quella singolare sensazione che lo aveva invaso non appena giunto nella Terra degli Asi.
C’era qualcosa, nell’aria sempiterna di quel regno, che gli ricordava l’isola di Avalon. Un mondo in cui il tempo scorreva diversamente rispetto al resto del pianeta, per quanto Jonathan ben sapesse che il tempo in realtà non scorreva affatto.
"È un pregiudizio di cui devi liberarti!" –Gli ripeteva spesso il suo maestro, nelle loro serate a Isla del Sol, trascorse a parlare di fronte a un fuoco di bivacco. –"Il tempo non corre né si arresta. Il tempo semplicemente è. Sono gli uomini che si muovono nel tempo, che compiono il loro ciclo vitale: nascita, giovinezza, età adulta e vecchiaia. Ma il tempo non cambia mai. È un eterno presente! È questo che garantisce la ciclicità e la continuità della vita!"
Qualcosa di simile aveva appreso dal Signore dell’Isola Sacra, e ne era tanto più certo quanto più si riferiva agli Dei, entità millenarie al cui confronto la vita umana durava un battito di ciglia. Eppure la storia avrebbe dovuto insegnare loro che anche le Divinità potevano morire. Potevano cadere in battaglia, vittime delle Guerre Sacre che avevano scatenato, o subito. O potevano essere asservite ad un’entità ancora più potente, a loro superiore. E questo era ciò che Jonathan temeva stesse per accadere.
"Coraggio! Il ponte è vicino!" –Gridò, rinfocolando il bellicoso animo della legione che si era ritrovato, suo malgrado, a guidare.
Il migliaio di nani che lo seguiva, rivestiti di resistenti cotte di ferro e bronzo e armati di asce, catene e mazze, rispose con un’invocazione convinta, prima di giungere al ponte di pietra grezza segnato ai lati da due statue di guerrieri con le spade sguainate. Vi passarono sopra, giungendo sull’altra sponda di Thund, in un punto dove i rumori della battaglia erano più consistenti. Ma non provenivano dal Monte del Cielo, che rimaneva alla loro sinistra, bensì dall’immensa piana che iniziava poco distante.
Jonathan fece cenno ai nani di seguirlo e insieme a loro giunse a Vígridhr, nel cuore della guerra, nel bel mezzo del Ragnarök.
Di fronte a sé si estendeva un prato lungo parecchie miglia, che digradava lentamente verso una foresta di conifere. Ma dell’erba e dei fiori che un tempo lo costellavano, e degli animali che vi pascolavano, non vi era più traccia. C’era soltanto un immenso scontro in atto, tra l’esercito fedele a Odino, costituito dagli Asi e dalle migliaia di Einherjar ascesi al Valhalla nel corso dei secoli, e la summa di tutte le forze del male scatenate da Loki.
E proprio lui, il Diabolico Ingannatore, se ne stava in piedi sul cranio del gigantesco lupo da lui generato, scagliando rune di cosmo a destra e a manca con cui falciava la vita dei guerrieri di Odino, mentre le demoniache schiere lottavano attorno a sé.
Jonathan rimase impressionato da una scena che andava al di là di ogni previsione. Aveva letto numerosi libri sulle Guerre Mondiali che avevano scosso il continente europeo nel Ventesimo Secolo, le prime che erano state definite guerre di massa. Ma la mischia che si apriva davanti ai suoi occhi riusciva persino ad andare oltre. Era un’accozzaglia confusa di poteri, dove ogni forma di ordine era destinato a disgregarsi. Era la rivincita delle forze del caos. La vendetta degli imperfetti.
Qualunque cosa si aspettasse, non poté far altro che sollevare lo Scettro d’Oro e liberare un fascio di luce, lanciandosi avanti, seguito dai nani che avevano già sguainato le affilate asce. La fiumana Dvergr travolse l’esercito di defunti che avevano abbandonato le distese di Hel per reclamare il loro posto al sole. Adulteri, morti di malattia o vecchiaia, assassini, stupratori, sadici e violenti. Jonathan si trovò immerso nella feccia peggiore e ovunque volgesse lo sguardo, in qualunque direzione puntasse la luce dello scettro, dovette ammettere di trovare solo ombra e morte.
