CAPITOLO X

Il favorito della grande regina

 

I

primi invitati arrivarono ad Ásgarðr nel primo pomeriggio e si presentarono immediatamente a palazzo per incontrare la Grande Sacerdotessa. Hyoga si era chiesto spesso perché, nonostante fosse a tutti gli effetti regina del regno d’Ásgarðr, nessuno si riferisse mai a lei con quel titolo.

Col tempo venne a sapere che era stata Hilda stessa a preferire il titolo di sacerdotessa a quello di regina, perché prima di tutto si considerava un sacerdote del culto del dio Odino.

La sacerdotessa e il Landvarnarmaðr attesero pazientemente nella Válaskjálf, l’Aula dei Prescelti. Lei era stata paziente e aveva cercato di illustrargli, nella maniera più semplice e completa, la complessità di un mondo e di un tipo di vita troppo diverso dal suo per essere di immediata comprensione.

Trasse un profondo respiro quando le grandi porte della sala si spalancarono. Il primo ad entrare, come gli disse Hilda, fu Víkarr di Agðir, signore degli Augandzi, accompagnato dagli jarls norvegesi.

‹‹Ben arrivato, Víkarr›› salutò Hilda correndo ad abbracciare l’uomo, alto e abbronzato.

‹‹Sei sempre più bella, signora. Niente di te è cambiato dall’ultima volta che ti vidi… ed è stato… ››.

‹‹Almeno due anni fa, caro. Non ricordarmi del tempo che passa! Come sta, Yrsa? Spero che ci abbia allietato della sua presenza››.

‹‹No, non è potuta venire perché… partorirà a giorni››. S’illuminò in volto e aggiunse con aria soddisfatta: ‹‹Il piccolo Eirik ha solo otto anni ma già vorrebbe andare in guerra con suo zio, Starkaðr; Freydis invece cresce bella come la madre››.

‹‹Allora quando tornerai da lei, dille che appena potrò andrò a trovarla››.

Víkarr, detto il Vittorioso, era diventato re di Agðir, nell’Østland norvegese, dopo l’assassinio di re Harald suo padre. A quel tempo regnava Skaði ma Hilda ricordò d’aver sentito narrare le imprese di Víkarr, re guerriero, e del fratellastro Starkaðr, il suo uomo più fedele. Allontanò dalla mente quel pensiero e rispose alla domanda di Víkarr.

‹‹Non ho un marito perché non ho ancora trovato un uomo che sia adatto a me!›› disse. ‹‹Nessuno riesce a tenermi testa come vorrei. Piuttosto: avevi assicurato che, un giorno, avrei potuto conoscere il tuo campione. Immagino che dovrò attendere ancora…››.

Víkarr sorrise amaramente e si mostrò preoccupato. ‹‹Starkaðr è per me un dono degli dèi! Senza di lui, Agðir sarebbe ancora nel caos in cui era piombato alla morte di mio padre. É un guerriero eccezionale e il mio esercito gli è fedele e lo seguirebbe persino in Hel ! (1) Purtroppo in questo momento è impegnato, perché ai confini del regno alcuni jarls dissidenti, parenti di quel vigliacco di Herþjófr, (2) fomentano dissidi e rivolte. Sono partito con l’animo sereno, perché Starkaðr ha assicurato che al mio ritorno troverò il regno in pace e i rivoltosi sistemati a dovere!››.

‹‹Sei fortunato, Víkarr, perché non devi temere per la sicurezza del tuo popolo, anche durante la tua assenza››.

Il re sorrise. ‹‹Questo è sicuro! Però sono dispiaciuto, perché avrei voluto presentarti Starkaðr››.

Hilda era effettivamente curiosa di conoscere il famoso eroe di Agðir, dato che l’eco delle sue imprese era giunto alle orecchie di tutti. Inoltre si diceva che fosse un uomo molto affascinante e che fosse alla ricerca di una moglie.

Presentò il nuovo Landvarnarmaðr d’Ásgarðr e Víkarr si mostrò amico perché, come disse: ‹‹Chiunque abbia la fiducia di Hilda, ha la mia fiducia››.

Uno per volta, poi, Hilda accolse gli jarls norvegesi che erano giunti con Víkarr.

La Norvegia poteva essere divisa in tre regioni principali, a loro volta frammentate in più divisioni minori. Più importante di tutte era il cosiddetto Østland, o regione orientale, formato dagli insediamenti situati lungo l’Oslofjord o ad esso legati, come ad esempio il Vestfold, il Raumarike, lo Jaeder e l’Østfold.

La ricchezza si accumulava specialmente nel Vestfold, e Alf Gudrodarson, con le sue collane e pellicce pregiate, era la prova dell’opulenza di quelle terre. Eadwig il Bellissimo dello Jaeder e Trigvason dell’Østfold trattennero Hilda a lungo, raccontando molte storie curiose.

La seconda regione per importanza si trovava molto a nord, ed era il Trondelag, divisa in due grandi province, con il suo centro naturale sulla riva meridionale del fiordo di Hladir. In quella regione sugli altipiani si trovava una vasta zona di buona terra coltivabile. In luoghi privilegiati, poi, anche su montagne piuttosto alte, vi erano distese di ottima erba dove gli abitanti locali mandavano per tutta l’estate le loro greggi a brucare. Questi famosi pascoli, in cui le bestie restavano dalla primavera all’autunno, si chiamavano såter. L’agricoltura e il commercio avevano contribuito alla formazione di una classe di contadini benestanti e proprietari terrieri.

I due jarls del Trondelag appena si erano trovati vicini e chiusi in una stessa stanza, avevano cominciato a discutere animatamente. Entrambi si riparavano dal freddo sotto pesanti pellicce bianche, indossavano stivali di pelle foderati, e sfoggiavano collane e bracciali d’avorio di tricheco e argento.

‹‹Non vorrei che ci fossero dissidi tra due grandi signori del Nord come voi. Preferirei vedervi sorridere piuttosto che litigare››.

‹‹Il nostro era semplicemente un battibecco, signora›› disse Sigtrigg di Norrtrondelag. Era più basso dell’altro jarl di una testa ma molto più robusto. Era soprannominato la Tempesta perché, si diceva, il rumore intenso che produceva la sua potente flotta nell’avvicinarsi ricordava quello minaccioso di una tempesta.

‹‹C’è un gruppo di pirati che si diverte a saccheggiare i nostri mercati. Sbarcano, massacrano la nostra gente, rubano, distruggono e spariscono. Vanno a nascondersi nelle isolette che si affollano al largo della costa settentrionale››. Harold Hardradi, detto Duro Consiglio, jarl del Södertrondelag, era alto e magro e la sua fama di navigatore e guerriero, come quella di Sigtrigg, era giunta lontano.

‹‹Il nostro problema è che non riusciamo a stanare quei maledetti, né tanto meno a prenderli›› disse Sigtrigg.

‹‹E nessuno dei due›› concluse Hardradi, ‹‹vuole lasciare all’altro il privilegio di prendere vendetta! C’è di mezzo anche il bottino dei pirati, da dividere!››.

Si guardarono di traverso e soffiarono come due stalloni imbizzarriti.

‹‹Per ben tre volte le nostre flotte si sono scontrate in mare aperto e hanno ingaggiato una battaglia dimenticando il loro obiettivo principale! Non ci sono stati gravi perdite ma, se combattiamo tra noi, non riusciremo mai a scacciare quei pirati dalle nostre terre!›› disse Sigtrigg.

Hardradi sarebbe sceso a patti difficilmente, mentre sarebbe stato più facile accordarsi per una strategia comune con Sigtrigg, più ragionevole dell’iroso rivale. Hilda osservò il tarchiato Sigtrigg, con la sua espressione tranquilla, e l’esile Hardradi corrucciato in volto e con le braccia incrociate sul petto.

‹‹Mettete da parte per un attimo la vostra diatriba›› disse infine. ‹‹Se avete pazienza d’aspettare fino a domani, potremo discutere a tavolino per cercare assieme una strategia efficace che risolva il problema e non danneggi nessuno dei due! Per il momento, cercate d’evitare che i vostri equipaggi facciano di Iðavöllr terra bruciata!››. Sigtrigg sorrise e Hardradi, nonostante fingesse indifferenza, addolcì l’espressione truce.

