CAPITOLO SECONDO: GELO NEL CUORE.

A Nuova Luxor non si era mai visto un freddo simile.

Per quanto i precedenti inverni non fossero stati miti, abbandonandosi a frequenti nevicate, anche in occasione di alcuni scontri dei Cavalieri dello Zodiaco, il termometro non era sceso in basso come quell’anno. Proprio nei giorni in cui Pegasus e i suoi compagni, desiderosi di riposo dopo le battaglie combattute contro Flegias, nient’altro avrebbero voluto che un po’ di tepore domestico.

"Mi sento un pupazzo di neve!" –Commentò Pegasus, entrando a Villa Thule assieme ad Andromeda, entrambi vestiti in maniera pesante, con un cappotto sulle spalle e un berretto di lana in testa.

"Puoi dirlo forte!" –Disse l’amico, sfregandosi le mani con forza, subito rinfrancato dal calore presente all’interno della residenza. –"Hai visto quanta gente c’era a teatro? O l’interesse della nostra società verso l’arte è aumentato all’improvviso o suppongo che molti desiderassero solo passare una serata al caldo!"

"Non saprei, non ci ho fatto molto caso!" –Si limitò a rispondere Pegasus, con aria sbadata.

"Per forza… Hai dormito tutto il tempo!" –Ironizzò Andromeda, attaccando il suo cappotto ad un appendiabiti, subito imitato dall’amico.

"Questo non è vero!" –Esclamò subito Pegasus, con aria imbronciata. –"Ho aspettato almeno la fine del primo atto!"

Andromeda non poté trattenere una risata nel ricordare l’espressione stupefatta, e a tratti infastidita, di molti spettatori presenti in platea, disturbati dal russare continuo di Pegasus. Ma in fondo se l’era cercata, invitando il meno adatto dei suoi amici a trascorrere una serata diversa, una serata in cui aveva potuto mettere da parte il suo ruolo di Cavaliere e protettore dell’umanità per divenire semplicemente Andromeda, un ragazzo come tanti, con i suoi gusti e i suoi ideali.

La voce di Lady Isabel distrasse entrambi, portandoli a volgere lo sguardo verso il piano superiore della villa, da cui proveniva il rumore di una conversazione in corso. Si diressero in quella direzione, invasi da una strana sensazione.

Da quando Mylock era morto, era come se la casa stessa fosse più fredda. Certo, il burbero maggiordomo non era la personificazione dell’allegria, ma era comunque molto professionale e servizievole nei confronti della nipote del Duca Alman, a cui non aveva fatto mancare niente nel corso degli anni. Anche dopo la presa di coscienza della ragazza della sua natura divina, aveva cercato di rimanere al suo fianco, offrendole il proprio, sia pur minimo, aiuto. E questo Isabel lo aveva sempre apprezzato.

Stavano pensando proprio a lui i due ragazzi quando entrarono nello studio della Duchessa di Thule, trovandola alla scrivania, intenta a parlare al videotelefono con il direttore della compagnia petrolifera della Grande Fondazione, Mr Newcomber.

"La situazione è grave, Lady Isabel! Molte navi mercantili, dirette in Scandinavia e in Russia, si sono incagliate in ghiacciai imprevisti nel Mar di Norvegia, e due petroliere non riescono a lasciare il porto di Bodo! Centinaia di iceberg stanno facendo impazzire il nostro centro di monitoraggio presso le Fær Øer e il suo responsabile ipotizza che presto potremmo vederne qualcuno risalire persino il Tamigi!"

"La ringrazio per ogni informazione, Signor Newcomber! Evitiamo allarmismi ma mi tenga informata su ogni variazione! A risentirci!" –Commentò la fanciulla dai capelli viola, chiudendo la comunicazione e sollevando infine il preoccupato sguardo verso Pegasus e Andromeda, che si erano seduti su due poltrone di fronte alla scrivania.

"Qualche problema?!" –Chiese subito il ragazzo dai capelli verdi.

