CAPITOLO DECIMO: REVANCHE.

Quando Sirio si svegliò si accorse che tremava.

Era freddo, ma un freddo così intenso che neppure la protezione dell’Armatura Divina poteva lenirlo. Un gelo che sapeva entrare nelle ossa a chi non vi era abituato.

Scuotendosi, si mise in piedi, cercando di riordinare i frammenti dei suoi ricordi e soprattutto di capire dove si trovasse. Aveva varcato il portale nelle profondità di Midgard ed era ancora vivo, il che, si disse, era più che un bene. Era una vera gioia, che lo faceva sperare che anche i suoi compagni fossero giunti a destinazione.

Si guardò intorno, muovendo qualche passo sul terreno, rendendosi conto di non vedere praticamente niente. L’oscurità era totale e il vento gelido che lo investiva con raffiche periodiche non lo aiutava a orientarsi meglio. Ebbe bisogno di qualche minuto per abituarsi al buio e iniziare a percepire qualcosa, soprattutto l’ondulazione del terreno, per niente stabile, e un odore acre che inizialmente non aveva sentito, anch’esso sopraffatto dal gelo pungente. Un odore che Sirio, fin da quando era sceso dal ring della Guerra Galattica e aveva iniziato a combattere per la giustizia a fianco dei suoi compagni, aveva imparato a conoscere. L’odore della morte.

Mosse un piede, urtando qualcosa, e chinò lo sguardo solo per accorgersi, inorridito, di aver toccato un cadavere.

"Dei dell’Olimpo!" –Mormorò il ragazzo, osservando quel nudo corpo deforme, che pareva spogliato di qualsiasi umanità, abbandonato al suo martirio. Spostò lo sguardo attorno a sé e si accorse che non era l’unico, ma era circondato da cadaveri. Corpi ammassati ovunque, distesi su un fianco, raggomitolati, qualcuno privo delle braccia o di un piede, e tutti lacerati, pieni di ferite, sulla schiena bianca e ossuta e sul petto, simili a frustate o a morsi.

"Che squallore!" –Si disse, abbandonandosi a un sospiro. In quel momento vide il portale, pochi metri dietro di sé, incastonato nella roccia di quello che pareva il fianco di un rilievo montuoso, e ricordò, o credette di immaginare, quel che era accaduto dopo che ne era uscito. Era stato colpito da qualcosa, che gli era caduto in testa, spingendolo a terra e facendogli perdere i sensi. Qualcosa come…

Poof.

Sirio si gettò di lato, evitando il crollo di qualcosa che nell’oscurità non riuscì a distinguere, convinto che qualcuno lo avesse individuato e lo stesse attaccando. Ma poi, quando un nuovo corpo cadde accanto a lui, impietrì realizzando che si trattava di cadaveri, al pari di quelli che già inondavano l’intero spiazzo. E che piovevano dall’alto, gettati da una sagoma deforme che il ragazzo, sollevando lo sguardo, vide allontanarsi in silenzio. Fu allora che capì di essere completamente avvolto dalla nebbia. Una nebbia scura, così fitta da inibire i sensi e da generare un manto di notte.

Senza indugiare oltre e sforzando i sensi al massimo per analizzare l’ambiente circostante, Sirio balzò avanti, inerpicandosi lungo una parete di roccia e lasciandosi i cadaveri alle spalle. Salì un centinaio di metri, accorgendosi che il rilievo era meno aspro di quel che aveva pensato e ritrovandosi sulla sommità, dove la nebbia era meno fitta e gli permetteva di osservare il lugubre paesaggio attorno.

Si trovava nel bel mezzo di quella che sembrava una catena montuosa, avvolta da una bruma scura, al di là della quale si estendeva un immane deserto di ghiaccio. Ricordando le parole di Ilda e gli insegnamenti del Vecchio Maestro sulle culture del mondo, Sirio comprese di trovarsi nel Niflheimr, l’inferno nordico, precisamente sui Monti dell’Oscurità. E quella massa deforme che aveva lanciato i cadaveri dall’alto si stava allontanando, sbattendo le sue orride ali nel cielo nero sferzato da venti eterni.

Un dragone. Mormorò Sirio, individuandone la sagoma, sebbene non riuscisse a vederlo nitidamente. Non avendo idea di come muoversi in quel mondo che non conosceva, né di come fosse la geografia interna di tale sconfinato paesaggio, fece l’unica cosa che gli sembrò saggia in quel momento. Seguì il dragone.