La terza grande regione norvegese era il Vestland, lunga striscia di terra costellata di fiordi compresa tra lo Jaeder e il Trondelag.

I distretti di questa regione costiera occidentale portavano nomi famosi in epoca vichinga, come il Rogaland, l’Hordaland e il Firthafylki, ed erano abitati da popoli esperti marinai e costruttori di navi altrettanto conosciuti, come i Rugi e gli Harothi.

Il Vestfold era prevalentemente montagnoso, con le coste rocciose e incise da fiordi stretti e scoscesi. La terra coltivabile era relativamente scarsa in proporzione alla grandezza della zona e le possibilità d’espansione a est e a nord erano limitate. Rapinare i vicini più ricchi era un mezzo naturale e semplice per raddrizzare i torti perpetrati dalla natura. Per questo erano famosi i Rugi del Rogaland e gli Harothi dell’Hordaland, per essere abili saccheggiatori, e per avere delle caratteristiche spade corte a un solo file e lance pesanti a lama larga, armi poco apprezzate dagli altri popoli.

‹‹Hilda! Accogli Sveigdir Gormson degli Svea di Svealand!››.

Il barbuto re degli Svea, con i figli, Harald e Knut, fece il suo ingresso trionfale nella Válaskjálf attirando l’attenzione di tutti i presenti. Non aveva guerrieri al seguito, ma dalla sua cintura pendeva un lungo spadone che Sveigdir metteva in mostra muovendo continuamente la mano sull’elsa intarsiata.

Un istante dopo entrò un altro uomo altissimo, Healfdene l’Alto del Danmörk, anche lui con figli al seguito e senza scorta, e con lo stesso passo trionfale attraversò il salone.

‹‹Sveigdir e Healfdene sono tra quelli che potranno opporsi a te con più veemenza›› sussurrò Hilda stringendo il braccio di Hyoga. ‹‹Non lasciarti intimorire dai loro sguardi o dalle loro parole, rispondi a tono ma attento a non provocarli››.

Sveigdir governava sul vasto territorio detto Svealand. Gli Svea, originari dell’Uppland, erano più potenti e meglio organizzati delle altre tribù che li circondavano, e sminuivano la forza dei loro vicini meridionali del Väster e Östergötaland, i Gøtar. Cominciarono ad espandersi e il regno degli Svea, sotto la guida di un anziano ma formidabile monarca, il leggendario Anganþér, si estese fino a comprendere i distretti del Västermanland, Södermanland, Värmland e l’isola di Åland. La potenza e l’influenza degli Svea si fecero sempre più forti nelle province orientali e centrali, e cominciarono ad avere stretti rapporti anche con le province settentrionali più accessibili. Erano in continuo sviluppo, e grandi profitti traeva il loro re dal lago Malär, dove possedeva due empori: Hëlgo e Birka,. Quest’ultimo, situato nella zona detta Terra Nera sull’isola di Björkö, era il più famoso di tutti gli empori scandinavi e aveva scambi anche con la regione baltica orientale e col Volga.

Sveigdir non sembrò troppo entusiasta di Hyoga. Lo squadrò con un’occhiata severa poco rispettosa che non piacque a Hilda.

‹‹Non ho mai sentito nominare quest’uomo!›› disse sollevando fieramente il mento. ‹‹E il suo accento tradisce la sua provenienza!››.

‹‹Non puoi conoscere tutti gli uomini che vivono a Miðgarðr!›› rispose seccamente Hilda.

‹‹Conosco i più valorosi, quelli che meritano d’essere conosciuti per le loro gesta! Gli altri non m’interessano!››.

‹‹Entro i confini d’Ásgarðr, accetterai per onorevole e degno di rispetto, ogni uomo che io ti presenterò come tale!››.

La voce di Hilda rimbombò nella sala e per un lungo momento nessuno osò ricominciare a parlare.

‹‹Alla fine, Hilda ha sempre ragione" intervenne Healfdene, anche lui scettico verso Hyoga.

Per allentare la tensione, Hilda chiese notizie di Olof Krig, re dei Gøtar.

‹‹Re Olof si è stufato di farci la guerra›› disse il massiccio Sveigdir dando una gomitata a Healfdene L’Alto, signore del Danmörk, ‹‹semplicemente perché adesso deve riprendersi il Västergötaland!››.

‹‹Ben gli sta!›› aggiunse Healfdene. ‹‹Re Olof, in questi anni, ha fatto solo scorrerie e non si è curato per nulla del suo regno! E adesso questo sconosciuto jarl Alrik raduna un’armata di fedeli, occupa il Västergötaland e resiste agli assalti dell’esercito di Olof barricato nella fortezza di Läckö! Ben gli sta!›› ripeté annuendo e incrociando le braccia sul petto.

Sveigdir e Healfdene avevano stretto un solido rapporto d’amicizia, dopo aver combattuto assieme nella Seconda Guerra Bravica, tant’è vero che da tempo si parlava di un matrimonio tra Gyda, figlia di Sveigdir e Hroðgar, primogenito di Healfdene.

Hyoga s’era fatto un passo indietro, lasciando che Hilda chiacchierasse indisturbata con i due re. Sveigdir sembrava essersi calmato ma ancora, di tanto in tanto, girava lo sguardo, nervoso ma curioso, su di lui.

Dopo una lunga discussione, Hilda li lasciò perché si sentì chiamare.

‹‹Lascia che ti abbracci, mia cara. È passato tanto tempo ma non sei cambiata!››.

‹‹Þjazi, temevo non saresti venuto!››. Hilda abbracciò affettuosamente il padre di sua madre.

Þjazi di Þrúðheimr era incredibilmente vecchio, tanto più che era sopravvissuto alle due mogli e alla figlia. Era magro e ingobbito al punto da doversi sostenere con un bastone, rugoso in volto e con le mani simili a nodose e ritorte radici. Era accompagnato da Sámendill, trentenne figlio della seconda moglie del vecchio re Þjazi.

‹‹Benvenuto anche a te, Sámendill››.

‹‹È un piacere e un grande onore essere ammessi al tuo Consiglio, signora. Si parla molto di te e della pace che hai portato anche di là del mare, in Jötunheimr››.

‹‹Eppure è anche per via delle incessanti e sanguinose scorrerie dei sovrani di quel lontano Paese che, ogni anno, è necessario indire un nuovo Consiglio!››.

Hilda non apprezzava Sámendill, né la sua politica. Da sempre Ásgarðr e Miðgarðr erano presi d’assalto dai giganti di Jötunheimr e dai predoni del Norrland. Re e jarls combattevano incessantemente, intere dinastie si susseguivano al trono, uomini e talvolta anche donne scendevano sul campo di battaglia per difendersi dagli aggressori che sempre più frequentemente straziavano la terra con le loro ruberie. Tuttavia, nonostante il legame di sangue con i signori d’Ásgarðr, Sámendill aveva cercato l’appoggio dei re dei giganti, suoi vicini, ignorando le loro malefatte.

Hilda e Sámendill si lanciarono sguardi infuocati, mostrando il disprezzo reciproco. Avrebbero discusso animatamente, com’era capitato le rare volte che s’erano incontrati, se non fossero stati prontamente interrotti.

‹‹Di certo, non vorrete incominciare in questo modo il Consiglio!››.

‹‹Non era nelle mie intenzioni!›› disse Sámendill.

Re Gymir era anche lui sovrano in Jötunheimr, nel piccolo regno di Hlérberg, una fertile zona pianeggiante stretta tra il mare e le montagne. Discendente della nobile Stirpe degli Hlérþursar, i giganti del mare, aveva sposato Aurboða, figlia di semigiganti della Stirpe dei Bergrísar, giganti delle montagne.

‹‹Non ti scaldare, Sámendill›› disse Gymir bonariamente. ‹‹Di certo, la Grande Sacerdotessa non voleva offenderti. Dimenticherai quelle che ti sono sembrate parole offensive perché comprenderai l’enorme tensione che accompagna i momenti che precedono l’inizio di un così importante evento!››.

Hilda si pentì del tono acido con cui aveva accolto Sámendill.

‹‹Ti ringrazio per la comprensione, Gymir›› disse Hilda sorridendo. ‹‹Scusami, farbror, (3) temo di essermi espressa in malo modo. Dimentica ciò che ti ho detto, perché non era una critica nei tuoi confronti››.

