CAPITOLO QUINDICESIMO: IL SERPE DEL MONDO.
Pegasus e Thor furono i primi a risalire le radici del Frassino Cosmico e ad arrivare ad Asgard, nel giardino retrostante di una reggia che al Cavaliere di Atena apparve a dir poco maestosa, talmente alta che a stento ne intravedeva la cima.
Se era rimasto impressionato dalle dimensioni degli edifici degli Jötnar, Pegasus dovette ammettere che vi era qualcosa in grado di superarle, al punto da lasciarlo a bocca aperta ad ammirare i muri altissimi che si stagliavano verso l’infinito.
"Che fai, contempli le stelle?!" –Esclamò Thor con voce bonaria, intuendo che il ragazzo non avesse avuto alcuna idea precisa di quel che avrebbe trovato una volta sbucati all’aria di Asgard. –"Questo palazzo immenso che si erge dinnanzi a te è il Valhalla, la dimora degli uccisi, la più maestosa dell’intera Ásaheimr! Destinata ad ospitare gli Einherjar, i morti caduti gloriosamente in battaglia, di cui il qui presente è un ottimo esemplare!"
"È impressionante!" –Mormorò Pegasus, ritenendo che, in termini di superficie occupata, il Valhalla superasse di gran lunga tutte le altre residenze divine che aveva visitato, compresi il Tempio di Ade e la Reggia di Zeus.
"Puoi ben dirlo! Nota le travi possenti che la reggono! Sono fatte con le lance acuminate dei guerrieri più temerari! E il tetto, che abbaglia da lontano, è rivestito di rilucenti scudi d’oro, decorati con scene di guerra! Per non parlare poi degli arredi interni!" –Continuò Thor, costeggiando con Pegasus i muri della Sala dei Caduti. –"Ma la cosa più sorprendente sta nelle cinquecentoquaranta porte che vi sono, grandi al punto che da ciascuna possono uscire ottocento guerrieri, uno accanto all’altro, in marcia verso la guerra! Proprio come è avvenuto ore addietro, poco prima della mia discesa in Jötunheimr! Solo una porta è rimasta chiusa, l’accesso principale al Valhalla, dove adesso ci stiamo dirigendo! Valgrind!" –E aumentò l’andatura del suo passo, iniziando a correre, prontamente seguito dal Cavaliere di Atena.
I due compagni circumnavigarono la roccaforte, permettendo a Pegasus di trovare conferma alle parole di Thor sulla sua estensione, attratti dal clangore degli scontri, sempre più vicini, e da un odore pestilenziale, finché non raggiunsero le mura esterne del Valhalla e il Cancello Principale, dove molti guerrieri di Odino erano radunati.
"Possente Thor! Siete tornato!" –Esclamò uno di loro, alla vista dei due compagni. –"Odino mi ha riferito, prima di varcare Valgrind in groppa a Sleipnir, di aver assegnato a voi e al nobile Orion una missione di primaria importanza per le sorti della guerra, senza dilungarsi nelle spiegazioni! Chi è questo giovane dalla corazza così diversa dalle nostre?"
"Egli è Pegasus, seguace di Atena, nostra alleata in questo scontro! Ed è il Cavaliere a cui il Signore degli Asi concesse di indossare la propria armatura lo scorso anno!"
Un coro di mormorii e sguardi sorpresi si diffuse tra gli Einherjar all’udire le rivelazioni di Thor e molti fissarono ammirati il giovane dagli scombinati capelli castani che si guardava intorno trattenendo a stento l’impeto che lo dominava.
"Deve essere un combattente fuori dal comune se Odino lo ha investito di tale onore!" –Commentò il guerriero a capo della guarnigione a difesa della Porta Principale. –"Un aiuto simile non può che giovarci!"
"Cos’è questo veleno che appesta l’aria, Atreju?" –Domandò Thor al compagno.
"È il fiato mortale del Serpe del Mondo, tornato dagli abissi in cui era stato confinato per affiancare suo padre nell’ultima guerra! Se non riusciamo ad abbatterlo, la prima linea, guidata da Odino e Heimdall, non potrà riparare all’interno del Valhalla!"
"Serpe del Mondo?! Chi diavolo è costui?" –Bofonchiò Pegasus, non capendo.