"Non deve essere difficile capire chi sono i buoni e chi i cattivi!" –Ironizzò, evitando un rozzo dardo diretto contro la sua spalla. –"Per esempio quel lupo immenso le cui fauci sembrano mangiare il cielo presumo non sia dei nostri! Né questi… questi… Per Avalon, non ho idea di come definirli! Non-morti?!"
Attorno a sé si stava chiudendo un mucchio di uomini che sembravano morti viventi, tanto la loro pelle era consumata, gli abiti logori, gli sguardi spenti, risollevati dalle tombe cui erano stati confinati. Una brigata di gente sbandata, che forse un nome non lo aveva. Erano soltanto pedine nelle mani di chi li aveva aizzati contro gli Asi.
"Mi dispiace per voi, morti-non-morti, poiché neppure dopo il trapasso vi è stata data quella pace di cui non avete goduto in vita!" –Mormorò, prima che lo Scettro d’Oro emettesse una luce abbagliante che trafisse i petti degli avversari.
Nel vorticare furioso dello scontro, in cui presto si trovò circondato da un numero così elevato di defunti da non riuscire più nemmeno a contarli, cercò di guardarsi incontro, alla ricerca dei suoi compagni. Ma vide soltanto Andromeda, la cui catena sfavillava nel fosco cielo poco distante, impegnato in un duro scontro. Di Sirio, Cristal e Reis nessuna traccia, persino di Pegasus non riusciva più a percepire il cosmo, ardente fino a pochi istanti prima.
"Aaargh!!!" –L’urlo di Durin lo riportò in battaglia, costringendolo a voltarsi verso i nani, che combattevano furiosamente, invasi da una determinazione che poche volte aveva visto in battaglia. Qualcuno era già caduto, ma la massa si era presto compattata attorno al Cavaliere Mithril, l’eroe leggendario che li aveva incantati con lo scintillare della sua armatura e del manufatto che stringeva in mano.
Ma, da quel che poteva vedere, quello sbarramento di scudi non era stato sufficiente per fermare una sagoma così esile come quella della vecchia dalla pelle raggrinzita che, solo agitando una scopa, stava spazzando via un nano dietro l’altro, sfondando le loro linee difensive.
"Ho trovato il mio nemico!" –Mormorò Jonathan, muovendosi verso di lei, con lo Scettro d’Oro teso e pronto a liberare un violento raggio di energia.
Proprio in quel momento un’ombra lo sovrastò, oscurando quel poco di luce che riusciva a rubare spazio alle nuvole. Un’ombra la cui estensione aumentò, portando il biondo Cavaliere di Avalon a sollevare lo sguardo al cielo, dove l’imponente sagoma di una nave si stagliava minacciosa. Una nave che, per quanto Jonathan sbattesse gli occhi per esserne sicuro, sembrava fatta di unghie.
"Giù!" –Sentì ordinare da una perentoria voce maschile, mentre la barca scendeva a terra, schiacciando qualche nano e persino qualche morto-non-morto.
"Una nave volante?!" –Balbettò, mentre un gruppo di nani, tra cui Durin e Dvalin, si riuniva attorno a lui, sollevando le asce.
"Naglfar! Questo è il suo nome! Ed è il vascello di cui Loki mi ha affidato il timone, lo stesso che ha solcato i cieli del Nifhleimr conducendo fin qua le schiere fedeli alla sovrana di quel regno! La mia regina, Hel, su cui avevi posato lo sguardo!" –Esclamò una voce, mentre un’agile sagoma balzava giù dal ponte di comando, atterrando proprio di fronte a Jonathan e ai nani, di modo che potessero vederlo.
Era un uomo sui quarant’anni, dall’espressione accigliata e lo sguardo intenso, rivestito da un’armatura violacea, dai riflessi neri, che Jonathan non seppe dirsi cosa rappresentasse, probabilmente qualche creatura infernale. Stretta nella mano del guerriero, una spada la cui lama emanava bigi riflessi ad ogni movimento.
"Chi sei?" –Chiese il Cavaliere dei Sogni.
"Megrez, tredicesimo nel mio nome!" –Esclamò tronfio l’uomo. –"Colui che darà lustro al suo antico casato! Ma puoi chiamarmi Naglfari, il Viaggiatore delle Unghie! Ah ah ah!"