‹‹Nessun problema, signora›› sorrise Sámendill. ‹‹Ti lascio in buone mani, padre: non ti affaticare troppo, però››. Sámendill le sorrise e s’inchinò leggermente, prima di allontanarsi.

Hilda sbuffò, pensando all’ipocrisia malcelata dietro all’affettato rapporto d’amicizia e parentela che la legava a Sámendill. L’avversione che provava nei suoi confronti, oltre che di natura caratteriale, era soprattutto politica. Sámendill aveva avuto l’incredibile cattivo gusto di stringere alleanza con alcuni sovrani di Jötunheimr che erano entrati, in un modo o nell’altro, in contrasto con Ásgarðr o Miðgarðr, cosa che appariva inusuale e piuttosto strana ai suoi occhi.

‹‹So che non lo ami, Hilda, ma dopo la morte di tua madre e della mia seconda moglie, non mi rimane altro che lui. È un bravo ragazzo e quando verrà la mia ora, Þrúðheimr sarà suo. Sforzatevi di andare d’accordo: è tutto ciò che vi chiedo››.

Hilda guardò il volto grinzoso di Þjazi e capì che era sinceramente legato a Sámendill. Strinse le labbra perché quella richiesta comportava un enorme sacrificio ma non poté rifiutare.

Spero che quel giorno arrivi più tardi possibile, ho un terribile presentimento riguardo a questo "bravo ragazzo"!

‹‹Sarà come vuoi, Þjazi›› promise abbracciandolo.

‹‹Mi sembri stanco, Þjazi. Lascia che mio figlio ti aiuti››. Gymir chiamò e venne immediatamente un ragazzone alto e biondo. Litr e suo padre si somigliavano molto. Si sarebbero potuti scambiare l’uno per l’altro se non fosse che Gymir aveva il volto indurito dal tempo, con profonde rughe sulla fronte e una folta barba, mentre suo figlio era ancora imberbe e dalla pelle liscia come una fanciulla. Þjazi sbuffò, lamentandosi del fatto che lo si trattasse come un vecchio infermo, ma si lasciò condurre via dal forzuto ragazzo che lo accompagnò a sedere.

‹‹Sámendill è ambizioso e non disdegna di trattare con chicchessia, pur di vedere aumentare l’oro nelle sue borse! Mi dispiace d’averti costretto a chiedergli scusa››.

‹‹Se non l’avessi fatto, Þjazi si sarebbe dispiaciuto. Sámendill, anche se è faticoso da ammettere, è davvero tutto ciò che gli rimane!››.

‹‹ Questo è vero››. Gymir s’era fatto serio in volto e, poiché era sempre stato in ottimi rapporti con i signori d’Ásgarðr, le parlò con estrema franchezza. ‹‹Ti avrei appoggiato anche poco fa, se non fosse stato per il vecchio Þjazi. Lo ammiro e sono in debito con lui di diversi favori. Una volta mi salvò la vita, e non oso contrastare suo figlio apertamente, almeno finché vive››.

Hilda ricambiò il suo sguardo e si chiese se ci fossero segreti che il re non voleva rivelarle. Gymir sembrò leggerle nel pensiero.

‹‹Fai bene a non fidarti di quell’uomo›› aggiunse con un ghigno complice. ‹‹Þjazi è vecchio e cieco ai loschi traffici di suo figlio. Si fida di lui e Sámendill sa approfittare appieno della situazione!››.

‹‹Dunque cosa consigli di fare?›› chiese Hilda. Poi alzò la mano per chiamare Hyoga, rimasto intrappolato tra Knut e Harald, figli di Sveigdir.

‹‹Niente›› disse Gymir con noncuranza. ‹‹Niente… per ora. Lascia che peschi nel torbido, ignaro del fatto che, quando penserà d’aver fatto una buona pesca, si ritroverà invece intrappolato!››.

La sacerdotessa si sforzò di comprendere il significato nascosto delle sue parole ma non capì e aggrottò la fronte.

‹‹Non ti rompere la testa, ora, per quello che ho detto›› la rassicurò il re. ‹‹Ti basti sapere che Gymir della Stirpe delle Montagne ti é fedele, come lo é stato al valoroso re Njörðr che fu tuo padre, e mai mentirebbe per il suo profitto. Finché regnerò e vivrò, i traffici di Sámendill saranno sotto il mio controllo. Nel caso in cui divenisse pericoloso, ti assicurò che sarai la prima a saperlo e, se succederà, allora l’unica cosa che chiederò sarà di essere il braccio che compirà la vendetta!››.

Gymir parlava sottovoce ma era rosso in volto e Hilda non chiese altre spiegazioni. Come aveva intuito, Gymir sapeva più di chiunque altro sul conto di Sámendill e, evidentemente, ciò di cui era a conoscenza lo preoccupava. D’altronde, fino a quando fosse vissuto Þjazi e Sámendill non avesse commesso alcun atto illecito alla luce del sole, nessuno avrebbe mai osato accusarlo.

È ambizioso, sì, ma è anche astuto, pensò Hilda. Sa bene che nessuno gli rinfaccerà mai niente finché Þjazi lo appoggerà. Ma non sarà troppo tardi per agire contro di lui quando ci si rivolterà contro?

‹‹Odino non voglia che i suoi figli debbano ancora combattere tra loro!››. Le sue parole suonarono come una preghiera e Gymir dovette sentirne l’effetto perché si calmò e sul suo volto tornò il sorriso.

‹‹Naturalmente, signora›› rispose. ‹‹È quello che vorremmo tutti››.

‹‹Lascia invece che ti presenti qualcuno che ha la mia piena fiducia›› esclamò poi Hilda, afferrando Hyoga per un braccio. ‹‹Hyoga Balakirev, Landvarnarmaðr d’Ásgarðr!››.

Hyoga sorrise a Gymir il bledingr e tese la mano. ‹‹È un piacere››.

Il re di Hlérberg si grattò la testa con una smorfia. ‹‹Che storia è questa, Hilda! Il Landvarnarmaðr d’Ásgarðr è uno straniero?››.

Per tutto il pomeriggio, durante quell’interminabile preambolo del Consiglio, Hyoga non aveva sentito altro che lamentele nei suoi confronti. Sguardi torvi e affermazioni più o meno offensive sulla sua provenienza erano gli unici saluti che gli avevano rivolto, salvo qualche rarissimo slancio di sincera gentilezza.

‹‹La provenienza non ha importanza, quello che conta è che intendo svolgere bene il mio dovere!›› replicò irritato.

‹‹Sono belle parole, Landvarnarmaðr, e mi auguro, per il bene della sacerdotessa e d’Ásgarðr che saprai tenervi fede!››. Gymir esitò un momento ma strinse la mano di Hyoga, con grande soddisfazione di Hilda.

La scelta di nominare uno straniero quale protettore d’Ásgarðr aveva lasciato perplessi più d’uno dei partecipanti al Consiglio, ma finora l’unico che si era opposto accanitamente alla sua decisione era stato Sámendill, il cui parere non era per lei di grande importanza.

L’importante è che Hyoga sia accettato dai nostri alleati di maggior rilievo. Sámendill potrà opporsi con tutte le forze, ma è ancora Þjazi che porta il titolo di re! Al momento della sua morte, Sámendill dovrà faticare per essere incoronato! Non basta essere reggenti per ereditare la corona!

La sacerdotessa aspettò con pazienza che si presentassero tutti i partecipanti al Consiglio. La Válaskjálf era gremita di uomini che vociavano e discutevano, e Hilda, trascinandosi dietro Hyoga che aveva perso ogni entusiasmo, si sforzò di ascoltare chiunque avesse qualcosa da riferirle o da chiederle.

Nel tardo pomeriggio, scortato da dieci soldati in abiti sfarzosi, arrivò Óðr di Vanaheimr con Freyr, e per un tempo molto lungo il signore dei Vani catturò Hilda e Hyoga, perché disse, aveva molte cose urgenti da dire. Era semplicemente una scusa per saziare la sua smisurata curiosità, ma Hilda acconsentì lasciando che fosse Freyr a trattare con i guerrieri e ad occuparsi degli ultimi accordi prima dell’inizio del Consiglio.

Quando finalmente tornarono nella Válaskjálf, Hyoga notò che c’erano nuovi arrivati. Hilda presentò Heremod dei Völsungar, giunto in Ásgarðr dalle remote propaggini del Norrland, dalle terre che si estendono oltre il circolo polare.