O forse la meno stupida tra le tante! Ironizzò, scivolando lungo i fianchi delle montagne e correndo poi sul deserto di ghiaccio. Da qualche parte, in quel mondo sconfinato, scendeva la più profonda radice di Yggdrasill e Sirio sperava che l’orrida bestia vi si dirigesse, o comunque di incrociarla durante il cammino.

Inseguì il dragone per un tempo imprecisato, forse venti minuti, forse di più. Non era facile tenere il conto del tempo in un luogo in cui pareva che non trascorresse mai, sempre bersagliato da continue tempeste di neve che dovevano rendere atroce l’esistenza. Infine, dopo la monotonia del deserto, spezzata solo da qualche duna o spuntone di ghiaccio che sorgeva sul terreno, vide dinanzi a sé quella che sembrava una costruzione. Un palazzo forse, oblungo e scarno come una bara, che doveva aver subito dei danneggiamenti. Il dragone vi passò sopra, planando poi dall’altra parte, e Sirio lo seguì, costeggiando il perimetro della costruzione con cautela, non sapendo chi o cosa avrebbe potuto incontrare.

Al di là del rozzo castello, una strada pareva digradare leggermente e dal basso provenivano grida e rumori di lavori in corso. Per precauzione Sirio proseguì lungo la parete ghiacciata di lato al sentiero, tirando ogni tanto uno sguardo sopra la testa, finché la strada non terminò, rivelando al Cavaliere un paesaggio davvero infernale.

Dell’Albero Cosmico ancora nessuna traccia, ma sotto di lui si estendeva una baia, le cui rive erano bagnate dalle tempestose acque di un fiume dai frangenti fatti di coltelli e lame affilate, che martoriavano gli sventurati corpi che tentavano di attraversarlo. La spiaggia invece era costellata da un nugolo di serpenti, intrecciati tra loro in maniera così fitta da costituire un vero e proprio tappeto, che divoravano i malcapitati che riuscivano a passare il fiume, terminando il martirio tra le loro spire. Demoni e esseri mostruosi, che parevano non risentire troppo del dolore e del veleno delle serpi, prelevavano i corpi insanguinati strappando loro le unghie, prima di gettarli via e lasciare che il dragone li afferrasse.

Una perversa catena di montaggio! Mormorò Sirio, stringendo i pugni, disgustato da una simile violenza, che gli faceva sembrare leggere persino le pene cui Sire Ade aveva destinato i morti nel suo regno.

Una sghignazzata lo distrasse, spingendolo a sollevare lo sguardo, percorrendo il pontile di legno che sovrastava la distesa di serpi, costruito per permettere ai boia di quel luogo atroce di passarvi senza essere feriti, fino ad osservare un uomo, rivestito da una spigolosa corazza, che dirigeva le operazioni in corso. Un uomo che aveva già incontrato, sconfiggendolo nella foresta di Midgard.

"Megrez…" –Mormorò Sirio, riconoscendo la snella sagoma del perfido Cavaliere di Asgard, l’unico a conoscenza della prigionia di Ilda e l’unico che avesse tentato di abusarne per i suoi scopi. Per questo motivo, gli aveva spiegato Cristal sull’Olimpo, Odino non lo aveva ammesso al Valhalla. –"Vedo che comunque non ha impiegato molto tempo per farsi dei nuovi amici…"

"Tiratelo fuori! Il veleno dovrebbe averlo stordito abbastanza!" –Disse Megrez in quel momento, rivolgendosi a dei mostruosi servitori che trasportavano una massa violacea che Sirio ben conosceva.

Una teca di ametista. Come le centinaia che costellavano la foresta di Midgard, piene di sventurati o di animali con cui il malvagio Cavaliere si era divertito nel tempo, alle spalle di Ilda.

Continuando ad osservare, Sirio vide i demoni distruggere a martellate la teca di ametista ed estrarne il corpo di un guerriero, gettandolo a terra ai piedi di Megrez.

Questi si chinò su di lui, per sincerarsi delle sue condizioni, gli fece una carezza sul volto, prima di colpirlo con un calcio sulla mandibola, così violento da ribaltarlo e spingerlo fino al bordo del pontile, con un braccio penzoloni al di fuori. Subito decine di serpi si allungarono verso l’alto, sperando di assaporare quella nuova preda, il cui odore, sembrava quasi potessero percepirlo, era ben diverso dal putrido fetore dei corpi a cui erano abituati.