"Piuttosto sicuro di te stesso…" –Commentò Jonathan.
"E perché non dovrei? Non è mia abitudine sottovalutarmi!"
"Non dovresti farlo neanche con i tuoi avversari!" –Precisò Jonathan, ottenendo in risposta soltanto una risata di scherno.
"E dove sarebbero?! Forse questi buffi nanetti da giardino? O tu, un ragazzino dai capelli slavati che ha appena smesso di poppare dai seni di sua madre?!"
"Maledetto! Non permetterti più!" –Ringhiò Jonathan, scattando avanti, infervorato al solo ricordo di sua madre e della sua tragica fine. Con un balzo superò i nani disposti attorno a lui, sfolgorando nel suo cosmo lucente, mentre già lo Scettro d’Oro liberava migliaia di fasci di energia.
Megrez fu svelto a muoversi, evitando molti di essi, e a roteare la spada, lasciando che altri scivolassero sulla superficie gelida della lama, disperdendosi senza ferirlo.
"Piuttosto svelto per essere un poppante!" –Commentò, deviando anche l’ultimo raggio energetico, senza curarsi di chi venisse al suo posto raggiunto.
"Posso fare di meglio, anzi mi dispiaccio di averti raggiunto una sola volta! Sai, anch’io, come te, ho un’alta opinione di me stesso! Ma, a differenza tua, è meritata!"
"Ah ah ah! Sei simpatico, ragazzino!" –Ghignò Megrez. –"Meglio di mio figlio, certamente! Ma così giovane e già ti manca qualche diottria? Non vedi che non mi hai…" –Ma le parole gli si spezzarono in bocca, quando sentì la carne andare a fuoco sulla coscia destra. Abbassò lo sguardo e vide con orrore lo squarcio sulla tuta scura che aveva addosso e la pelle ustionata.
"È una bruciatura leggera!" –Commentò Jonathan, con un sorriso ironico. –"Per un maschio come te, è ben poca cosa!"
Megrez Naglfari non disse niente, limitandosi a fissarlo con astio, digrignando i denti, prima di scattare contro di lui, con la spada sollevata. La calò a pochi centimetri dal viso di Jonathan, che si spostò lesto di lato, evitandola e fermandone il ritorno con l’asta dello scettro. Il servitore di Hel liberò la propria arma da quella del ragazzo, ma non ebbe modo di tentare un nuovo affondo che già veniva spinto indietro da un’onda di energia dorata.
"Svelto, abile e potente…" –Sogghignò l’uomo, mentre una decina di nani si lanciava contro di lui, pronti per combattere a difesa del Cavaliere Mithril.
"No, fermi! Lasciate a me costui!" –Li richiamò Jonathan. –"Occupatevi dell’esercito di defunti al servizio di Hel! Non sono addestrati come gli Einherjar, ma sono tanti. Troppi! È tempo di sfoltire le loro fila e di ricondurli al sonno eterno!"
"Come comandi, Cavaliere Mithril!" –Esclamarono i nani, allontanandosi dai due guerrieri e lanciandosi nella mischia.
"Ti portano rispetto, per essere un ragazzino!" –Notò Megrez con voce beffarda, che non riuscì però a nascondere una punta d’invidia. Per quel rispetto che non aveva mai ottenuto, né da suo figlio né dai defunti di cui Hel gli aveva affidato il comando. –"Ma sei un ingenuo… se credi che morendo di nuovo costoro trovino la pace…"
"Cosa vuoi dire?!"
"Non esisterà mai pace per nessuno di noi! Imperfetti per sempre, così resteremo, fintantoché Loki non sovvertirà l’ordine costituito permettendo a tutti noi, a migliaia di morti per cause non nobili, di avere vendetta su Odino! Trema, servo degli Asi, e offri il petto alla Lama di Hel!!!" –Gridò Megrez, muovendo la spada in modo da affondare continuamente avanti a sé e generare migliaia di strali di energia cosmica che sfrecciarono contro Jonathan, che fu lesto, senza perdersi d’animo, a contrattaccare con i raggi di luce del suo scettro.