Rispetto a come lo ricordava, Heremod era invecchiato e zoppicava da una gamba. Nonostante tutto aveva affrontato il lunghissimo viaggio, accompagnato solo da Oktar Jägeren, il Cacciatore, e dalla sua esigua hirð.

Calò la notte nordica, e uno alla volta, re e jarls abbandonarono la Válaskjálf per tornare agli accampamenti che erano sorti in Iðavöllr come funghi dopo un’abbondante pioggia. Mentre i loro signori e comandanti si erano presentati al cospetto dei signori d’Ásgarðr, nella grande pianura innevata i soldati e i thraells che li accompagnavano s’erano occupati di allestire in fretta ripari per la notte e fuochi per cucinare e riscaldarsi.

Hilda era esausta, snervata al solo pensiero che le ore passate ad ascoltare pazientemente erano solo un assaggio dell’abbuffata di discussioni e litigi che li aspettava l’indomani al Consiglio. Ad ogni modo, avrebbe trovato volentieri la voglia di parlare con Hyoga se solo lui avesse dimostrato maggiore collaborazione.

Era stato cordiale e per tutto il pomeriggio aveva affrontato senza timore le insistenti domande di uomini che avevano messo a dura prova la sua pacatezza, riuscendo a convincere e a farsi accettare anche dai più scettici. Poi, una volta che erano rimasti soli, improvvisamente s’era fatto pallido ed era affiorata sul suo volto la stanchezza dovuta all’enorme sforzo compiuto per presentarsi allegro e pimpante, nonostante si sentisse criticato da tutti.

‹‹Non ne potevo più!›› si lamentò lasciandosi cadere su uno degli scranni.

‹‹Per me vale lo stesso. Devi riposare stanotte, perché domani, al Consiglio, sarà anche peggio!››.

Hyoga sbuffò, gonfiando le guance, e la guardò sorridendo.

‹‹Sono stato convincente?››.

Hilda andò a sedersi sullo scranno vicino a lui. ‹‹Sei stato perfetto!›› si complimentò posandogli una mano sulla mano.

Era calato il buio, ma quella sera l’Aula dei Prescelti era illuminata a giorno da decine di torce appese alle pareti. Non aveva più l’aspetto tetro di quando l’aveva vista la sera del suo arrivo, e osservare quell’enorme salone dall’alto di uno dei seggi, faceva sentire Hyoga estremamente sicuro di sé.

Hilda l’aveva nominato Landvarnarmaðr, e il fatto di dover proteggere Ásgarðr gli sembrava un compito facile, qualcosa che sarebbe riuscito a fare senza problemi con l’aiuto dei soldati della guardia, di Freyr e anche dei capitani. Poi posò gli occhi sull’anello che rappresentava il potere di cui era investito, e sentì il desiderio impellente di toglierselo e renderlo nuovamente a Hilda. Il suo incontro con Freija era stato avvilente, e non era più sicuro di voler restare ad Ásgarðr con l’ansia continua di vederla tra le braccia di un altro.

Sospirò rumorosamente e Hilda gli strinse forte la mano.

‹‹Cos’hai?››.

‹‹Tutto e niente›› scherzò Hyoga. Hilda evitò di voltarsi, pur cercando di trasmettergli tutta la sua comprensione attraverso la stretta e la dolcezza delle parole.

‹‹Se vuoi, possiamo parlare di ciò che ti rende triste…››.

Hilda aveva riposto in lui tutta la sua fiducia, ed era stata una decisione azzardata perché in fondo lei non lo conosceva tanto bene da confidare ciecamente nelle sue possibilità.

Eppure l’ha fatto, ha creduto in me. Col suo comportamento Hilda mi lusinga e io dovrei essere orgoglioso di essere stimato da una donna meravigliosa come lei. Se desistessi adesso, il mio sarebbe un fallimento completo. Deludere le aspettative di Lady Saori, e quelle di Hilda, che hanno creduto in me. E poi, niente è ancora detto…

Inspirò profondamente, strinse forte la mano di Hilda, poi si alzò in piedi e si fermò di fronte alla sacerdotessa.

Lei lo guardò perplessa. ‹‹Cosa c’è?››.

‹‹Stamattina mi hai detto che gli uomini dell’hirð giurano fedeltà al loro signore››. Hilda annuì e Hyoga si schiarì la gola. ‹‹Io non l’ho ancora fatto››.

‹‹Non ce n’è bisogno, Hyoga›› disse lei con voce gioiosa. ‹‹Il fatto che tu abbia accettato l’anello e ciò che esso rappresenta è per me una garanzia sufficiente››.

‹‹Ma io vorrei giurare…››.

Freija immaginò che stesse succedendo qualcosa d’insolito quando Hadingus, correndo come un pazzo, venne a chiamare Freyr con urgenza. La principessa e suo fratello stavano scherzando allegramente, godendo di uno dei pochi momenti di tranquillità che potevano trascorrere assieme. difatti, Freyr, non appena s’era liberato, era corso da lei.

‹‹Freyr, devi assolutamente venire con me!›› disse affannato Hadingus.

‹‹Prendi fiato Hadingus,›› disse Freija ‹‹scoppierai››.

‹‹Adesso non posso›› disse Freyr col sorriso sulle labbra.

‹‹È urgente, venite! Il Landvarnarmaðr vuol giurare fedeltà, Hilda vuole che siate presenti!››.

‹‹Per le anime di Hel, è urgente sì!›› esclamò Freyr balzando in piedi.

‹‹Fermi!››. Freija, confusa, li richiamò entrambi. ‹‹Chi è il Landvarnarmaðr? Non sapevo che Ásgarðr ne avesse più uno né che Hilda avesse deciso di consegnare l’anello!››. Freyr sgranò gli occhi e si stropicciò la fronte.

‹‹Che stupido sono, ho dimenticato di dirtelo!›› mormorò il principe estremamente dispiaciuto. ‹‹Nella confusione d’oggi, m’è passato di mente…››.

‹‹Ma devi venire anche tu, principessa! Hilda vuole che siate presenti entrambi. Anzi, è una fortuna che vi abbia trovato assieme!›› s’affrettò a dire Hadingus.

Il lungo corridoio che portava alla Válaskjálf era affollatissimo di soldati e thraells, chi affrettava il passo per arrivare nell’anticamera antistante l’Aula dei Prescelti, chi invece era già arrivato allungava il collo per sbirciare dentro la sala oltre il muro di corpi pressati contro le porte aperte o sulla soglia

Hadingus diede la voce e la folla si aprì per far passare Freyr e Freija che attraversarono il salone per andare a sedersi ognuno sul proprio scranno.

C’erano moltissimi soldati della guardia stipati nel salone e dalla parte opposta, in piedi davanti agli scranni vuoti ma dietro i tre che erano stati preparati per i signori d’Ásgarðr e avanzati di qualche passo sulla pedana, Freija vide tutti i capitani dell’hirð, compreso Heimdallr il Custode che per l’occasione aveva abbandonato la sua postazione all’entrata della cittadella.

Mantenne la compostezza che era d’obbligo in simili occasioni, ma sentì l’agitazione dentro di lei quando scoprì l’identità del Landvarnarmaðr. Respirò lentamente per mantenere la calma ed evitare il rossore alle guance che l’avrebbe messa in imbarazzo, e pregò per non essere costretta ad incrociare lo sguardo con quello di Hyoga.

Hyoga era in piedi di fronte a Hilda e sembrava tranquillo. Teneva gli occhi fissi in quelli della sacerdotessa, immobile. Quando Helgi, ad un cenno di Hilda, si mosse verso di lui, Hyoga alzò le braccia e lasciò che il capitano gli allacciasse alla vita una cintura dalla quale pendeva una lunga spada. Helgi tornò al suo posto e Hyoga rimase per un attimo a fissare l’arma nel fodero intarsiato. Aveva restituito l’anello alla sacerdotessa, perché lei potesse consegnarglielo ufficialmente per convalidare la sua investitura agli occhi di tutti.

Freija e Freyr assistettero da seduti alla cerimonia, che fu breve, mentre Hilda rimase tutto il tempo in piedi. Freija non staccò un momento gli occhi dalla sorella e da Hyoga, ma non ascoltò una parola di quello che si dissero, troppo impegnata a chiedersi coma mai sua sorella avesse deciso di affidare proprio a lui il compito di vegliare su Ásgarðr.