Thor gli fece cenno di seguirlo, incamminandosi verso un lato di Valgrind, dove partiva una scalinata di pietra, scolpita nelle mura, che conduceva fino alla sommità. Da lassù Pegasus poté ammirare per la prima volta la vera Asgard, il Regno degli Asi, sebbene la visibilità fosse minima, a causa del fumo nero che stava saturando l’aria, proveniente da una sagoma deforme che si agitava nelle tempestose acque di un fiume.
"Quello che vedi è il Thund! Attraversa tutta Asgard, scorrendo in modo da separare la fortezza del Valhalla da buona parte del resto del reame. Il guado delle sue acque agitate costituisce la prova ultima che ogni guerriero meritevole deve superare per entrare a far parte delle schiere degli Einherjar!" –Spiegò Thor. –"Una prova di iniziazione che, non lo dico per vanto, ho superato brillantemente, grazie al mio fisico allenato, sebbene debba confessarti, Cavaliere, che la violenza di quei marosi sia tale da sbattere un uomo contro le rocce e fracassarlo sul colpo!"
"E quella… bestia?!" –Domandò Pegasus. –"È talmente grande che quasi occupa l’intera lunghezza del fiume! Non fosse per l’agitarsi delle correnti neppure lo vedremmo più, con tutto questo fumo pestilenziale!"
Era un serpente gigantesco, dal corpo squamato e chiazzato di un giallo sporco, che scorreva lungo il letto del fiume. Più grande, in proporzione, di Ladone, Yamata no Orochi o qualunque altra creatura i Cavalieri di Atena avessero affrontato.
"A quanto pare è il nostro primo nemico! E forse anche l’ultimo!" –Commentò Thor, staccando una delle due asce che portava attaccate allo schienale dell’armatura. –"Jormungandr, la Serpe di Midgard! Uno dei tre figli che Loki ebbe da una mostruosa gigantessa, intrisi di tutto il male che il Dio dell’Inganno ha saputo riversare in loro! Odino lo gettò negli abissi del mare, ma il potere che lo imprigionava deve essere venuto meno, permettendogli di tornare a avvelenare l’aria di Asgard! Non sarà facile averne ragione, Cavaliere di Pegasus!"
"C’è mai stato qualcosa di facile nelle nostre vite, bestione?!" –Ironizzò il ragazzo, accennando un sorriso e incitando il robusto guerriero a scendere subito in battaglia.
Di fronte alle mura, nell’ampia piana che le separava da Thund, molti Einherjar erano radunati, le armature che rilucevano nel timido sole del crepuscolo del mondo. Alcuni erano intenti a sollevar lance e spade contro Jormungandr, altri gli dirigevano contro raggi energetici, evitando di porre lo sguardo sui cadaveri dei compagni, morti per il veleno del serpente o per essere stati stritolati dalle sue spire.
"Andiamo! Li abbiamo lasciati da soli troppo a lungo!" –Esclamò Pegasus, spalancando le ali dell’Armatura Divina. –"È tempo di far vedere a quella bestiaccia la vera stoffa dei Cavalieri di Atena e di Odino!" –E si lanciò al di là delle mura, sorvolando il campo di battaglia avvolto nel suo cosmo lucente.
Thor lo osservò per qualche istante, sorridendo di fronte all’ardore del giovane, prima di gettarsi a sua volta oltre le merlature del camminamento di ronda e atterrare solidamente in piedi, lanciando un urlo che squarciò il velo di fumo venefico.
"Attenti, là sotto!" –Gridò Pegasus, planando sulla riva del fiume, di fronte agli occhi straniti degli Einherjar, mentre attorno al suo pugno si radunava una lucente energia cosmica. –"Fulmine di Pegasus!" –Disse, scatenando la pioggia di stelle contro il Serpe del Mondo, che parve sorpreso da quella singolare apparizione.
"Mio Signore…" –Mormorarono alcuni Einherjar, osservando Thor arrivare di corsa, con Mjolnir in mano, e scagliarlo dietro ai lampi di luce del compagno. I due colpi congiunti cozzarono contro la squamosa pelle del serpente, facendolo imbestialire, ma non lo ferirono. Percependo la maggior intensità dell’assalto, Jormungandr si sollevò, stillando veleno dalle fauci e ammorbando l’aria al punto che molti guerrieri di Odino, incapaci di respirare, crollarono a terra, le mani strette attorno al collo.