"Lo stesso che affligge i notiziari di questi giorni! Le temperature sono in diminuzione in tutto il mondo, e a risentirne per prime sono le zone a bassa latitudine, che si stanno ricoprendo di un manto di gelo! Il Nord Europa, il Canada e la Russia settentrionale, e anche l’arcipelago giapponese, come dimostrato da questo secondo giorno di neve!"

"Bah, prima i ghiacci si stavano sciogliendo e adesso invece aumentano! Vorrei proprio che si decidessero a regolare l’interruttore del frigorifero!" –Commentò Pegasus, ma Lady Isabel, alzatasi in piedi, lo pregò di non scherzare.

"È un fenomeno serio! Non si era mai visto un freddo simile, e il fatto di essere appena entrati in autunno mi fa disperare! E sospettare!" –Mormorò la fanciulla, scostando le tende e lasciando vagare lo sguardo nell’oscurità della sera, puntellata da mille fiocchi di neve che continuavano a cadere sull’intera città.

"Cosa intendete dire, Milady? Credete che qualcuno stia controllando l’avanzata dei ghiacci?" –Intervenne Andromeda, mentre Isabel si voltava di scatto.

"È un’ipotesi, e in tempi come questi non mi sento di scartarla!" –Commentò, facendo incupire i due ragazzi. –"Da giorni sento un’energia negativa incombere su Asgard, un’ombra di gelo che non accenna a scomparire! E non è solo l’ansia per la mancata risposta di Ilda alla mia missiva! No, è qualcosa di più! Qualcosa di terribile sta per accadere tra quei ghiacci eterni, e temo per la Celebrante di Odino e per il suo popolo!"

"Milady…" –Mormorò Andromeda, osservando l’affannare profondo della Duchessa di Thule, l’angoscia di chi aveva trascorso gli ultimi giorni a preoccuparsi per un amico lontano, senza poterlo raggiungere.

"Ritengo opportuno rientrare immediatamente ad Atene per conferire con il Grande Mur e i Cavalieri d’Oro al riguardo! Se i ghiacci aumenteranno ancora, vi saranno numerosi problemi alla popolazione terrestre, che le autorità non saranno in grado di gestire al meglio! È nostro compito non soltanto combattere fisicamente, ma anche aiutare i bisognosi!" –Esclamò Isabel, trafficando per la stanza e riunendo alcuni effetti personali.

"E… quando pensate di partire?" –Balbettò Pegasus, preso un po’ alla sprovvista da quella decisione.

"Adesso! C’è un aereo che mi attende per decollare!"

Pegasus e Andromeda si scambiarono un’occhiata veloce, prima di annuire entrambi e alzarsi dalle poltroncine.

"Verremo con voi, Milady!"

Isabel sorrise ma non aggiunse altro, limitandosi ad uscire dallo studio, con una valigetta in mano, subito seguita dai due ragazzi.

"Dovrò passare dalla Darsena, avvisare mia sorella che starò fuori per… qualche giorno?!" –Rifletté Pegasus, più con se stesso che con gli altri.

"Mi dispiace, ma non ne abbiamo il tempo! Mi preme raggiungere Atene quanto prima! Ma se preferisci restare con Patricia, non preoccuparti, puoi sempre raggiungerci in seguito…" –Commentò Isabel, fermandosi in cima alla scalinata dell’atrio e fissando il ragazzo con uno sguardo ben adatto al clima di quei giorni.

Glaciale.

Era strano, si dissero entrambi, e forse anche Andromeda, come, nonostante tutto quel che avevano vissuto insieme, nonostante l’unione intima che c’era stata nelle loro anime, fossero adesso tornati all’inizio. Ai primi giorni della Guerra Galattica, quando si poteva avvertire una chiara tensione tra di loro, dovuta al carattere intraprendente di Pegasus che mal sopportava l’autorità di Isabel.

Ma adesso? Si chiese Andromeda, spostando lo sguardo dall’uno all’altra e notando quanto si fossero raffreddati i loro rapporti. Soprattutto dopo la sconfitta di Flegias. Perché? Cosa li frenava dall’essere quel che erano stati per tutto quel tempo? La Dea Atena e il suo Primo Cavaliere, più fedele di chiunque altro, più devoto di un martire alla causa.