Hilda scese con estrema lentezza i gradini della pedana, si fermò di fronte a Hyoga. Lui ascoltò attentamente, poi s’inginocchiò ponendo la destra sull’impugnatura della spada e giurò lealtà.

‹‹…fino alla morte!››. Quelle furono le uniche parole che Freija sentì dire da Hyoga. Persa nei suoi pensieri, seguiva quell’incomprensibile e improvvisa cerimonia in cui tutti sembravano muoversi al rallentatore, i soldati, i capitani, e soprattutto Hilda e Hyoga.

…il nuovo amante di mia sorella…

Helgi scesa nuovamente dalla pedana portando una scatoletta. Hilda l’aprì, ordinando al nuovo membro dell’hirð di alzarsi, poi mostrò a tutti lo splendido anello con l’emblema d’Ásgarðr. La sacerdotessa parlò ancora e da ultimo, infilò l’anello al dito di Hyoga, proclamandolo Landvarnarmaðr d’Ásgarðr.

‹‹Questa tua decisione mi ha colto di sorpresa, ad essere sincera››.

‹‹Posso capirti ma… mi è sembrata giusta››.

‹‹Quando hai deciso?››.

‹‹Ieri notte››.

‹‹Ah, ieri notte!›› esclamò Freija quasi ridendo. ‹‹E, sentiamo, cosa ti ha spinto a nominarlo addirittura Landvarnarmaðr, una carica che nessuno riveste da almeno vent’anni?››.

Hilda sgranò gli occhi, incredula. ‹‹Non ti capisco, mia cara. È un uomo valoroso, che è corso in nostro aiuto in più d’una occasione, noncurante dei pericoli cui andava incontro. Ho avuto modo di scambiare due parole con Freyr, e nostro fratello ha approvato la mia scelta. Credevo che anche tu stimassi i Sacri Guerrieri del Santuario! Hanno fatto molto per noi… E poi, se ricordi bene, fu Hyoga che…››.

‹‹Sì, ricordo alla perfezione quello che successe… E gli sono grata per aver salvato me e liberato te! Ma ancora non mi capacito di come tu abbia potuto scegliere lui, con tutti i campioni che ci sono ad Ásgarðr!››.

Hilda strinse le labbra e gli occhi, pensierosa.

‹‹Non è giusto che dubiti di lui solo perché avete avuto dei problemi››.

‹‹Non dubito di lui›› si lamentò Freija quasi seccata. ‹‹E non è vero che abbiamo avuto dei problemi!››.

‹‹Freija, non mentire››.

‹‹Hilda, ti prego, sorvoliamo l’argomento! Ti odio quando ti comporti come una madre premurosa nei miei confronti. Sono cresciuta, ora››. Freija sbuffò e si coprì gli occhi con una mano.

‹‹Perché non provi a spiegarmi questa storia dall’inizio, con calma. Io mi metterò seduta qui›› disse Hilda indicando una delle poltrone della biblioteca, ‹‹e ascolterò senza interrompere. Credi davvero che non mi sia accorta di niente? Ho ravvisato il cambiamento in te sin da quando hai conosciuto Hyoga …ma tu non ha mai voluto parlarne con me. Forse hai preferito Freyr››.

‹‹Non ho preferito nessuno dei due perché… non avevo niente da dire!›› mentì Freija. Hilda si lasciò sfuggire una risata ma si fece subito seria.

‹‹Freija, non puoi ingannarmi. Vorrei solo che tu ti confidassi di più con me. Abbiamo sempre parlato, perché stavolta non vuoi farlo?››.

Freija si passò più volte la mano tra i capelli, e quel gesto involontario tradì il suo nervosismo. Prese a camminare su e giù per la stanza, Hilda si limitava a seguirla con gli occhi.

‹‹L’aver rivisto Hyoga dopo tanto tempo mi ha turbato, lo ammetto…ma è successo perché avevo smesso di pensare a lui e non ero preparata ad incontrarlo, così all’improvviso. Comunque, questo non ha niente a che vedere con i miei dubbi sulla tua scelta. È solo che non avevi mai dato ad intendere che cercassi un nuovo Landvarnarmaðr, non ne avevi mai parlato…Con tutti i capitani e gli uomini valorosi che compongono la guardia, ho creduto che non ci fosse bisogno di ulteriore protezione!››.

‹‹La prudenza non è mai troppa, tesoro. Sono successe tante cose, in questi ultimi anni…››.

‹‹Ma sì, lo so›› l’interruppe Freija. ‹‹È solo che, adesso, lui sarà costretto a restare qui per lungo tempo…››.

Hilda inarcò le sopracciglia, riflettendo su eventualità cui non aveva pensato. ‹‹Potresti aver ragione›› mormorò. ‹‹Però non ho insistito, non eccessivamente, e non gli ho chiesto di giurare. L’avevo lasciato libero di decidere… È stato Hyoga a chiederlo, lo ha voluto lui, e io ho rispettato la sua volontà. Forse, restare ad Ásgarðr, non costituisce per lui un problema››.

Hilda sorrise ma Freija si sentì terribilmente infelice.

Per quello che mi ha detto, ho creduto che fosse tornato per me. Mi sono illusa, o forse mi ha mentito. Perché sei tanto serena, Hilda? Non ti vedevo così energica ed euforica da troppo tempo, e non riesco a credere che siano tutte coincidenze. Hyoga che partecipa al Consiglio, la tua felicità…un nuovo Landvarnarmaðr

‹‹Non vuoi proprio dirmi niente?›› insistette Hilda. Freija aspettò ancora prima di rispondere.

‹‹Forse davvero dovrei parlarti…in fondo, ho molte cose da dire. Preferirei comunque ragionarci con calma, da sola››.

‹‹La scelta è tua, Freija›› disse Hilda. ‹‹Mi sembrava questo il momento più adatto per rovesciare la carte in tavola, perché non è bene aspettare troppo nel trattare certe questioni. Pensaci, sai dove trovarmi se hai bisogno di me››. Si alzò dalla poltrona e si sistemò il vestito. ‹‹Adesso andrò a sistemare le stanze per gli ospiti…››.

‹‹Abbiamo ospiti?›› chiese Freija.

‹‹Alcune donne hanno accompagnato i loro uomini›› disse Hilda. ‹‹Ho invitato Þjazi, perché è tanto vecchio. E poi c’è Gerðr››. Freija finalmente sorrise.

‹‹Che gioia, è davvero molto tempo che non ci vediamo››.

‹‹Ceneranno a palazzo stasera, ti unirai a noi?››.

‹‹Certamente, Hilda. Sarò felice di distrarmi un po’!›› esclamò Freija eccitata.

Ferma sulla soglia, Hilda osservò sua sorella e si rese conto di quanto fosse sciupata. Negli ultimi mesi aveva perso peso, e da tanto tempo Hilda non udiva la sua risata allegra.

Come ho fatto a non accorgermi che è così infelice?

‹‹Verrà anche lo jarl…››.

‹‹No, non ci farà compagnia›› rispose Freija sconsolata. ‹‹Aveva degli affari da sbrigare ma…mi ha chiesto ancora una volta se poteva partecipare al Consiglio…››.

Hilda sospirò e scosse la testa. ‹‹Mi dispiace, Freija ma…non è ancora il momento. Ti assicuro che non lo sto escludendo per un mio capriccio personale, nonostante abbia già espresso il mio parere negativo. Ci sono anche altre persone che non gradirebbero la sua presenza, tu sai bene il perché, e io non voglio creare tensioni al Consiglio. In troppi mi stanno sommergendo di domande sul perché io gli permetta di circolare liberamente ad Ásgarðr. Perché questo, perché quello…››.

‹‹Non è colpa sua se…››.

‹‹Freija, di questo abbiamo già discusso in più d’una occasione. Quello che hanno fatto i suoi avi non ci riguarda, è vero, ma il sangue nelle vene è lo stesso. Comunque, ascoltami prima di arrabbiarti di nuovo. Ti ho lasciata libera finora, nonostante tutto…››.

Freija, rassegnata, mostrò un sorriso tirato. ‹‹Vorrei solo che tu ti sforzassi di conoscerlo meglio››.