"Sembra che abbiamo attirato la sua attenzione!" –Commentò Pegasus, atterrando a fianco di Thor, che aveva intanto recuperato la sua ascia rotante.
"Lo credo anch’io! Anche se non so se ciò sia un bene o un male!"
"Bene per noi, male per lui!" –Esclamò Pegasus, caricando nuovamente il pugno di energia cosmica. Fece per scattare avanti, ma dopo qualche passo si fermò, tossendo violentemente e battendosi il petto. –"Co… cosaaa succede?! Mi bruciano i polmoni, maledizione!!!"
"È il veleno del Serpe del Mondo, il veleno di millenni di odio!" –Disse Thor, aiutando il compagno a rimettersi in posizione eretta. –"Non avremo molto tempo per affrontarlo! Più respiriamo il suo fetido fiato, più ci avviciniamo alla morte! Credevo tu lo avessi capito…"
"Non pensavo… fosse così…"
"Intenso?!"
"Nauseante! Da indigestione quasi!" –Commentò Pegasus, con un sorriso tirato. –"Peggio dei panini alla cipolla della trattoria alla Darsena! Aaargh!!!"
"Non so cosa intendi, Cavaliere, ma se vuoi tornare indietro… a riposarti alla fonte di Udhr…"
"Vacci tu, se sei stanco, bestione! Io ho un lucertolone a cui mozzare la coda!" –Ironizzò il ragazzo, bruciando il proprio cosmo.
"Testardo come sempre!" –Commentò Thor, aprendo le braccia, con cui impugnava entrambe le asce, e caricandole della sua energia.
"Non è così facendo che ti ho battuto?!" –Scherzò Pegasus, correndo avanti, avvolto da un alone di luce azzurra, mentre Jormungandr si chinava su di lui, sbuffando tossiche nubi di morte. –"Cometa lucenteee!!!"
"Mjolnir, colpisci!!!" –Tuonò Thor, scagliando le due asce rotanti. E la sua voce fu così decisa da attirare l’attenzione di molti altri Einherjar, che avevano intanto iniziato a ripiegare o a trascinare i feriti vicino alle mura del Valhalla.
Nuovamente i due colpi si schiantarono sulla pelle del figlio di Loki, senza provocargli danno apparente, tranne farlo agitare ulteriormente. Il suolo parve tremare e immensi schizzi d’acqua si sollevarono da Thund, innaffiando la riva e i guerrieri vicino ad essa, sbattendoli a terra tanta era la violenza in essi contenuta.
Il Miðgarðsormr fiatò contro Pegasus, Thor e gli Einherjar una nuova nube di veleno, spingendoli persino indietro di qualche metro, obbligati a coprirsi gli occhi con le mani o con le visiere delle loro armature.
"È tutto inutile!" –Tuonò Thor, anch’egli piegato in due. –"Il veleno penetra nella pelle al solo contatto! Respirarlo non fa che ridurre il tempo della nostra agonia!"
"O della… sua!" –Ringhiò Pegasus, gli occhi arrossati dal fumo, sputando e tossendo al pari del compagno. Avrebbe voluto caricare di nuovo e sfondare la sua putrida carcassa, come aveva fatto con quella dell’Idra di Lerna alla Prima Casa dei Templi dell’Ira, ma si sentiva debole e senza fiato. Una sensazione non dissimile da quella provata dopo aver subito la Morte Atroce di Pegasus Nero.
All’epoca c’era stato Dragone ad aiutarlo, colpendo i punti vitali delle sue stelle e lasciando che il sangue infetto scivolasse via. Ma adesso Sirio e gli altri sono persi chissà dove tra questi mondi e io sono il primo ad essere arrivato ad Asgard! Spetta a me l’onore di tenere alto il buon nome dei Cavalieri di Atena! Si disse, cercando di reagire a quei veleni che lo volevano prostrare a terra, tra colpi di tosse e convulsioni.
Per un momento lo invase la spiacevole sensazione che i suoi compagni fossero morti, periti durante il trasferimento dimensionale a causa della distruzione dei portali o caduti in chissà quale tranello del Nordico Ingannatore. Ma poi, rialzandosi e fissando il Serpe del Mondo negli occhi, in quei putridi occhi gialli, si disse che non sarebbe stato possibile. Che Sirio, Andromeda e Cristal sarebbero presto giunti a dargli manforte e allora avrebbe potuto gloriarsi della sua prima vittoria, mostrando la carcassa sventrata del mostruoso figlio di Loki.