"Non adesso, deliziose creature! Non adesso!" –Sibilò Megrez divertito, sporgendosi dal pontile, sfoderando la spada infuocata e allontanando i serpenti dal braccio del suo prigioniero. –"Abbiamo un lavoro da fare! Per questo ci servono le unghie di questo bel gattone!" –E diede ordine ai servitori di sollevare il corpo inerme e riservargli lo stesso trattamento dei cadaveri.

Il prigioniero tentò di reagire, ma si accorse di essere troppo debole persino per stare in piedi, così venne abbattuto da un colpo alla schiena da parte dei demoni e piegato di nuovo sul pontile. Ma quella mossa permise a Sirio di vederlo in faccia e realizzare quanto fosse identico al Cavaliere che aveva attaccato Lady Isabel a Nuova Luxor, agli inizi della loro avventura asgardiana. Mizar, l’agile tigre.

Da Mizar il prigioniero differiva solo per il colore dell’armatura, bianca anziché nera, e questo fece capire a Sirio che doveva trattarsi di Alcor, suo fratello, di cui Phoenix e Andromeda gli avevano parlato. E capì anche che, quali che fossero i piani di Megrez, doveva intervenire subito se voleva salvarlo.

Con un agile balzo, il Cavaliere di Atena piombò sul pontile di legno, attirando l’attenzione degli occupanti per il rumore improvviso. Ma quando si voltarono videro solo un dragone di luce verde sfrecciare verso di loro.

"Drago nascenteee!!!" –Gridò Sirio, travolgendo con le sue fauci i demoni che bloccavano Alcor a terra e scaraventandoli indietro, fino a precipitarli nel groviglio di serpi, che subito si chiusero su di loro.

"Che diavolo… Sirio?!" –Esclamò Megrez, il volto contratto in una smorfia di sorpresa. –"Che ci fai qua? No, non dirmelo, finalmente sei morto anche tu! Ah ah ah!" –Ironizzò, recuperando il controllo di sé e sollevando la spada di sbieco, sì che la luce della fiamma potesse rischiarare i suoi occhi rossi di odio.

"Infelice di rivederti, Megrez!" –Si limitò a commentare Sirio, scattando avanti.

Megrez mosse allora la spada verso destra, poi verso sinistra, scagliando contro il Cavaliere di Atena schegge di ametista. Tale pioggia obbligò Sirio a ripararsi dietro lo scudo del Dragone, prima di lasciar esplodere il suo cosmo e liberare un fendente di energia che falciò le schegge viola, abbattendosi su Megrez, che fu lesto a scansarsi di lato, prima di balzare sopra Sirio, atterrando alle sue spalle.

"Iaaahhh!!!" –Gridò il servitore di Hel, caricando di nuovo, muovendo la spada con destrezza e schiantandola più volte contro lo scudo del Dragone, che Sirio aveva nuovamente sollevato, voltandosi verso di lui. –"Questa volta il tuo scudo non basterà! I miei poteri sono cresciuti, la mia Regina li ha incrementati, fiera dei miei successi!"

"Immagino che ti sarai fatto riconoscere per le tue qualità morali…" –Ironizzò Sirio, evitando un affondo nemico, prima di contrattaccare con un pugno dal basso.

Megrez lo evitò, balzando indietro e sgusciando abilmente via, con il ghigno perfido ancora sul volto. –"Le mie qualità guerriere, vorrai dire!" –Puntualizzò, scoppiando a ridere fragorosamente.

"Invece di perderti in chiacchiere, perché non finisci il tuo nemico?" –Esclamò allora una terza voce, proveniente dalle spalle di Sirio. –"O vuoi dargli l’occasione di sconfiggerti una seconda volta?"

Il Cavaliere del Dragone mosse leggermente la testa, pur continuando a tener d’occhio Megrez, timoroso di un trucco o di un attacco a sorpresa, per incrociare lo sguardo di un uomo adulto, dal corpo robusto, i cui lineamenti erano molto simili a quelli di Megrez, al punto che sarebbe potuto essere il ragazzo a quarant’anni.

Dunque lui… Mormorò Sirio, sgranando gli occhi per la sorpresa.

"Non ho chiesto il tuo aiuto né un tuo consiglio, padre!" –Esclamò Megrez, togliendo al ragazzo ogni dubbio sull’identità dell’uomo.