‹‹Magari, ci proverò›› concluse Hilda senza esternare il resto dei suoi pensieri.

Penso di conoscerlo abbastanza bene da sapere che non è interessato solo a te. Ancora di più, lo attira ciò che ti circonda.

‹‹È uno spettacolo incredibile, vero?››.

‹‹Mai visto niente di simile››.

La luna, alta sulla grande pianura Iðavöllr, illuminava la neve creando un effetto di luce argentea che rendeva quasi inutile il bagliore dei fuochi da campo che brillavano a centinaia. Fermo sul cammino della ronda della cinta muraria interna, avvolto nel caldo mantello di lana che gli aveva regalato Hilda, Hyoga osservava esterrefatto la distesa di tende scure e il movimento negli accampamenti nella pianura.

Gli alloggi dei re e degli jarls erano chiaramente distinguibili da quelli dei soldati, semplici tende di pelli cucite. Erano più grandi, con le pelli ben tese da numerosi paletti infissi al suolo, e naturalmente con uno stendardo sventolante raffigurante l’emblema della famiglia, o il simbolo di riconoscimento.

‹‹Devono essere perfettamente organizzati, se sono riusciti a montare tutte quelle tende in queste poche ore›› disse Hyoga.

Helgi si appoggiò al parapetto e annuì. ‹‹Se guardi attentamente, noterai che pur sembrando tutte vicine, le tende sono divise a gruppi, piccoli agglomerati separati dagli altri, uno per ogni re, o jarl. Dovrai abituarti a questo›› spiegò Helgi indicando la pianura col pollice. ‹‹Se ti capiterà di andare in guerra!››.

‹‹Non mi dispiace la vita all’aperto, ma spero di non dover andare in guerra per abituarmi ad accamparmi come un vichingo››. Helgi rise.

‹‹Invece non c’è niente di meglio della vita militare perché un uomo si abitui all’organizzazione. Ho visto eserciti composti da migliaia di uomini che si accampavano su superfici enormi in pochissimo tempo, e che costruivano dal nulla un accampamento grande quanto un villaggio, con tanto di cucine e latrine, in un paio d’ore. Quello è stato uno spettacolo incredibile››.

Hyoga si grattò il mento. ‹‹Helgi, anche tu hai combattuto alla Seconda Guerra Bravica?››.

‹‹Eh no, purtroppo. Ma ho combattuto in altre gloriose battaglie! Perché me lo chiedi?››.

‹‹Pura curiosità. Ho sentito molti che parlavano di questo scontro ed ero curioso di sapere se qualcuno di voi vi aveva partecipato. Tutto qui››.

‹‹Heimdallr c’è stato, e anche Hadingus e Freyr. Heimdallr ha combattuto con l’esercito di Ásgarðr comandato da re Njörðr, mentre Hadingus era là con l’esercito di suo padre››.

‹‹Hadingus mi sembra molto giovane››.

‹‹Lo è. Ed è anche molto fortunato, perché è riuscito a portare a casa la pelle, al contrario del suo vecchio che ci ha lasciato le penne. Njörðr diceva sempre che Hadingus aveva combattuto come un vero eroe in quell’occasione, e quando gli chiese se voleva diventare uno dei campioni d’Ásgarðr, Hadingus accettò››.

‹‹E Freyr?›› chiese ancora Hyoga.

‹‹Ah, lui combatteva con l’esercito di Ullr di Vanaheimr, che era fratello di Njörðr, e quindi suo zio. Freyr è un figlio illegittimo, e non avrebbe mai potuto combattere nell’esercito del suo vero padre. Per nostra fortuna, la grande regina Skaði, quando morì Njörðr, decise di accettarlo come fosse stato suo figlio››.

Hyoga annuì. Aveva avuto modo di ascoltare quella triste storia direttamente da Freyr.

‹‹Piuttosto, che accidenti facevi quassù da solo?›› chiese infine Helgi. ‹‹Ti cercano tutti››.

‹‹Volevo prendere una boccata d’aria, a palazzo mi sentivo soffocare›› mormorò Hyoga passandosi una mano sul collo. Si lasciò sfuggire un sorriso incredulo. ‹‹Davvero mi cercano?››.

‹‹Eh, sì›› annuì Helgi, strizzando gli occhi. ‹‹Ora sei un uomo importante. In casi come questo, tutti si aspettano grandi cose››.

Con le mani incrociate dietro la testa, Hyoga si stirò la schiena, poi emise un prolungato sospiro di disapprovazione. ‹‹È difficile fare grandi cose per gli altri quando non si riesce a concludere niente di buono per se stessi››.

Helgi si sporse per un attimo dal parapetto e una folata di vento gli fece contrarre il viso per il freddo, mentre i suoi capelli, corti e ricciuti, restavano impassibili alle gelide sferzate.

‹‹Sei arrivato più in alto più di quanto siamo riusciti tutti noi›› disse gesticolando con la destra, forse ad indicare, oltre a lui, anche gli altri capitani. ‹‹Non ti rendi ancora conto dell’importanza del tuo compito, forse per te quello è solo un anello, ma ti assicuro che non è solo questo! Da moltissimo tempo Ásgarðr non aveva un Landvarnarmaðr, e questo solo perché i nostri signori non avevano trovato nessuno che fosse degno di esserlo. Adesso però, Hilda ti ha scelto, hai la sua incondizionata fiducia! E i capitani e i soldati di Ásgarðr, da oggi in avanti, fino a quando conserverai il titolo, sono al servizio tuo e di Freyr››.

‹‹Sono lo stesso di prima, con solo un appellativo in più!›› esclamò Hyoga premendosi le mani sul petto. ‹‹Stamattina ero un utlänning, un Rus, e Dio sa cos’altro…Adesso sono a capo di un esercito di migliaia di uomini. È un’assurdità, Helgi! Un uomo non diventa, da un momento all’altro, un grande condottiero solo perché qualcuno gli dice che un intero esercito è ai suoi ordini. Per gestire certe situazioni bisogna avere esperienza. Insomma, bisogna salire un gradino per volta… Poi, non sono sicuro di voler comandare…non sono capace di dare ordini››.

‹‹Hai tutto il tempo per abituarti all’idea di dover gestire un esercito, non ci sono guerre da combattere per il momento!›› scherzò il capitano.

‹‹Per fortuna! Ho altri problemi da risolvere, primo fra tutti questo benedetto Consiglio! Sono orgoglioso d’aver la fiducia di Hilda, ma forse lei non immagina che sono terrorizzato all’idea di dover trattare con quella gente. Dopodiché, se riuscirò a sopravvivere, dovrò affrontare di nuovo questo discorso con Hilda››.

Hyoga giocherellò con l’anello, facendolo girare intorno all’anulare. Il vento, glaciale, era aumentato d’intensità, e li frustava, portando con se qualche fiocco acquoso, facendo sventolare i loro mantelli. Helgi di tanto in tanto si strofinava le mani per scaldarsi e tirava su col naso, ma non si lamentava né sembrava voler tornare al caldo. Piuttosto, continuava a fissare Hyoga, e probabilmente si chiedeva come potesse il Landvarnarmaðr non risentire minimamente del freddo intenso.

Come Helgi, anche Hyoga era vestito pesantemente, con abiti di lana, ma non aveva naso e orecchie arrossati, non si soffiava sul palmo delle mani, e non si arrotolava nel mantello per proteggersi. Stava appoggiato con gli avambracci al parapetto, continuava a giocare con l’anello o tamburellava i pollici con le dita intrecciate. Alla fine Hyoga si sollevò dritto e si passò una mano tra i capelli scarmigliati dal vento.

‹‹Sarei orgoglioso di difendere Ásgarðr›› disse. ‹‹Temo, però, che non riuscirei a farmi ubbidire da uomini diffidenti e scontrosi, come Magni,. Non immagino il motivo, ma è facile accorgersi che non nutre per me una gran simpatia. Tra tutti gli occhi puntati su di me nella Válaskjálf, sentivo solo i suoi che mi trafiggevano. È riuscito a trasmettermi tutto il disprezzo e la rabbia che prova nei miei confronti solo con la forza del suo sguardo. È stato terribile…››.