Uno contro l’altro, con i nervi tesi e i sensi concentrati sull’avversario, il Cavaliere delle Stelle e il Comandante delle truppe del Niflheimr osservarono scontrarsi i fasci di energia da loro prodotti. L’aria sfrigolò, elettrizzata dai loro cosmi, spingendo indietro alcuni defunti e nani che avevano cercato di avvicinarsi, i primi per attaccare Jonathan a tradimento, i secondi per porgergli aiuto.
"Avevo il sospetto che la tua non fosse una spada normale…" –Mormorò il biondino a denti stretti, proseguendo con il suo attacco.
"L’elsa lo è, ma non la lama, composta dal ghiaccio del mondo infero, tenebroso e in grado di deviare la luce!" –Rispose l’uomo, che parve leggere, nelle parole dell’avversario, un segno di incertezza, spronandosi ad aumentare il proprio assalto.
In reazione, Jonathan fece altrettanto, per contrastare il maggior numero di affondi energetici che il padre di Megrez riusciva a dirigere. E così rimasero per qualche minuto, finché il Cavaliere delle Stelle non decise di rischiare una mossa azzardata, riunendo tutti i fasci in un unico dardo diretto sul fianco del nemico, in un punto del corpo non protetto dall’armatura. Dovette agire con sveltezza, poiché interrompendo il proprio attacco, gli affondi di Megrez non trovarono più niente a contrastarli, liberi di sfrecciare e raggiungere Jonathan, pochi istanti dopo che il raggio di energia dorata aveva centrato il servitore di Hel al fianco destro, scaraventandolo indietro.
"Bel… colpo…" –Ringhiò l’uomo rimettendosi in piedi, tastando la ferita fumante.
Jonathan non rispose, limitandosi a rialzarsi a sua volta, sbattuto a terra da qualche fendente che lo aveva raggiunto, pur senza provocargli gravi danni.
"Ma una spada è un’arma d’attacco, ben più adatta alla lotta che non un’asta intarsiata!" –Riprese Megrez, impugnando la Lama di Hel e caricandola del suo cosmo oscuro. –"Ed è ad una spada che miro, un capolavoro di potenza come quelle di Freyr e di Odino! Loki me ne farà dono dopo la vittoria, quando seduto sull’alto scranno di Hliðskjálf provvederà alla spartizione dei bottini di guerra! Nell’attesa mi accontento di questa, non è male, se la si sa usare! Il ghiaccio di Niflheimr permette di deviare i fasci di energia, lasciandoli scivolare via! Ad un attacco diretto forse non resisterebbe, ma finché le gambe non mi tradiranno la userò per riflettere i tuoi assalti! E ora…" –Non aggiunse altro e scattò avanti a lama tesa, mirando al cuore del Cavaliere delle Stelle.
"Umpf… E ti reputi un vero guerriero? Con che coraggio?!" –Mormorò questi, con lo sguardo abbassato e gli sfilacciati capelli color cenere che gli coprivano la fronte e parte degli occhi. –"Scettro d’Oro, rischiara la foschia che ottenebra quest’uomo!"
Un unico grande fascio di energia dorata sfrecciò dal fiore sulla cima dell’asta, dirigendosi verso Megrez Naglfari e distruggendo in un istante la Lama di Hel.
Inorridito, il Viaggiatore delle Unghie osservò l’elsa semiliquefatta che ancora stringeva in mano, mentre migliaia di frammenti di lama schizzavano sul campo di battaglia e addosso al suo corpo, ferendogli persino il mento.
"Tut tut… Se di forza o di intelligenza cercavi una prova, da entrambe sei uscito sconfitto!" –Commentò Jonathan, volgendo lo sguardo verso l’avversario, il cui volto, nonostante l’ultima rovinosa azione, era deformato in un eccesso d’ira, gli occhi intrisi di sangue. Per un istante, credette che gli si sarebbe scagliato contro, come un bufalo inferocito, ma poi lo vide posare lo sguardo sulla sua armatura, come se finora non vi avesse prestato attenzione.
"Sono stupito, lo ammetto, dalla tua potenza d’attacco! E anche dalle tue qualità guerriere, poppante, di cui non sembri fare sfoggio! Che cosa ti rende reticente? Non ti sei forse preparato per tutta la tua seconda vita in vista di quest’oggi?"