"Siete voi l’uomo che affrontò il mio maestro ai Cinque Picchi, tentando di carpire il segreto della Pienezza del Dragone?!"

"Umpf! Quell’eremita presuntuoso! Cosa gli dava il diritto di tenersi per sé quel potere? Con esso, un guerriero sarebbe divenuto invincibile! Io sarei divenuto invincibile, primo nel mio casato!" –Affermò il padre di Megrez.

"Proprio per questo tale tecnica è stata proibita, perché a nessun uomo dovrebbe essere dato un potere simile! Atena stessa la rifiutò! Un vero Cavaliere, degno di tale nome, lo avrebbe capito!" –Puntualizzò Sirio, facendo avvampare il padre di Megrez.

"Come osi?!" –Ringhiò, bruciando il proprio cosmo. Ma una raffica di schegge di ametista lo spinse indietro, obbligandolo a placarsi, mentre Megrez avanzava sul pontile.

"Restane fuori e tieniti i tuoi rimpianti! Sirio è mio! Ho un conto in sospeso da regolare con lui!" –Esclamò, caricando il Cavaliere di Atena, che fu costretto a riportare l’attenzione su di lui, sollevando lo scudo, su cui la spada infuocata si infranse, e colpendolo poi all’addome con un pugno secco, che lo spinse indietro di una decina di metri.

"Mi pare piuttosto che sia tu ad essere suo!" –Ironizzò il padre con un ghigno, prima di incamminarsi verso Alcor, sollevarlo bruscamente e trascinarlo verso l’altro lato del pontile, oltre il mare di serpi, dove una specie di cantiere navale era stato installato sul terreno sabbioso.

"Ammiri il nostro lavoro, Sirio? Vuoi forse partecipare anche tu, donando le tue belle unghie di drago?!" –Esclamò Megrez, indicando con la spada la spiaggia di là dal pontile, dove una nave stava terminando di essere costruita.

"Quale nuova diavoleria hai architettato, Megrez?!"

"Per quanto mi piacerebbe vantarmene, tutto quest’oro non è frutto del mio lavoro, a cui comunque ho dato un gran contributo! Ah ah ah! Vedi quei demoni, vicino alla nave? Sono della stirpe di quelli che hai abbattuto poc’anzi! Un tempo erano uomini, credo, poi hanno fatto un patto con Hel, che ha evitato loro orribile sorte facendone suoi servi! Sono incaricati di strappar via le unghie ai dannati, un’operazione che non presenta mai particolari problemi, considerate le condizioni con cui i morti giungono qua! Non tutti infatti in vita son stati forti Cavalieri come me, la maggior parte è costituita da vecchi, malati, adulteri o suicidi, gente con ben poca spina dorsale!"

"E questo dà a te o alla Regina degli Inferi il diritto di abusare di loro, torturandoli più di quanto abbiano sofferto in vita?!"

"Vedo che la tua nobiltà d’animo non è cambiata, Sirio! Sei ancora il solito noioso idealista!" –Sbuffò Megrez. –"Ma mi fa piacere che tu sia venuto a trovarmi, di rado ho occasione di parlare con qualcuno che sa tenermi testa! O quanto meno che sa come provarci! Ah ah ah! Ma basta ridere, ho un lavoro da finire! La superficie cornea dei defunti viene infatti utilizzata per costruire la Naglfar, la nave che trasporterà i figli di Hel ad Asgard, per la battaglia finale! Manca poco ormai, gli ultimi tocchi! Le tue unghie e quelle di Alcor potrebbero ornare la prua, risalterebbero in mezzo a tutto quel putridume, non credi, Cavaliere? Ah ah ah!"

"Sei più malato di quanto ricordassi, Megrez!" –Ringhiò Sirio.

"Lamentatene con chi mi ha disegnato così! Ah ah ah!" –E nel dir questo Megrez mosse la spada, scatenando una nuova pioggia di schegge di ametista contro Sirio, obbligandolo a balzare indietro, fino al limite del pontile, prima di scagliargli contro la lama infuocata, piantandola tra i piedi del Cavaliere.

Il legno stantio del pontile avvampò all’istante, facendo precipitare le tavole nella fossa dei serpenti, che subito si agitarono, sollevando le fauci, attratte dal delizioso bocconcino che penzolava dall’alto, essendo Sirio stato spinto indietro dall’improvvisa deflagrazione. Il ragazzo cercò di rialzarsi, ma ogni trave a cui si afferrava pareva marcirgli in mano, consumata dal mortale fuoco di Megrez.