‹‹Non farci caso›› spiegò Helgi. ‹‹Magni è scontroso con tutti, ed è sempre stato prevenuto nei confronti degli stranieri, o comunque di coloro che non conosce. Ma era così anche suo padre, dicono, e non c’è da stupirsi che sia di carattere tanto chiuso. Non è una cattiva persona, alle volte è anche simpatico: basta sapere come prenderlo››.

Hyoga fece una faccia sofferente e storse la bocca. ‹‹Con lui c’è da lavorare abbastanza per demoralizzare anche i più volenterosi. Potrei scoraggiarmi ancora prima di tentare…››.

Helgi alzò le spalle. ‹‹L’importante è farsi rispettare, e qualche volta usare le maniere forti››. Il capitano alzò le mani e scosse la testa. ‹‹Ma non è indispensabile, io non lo faccio mai. Se vuoi delle dritte sono a tua disposizione, però se ti trovi in difficoltà è meglio che tu chieda a Freyr. Nessuno oserebbe mancargli di rispetto e se parliamo di influenza, in tutta Ásgarðr è secondo soltanto a Hilda!››.

Quelle parole fecero sorridere Hyoga. Ogni volta che parlava della sacerdotessa, Helgi s’illuminava in viso ed era evidente che la stimava oltre ogni immaginazione. A parte questo, Hilda era onnipresente nei pensieri e nei discorsi degli Asar. Era affascinante vedere come la devozione di un popolo verso il suo sovrano arrivasse al punto da magnificarlo e venerarlo in ogni momento della sua esistenza.

Hilda deve essere veramente una donna eccezionale, eppure…

Eppure, ogni volta che considerava la popolarità della sacerdotessa, c’era qualcosa che lo turbava, una perplessità che gli creava una sensazione di disagio cui non sapeva dare una spiegazione. Possibile che nessuno, ad Ásgarðr, nominasse mai Freija? Era pur la sorella di Hilda, e principessa d’Ásgarðr.

In quei giorni, Hyoga aveva incontrato un gran numero di persone: i thraells che lavoravano a palazzo, soldati e Capitani della guardia, stallieri, artigiani, e tanti altri che gravitavano nella cittadella o che comunque erano coinvolti nella sua complessa organizzazione. Li aveva conosciuti, aveva avuto modo di parlare con loro, d’imparare a conoscerli e di adattarsi al loro modo di pensare e di vivere. Tutte queste persone erano ossessionate, intimorite, schiacciate dalla forte presenza di Hilda, ma nessuno di loro, fatta eccezione per Hilda, Freyr e naturalmente le serve Fulla e Hlin, parlava mai della principessa.

‹‹Helgi…››.

‹‹Sì?››.

‹‹…››. Hyoga scambiò una lunga occhiata col capitano, che lo esortò a parlare. ‹‹Puoi dirmi perché nessuno di voi parla mai della principessa? Lei è qui ma… è come se non esistesse››.

Helgi aggrottò le sopracciglia, tirò su col naso, mosse la testa di lato con mille smorfie della bocca.

‹‹Freyr mi ha raccontato che sei venuto ad Ásgarðr quando Hilda era schiava del malefico anello, e che sei tornato, pochi anni fa, per affrontare Dolvar il Sacerdote. Naturalmente Hilda è sempre stata la primadonna, essendo regina, ma la bontà d’animo e spontaneità della principessa erano virtù che l’avevano resa altrettanto famosa››.

‹‹E adesso?››.

‹‹Ultimamente, la prinsessa è cambiata, più riservata e meno espansiva. Inoltre lo jarl Leif è molto geloso di lei e non gradisce che si mescoli alla gente comune. Le uniche persone di cui lui si fida ciecamente sono le due ragazze che la servono e i soldati dell’hirð quando esce dal palazzo, o dalla cittadella, che sono uomini di Magni. Lo jarl è eccessivamente protettivo nei suoi confronti ma suppongo che per lei non ci siano problemi››.

Vorrei tanto conoscerlo questo jarl…Un uomo fortunato…

‹‹L’ho vista per la prima volta… hm, più o meno tre anni fa›› disse Helgi, non badando alle espressioni sofferenti di Hyoga che era ansioso di sentir parlare di lei da qualcuno che le era stato vicino nel tempo in cui lui era mancato. ‹‹Era piccola e magra, magrissima. Forse mi avrà fatto una brutta impressione perché, nel mio paese, ero abituato a vedere donne alte e robuste, donne belle e forti che vanno in battaglia con gli uomini››.

Se quello era l’ideale femminile del Prode, Hyoga non faticò a credere che Helgi fosse rimasto deluso dalla principessa. Lui però s’era innamorato subito di lei, proprio perché l’aveva vista debole e indifesa, bisognosa di protezione e d’aiuto.

Hyoga s’era recato ad Ásgarðr per conto di Lady Saori, perché la donna-dea aveva ravvisato il pericolo che incombeva sul lontano paese nordico, avrebbe dovuto incontrare Hilda, la grande sacerdotessa, e offrirle il suo aiuto e l’appoggio del Santuario di Grecia. Quando il guerriero e la principessa s’incontrarono per la prima volta, Hyoga, a diciotto anni, era già un uomo e Freija era solo una vivace quindicenne. Lei aveva assistito alla sua cattura, l’avevano assalito e imprigionato infrangendo l’alleanza che legava il Santuario e Ásgarðr, e aveva deciso di soccorrerlo perché lui l’aiutasse a liberare Hilda dal maleficio. Ricordò il momento della loro rocambolesca fuga dalle segrete del palazzo dopo che lei aveva rischiato l’ira di Hilda per salvarlo dalle crudeli torture di uno dei Guerrieri del Nord, Thor del Martello.

l’unica volta in cui l’ho presa per mano...

Poi Helgi riprese a parlare e Hyoga si scosse dalle dolorose memorie.

‹‹Anche allora portava i capelli lunghi, ed era carina, con quei grandi occhi verdi. Era sempre al fianco di Hilda, per ascoltare, imparare le novità che avrebbe discusso con i suoi fratelli, perché era curiosa delle cose del mondo. Già allora, pur essendo la principessa ancora giovane, si notava in loro una grande diversità caratteriale. D’altronde, per quel che ne so e che ho sentito dire, Hilda è sempre stata più vecchia della sua età, una giovane sacerdotessa che era anche regina in un mondo governato dagli uomini, autoritaria e di grande correttezza. Freija invece era innocente, incline al perdono più che al castigo, una di quelle donne che sanno accettare un compromesso per amor del quieto vivere senza lamentarsi, fino allo sfinimento. Questo non vuol dire che sia totalmente remissiva: nelle rarissime volte in cui l’ho vista infuriata, ti assicuro che non ha niente da invidiare alla sacerdotessa, se sai quello che intendo dire!››.

‹‹Penso d’aver afferrato il senso›› sorrise Hyoga.

‹‹Comunque, questa era la principessa per me, almeno fino a un annetto fa, quando ho smesso di considerarla una ragazzina e mi sono accorto che era cresciuta. Più alta, più formosa, più bella››.

‹‹E!…molto più bella…›› intervenne Hyoga. Anche ai suoi occhi, il miglioramento era evidente e apprezzabile. Helgi, più perspicace di quanto Hyoga potesse immaginare, annuì col capo, come volesse confermare a se stesso l’esattezza dei suoi pensieri.

‹‹Poi ha fatto la sua comparsa lo jarl Leif, da un giorno all’altro, e ha calamitato la sua attenzione immediatamente, come se conoscesse tutto di lei, come se sapesse già in che modo muoversi per conquistarla››. Helgi smise di parlare e Hyoga, rimasto in sospeso, lo incalzò precipitosamente.

‹‹E poi? Cos’è successo dopo? E questo jarl com’è?››.

‹‹Hm, facoltoso, non è troppo brillante ma alle donne piace. La sua famiglia discende da Eric il Rosso…››.

‹‹Il navigatore…?››. Helgi sembrò stupito del fatto che Hyoga conoscesse quel famoso vichingo, ma il capitano non poteva certo immaginare che gli eventi che in Goðheimr non erano ancora accaduti, eventi che forse avrebbero avuto un esito differente data la diversità delle premesse, fossero accuratamente descritti sui libri di storia nel mondo da cui proveniva Hyoga. In qualunque biblioteca sarebbe stato possibile recuperare un libro che narrasse le avventure di Eric il Rosso e di suo figlio, Leif Ericson detto il Fortunato. Helgi alzò le spalle, noncurante, e riprese a parlare.