"Sì! Li attenderò così! Con il pugno teso verso la vittoria!" –Mormorò, sollevando il braccio, mentre scariche di energia cosmica gli avvolgevano il braccio. –"Alzati, mio vecchio amico, e affronta con me l’ingiuria della sorte! Affronta il demone che più di ogni altro rappresenta i veleni del mondo! Gli stessi che corrosero l’animo della tua bella regina, volgendola al male!"
Nell’udire quelle parole, pronunciate con voce fiera, Thor si scosse, cercando di riassumere una postura eretta, puntando un’ascia a terra e aiutandosi con essa. Anche altri Einherjar, stimolati dall’attivismo dei due Cavalieri, decisero di reagire, infiammando il loro cosmo, che scintillò nella caliginosa foschia della piana di fronte al Valhalla.
"Per Ilda, e per Asgard!" –Esclamò Pegasus, allungando la mano verso l’antico avversario, il primo da lui affrontato nelle fredde terre del nord.
"Per Ilda!" –Thor la strinse con forza, ergendosi in tutta la sua statura, prima di far ardere a sua volta il cosmo.
"Che il Serpe del Mondo si riprenda il suo veleno! Nei nostri cuori non c’è posto per esso, solo per la fede nella speranza!" –Gridò il Primo Cavaliere di Atena, scattando avanti, subito seguito da un gruppo di Einherjar e dallo stesso Thor.
Jormungandr alitò loro dall’alto una nuova nube tossica ma, per quanto qualche guerriero cadde, stramazzando al suolo in preda a violente convulsioni, non fermò la loro corsa, obbligandosi a sollevare l’immensa coda e a muoverla sul prato, per spazzar via i loro fatui sogni di vittoria.
Qualche Einherjar venne travolto, scaraventato indietro o schiacciato a terra, ma non Pegasus, che spiccò un balzo all’ultimo istante, aiutato dalle ali dell’Armatura Divina, puntando verso il viso del serpentone, né Thor, che piantò un’ascia nella coda, usandola poi come leva per saltare sopra di essa, con un’agile capriola, atterrando proprio sul corpo squamoso del Miðgarðsormr.
Provò disgusto il Campione di Odino nel poggiare i piedi su quella viscida superficie, intrisa, al pari dei fumi emessi dalla bocca del serpente, di sostanze venefiche. Ma mise da parte il ribrezzo, impugnando Mjolnir con entrambe le mani e sollevandolo al cielo, circondato dalla sua aura cosmica e dal potere che gli derivava dall’essere il Cavaliere della stella Gamma Ursae Majoris.
"Ildaaa!!!" –Gridò il gigantesco guerriero, affondando la lama nello squamoso corpo di Jormungandr e usandola per scaricarvi all’interno tutta l’incandescente energia del suo cosmo.
Il Serpe del Mondo inizialmente non aveva prestato attenzione a quel guerriero, ai suoi occhi non più grande di una mosca, preferendo concentrarsi su Pegasus, ma adesso parve sentire la ferita aperta sulla coda, volgendo di scatto il capo in quella direzione. Così facendo, liberò Pegasus dalla nube venefica, permettendogli di piombare sul suo collo e tempestarlo di migliaia di migliaia di colpi.
"Maledetta creatura infame! Ladone, al tuo confronto, era una biscia da giardino!" –Disse Pegasus, ricordando il Guardiano del Giardino delle Esperidi.
Jormungandr fremette, agitando la coda all’impazzata e distruggendo tutto ciò che trovò nel suo raggio d’azione. Un paio di ponti, gli scogli del fiume, alcuni edifici lungo la riva. Giunse persino a colpire con foga le mura del Valhalla, che ressero comunque all’impatto, per quanto alcuni Einherjar furono travolti e schiacciati. Nel contorcersi furioso della bestia, Thor venne sbalzato a terra, ruzzolando per qualche metro e perdendo la presa di Mjolnir.
Il figlio di Loki si accorse subito di lui e lo afferrò con la coda, stritolandolo tra le sue spire, incurante del martellare continuo dei pugni di Pegasus, di cui si sbarazzò con un violento soffio, spingendolo indietro fino a farlo precipitare a terra.
"Aaargh!!!" –Gridò Thor, stretto in una morsa di indicibile potenza.