"Non ce n’è bisogno! Sono sicuro che capirà!" –Si limitò a rispondere Pegasus, spostando infine lo sguardo e incamminandosi lungo la scalinata, con le mani nelle tasche dei jeans.

Andromeda lo seguì, senza risparmiarsi un’espressione stupita, e Isabel sospirò, realizzando di essere stata troppo dura. Soprattutto con il ragazzo che le aveva salvato tante volte la vita.

"Lascerò detto alla cameriera di farle avere un messaggio questa sera stessa! Non voglio che si preoccupi!" –Esclamò allora, scendendo a sua volta le scale e ricevendo un sorriso di ringraziamento da parte di Pegasus.

Troppo umana! Si disse, uscendo da Villa Thule, con il vento sferzante che sollevava fiocchi di neve. L’amore mi rende troppo umana! Si strinse nel cappotto e salì sulla limousine che la attendeva, subito seguita da Pegasus e Andromeda. Un’ora dopo erano già in volo, nuovamente diretti verso Atene.

***

Loki, Signore dell’Inganno, aveva radunato parte del suo esercito nel piazzale sul retro della cittadella di Midgard, proprio dove la Celebrante di Odino era solita riunire il popolo, per pregare assieme e invocare la benedizione del Signore degli Asi. Flare, uscendo all’aperto in quella gelida notte, scortata a vista da lupi e guardie armate, dovette stringersi nello scialle per coprirsi la gola dal vento che aveva iniziato a soffiare, molto più freddo del giorno prima. Sgranò gli occhi, alla vista di quella moltitudine di creature e uomini armati in mezzo alle quali stava camminando, dovendo ammettere di non saper riconoscere una buona metà di loro.

Sospirò, chinando il capo e costringendosi ad essere forte, mentre seguiva l’alta figura del Buffone Divino che passava in rassegna le sue truppe, quasi come fosse la sua dama di compagnia. Si rimproverò per non aver prestato ascolto alle spiegazioni di sua madre, e alle lezioni della nutrice, quando era una bambina, sulla ripartizione del mondo e sui vari popoli che lo componevano, convinta che tali nozioni avrebbero interessato più Ilda, la regnante, che non lei.

E invece sbagliavo! Si disse, lasciandosi trascinare dai ricordi. Quanto ho sbagliato! Troppo a lungo sono stata una bambina, convinta di poter rimandare il momento in cui avrei accantonato i ninnoli d’infanzia! E cosa ho ottenuto? Niente se non perdere tutto ciò che amavo. L’amico fraterno, la terra d’origine, la sua casa, e sua sorella. Rabbrividì a una tale prospettiva, stringendosi ancora di più nello scialle e accorgendosi solo allora che Loki si era fermato e la stava fissando incuriosito.

"Non lasciare che i ricordi vincano!" –Le disse, quasi sussurrando. –"Se io li avessi lasciati fare, loro ostaggio mi avrebbero reso, rinfacciandomi tutti gli errori del mio passato! Pur tuttavia sono qua, quest’oggi, ad inseguire il futuro! Sii forte anche tu per fare altrettanto!"

Non aggiunse altro e volse lo sguardo verso il comandante delle truppe disposte nel Recinto di Mezzo, che reggeva in mano una fiaccola. Al suo fianco gli altri quattro guerrieri che aveva reclutato, a ognuno dei quali aveva assegnato un reparto di Soldati di Brina. Un nome che Loki aveva scelto personalmente, sia per rimarcare il loro potere, che le sue origini, fiero discendente infatti della stirpe degli Jötnar, padri dei Giganti di Brina.

"Mio Signore!" –Esclamò Erik, raddrizzandosi in posizione militaresca. –"Siamo pronti! L’invasione di Asgard può avere inizio!"

