CAPITOLO III

Qualcosa è cambiato

 

G

randi lampade, appese all’alto soffitto a cupola, illuminavano di una luce chiara e uniforme la piscina: una buona struttura, di misure regolari, con tanto di trampolino da tre metri e pedane di partenza. Appoggiata al muro dietro le pedane c’era una lunga panchina, mentre alcune sedie del tipo da giardino erano sparse lungo uno dei lati lunghi della vasca, quello che permetteva anche l’accesso allo spogliatoio e alle docce.

Hyoga e Shun si tuffarono in acqua assieme, percorsero un breve tratto sott’acqua sfruttando la spinta iniziale e riemersero poco dopo. Dopo un’entrata rumorosa con schizzi e sbruffi, Shun, che era nuotatore per diletto e non particolarmente portato, riemerse dall’acqua traendo un gran respiro e stropicciandosi gli occhi. Hyoga, più abile ed esperto, si tuffò con eleganza, quasi fondendosi con le acque, e riaffiorò molto lontano, sorridendo.

‹‹Sei pronto per un’altra lezione, brat?›› chiese avvicinandosi a rana.

Shun aveva guadagnato con sforzo la scaletta, alla quale si teneva aggrappato. Fece una smorfia, poco entusiasta, e rifiutò gentilmente.

‹‹No, sono ancora indolenzito dalla tua precedente "lezione", niisan! Per oggi facciamo che io rimango qui, vicino alla parete, e nuoto fino a quando riesco a galleggiare senza rischiare d’annegare, mentre tu vai in mezzo alla vasca, dove non ti sono d’impiccio, e ti stanchi da solo››.

‹‹Come preferisci ma se cambi idea chiamami!››.

‹‹Non c’è pericolo che lo faccia…››.

Hyoga uscì dalla vasca, balzò sulla pedana e si mise i suoi occhialini svedesi, ovali e bordati d’azzurro. Li sistemò con cura, piegò la testa da un lato, poi dall’altro, un paio di volte, e fece dondolare avanti e indietro le braccia. Era un’operazione che faceva ogni volta che saliva sulla pedana, diceva che gli serviva per concentrarsi. Quando si sentì pronto, salutò Shun, si mise in posizione ed eseguì un secondo fluido tuffo.

Da parte sua, Shun cominciò a nuotare, zigzagando, in uno stile che assomigliava alla rana, con estrema calma, e nel tempo che impiegò per percorrere i venticinque metri che lo separavano dalla sponda opposta, Hyoga riuscì, senza forzare troppo, a fare almeno tre vasche.

Tempi e misure non erano importanti, però, perché Shun voleva divertirsi. Hyoga stava nuotando per mantenersi in allenamento, ma soprattutto per rilassarsi. Esibendosi in un ineccepibile stile libero, percorreva l’intera lunghezza della vasca, per poi immergersi, voltarsi, e ricominciare a nuotare nella direzione opposta. Instancabilmente, una bracciata dopo l’altra, continuò a percorrere metri su metri, sempre allo stesso ritmo.

Ben presto Shun si arrese e andò a sedersi sul ruvido bordo della piscina, con un telo buttato sulle magre spalle, e cominciò ad osservare suo fratello e a contare a voce alta.

‹‹Questa è la quindicesima vasca! Hyoga, non sei stanco?››.

Un lampo illuminò di colpo la stanza, seguito a breve distanza da un rombo lontano, e grosse gocce di pioggia cominciarono a cadere, battendo rumorosamente, sospinte dal vento, contro le vetrate delle porte a finestra che costituivano una delle pareti laterali. Poi piovve a dirotto, e lo scrosciare violento dell’acqua che si rovesciava giù dal cielo e dalle grondaie, unito al rombare dei tuoni, coprì ogni altro suono.

Shun si strinse nel telo, perché la piscina coperta era riscaldata ma la pioggia gli trasmetteva una sensazione di freddo, anche se stava al chiuso coperto dalla testa ai piedi, magari davanti al camino. Rise, pensando alle incredibili preveggenze meteorologiche di Hyoga.

Improvvisamente, com’era cominciato, il diluvio cessò e il flebile gocciolio all’esterno sparì dietro al rumore dell’acqua spostata dall’instancabile nuotatore.

‹‹Venticinque!››. Shun si alzò in piedi e sbadigliò. ‹‹Hyoga, sono le otto! Andiamo a mangiare, muoio di fame!››. In piedi, sul bordo della vasca, Shun seguì con lo sguardo Hyoga. ‹‹Niisan!››.

Hyoga smise di nuotare e si sostenne con una mano al bordo della vasca, lisciandosi i capelli con l’altra.

‹‹Cosa?››.

‹‹Ho fame. Cosa fai?››.