Alcuni serpenti riuscirono ad attorcigliarsi attorno alle sue gambe, risalendole alla ricerca di un punto dove affondare i loro denti velenosi. Sirio ringraziò la protezione quasi completa offerta dall’Armatura Divina ed espanse il proprio cosmo, facendolo avvampare.

"Fuoco del Dragone!" –Gridò, sterminando le oscure serpi e dandosi la spinta per balzare infine in alto, atterrando su un lato del camminamento di legno non ancora raggiunto dalle fiamme.

Megrez, non distante da lui, aveva già richiamato la spada infuocata e si era appena lanciato nella sua direzione.

"Excalibur!" –Tuonò Sirio, dirigendo un fendente di energia contro il nemico, che riuscì ad evitarlo per un soffio, spostandosi di lato, non potendo impedire però che l’attacco devastasse quel che restava del pontile, facendolo crollare e obbligando Megrez a balzare in alto, roteando su se stesso e piombando poi su Sirio, con la spada tesa.

Il Cavaliere sollevò lo scudo, per parare l’affondo, caricandolo di energia cosmica, ma l’impatto fu comunque notevole e lo spinse indietro, facendolo cadere al di là del pontile, rotolando con Megrez sul terreno sabbioso, poco distante dalla Naglfar.

Il padre dell’ex Cavaliere di Asgard, osservando la scena da poco distante, scosse la testa e diede poi ordine ai demoni e agli altri servitori di Hel di prepararsi a partire. La costruzione della nave era pressoché completata ed era tempo di mollare gli ormeggi e salpare verso la loro occasione. La gloria che in vita non avevano avuto.

Afferrò Alcor per la gola, sollevandolo e sbattendolo contro la chiglia di Naglfar, sussurrandogli di tenersi pronto.

"Le tenaglie stanno arrivando!" –Sibilò, mentre un essere mostruoso, dalla stazza simile ad un orso, si avvicinava, reggendo rozze pinze di ferro. –"Farà un po’ male, ma il veleno presente nella teca d’ametista, che il tuo corpo ha assorbito tramite il contatto cutaneo, ti varrà da analgesico! Ah ah ah!"

Fu in quel momento che Alcor scattò, graffiando il braccio del padre di Megrez con i suoi artigli, per poi avventarsi su di lui e spingerlo indietro, ferendolo al torace, ove l’armatura oscura, identica a quella del figlio, non lo copriva.

"Bastardo d’un gatto! Ti spellerò vivo e ti arrostirò allo spiedo nelle fiamme di Muspell!" –Ringhiò l’uomo, liberandosi del Cavaliere con un’onda di energia e schiantandolo a terra.

Alcor rotolò per qualche metro, incapace di reagire a causa dello stordimento causato dal veleno. Sirio se ne accorse e fece per muoversi nella sua direzione, ma Megrez gli si parò di fronte, avvolto nel suo cosmo ardente.


"Vi invoco Anime della Natura infernale!!!" –Gridò, sollevando un braccio, mentre un turbine di sabbia si abbatté su Sirio, obbligandolo a coprirsi gli occhi con una mano, prima che un secondo turbine lo raggiungesse da dietro, schiacciandolo. –"Ah ah ah! Sei abituato agli aghi degli alberi, perdonami se, in loro assenza, dovrò adattarmi con quel che offre la casa! Non molto, in vero, ma qualcosa di interessante c’è!" –Aggiunse, voltando lo sguardo verso il fiume Slidhr, il terribile, e lambendolo con il suo potere cosmico.

I frangenti a forma di lame aguzze e coltelli affilati si sollevarono, piombando poi sull’immobilizzato Sirio, in una devastante pioggia continua.

"Come vedi ho eliminato quel ridicolo difetto che mi ha fatto perdere il nostro scontro precedente, Sirio! Adesso posso controllare più di un potere contemporaneamente! Ma che te ne parlo a fare? I tuoi strilli indicano che te ne sei reso conto da solo! Ah ah ah!"

Quel bastardo ha ragione! Ghignò Sirio, sforzandosi di non perdere la calma, di non agitarsi, per non lasciare che le Anime della Natura avessero ragione di lui, ma per quanto provasse, per quanto concentrasse i sensi, cercando di rimanere immobile e fondersi con l’ambiente, falliva. Non riusciva a stabilire nessun contatto con la natura, che, matrigna, continuava a riversarsi contro di lui, pressando il suo corpo e lacerandolo con migliaia di lame d’acqua.