"Eccellente!" –Commentò Loki, strusciandosi il mento soddisfatto, senza nascondere un sorriso sardonico per la serietà che il suo primo ufficiale pareva adesso emanare. Sapendo quanto fosse rude e poco incline alle formalità, era divertente vederlo comportarsi con professionalità in pubblico.

"Marceremo subito contro la fortezza di Odino?" –Intervenne una terza voce, che Loki ben conosceva. Quella del giovane Managarmr, che aveva allietato le sue ultime notti, anch’egli con una torcia in mano. La sua armatura, di colore verdastro, ricordava l’elegante silhouette di un lupo, soprattutto nell’elmo, dotato di due rubini intagliati a forma di occhi.

"Frena il tuo ardore giovanile, lupo della luna! Non possiamo certo presentarci tutti da Heimdall, spade alla mano, e dirgli: Scusa, ci faresti passare su Bifrost? Il tempo di distruggere Asgard e ce ne andiamo!" –Ironizzò Loki, mentre Managarmr arrossiva imbarazzato, e qualcuno alle sue spalle si abbandonava a una risata di scherno. –"No, direi che serve un piano migliore! Per questo esisto io!" –Sibilò a denti stretti, mentre alcuni servitori lo affiancavano, portando una pesante pelliccia, che, su ordine diretto del Dio, porsero a Flare, aiutandola ad indossarla.

La ragazza, un po’ stordita, li lasciò fare, cercando di sistemare alla meno peggio i vivaci capelli e richiudendo infine la cintura. Quando si voltò di nuovo verso Loki, si portò una mano alla bocca, soffocando un grido. Il Dio infatti non c’era più.

Al suo posto le sorrideva invece Cristal il Cigno, rivestito dalla sua splendida Veste Divina, le cui rifiniture d’oro risplendevano alla luce delle torce.

"Co… cosa significa?!" –Trovò la forza per balbettare, mentre Cristal allungava una mano, fissandola con sguardo intenso, lo stesso sguardo di cui si era innamorata.

"Vieni, mia Principessa! Un nuovo viaggio insieme ci attende! Considerala la nostra… luna di miele! Ah ah ah!" –E sghignazzò così sonoramente da permettere a Flare di riprendersi dalla sorpresa e riconoscervi la voce del Buffone Divino.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa, venne afferrata da un paio di guerrieri e spinta avanti, stavolta in maniera meno dolce, fino a portarsi di fianco al falso Cristal, che le porse il braccio, obbligandola, suo malgrado, ad accettare.

Il Dio scambiò ancora due parole con Erik, prima di congedarsi e incamminarsi con Flare verso il limitare dell’ampio piazzale, vicino al basamento della statua di Odino, dietro il quale una strana confusione era in atto. Dei soldati infatti, armati di lance e spade, stavano rivolgendo le armi verso una strana massa scura che la ragazza inizialmente non riuscì ad identificare, a causa della scarsa luminosità. Fu solo avvicinandosi, e udendo il suo feroce ringhiare, che Flare realizzò che si trattava di un lupo, il più grande che avesse mai visto. Non solo dal vero, nelle foreste ai piedi di Midgard, ma anche nei libri illustrati di favole e leggende della biblioteca di corte.

"Non un lupo qualsiasi, mia cara!" –Aggiunse Loki, ricordandole di essere in grado di carpire i suoi pensieri. –"Ma Skoll, fratello di Hati, il grande lupo divoratore! Non è stupendo? Vorrei poter dire che si tratta di un esemplare unico, ma in realtà non è così! Ah ah ah!" –Rise il Dio, mentre l’immensa bestia scaraventava a terra alcuni soldati con una sola zampata, sventrando i loro corpi moribondi. –"Salute a te, Skoll! Spero che tu non ti sia ingozzato troppo quest’oggi, perché un banchetto più prelibato ti attende! Inoltre, mio bel pelo, questi soldati mi servono! Vedi di non ammazzarne troppi!"