Persino lui, che aveva cacciato per anni nelle foreste di Midgard, usando le sue sole braccia come armi, e che aveva il fisico temprato alla lotta e alla resistenza, si sentì cedere, vinto da una pressione irrefrenabile. Il veleno di cui il corpo di Jormungandr era pregno lo stava intossicando sempre più, mozzandogli il respiro e causandogli convulsioni spasmodiche.
La sfida che tanto aveva voluto, la gloria che tanto aveva cercato, in vita per Ilda, adesso per sé, sembrava persa, sconfitto proprio dal demone simbolo del suo potere e della sua corazza. Il serpente che tra le spire soffoca la preda, così lo avevano spesso definito a Midgard, in virtù della sua forza fisica, che suscitava timore anche tra i suoi pari. Ed era proprio per quel motivo che aveva scelto di affrontare Jormungandr, tra tutti i nemici che dilagavano per Asgard, sebbene a Pegasus non avesse detto niente. Per un fatto personale, per fronteggiare la sua diabolica nemesi.
Con la saliva che fuoriusciva copiosa dalla bocca, e i denti digrignati, Thor roteò gli occhi verso l’alto, ma invece di trovarsi di fronte il mostruoso volto del figlio di Loki, vide se stesso. Una scena che non ho mai dimenticato.
Del ghiaccio si frantuma e un’armatura di colore violaceo ne fuoriesce, risplendendo nella notte nordica. La sua armatura. Quella che la donna che lo salvò dai soldati, quel giorno nella foresta, aveva ritenuto fosse degno di indossare. Per quel motivo, per onorare la sua fiducia, era sceso in campo contro i Cavalieri di Atena. E anche stavolta, sia pur con motivazioni diverse, avrebbe lottato fino alla fine.
Infiammato nell’orgoglio dal ricordo di quel momento, della sovrana misericordiosa che cambiò la sua vita da fuggiasco a guerriero di corte, Thor reagì, bruciando il cosmo al massimo, che avvampò scottando le spire che lo tenevano prigioniero.
"Oooh… Ilda, per te tenterò ancora!" –Ringhiò, mentre Pegasus si rimetteva in piedi, osservando dal basso l’infiammarsi del cosmo violaceo del compagno, che andò concentrandosi attorno al braccio destro. –"Pugno del Titano!!!" –Gridò Thor, portando avanti l’arto, avvolto in un groviglio di fulmini violacei, e piantandolo nel corpo di Jormungandr.
L’attacco squarciò un pezzo della viscida pelle del demone, facendolo imbestialire e stillare sempre più veleno, ma Thor riuscì a non cadere a terra, trovando la forza per impugnare Mjolnir e piantarlo nella ferita aperta, prima di venir sbalzato via dalla furia del Serpe del Mondo.
"Dobbiamo proteggerlo!" –Gridò Pegasus, radunando un gruppo di Einherjar e correndo avanti. I Campioni di Odino scatenarono una pioggia di raggi e attacchi energetici contro il figlio di Loki, cercando di tenerlo a distanza dal corpo di Thor, attorno al quale si disposero a semicerchio, mentre Pegasus si chinava su di lui.
"Hai fatto un bel tuffo…" –Ironizzò, sforzandosi di nascondere la preoccupazione per le condizioni del compagno. La sua armatura era distrutta in più punti, schiantata dalla morsa del Serpe del Mondo, e il suo corpo era costellato di ferite aperte, ricoperte da una vischiosa sostanza di odore nauseabondo che Pegasus intuì essere le interiora maledette della bestia.
Thor non disse niente, faticando nel rimettersi in piedi. Sollevò lo sguardo verso Jormungandr, osservandolo scatenarsi contro i guerrieri di Odino e spazzarli via, con un solo colpo di coda, e si ricordò di quando cacciava nella foresta di Midgard, facendo altrettanto con i soldati che osavano fermarlo. Si sforzò di sorridere a quella similitudine, ma un conato lo piegò in avanti, facendolo sputare. Cercò di avanzare, ma riuscì a fare solo nove passi prima di crollare, ammorbato dal soffio velenoso.
Pegasus si gettò su di lui, percependo il suo cosmo spegnersi, e lo incitò a rialzarsi, a reagire, tra le lacrime che faticava a trattenere.
"No! Nooo, alzati bestione, alzati!!! Non vorrai lasciare il lavoro a metà, eh? Ricordi cosa mi hai detto? Tu sei come i giganti buoni di Jötunheimr, una vera roccia!"