Tirando su col naso, Hyoga sollevò gli occhialini sulla fronte corrugata. ‹‹Che ore sono?››

‹‹Quasi le otto››.

‹‹Ah…resto ancora un po’››.

‹‹Mi sembra di ricordare che hai qualche problema di salute… Non so quanto ti giovi sforzare la schiena!››.

Hyoga sorrise. ‹‹La dottoressa Akagi mi ha consigliato di nuotare, perché mi farà bene››.

‹‹Come vuoi, ma anche la miglior cura del mondo diventa inefficace, abusandone! Ci vediamo più tardi››.

Shun uscì dalla piscina, Hyoga si rimise gli occhialini e riprese a nuotare.

Forse Shun ha ragione… ne faccio ancora una …

Con più calma, una bracciata dopo l’altra, nuotò fino all’altra sponda, s’immerse, fece la capriola sott’acqua e riprese a nuotare nella direzione opposta.

Solo un’altra…

Dieci minuti dopo, quando cominciò a sentirsi stanco, Hyoga si lasciò galleggiare sull’acqua, con gli occhi chiusi, muovendosi solo grazie a lenti movimenti delle braccia. Aprì gli occhi solo quando toccò con la testa la sponda e allora si accorse di Seiya, fermo ad aspettarlo.

Col viso tirato e lo sguardo duro, Seiya inspirò profondamente.

‹‹Esci dall’acqua, Blondie, ti devo parlare››. Poche sgarbate parole, e Seiya girò i tacchi e uscì dalla sala, sbattendo la porta.

L’ultimo dei pensieri nella sua mente affollata era in quel momento parlare con Seiya. Non era interessato ad ascoltare futili storielle né sciocchi pettegolezzi, raccattati qua e là dai trafiletti pubblicati sulle riviste scandalistiche. Non desiderava affrontare un’ulteriore noiosa discussione sull’assoluta necessità di rapporti frequenti, anche se instabili e fugaci, con esemplari del sesso opposto.

Seiya aveva dimostrato, in troppe occasioni, di non volere fraternizzare con Hyoga, che pure si era impegnato per cercare di costruire un rapporto.

Ci manca solo che sia in cerca di una nuova occasione per alzare le mani! Stavolta Saori ci farebbe il lavaggio del cervello!

Insaponandosi i capelli, pensò che mai avrebbe visto, né in passato aveva visto, un gruppo di persone peggio assortite come quelle che abitavano a Villa Kido, incapaci di trovare punti di contatto e di comunicare, pur legati da vincoli di sangue.

Il vecchio Kido, pace all’anima sua, morirebbe di nuovo se solo immaginasse lo sfacelo della sua discendenza.

D’altronde, si disse mentre lavava via lo shampoo, cosa si poteva pretendere? Mitsumasa Kido aveva tenuto nascosto di essere il padre di tutti loro, li aveva radunati al Collegio della Fondazione Grado, e li aveva poi sparpagliati in tutto il mondo, inviandoli nei luoghi d’addestramento più disparati perché diventassero guerrieri. Pochi superstiti, dieci in tutto, erano tornati, fregiati del titolo di Sacri Guerrieri, e solo cinque di loro avevano dimostrato d’essere degni e capaci di andare incontro a ciò che il destino aveva in serbo per loro.

A pensarci bene parlare solo di destino mi sembra un po’ limitativo…

Infine, quando scoprirono d’essere fratelli, tutti figli dello stesso uomo che prima avevano temuto, e poi odiato, non poterono neppure esigere le dovute spiegazioni, perché il vecchio Kido era già trapassato, lasciandoli soli, come sempre, a gestire situazioni più grandi di loro.

Asciugandosi i capelli, cercò d’indovinare quale potesse essere il motivo che aveva spinto Seiya a cercarlo. In effetti, ammise di non avere una gran voglia di parlare con lui. Era stanco d’essere schernito, e stufo di subire a testa bassa sciocche insinuazioni.

Tutti meritano una seconda opportunità…è mio fratello, alla fine.

In fondo, ancora sperava di poter rimediare al loro difficile rapporto. Sarebbe stata sufficiente una briciola d’impegno, da entrambi le parti, per riuscire, almeno, a rendere piacevole la convivenza sotto lo stesso tetto.

Dovrebbe venirmi incontro lui, almeno una volta, sono stanco di essere io a sforzarmi. Mi sento come Don Chisciotte!

A Villa Kido c’era spazio sufficiente per tutti, e se proprio avessero concluso che l’unico loro punto d’incontro era sul campo di battaglia, avrebbero potuto ignorarsi per il resto del tempo, continuando a vivere nella speranza di non dovere più combattere.

‹‹Questa è utopia, perché la vita è tutta una lotta!››. Sistemandosi i capelli, davanti allo specchio, le sue parole suonarono così stancamente retoriche che Hyoga rise, nella solitudine dei grandi spogliatoi della palestra di Villa Kido.