"Sssono contento di vederti, Buffone Divino! I tuoi ssscagnozzi cercavano di tenermi a bada con quelle ssspille! Aaargh aaargh, buone sssolo per pulire le mie zanne dai resssti degli abitanti di Járnviðr!" –Parlò il lupo, mentre Flare, inorridita, si stringeva al braccio di Loki, osservando la spaventosa mole di quel lupo dal pelo grigio.

"Járnviðr?!" –Balbettò. –"La foresta che separa Midgard dalla Valle di Cristallo, i cui tronchi sono così solidi da essere definiti alberi di ferro? Ha ucciso i suoi abitanti?!"


"Dovresti ringraziarlo! Sai, alcune donnacce praticavano magia oscura! Stregonerie, sacrifici umani, cosucce del genere!" –Commentò Loki, divertito, ma Flare parve non prestargli ascolto, credendo che parlasse solo per schernirla e intimorirla. –"Del resto è là che Skoll e Hati sono stati generati, da una vecchia che ha procreato molte altre bestialità, rintanata nella sua caverna nel fitto bosco!"

"Che Odino ci aiuti! È orribile!" –Singhiozzò Flare, scioccata da tale rivelazione. –"Se penso che per anni molti uomini si sono recati a Járnviðr, soprattutto dopo l’emanazione dell’Editto contro la Caccia voluto da Ilda, sperando che le guardie non giungessero a sorprenderli in quel luogo distante dalla Cittadella! E anch’io un paio di volte mi ci sono recata, a cavalcare con… Artax…"

"Sssei ssstata fortunata, deliziossso bocconcino! Ma oggi potresssti non essserlo! Aaargh, aaargh!" –Rise Skoll, chinando la robusta testa su di loro e fiatando in faccia a Flare il suo pungente alito, intriso di un odore che la ragazza aveva imparato a riconoscere. L’odore del sangue e della morte.

"Conserva il tuo appetito per più tardi! Adesso servi a me!" –Intervenne Loki, al cui cenno il lupo parve quietarsi e accucciarsi. Alcuni soldati si fecero avanti, sia pur con una certa riluttanza, e aiutarono Flare e il Signore dell’Inganno a salire sulla groppa della bestia, affondando nel folto pelo argenteo. –"Spero tu ti sia lavato a fondo per l’occasione! Non vorrei ritrovarmi la bocca piena di pidocchi!" –Ironizzò il Fabbricatore di Menzogne, dando ordine a Skoll di sollevarsi e mettersi in marcia. –"La notte sta volgendo al termine ed è necessario arrivare alla rupe prima dell’alba!"

Flare sobbalzò, aggrappandosi ai ciuffi di pelo di Skoll, mentre questi balzava di rupe in rupe, inerpicandosi per le alte montagne sul retro della cittadella di Midgard. Loki, seduto dietro di lei, sembrava perfettamente a suo agio, e la teneva stretta, cingendole la vita con un braccio, avendo cura che non cadesse.

Era strano per essere un Dio, rifletté la ragazza. Ingannatore, bieco conquistatore, assassino, eppure carismatico, dotato di un fascino perverso che, non fosse stato quello che era, lo avrebbe reso un buon amico, un soldato fedele e forse anche un ottimo amante.

"Stai entrando nella parte!" –Le sussurrò il Dio, mentre Skoll raggiungeva la vetta più alta, sull’altro versante della quale si apriva una terrazza rivolta verso le nuvole e il cielo lontano. –"È così che ti voglio! Ma non innamorarti di me!" –Scherzò, aiutandola a smontare dalla schiena del lupo. –"Ti terrò in vita solo finché mi servirai!"

Flare gli rivolse uno sguardo per la prima volta ostile, cercando di nascondere la paura che serpeggiava in lei, ma Loki le sorrise, facendo spallucce e indicando Skoll, che torreggiava sopra di loro.

"Mi dispiace, sei già stata venduta! Del resto gli affari sono affari, no?!" –E le passò davanti, avanzando a passo deciso tra la neve che ricopriva la montagna, prima di rivolgersi al lupo. –"Meglio che tu non vada oltre, Denti d’oro ha un udito finissimo! Pare che riesca a sentire persino il frusciare dell’erba e la lana ingrossare quotidianamente il vello delle pecore! Su questo lato siamo riparati dal vento, ma sull’altro saremmo esposti! Torna a Midgard e state pronti! Quando ci rivedremo, vostro padre, il capostipite di tutte le fiere, sarà con me!"