‹‹Comunque, lasciamo perdere la sua famiglia, per via di certe manovre belliche di suo padre clamorosamente fallite. Alla fine, in un modo o in un altro, lo jarl è riuscito ad ottenere la fiducia di Freija e il suo affetto. Pian piano, ha preso piede, s’è imposto all’attenzione dei soldati e s’è guadagnato la loro stima. Con Magni, ad esempio, è in ottimi rapporti, e i soldati del Rosso lo adorano››.

Hyoga socchiuse gli occhi, storcendo la bocca.

Il mio rivale fa comunella con quello tra i capitani che mi odia da morire!

‹‹Sono proprio fortunato…›› borbottò il russo.

‹‹Adesso la principessa è diversa. È più introversa, ha perso la vivacità che la caratterizzava. Ma forse è solo cresciuta, le persone cambiano e non sempre in meglio››.

Le persone cambiano…

La malinconia di Hyoga era evidente, sulla sua fronte corrugata, nei suoi occhi stretti e tristi.

‹‹L’importante è che sia felice, alla fine›› concluse Helgi.

‹‹Ho impressa nella memoria una bell’immagine di lei, una ragazza coraggiosa che rischia la sua vita per la salvezza di sua sorella e del suo paese. Quando l’ho rivista, oggi, non mi è sembrata diversa, solo un po’ confusa. Per la mia esperienza, so che basta sentirsi confusi o infelici per apparire agli occhi degli altri drasticamente diversi dal solito. Forse il suo non è un cambiamento reale, Helgi, e mi viene da pensare che non basta l’amore per essere felici…››.

‹‹L’amore è una forza che sfugge al controllo umano e può essere una benedizione o una disgrazia, ma, in entrambi i casi, assolutamente imprevedibile e incontrollabile. Si dice che l’amore sia cieco e io dico che è vero, perché non vede né le squisite gioie né i terribili struggimenti che porta con sé, e non si cura se la sua presenza significhi felicità o tristezza. L’uomo piange e si dispera, se sente la mancanza dell’amore, eppure c’è chi lo trova e lo disprezza. Nonostante tutto ciò, senz’amore l’uomo non può vivere››.

Hyoga annuì con gravi movimenti del capo e ricominciò a giocare con l’anello.

‹‹Sei mai stato innamorato?›› chiese a Helgi dopo un lungo, riflessivo silenzio.

‹‹Io sono innamorato di una donna stupenda, che va veloce come il vento e cavalca l’aria e le onde. É sempre al mio fianco, anche se non c’è mai. I più valenti guerrieri tremano quando la vedono arrivare perché porta la morte con sé, ma a me salvò la vita e da allora io le appartengo, anima e corpo››. Helgi rimase in silenzio e fissò intensamente il cielo, come se stesse aspettando qualcosa e Hyoga finì per guardare anche lui nella stessa direzione.

‹‹Cosa guardi?››.

Helgi allora si scosse e rise. ‹‹Non ho perso l’abitudine di aspettarla, anche le mie speranze di rivederla sono poche. In battaglia la vedrò, ma forse allora sarà arrivato per me il momento di morire›› rispose semplicemente il capitano. Hyoga sembrava preoccupato, incredulo a quelle enigmatiche parole.

Helgi gli diede una pacca amichevole sulla spalla. ‹‹Non temere, non sono pazzo, un giorno forse capirai››.

‹‹Sono felice perché vedo che sei entusiasta di lei, chiunque essa sia›› disse infine Hyoga. ‹‹Anch’io sono innamorato ma questo mi rende infelice e misero, perché la donna che amo ha un altro uomo. C’è cosa peggiore di un amore infelice e tormentato? Forse perdere la vita è cosa peggiore, ma chi non darebbe la vita per il proprio amore?››.

‹‹Ah, tu parli così perché sei un guerriero, e non hai paura di morire per i tuoi ideali. Al mondo, però non tutti la pensano allo stesso modo. Una cosa peggiore è non combattere per il proprio amore e arrendersi senza lottare››.

A Hyoga sembrò che gli occhi di Helgi scintillassero nel buio, ed ebbe il presentimento che il capitano avesse intuito quale donna fosse al centro del suo cuore. Doveva esserci una spiegazione per quello sguardo penetrante col quale Helgi sembrava leggergli dentro. Hyoga, a disagio, si distrasse a guardare gli accampamenti in Iðavöllr, e non vide il sorriso comprensivo di Helgi.

‹‹Vedo gli alberi che si piegano e ballano

Spinti dal vento

E ciuffi d’erba scuri,

I fiori, le scure e piatte campagne

Buio sulle alte montagne

Vedo tutto questo ma non vedo te

Ascolto ogni rumore

L’erba ondeggiare

Mi giunge delle cascate il lontano fragore

Le fronde degli alberi stormire

Tendo l’orecchio

Sento tutto questo ma non sento te

Cede il passo il dì alla notte

Che scende e tutto ricopre e addormenta

Che le sofferenze e la malinconia fa dimenticare

Ma nessun effetto ha sul mio cuore tormentato

Che è febbricitante e non si placa

E io siedo nell’attesa di te

Questo solo io vorrei

Vedere ancora il tuo fiero profilo, donna guerriera

Sentire ancora la tua divina voce, messaggera degli dèi

Toccare, solo una volta, la tua profumata pelle, donna amante

Perché niente di meglio ci sarebbe al mondo

Se non vivere di te, e poi combattere e morire››.

‹‹È una poesia bellissima, l’hai scritta tu?››.

‹‹Sì, è per Svava… ma non l’ho mai recitata per lei perché non la vedo da moltissimo tempo…››.

‹‹Quando vi rincontrerete e le dirai queste belle parole, penso che lei sarà felice››.

‹‹Svava è una guerriera, lei ama ascoltare i canti di battaglia di Odino e il clangore delle spade! Queste parole moriranno con me e lei non le udirà comunque, perché forse non le apprezzerebbe››.

Hyoga rimase interdetto, poi osò esprimere il suo parere sul combattivo amore di Helgi.

‹‹Potrebbe essere anche bellissima, ma non è il mio tipo di donna››.

‹‹Ah, devi vederla prima di parlare. Nessuna è come lei››.

‹‹Non ho dubbi›› concluse Hyoga.

Fissarono il cielo scuro oltre la pianura, oltre la catena montuosa, poi scoppiarono a ridere.

‹‹Helgi! Helgi!››. Le grida di Hadingus attirarono la loro attenzione.

‹‹Che vuoi?›› gridò Helgi.

‹‹Smetti di abbaiare alla luna! Freyr mi manda a chiedere di Hyoga!››.

‹‹L’ho trovato, è qui con me!››.

‹‹Dovevi portarlo alla Casa della Guardia: sbrigatevi che vi stiamo aspettando per cominciare››. Hadingus corse via in tutta fretta, ansioso di tornare al caldo. Hyoga si lamentò.

‹‹Ancora festeggiamenti?! Domani sarà una giornata campale, preferirei dormire stanotte››.

‹‹Ah, non faremo tardi! Freyr sa che domani dovrai essere in forma perfetta, però è giusto che tu partecipi ai festeggiamenti dei soldati in onore del Landvarnarmaðr!››.

Note:

  1. Hel è il regno dei morti. Rappresenta l'aldilà nel mondo nordico, il luogo dove vengono accolti coloro che muoiono di malattia o di vecchiaia. Li saranno radunati i malvagi, morti malvivi, che di là dovranno scendere verso Niflhel, l'‹‹Hel nebbioso››, l'ultimo e il più infimo dei nove mondi, subendo per così dire una seconda morte.
  2. Herþjófr mosse guerra a re Harald, padre di Víkarr, e lo uccise impadronendosi del suo regno. Víkarr e il suo fratellastro Starkaðr, allevato alla corte di re Harald, furono risparmiati e separati. Quando i due fratelli riuscirono finalmente a ritrovarsi mossero guerra a Herþjófr e lo uccisero, riconquistando Agðir.
  3. Farbror è lo ‹‹zio paterno››. Ricordo che Sámendill è figlio di Þjazi, che è il padre della defunta regina Skaði, madre di Hilda. Dunque, nonostante siano quasi coetanei, Sámendill risulta essere lo zio di Hilda.