"Non essere triste per me! Non voglio… che tu lo sia!" –Mormorò Thor. –"Mi è stata data una seconda vita e l’ho vissuta intensamente, giorno dopo giorno, in vista di questo momento! A quante altre persone è stata data un’occasione simile?" –Tossì più volte, riuscendo infine a sollevare lo sguardo verso Pegasus. –"È destino che tu mi veda morire, Cavaliere! Ma se nella mia prima vita sono caduto come tuo nemico, mi glorio e mi felicito, adesso, di morire al tuo fianco, come amico!"
"Thor…" –Mormorò Pegasus, realizzando che il guerriero era spirato proprio in quel momento. –"Thooorrr!!!" –L’urlo del Cavaliere di Atena scosse l’intero campo di fronte a Valgrind, spingendo gli Einherjar superstiti a voltarsi verso di lui, inginocchiato, con la testa di Thor sulle gambe.
Lo spegnersi del cosmo del gigante fu avvertito da tutti i suoi antichi compagni.
Lo sentì Mizar, da poco sbucato dalle radici di Yggdrasill. Lo sentì Mime, che già stava combattendo nella piana di Vígridhr. Lo sentì Orion, che sospirò, stringendo il pugno. E lo sentì anche Odino, come aveva percepito scomparire i cosmi di tutti gli Einherjar caduti in quelle cruente ore di lotta.
"Thor…" –Singhiozzò Pegasus, quasi incapace di credere che fosse potuto succedere di nuovo.
È una maledizione! Si disse, carezzando i ruvidi capelli del guerriero. Una maledizione che segna tutti coloro che combattono per la giustizia! Tutti coloro che hanno combattuto al mio fianco e a fianco dei miei amici negli ultimi anni, permettendoci di arrivare fin qua!
"Una maledizione da te incarnata e da tutto ciò che di malvagio rappresenti!" –Ringhiò, rimettendosi in piedi e puntando l’indice contro il Serpe del Mondo, che torreggiava sbuffando su di lui. –"E che adesso estinguerò!!!" –E nel dir questo scattò avanti, avvolto nel suo cosmo azzurro, dirigendo migliaia e migliaia di pugni luminosi contro l’immonda bestia, mirando al collo, al punto dove lo aveva colpito in precedenza, sia assieme a Thor che da solo.
Memore delle battaglie passate, fin da quella combattuta contro Eris sulla spiaggia di Nuova Luxor, Pegasus aveva imparato che, di fronte a un avversario dalla difesa apparentemente insuperabile, come la corazzata pelle del figlio di un Dio, era conveniente concentrare gli attacchi in un unico punto, sperando a lungo termine di incrinarlo.
Basta una falla per far affondare una nave! Si disse, spiccando un balzo verso il volto di Jormungandr e liberando un potentissimo getto di luce.
"Cometa lucente!!! Splendi!!!"
La rapidità dell’assalto fu superiore al tentativo del Serpe del Mondo di evitarlo, permettendo a Pegasus di trapassargli il collo, che esplose schizzando sangue oscuro e materia organica ovunque. Il gigantesco figlio di Loki accusò il colpo, barcollando sopra Thund, le cui acque si macchiarono di veleno in quantità sempre maggiore, ma ebbe la prontezza di muovere la rozza coda e afferrare Pegasus, mentre questi radunava il cosmo per attaccare di nuovo.
Lo stritolò tra le sue spire, le stesse che avevano ucciso Thor poc’anzi, per quanto l’Armatura Divina, potenziata dal mithril, fosse ben più resistente delle corazze dei Cavalieri di Asgard. E se lo portò di fronte al viso, desiderando ammirare quel cane d’uomo che così tanto dolore gli aveva provocato.
"Mi dispiace… deluderti… ma non sono un bocconcino appetibile!" –Mormorò Pegasus, dimenandosi e cercando di liberarsi da quella stretta, cercando di restare cosciente e non cadere vittima dello stordimento e della pazzia che quelle sostanze tossiche stavano provocando in lui. –"Iaiii!!!"
Il corpo di Jormungandr si infiammò dell’energia cosmica del Cavaliere di Atena, un calore che non aveva mai percepito in millenni di placida, ma solitaria, esistenza negli abissi del mondo. In reazione, il Serpe del Mondo aumentò la stretta, non ottenendo altro effetto che spingere Pegasus a bruciare sempre più il suo cosmo, mentre le tredici stelle della sua costellazione lampeggiavano attorno a lui.