Skoll ululò eccitato, prima di scattare via e ridiscendere la montagna, lasciando Flare e Loki, dall’aspetto di Cristal, a pochi passi dall’ingresso di Asgard.

"È dunque questo che vuoi? Liberare i tuoi figli e usarli per uccidere Odino?!"

"Precisamente! Stai diventando acuta! La mia vicinanza ti fa bene!" –Ironizzò l’uomo, porgendo nuovamente il braccio alla ragazza, che si allontanò però da lui.

"Non credere che mi presterò ulteriormente a questa commedia! Quando Heimdall ci verrà incontro gli dirò chi sei e lui…"

"Fallo e tua sorella morrà! E tutti gli abitanti di Midgard e della cittadella saranno sterminati!" –Sibilò Loki, andandole dietro e afferrandola brutalmente per un braccio, fino a volgerle il capo con forza. –"E userò le loro teste per decorare la tua camera da letto, permettendoti di vedere ogni notte le loro espressioni disperate che ti accusano per averli condannati a una così deprecabile fine!"

"La… lasciami! Perché hai preso me? Uccidimi piuttosto, uccidimi, ma non obbligarmi a tradire Asgard!" –Pianse Flare, cercando di divincolarsi, senza riuscirvi, dalla stretta dell’uomo.

"Siamo spesso costretti a fare qualcosa che non vorremmo, ma è necessario per l’avanzare della marea! Ora tu scenderai con me sull’altro versante, invocando Heimdall e fingendoti una sposina felice!"

"Ma io… non so farlo… non so chiamarlo! Loki ti prego!"

"Le tue bugie mi disgustano, Principessa di Midgard, e a nient’altro portano se non alla morte di tua sorella! È questo che vuoi?" –Le sibilò in un orecchio, mentre con una mano si intrufolava sotto la sua sciarpa, strappandogliela e aprendole la camicetta, rivelando quel che cercava da tempo. –"Brisingamen!" –Un monile d’oro che la ragazza portava al collo da anni.

"Da quando Frigg, moglie di Odino, te ne fece dono alla cerimonia di investitura di tua sorella a Celebrante! Non prendermi per uno stupido, perché io sono tutto fuorché quello!" –Esclamò Loki con rabbia, schiaffeggiandola per la prima volta. –"Conosco la sua storia e so che apre le porte di Asgard, proprio come le ha aperte al biondino a cui l’hai ceduto settimane addietro, come pegno d’amore e come mappa per ritrovare la strada! Perciò, se un mortale se lo ha usato, non sarà un delitto se sarà una delle più possenti Divinità a servirsene, non credi?!"

Flare, piombata nella neve, non riuscì a rispondere alcunché, limitandosi a inghiottire a fatica, spaventata da quell’attacco d’ira, da quel lato terribile di Loki che finora non aveva conosciuto. O che aveva temuto, nascosto dietro i suoi modi garbati.

"Ricomponiti!" –Ordinò il Dio, osservandola dall’alto con sguardo fiero, mentre Flare, sforzandosi di metter via le lacrime, si rialzava, chiudendosi la pelliccia e sistemandosi. –"Adesso sei perfetta! Vogliamo andare?" –Le sorrise Loki, porgendole il braccio e facendo strada, lungo uno stretto sentiero che girava intorno alla montagna fino a condurre ad una piazzola che la ragazza ben conosceva.

Era là infatti che aveva usato per la prima volta Brisingamen, invocando la protezione di Heimdall su di sé e su Cristal, colui che la notte precedente aveva scoperto di provare qualcosa per lei, qualcosa di così intenso da superare persino le difese del Talismano della Dimenticanza, permettendogli di riappropriarsi delle memorie perdute. Ricordi che includevano anche lei.