La corazza divina, rinforzata dal mithril, stava resistendo bene, ma nei punti che lasciava scoperti il ragazzo era già pieno di tagli e sangue. E se non avesse reagito subito, anche per Alcor sarebbe stata la fine.

Fu allora che capì cosa permetteva agli attacchi di Megrez di raggiungerlo, la natura difforme del paesaggio, non della sua tecnica. La natura infernale, lugubre, tetra, su cui il suo cosmo lucente non aveva presa, intessuta fin nelle profondità dell’oscura linfa della sua sovrana, la figlia di Loki. Era chiaro che, da un simile ammasso di ombra e morte, non avrebbe ricevuto aiuto alcuno.

"Aaahhh!!!" –Gridò il Cavaliere di Atena, lasciando ardere il proprio cosmo, che lo avvolse interamente, scivolando attorno al suo corpo, come un turbine, e annientando la tempesta di sabbia e la pioggia di coltelli, prima di assumere la forma di un maestoso dragone di luce e rischiarare il torbido cielo di Hel.

"Ma… cosa?!" –Borbottò Megrez, paralizzato dal timore, tanta era la potenza liberata da Sirio, ben superiore al ragazzo che aveva affrontato a Midgard.

"Colpo segreto del Drago Nascente!!!" –Gridò Sirio, mentre la grandiosa sagoma del Drago di Cina sfrecciava a fauci aperte contro Megrez, il quale tentò di opporsi, scatenando le Anime della Natura contro di esso e osservando, inorridito, il disperdersi di tale tecnica.

"Stupido!" –Mormorò suo padre, chino sul corpo di Alcor, con le tenaglie in una mano, alla vista del figlio scaraventato contro la gelida parete di roccia alle sue spalle, con l’armatura gravemente danneggiata e macchiata di sangue.

Non ebbe però tempo di pensare altro che Sirio, con un balzo, fu su di lui, sbattendolo a terra e rotolando assieme sulla riva del fiume, in modo da allontanarlo da Alcor.

"Di cosa t’impicci, Cavaliere di Atena?" –Ringhiò l’uomo, cercando di liberarsi del ragazzo con un’onda di energia, che spinse Sirio qualche metro addietro, permettendogli di rialzarsi.

"Faccio il mio dovere, e salvo chi ne ha bisogno! A questo servono i nostri poteri, non a soddisfare una qualche stupida ambizione personale!"

"Un’ambizione non è mai stupida, Cavaliere! O non indosseresti quella corazza, se non l’avessi intensamente voluta!" –Commentò il padre di Megrez, e a quelle parole Sirio esitò un istante, chiedendosi se fossero o meno vere.

L’uomo approfittò di quel momento per evocare le Anime della Natura, sollevando un maroso di oscura energia acquatica e scagliandolo con forza contro Sirio, che venne raggiunto in pieno e scaraventato indietro. Con agilità il Cavaliere riuscì comunque ad eseguire una capriola in aria, atterrando in piedi, al limitare della spiaggia, vicino alla selva di serpenti, che subito si agitarono, allungando le spire nella sua direzione.

"Non star troppo vicino ai figli di Níðhöggr, Sirio! Sono di appetito facile!" –Esclamò Megrez, rimessosi nel frattempo in piedi. –"Persino io me ne tengo a debita distanza! Sarebbero capaci di far fuori un uomo in pochi secondi, approfittando delle sue ferite aperte e inondandolo del veleno mortale che loro padre, il bel serpentone che svolazza in cielo, ha instillato in loro!"

"È a loro che si deve dunque la fossa di cadaveri sulle Montagne dell’Oscurità? Che mondo orribile quest’inferno!"

"Farai bene a fartelo piacere, perché è qua che trascorrerai il resto dei tuoi giorni! Schegge di ametista!!!" –Gridò Megrez, muovendo la spada e scagliando contro Sirio una raffica di pietre taglienti, il cui numero pareva incrementare ad ogni movimento della lama.

Il Cavaliere di Atena evitò la pioggia rotolando sul terreno sabbioso, mentre attorno a lui scoppiavano esplosioni continue, provocate dalle schegge stesse, ben più pericolose di quel che sembravano. Come tutto ciò che riguarda Megrez, si disse, ricordando i numerosi trucchi messi in atto dal giovane anche a Midgard. Pare che la lezione non l’abbia ancora imparata e che l’onore mai albergherà nel suo animo!