"Non morirò così! Non farò la fine di Thor!" –Gridò il Cavaliere, incendiando le spire che lo intrappolavano e riuscendo a liberarsi parzialmente. –"Ho una vita a cui tornare, persone che voglio rivedere! Mia sorella, i miei amici e la donna che amo sapendo di non poter amare!!! Di non dover amare!!!"
"Pegasus!" –Lo chiamò allora una voce, parlando direttamente al suo cosmo. –"Accetta il mio dono e poni fine a quest’oscura minaccia!"
Fu allora che il ragazzo la vide, apparsa nell’aere di fronte a sé. La spada con cui aveva liberato Ilda dalla prigionia dell’Anello del Nibelungo riluceva di un bagliore azzurro, sostenuta dal cosmo del Dio cui apparteneva.
"O… Odino?!" –Mormorò Pegasus, non capendo.
"Impugna la spada Balmunk e non temere! Altre armi ho a disposizione per combattere, sebbene poche siano realmente efficaci contro questi Giganti di Fuoco!" –Disse il Signore degli Asi, impegnato su un altro fronte, il primo che era stato attaccato dagli eserciti di Loki.
"Sì!" –Rispose semplicemente Pegasus, afferrando la spada divina e caricandola del suo cosmo. –"Già una volta hai mondato la Terra dal male, Balmunk! Ripeti il miracolo, te ne prego!!!" –Esclamò, sollevandola e poi calandola con forza avanti a sé, lacerando la pelle del Serpe del Mondo, che guaì selvaggiamente, liberando il ragazzo dalla presa.
Con un balzo, Pegasus fu su di lui, sostenuto dalle ali della corazza, e lo trapassò nello stesso punto colpito in precedenza, mozzandogli l’immensa testa, che precipitò a terra, schiantandosi in mezzo alla piana, di fronte agli sguardi inorriditi degli Einherjar, alcuni dei quali vennero raggiunti dagli schizzi del suo macabro sangue.
Continuando a reggere Balmunk e bruciando quel che restava del suo cosmo, Pegasus generò migliaia di fendenti luminosi che squarciarono il corpo del figlio di Loki, innescando una catena di esplosioni luminose che lo distrusse nel giro di un minuto. Quindi, stanco per il prolungato scontro e intossicato dai veleni penetrati nel suo corpo, si lasciò cullare dal vento, finalmente libero da quel nauseabondo odore, trascinandosi a fatica fino a terra, dove crollò esanime, con Balmunk stretta ancora nella sua mano destra.
Gli Einherjar furono subito su di lui, sollevandolo con delicatezza e trasportandolo fino al Portone Principale, assieme al corpo di Thor.
"Cosa facciamo di lui?" –Esclamò un guerriero. –"Sta avendo violente convulsioni! L’eccessiva vicinanza al Serpe del Mondo deve averlo infettato al pari del possente Thor!"
"Se così è, temo che gli rimanga ben poco da soffrire!" –Commentò rattristato un altro, incapaci entrambi di aiutarlo. –"Povero ragazzo! Da Atene sei giunto fin qua, oltre le nuvole, per cadere con noi! Un Campione nostro pari, ecco chi sei, e come tale sarai trattato, così in vita così in morte!"
"Conserva le tue orazioni funebri per il dopoguerra, William!" –Esclamò allora una voce, mentre un lampo di luce esplodeva in mezzo al gruppo di Einherjar e una figura splendida ne emergeva. –"C’è ancora molto da fare adesso, ma non abbandonarsi a inutili catastrofismi!"
"Vostra altezza… mio Principe …" –Mormorarono i guerrieri, mentre il figlio di Odino si avvicinava ai corpi distesi a terra di Thor e Pegasus. Sfiorò la testa del primo, sussurrando parole che gli Einherjar non compresero, ma ritennero facessero parte di un antico rito di saluto ai morti. Poi si avvicinò al Cavaliere di Atena, tastandone la fronte febbricitante, prima di incalzare un paio di guerrieri affinché aprissero Valgrind.
"Portatelo a Fensalir, da Eir! Là saremo forse in grado di dargli le cure di cui ha bisogno!" –Affermò Balder lo Splendente, prima di scomparire nuovamente.