Ritrovarsi lì, quel giorno, a fianco di un uomo che odiava e che presto avrebbe distrutto il suo mondo, nonché ogni mondo conosciuto, fu una violenza per il suo cuore e per un momento credette che non ce l’avrebbe fatta, che sarebbe crollata invocando la morte piuttosto che tradire in quel modo Odino e il suo popolo. Ma poi si ricordò di Ilda, lasciata a languire nelle segrete del castello, e di ciò che le aveva detto prima che Loki spuntasse nel Salone del Fuoco. E di quel che la sorella aveva affrontato in passato, prigioniera dell’Anello del Nibelungo e poi ardita valchiria sul Monte Olimpo. In entrambe le occasioni aveva sofferto, aveva visto morire le persone che amava, aveva lottato per qualcosa, per un futuro. Chi era lei, adesso, per non fare altrettanto, per umiliare sua sorella, crollando in puerili lacrime da bambina?

Si fece coraggio, inspirando a fatica, prima di distaccarsi da Loki e muovere qualche passo avanti, mentre il vento di alta quota sollevava i lembi della sua pelliccia, insinuandosi dentro di lei. Sfiorò il monile che portava al collo e ripeté la formula che il Custode del Ponte Arcobaleno le aveva insegnato anni addietro.

"Oh Heimdall, che di Asgard sei il guardiano, concedi a me, Flare di Polaris, il permesso di raggiungere Odino per conferire con lui! Ascolta la mia voce, Heimdall di Asgard, e concedimi di raggiungere il Valhalla!"

Per qualche secondo non accadde niente, poi una luce comparve nel cielo di fronte a loro, divenendo sempre più intensa, sempre più grande. Flare sorrise, al pensiero di tornare ad Asgard, e cercò di nascondere i veri turbamenti del suo cuore, a Loki, che li avrebbe subito scoperti, e ad Heimdall, Divinità che, sebbene non praticasse la lettura della mente, sapeva guardare a fondo dentro una persona con il solo sguardo, più acuto di quello di qualsiasi altra creatura.

Proprio la sua sagoma guerriera comparve poco dopo sul Ponte Arcobaleno, che aveva quasi terminato di manifestarsi, giungendo a lambire il suolo innevato della montagna.

Alto e robusto, rivestito dalla sua cotta divina, con il Gjallarhorn alla cintura, Heimdall, il Custode di Bifrost, si fermò a pochi metri da loro, fissando entrambi con circospezione.

"Lieta di rivederti, Dio Bianco!" –Si inchinò subito la Principessa, e anche Cristal, al suo fianco, accennò una riverenza, senza nascondere un sorriso. Che per Loki era di soddisfazione, ma che l’Ase interpretò come piacere nel rivedersi.

"Bentornata ad Asgard, Principessa di Polaris! E noto con piacere che anche stavolta non siete da sola! Che il baldo giovane al vostro fianco voglia gustare ancora una coppa del nostro idromele?" –Sorrise il Guardiano di Ásbrú, facendo cenno a Flare e a Cristal di incamminarsi verso di lui.

"Come rifiutare un così allettante invito?!" –Commentò Cristal, con il migliore dei sorrisi, poggiando piede sulla superficie di Bifrost.

In quel momento Heimdall trasalì, al rumore del passo del Cavaliere del Cigno, che gli parve diverso dal solito, dall’incedere deciso che aveva caratterizzato le sue visite precedenti. Poi vide Flare avvicinarsi al ragazzo, prenderlo per un braccio e trascinarlo avanti, senza risparmiare sorrisi, né al nume né al Cavaliere. E allora si riscosse, mentre Flare gli passava accanto, incamminandosi lungo Bifrost e chiedendo notizie di Odino, di Frigg e delle altre Divinità che presto, con sua grande felicità, avrebbe rivisto.

Heimdall si limitò a qualche commento sparso, non essendo un gran chiacchierone, ma Flare, come Loki l’aveva precedentemente intimata di fare, continuava a porgli domande e a sorridergli, sperando così di distrarre la sua attenzione il più a lungo, impedendogli di fissare entrambi con sguardo attento.