"Non confondermi con gli Einherjar, schiavo di Hel! Non appartengo alle schiere dei Campioni di Odino!" –Esclamò Jonathan, suscitando maggior interesse nel suo avversario, che continuava a guardarlo, a osservare il taglio elegante della sua corazza, le aggraziate forme aerodinamiche, che la rendevano, anche solo alla vista, leggera ed eterea.
"Il tuo aspetto in effetti è ingannevole! I capelli biondi mi avevano fatto pensare che tu fossi di stirpe nordica, come la maggior parte dei guerrieri del Valhalla, ma la carnagione più scura mi fa pensare al gruppo etnico mediterraneo!"
"Ben più distante dal Mediterraneo ho avuto i natali! Ai piedi del Tempio di Inti, presso Isla del Sol, in Perù, da una Sacerdotessa devota al culto del sole. Per questo, mi ha sempre narrato mia madre, finché è vissuta, ho avuto i capelli così biondi, quasi fossi figlio del sole!"
"Tutto questo mi commuove…" –Esclamò Megrez sarcastico. –"Ma se non sei un Einheri, puoi solo essere uno di quei ridicoli Cavalieri di Atena che professano la pace della loro Dea in tutto il mondo!"
"Né a Odino né ad Atena sono fedele, per quanto al loro fianco combatta contro le tenebre! Bensì al Signore dell’Isola Sacra, dove ho ottenuto riconoscimento per il mio addestramento, divenendo un Cavaliere delle Stelle! È Jonathan di Dinasty il nome mio, Cavaliere dei Sogni al servizio di Avalon!"
A quelle parole l’uomo ebbe un sussulto e l’interesse finora provato per il ragazzo mutò in una collera infinita, che parve traboccare dai suoi occhi al solo ricordare quel nome. Il nome che avrebbe dovuto renderlo grande, e che qualche soddisfazione gli aveva in effetti dato nel Niflheimr permettendogli di assumere il comando delle armate di Hel, ma anche il nome che aveva messo fine alle sue ambizioni in vita.
"Avalon?! Vieni dunque da quella terra infame?!" –Avvampò, lasciando esplodere il proprio cosmo, palesandolo come mai aveva fatto prima.
"Misura le tue parole, Cavaliere decaduto! Di una terra sacra, agli uomini e agli Dei, stai parlando!"
"Sacra come l’urina di capra che le Vilgemir, le dispensatrici del male, fanno bere ai defunti all’ingresso di Hel!" –Ringhiò Megrez, concentrando il cosmo sulle braccia. –"Sacra come lo sterco dei serpenti della spiaggia di Nastrond!" –Alle sue spalle comparve l’immagine di un teschio dalle cui fauci usciva una scaglia di ametista. –"Io odio quella terra infame, detesto le sue nebbie e i suoi pantani, e tu, bamboccio che da là provieni, subirai la mia vendetta! Anime della Natura!!!"
Un turbine di aria gelida si sollevò all’improvviso, mentre Megrez portava le braccia avanti, dirigendosi verso Jonathan e spazzando via tutto ciò che si trovava in mezzo a loro. Erba, terriccio, cadaveri e armi spezzate. Tutto venne risucchiato da quel vortice di inaspettata potenza.
"Non… resisto…" –Mormorò Jonathan, piantando i piedi al suolo. Ma a nulla valsero i suoi sforzi, venendo sradicato da terra e inghiottito dal gorgo, che lo scagliò molti metri in alto prima di scomparire, lasciandolo in caduta libera.
Megrez Naglfari sogghignò, osservando il corpo del Cavaliere dei Sogni schiantarsi al suolo e lasciarci un’impronta che presto si tinse di rosso. Un’impronta che non poté non ricordargli quella che lui lasciò sulla spiaggia di Avalon.
"Alzati!!!" –Gridò. –"Alzati e fronteggia l’inevitabile! Sapevo che a qualcosa di grande sarei andato incontro quest’oggi, di fronte alle mura della città del Dio che mi ha rifiutato, giudicandomi poco eroico! Ahr ahr ahr! La tua testa in trofeo porterò a Odino, prima di spedirla ad Avalon, con i miei migliori auguri… di morte!"