"Non pensare, lotta!" –Ironizzò il servitore di Hel, scagliando contro Sirio la lama infuocata, che gli passò a pochi centimetri dal volto, incendiandogli persino una ciocca di capelli. Se non fosse stato attento e agile, si sarebbe conficcata nel suo occhio sinistro anziché nella roccia alle sue spalle.

"Lotta vuoi, Megrez, e lotta avrai! Hai violato quanto un Cavaliere ha di più caro, la sua terra, la sua regina, i suoi compagni, agendo come un invasore! Pagane il prezzo!" –Esclamò allora Sirio, scattando avanti, avvolto nel suo cosmo verde speranza, con il pugno teso. –"Colpo del Drago Nascente!"

"Anime della Natura!!!" –Tuonò Megrez, dirigendo un violento turbine di sabbia e vento freddo contro l’attacco di Sirio, frenandone la corsa.

I due assalti si fronteggiarono per qualche istante, infiammando il paesaggio marino, mentre entrambi i contendenti pensavano ad un modo per avere in fretta ragione dell’avversario. Megrez avrebbe voluto rinchiudere Sirio in una teca d’ametista ma rifletté che era proprio in quel modo che aveva perso la volta scorsa.

Anche Dragone parve ricordarsene e si abbandonò a un sorriso compiaciuto, facendo infervorare Megrez, che aumentò l’intensità della tempesta, infondendo tutto se stesso a quell’attacco. Il Drago Nascente venne disperso e Sirio travolto dal turbine e sollevato nel cielo di Hel, di fronte allo sguardo tronfio di Megrez, che fece per voltarsi verso suo padre, per rimarcare la sua vittoria. Ma l’esplosione di luce che sventrò le nebbie subito dopo smorzò la sua soddisfazione, obbligandolo a sollevare lo sguardo, giusto in tempo per ammirare la sagoma del più scintillante drago che avesse solcato i cieli di quell’inferno.


"Megrez!!! Sto arrivando!" –Esclamò Sirio, piombando come una furia sull’antico Cavaliere di Asgard. –"E nuovamente mi hai offerto l’occasione per vincerti!" –Non aggiunse altro e si schiantò sull’avversario, che non poté difendersi da tale impetuoso attacco, venendo trapassato e sospinto verso l’alto, per la pressione generatasi. –"Di nuovo il tuo desiderio di una facile vittoria ti ha spinto ad un gesto affrettato! Sbloccandomi dall’uso del Drago Nascente mi hai permesso di tentare un ultimo attacco, ben più potente! Sii fiero di quel che hai ottenuto, Megrez, lo devi solo a te stesso!" –Mormorò Sirio, mentre la spinta del contraccolpo si esauriva e il corpo sanguinante di colui che aveva tentato di rendere grande il casato dei Megrez precipitava nel groviglio di serpi, che subito si avventarono su di lui, avvinghiandosi al suo corpo, penetrando nelle sue ferite aperte, infiammandolo con il loro veleno.

Sirio spostò lo sguardo, per non assistere a quella macabra scena, a quello spettacolo a cui Megrez tante volte aveva assistito, gettando nella fossa, anche solo per il divertimento di farlo, qualche corpo di uomini o di altre creature, per ricordare a tutti chi avesse il potere.

Il potere di scegliere. Mormorò Dragone, incamminandosi verso Alcor, per sincerarsi delle sue condizioni. Un potere che non hai saputo utilizzare al meglio.

Il padre di Megrez parve pensarla allo stesso modo, ritto sulla poppa della nave, con il timone in mano e lo sguardo pieno di disappunto. Aveva capito, fin da quando aveva spinto indietro il Cavaliere del Dragone, quale sarebbe stato l’esito dello scontro, ordinando quindi di mollare gli ormeggi e salpare. E anche adesso, dall’alto della Naglfar, che solcava il nebbioso cielo di Hel, non poteva esimersi dal criticare il figlio, nuovamente sconfitto.

"Hai fallito, Megrez! E i fallimenti si pagano!" –Aggiunse, incurante delle grida di dolore del giovane, divorato dalle serpi e dai loro veleni, girando il timone e dirigendo la nave e i suoi demoniaci passeggeri verso l’uscita di Hel.