Che vi fosse nell’aria qualcosa di sospetto lo aveva percepito anche Odino, rinchiuso da giorni nella sua residenza di Valaskjálf, la Rocca degli Eletti, a meditare sul destino che avrebbe atteso tutti gli Dei. Persino Frigg, sua sposa, e Freyr, suo consigliere, avevano avuto difficoltà a comunicare con lui, consci del velo di gelo che stava calando su tutti i nove regni. E dopo che Huginn e Muninn, i corvi fedeli che giravano per i mondi per carpirne i segreti, erano rientrati dal Niflheimr, portando la notizia della liberazione di Hel, il Signore degli Asi aveva capito che non poteva permettersi di tergiversare un momento di più.

Per questo, prima dell’alba, era montato a cavallo di Sleipnir, affidando come sempre a Freyr il comando in sua assenza, ed era sfrecciato veloce come un lampo verso la terra dei Giganti. Là infatti si trovava una fonte che aveva già consultato in passato, al fine di ottenere risposte, Mímisbrunnr, custodita un tempo da Mimir, il Dio ingiustamente decapitato dai Vani durante una delle prime contese tra la loro stirpe e quella degli Asi.

A quella sorgente di acque gelide, situata nei pressi di una delle radici dell’immenso Albero dell’Universo, Odino aveva perso un occhio, ceduto in dono al guardiano per ottenere una vista diversa e più preziosa. Lo sguardo del saggio che sapeva guardare al di là dell’apparenza e scoprire la sostanza di tutte le cose.

Come facesse, nessuno lo sapeva e molti all’inizio, soprattutto tra i Vani ma anche tra gli Asi, avevano deriso Odino, per essersi lasciato imbrogliare e aver perso un occhio. Ma presto avevano dovuto ricredersi, poiché non soltanto le abilità guerriere del Dio non erano diminuite ma la sua saggezza pareva davvero essere cresciuta, il suo occhio pareva davvero spaziare su tutto il creato.

Erano in pochi a sapere che nelle acque della Fonte di Mimir, sul cui fondo l’occhio del Dio giaceva, a memoria imperitura del prezzo pagato per ottenere la Vista, Odino poteva trovare conforto, ascoltando e venendo ascoltato da un uomo che non aveva mai incontrato di persona, ma che, al pari suo, dominava un regno nascosto, il cui ingresso agli uomini era celato.

"Non senti la neve arrivare da ogni direzione, possente Sigföðr, Padre della Vittoria? E il ghiaccio farsi spesso e i venti taglienti? Presto il sole non scalderà più e la grande ombra, il cui avvento abbiamo tanto temuto, sovrasterà tutti noi!"

"Cosa possiamo fare? Come possiamo evitare l’inverno?" –Chiese Odino, il viso barbuto sporto oltre le pietre che bordavano la fonte.

"Non possiamo! È nel nostro destino, di uomini e di Dei, affrontarlo! Con lo stesso rigore che esso riserverà a noi!" –Esclamò l’immagine che si intravedeva tra le acque. –"Arrendendoci pavidi non ci salveremmo comunque!" –E aggiunse dei versi in norreno che il nume ben conosceva. E al tempo stesso temeva. –"Skeggjöld, skálmöld, skildir klofnir, vindöld, vargöld, áðr veröld steypisk!"

"Tempo di asce, tempo di spade, s’infrangeranno scudi, tempo di venti, tempo di lupi, prima che il mondo cada!" –Ripeté Odino, mentre il frusciare leggiadro di passi sull’erba di Jötunheimr lo portò a sollevare lo sguardo, incrociando quello del figlio, Balder lo splendente.

"Ero certo che ti avrei trovato qui!" –Commentò questi, accennando un sorriso.

Odino non disse niente, limitandosi a sfiorare le acque della fonte, scomponendo la visione e dando l’ultimo saluto al Signore dell’Isola Sacra, ringraziandolo per l’aiuto e per i suoi consigli.