"Per… perché questo odio verso Avalon?!" –Chiese Jonathan, rialzandosi a fatica, le ossa che gli dolevano per la caduta. –"Cosa ti ha fatto il mio Signore da meritare la tua ira?"
"Mi ha rifiutato, chiudendomi le porte in faccia e uccidendomi! È a causa sua che Odino non mi ha accolto nel Valhalla, a causa sua e delle accuse che mi mosse, accuse che mi additarono come profanatore di luoghi sacri, confinandomi in Hel!"
"Le tue parole sono oscure… come il tuo cosmo!"
"Allora cercherò di rendertele più chiare, affinché il tuo infantile cervello possa capirle, prima di ucciderti!" –Sibilò Megrez. –"Che tu ci creda o meno, sono stato un grande guerriero e ho indossato le vestigia della stella Delta Ursae Majoris! Ma fin da subito mi fu chiaro che a Midgard non c’era futuro per me! Il Celebrante di Odino era un uomo volto alla pace e per quanto mi sforzassi a spingerlo a scendere in guerra per estendere il dominio del Recinto di Mezzo si mostrava sordo alle mie parole!"
"Era un uomo giusto e intelligente…" –Commentò Jonathan, con un sogghigno.
"Era un debole! Per questo lo abbandonai! Lasciai Midgard e iniziai a vagare per l’Europa dell’Est, facendo uso, quando potevo, dei miei poteri per soddisfare le ambizioni di qualche dittatore che credeva nel pugno di ferro! E chi meglio di un Cavaliere dotato di cosmo avrebbe potuto soddisfare le sue ambizioni?!"
Jonathan non rispose, disgustato dalle turpi azioni che l’uomo continuava a narrare, ma quando raccontò di aver raggiunto i Cinque Picchi la sua attenzione si accese di nuovo. Apprese quindi che il Cavaliere di Libra si era rifiutato di insegnargli una tecnica distruttiva e che, dallo scontro che ne era seguito, era uscito sconfitto.
"Anche i migliori guerrieri possono perdere una battaglia!" –Si limitò a commentare Megrez, sebbene il ricordo di quel giorno lo rendesse inquieto. –"Soltanto gli sciocchi non ne trarrebbero alcun insegnamento, cosa che io invece feci! Capii che, per quanto avessi creduto di essere forte, vi era sempre qualcuno che poteva superarmi! Per ovviare al problema, dovevo semplicemente divenire invincibile, il più potente di tutti, in questo modo nessuno avrebbe più potuto sconfiggermi! Lasciandomi la Cina alle spalle, decisi di non tornare a Midgard, non potevo tornare! Folken e Daeron mi avrebbero deriso se avessero saputo della mia sconfitta! Così decisi di recarmi in Inghilterra! Avevo letto molto su Avalon e sui misteri che la circondavano, misteri a cui gli iniziati potevano avere accesso! Ciò accese la mia brama di potere e condusse i miei passi in direzione dell’isola delle nebbie!"
"Folle! Cercasti di raggiungere Avalon senza essere invitato?! Nessuno è mai riuscito a superare la cortina di nebbie eterne che la proteggono! Esse sono pregne del cosmo del mio signore e di quello dei druidi e del popolo antico che abitava quelle terre prima della colonizzazione romana! Come potevi tu, sporco e sanguinario guerriero, armato di bieche intenzioni, pretendere di varcarle?!"
"Io lo feci! Io ci riuscii!!!" –Gridò Megrez, espandendo il cosmo. –"Io superai le nebbie di Avalon! Ci misi giorni, forse settimane, senza mangiare, senza vedere la luce del sole, bevendo le torbide acque della palude, perdendomi più e più volte e continuando a ritrovarmi sulla riva del Tor! Ma un giorno toccai terra, una terra diversa, non quella da cui ero partito, bensì l’isola leggendaria! Feci per sfiorarne la superficie, per prendere in mano una manciata di quella sabbia, ma all’improvviso sentii il mio corpo svuotarsi. Lo sentii leggero, come se qualcuno mi stesse togliendo qualcosa. Fu solo quando crollai all’indietro, nelle acque che a stento avevo attraversato, che capii che mi era stata tolta la vita!"
"Nella giusta punizione sei incorso! Troppo avevi osato pretendendo di carpire i segreti di Avalon! È stato l’ultimo di una lunga fila di peccati di cui ti sei macchiato!"
"E il tuo Signore ne è privo, di peccati? Anziché asilo mi offriste morte!!!"
"Ti offrimmo quel che meritavi! Perderti per sempre!" –Declamò Jonathan, sollevando il Talismano da lui custodito e lasciando che un ventaglio di luce si aprisse davanti a sé. –"Luce dello Scettro!!!"
Migliaia di fendenti di energia luminosa sfrecciarono verso Megrez, che si mosse per evitarli, ma realizzò presto che sarebbe stato impossibile schivarli tutti. Fu raggiunto a un braccio, poi a un fianco, poi sull’elmo, finché non riuscì a ricreare un vortice di aria, un ammasso di tenebre che scagliò avanti.
"Anime della Natura! Nutritevi dei rancori dei defunti di Hel e traetene forza e nutrimento!" –Urlò, portando avanti il braccio destro, avvolto in un turbinar di venti oscuri ed energia.
Jonathan, che si aspettava quell’attacco, concentrò tutta l’energia in un unico fascio di luce che, dalla punta dello scettro, trapassò il vortice nemico, schiantandosi sul pettorale dell’armatura di Megrez e abbattendolo a terra, mentre il mulinello esauriva la propria capacità offensiva, limitandosi a sollevare Jonathan di pochi metri.
"Arguto…" –Commentò il Viaggiatore delle Unghie, affannando nel rimettersi in piedi e tirando un fugace sguardo alla corazza, decorata da numerose crepe e ustioni.
"Già…" –Mormorò il ragazzo, quasi parlando tra sé, prima di sollevare lo Scettro d’Oro, obbligando Megrez, che si attendeva un nuovo attacco, alla difensiva. Invece, non curandosi dello sguardo sorpreso dell’avversario, Jonathan si limitò a collocarlo sulla sua schiena, fissandolo in diagonale ad una placca dell’armatura.
"Che stai facendo?! Riponi la tua arma? Non sono ancora sconfitto, se è questo che credi!"
"Lo vedo bene! Ma non ho intenzione di affrontarti ancora con il Talismano che Avalon mi ha affidato! Non sei degno di cadere sotto la sua luce!" –Rispose il ragazzo, fissandolo con i suoi occhi nocciola. –"Di cadere sotto i miei colpi invece sei degno, e così accadrà se persevererai nei tuoi folli intenti omicidi, Cavaliere decaduto! Non c’è più un briciolo di orgoglio in te? Vedere coloro che un tempo vestivano, al pari tuo, le corazze dei difensori di Midgard lottare fianco a fianco, per il Dio che in loro ha riposto fiducia, non suscita in te frustrazione, dolore, rimpianto? Non ti rammarichi di essere diviso da loro, membro dell’avversa e oscura fazione che sta tentando di distruggere il mondo degli uomini e degli Dei in cui credono?"
"No!" –Esclamò Megrez, portando di nuovo le braccia in posizione offensiva e bruciando al massimo il proprio cosmo.
Jonathan annuì, lasciando che l’esplosione del suo cosmo dorato rischiarasse lo spazio tra di loro, accecando anche il suo avversario, mentre l’energia fluiva in lui, concentrandosi in un globo incandescente nel palmo della sua mano.
"Anime della Natura, ruggite!!!" –Gridò il Comandante delle armate di Hel.
"Cometa d’oro, risplendi e rischiara la via da quest’ombra infernale!"
Jonathan la scagliò avanti, di fronte allo sguardo ammirato dei nani, che videro una sfera di energia dorata, con una lunga scia di polvere di stelle, schiantarsi contro il turbine d’aria e tenebra di Megrez. Le due forze rimasero in equilibrio per qualche istante, finché l’ardente cometa di luce non penetrò l’attacco avverso, schiantandosi sul corpo del Viaggiatore delle Unghie e dilaniandolo.
Cadde così, Megrez Naglfari, privo di quella gloria per cui aveva sempre disprezzato il figlio per non averla raggiunta. Gloria che anch’egli mai ebbe conosciuto.