Sentiamo cosa vuole, pensò, riponendo i suoi effetti personali nel suo armadietto. Finì di vestirsi in fretta, e uscì dagli spogliatoi col sorriso sulle labbra.

La palestra consisteva di due edifici, tra loro collegati da un brevissimo tunnel. Il complesso era stato progettato dal vecchio Kido ed era costruito nel parco dietro la Villa, cui era collegato da un ampio vialetto lastricato. La piscina coperta occupava il più piccolo dei due edifici, una sorta d’appendice della struttura principale, molto più grande, che comprendeva le palestre vere e proprie, gli spogliatoi e una comoda anticamera. Il vecchio Kido non aveva badato a spese nella realizzazione del complesso, fornendo le palestre di ogni sorta di attrezzatura, ricavando anche una stanza per la sauna.

Hyoga trovò Seiya ad aspettarlo, stravaccato su una delle poltrone dell’anticamera, nella sua solita scomposta postura, e gli sedette a fianco, appoggiando con cura la giacca. Accavallò le gambe e incrociò le mani sulle ginocchia.

‹‹Ho fatto prima che ho potuto, scusa il ritardo. Di che si tratta?››. Non ottenne risposta e lasciò passare qualche minuto prima di continuare. ‹‹É una domanda semplice e non dovrebbe esserti difficile rispondermi, dato che sei venuto tu a cercarmi››.

Seiya restò muto, ma il suo volto rabbuiato e le labbra serrate erano una chiara manifestazione dell’irritazione che gli chiudeva la bocca.

È furioso, e questo è male.

Hyoga girò pigramente gli occhi intorno, aspettando una risposta. Oltre lo spesso vetro delle finestre, si soffermò a guardare la Villa illuminata dai faretti che spiccava luminosa in ogni sua parte nel buio della notte. Fissò lo sguardo su una delle finestre al primo piano, la stanza di Saori, e all’istante gli sovvenne una possibile spiegazione per l’umore pessimo di suo fratello.

Quella mattina Lady Saori l’aveva convocato per discutere della gran quantità di denaro che Seiya aveva sperperato nell’ultimo mese, ed era facile immaginare la sfuriata che aveva subito. Come da copione, dopo i rimproveri, Seiya si era eclissato in sella alla sua amata moto, aveva vagato per ore ed era ritornato solo dopo essersi sfogato. In effetti, Seiya era imbacuccato nella sgargiante giacca che indossava ogni volta che usciva in moto.

Hyoga sospirò. ‹‹Non puoi ridurti così ogni volta che discuti con Saori. Dovresti affrontare la situazione diversamente››.

Finalmente Seiya si mosse, ma solo per voltare il viso e mostrare i suoi allungati occhi a mandorla stretti in due sottilissime fessure, e una smorfia imbronciata. Hyoga continuò a guardare davanti a sé, e si schiarì la gola.

‹‹Se non dici qualcosa, mi sento autorizzato ad andarmene››. Con quelle asciutte parole, Hyoga colse nel segno.

‹‹Che razza di fratello sei? Freddo come un ghiacciolo, insensibile e distaccato, come un estraneo! Sei una faccia di bronzo, Hyoga! Ti mostri impassibile, con estrema naturalezza, ma ho come l’impressione che, in fondo, dentro di te, tu rida e ti diverta nel vedere gli altri soffrire!››.

‹‹Fin qui, niente di nuovo, questi sono insulti che ho già sentito. C’è stato un tempo in cui le tue parole mi offendevano, e forse farmi perdere le staffe è sempre stato il tuo scopo. Una volta ci riuscivi, Seiya. Adesso, però, sono stanco d’ascoltarti e di litigare con te››. Si alzò in piedi, stancamente, e scambiò un’occhiata con Seiya. ‹‹Perciò, se sei venuto a cercarmi per insultarmi, perdi tempo perché me ne vado››.

‹‹Voglio che mi ascolti, invece!›› sbottò Seiya, alzandosi in piedi lui pure. ‹‹Datti la possibilità di piacermi!››.

A Hyoga scappò una mezza risata, ma si ricompose immediatamente.

‹‹Non ti sono mai piaciuto, Seiya, e non mi hai mai voluto come fratello›› disse Hyoga severamente. ‹‹Con queste premesse, non vedo perché dovrei sperare in un tuo improvviso cambio d’opinione, specialmente se ti presenti con la tua solita arroganza!››.

‹‹Fammi un favore, Hyoga! Risparmiami le tue prediche!››.

‹‹Allora, nessun problema›› concluse Hyoga, afferrando la sua giacca. ‹‹Non ho tempo per le tue idiozie››.

Con uno scatto felino, Seiya balzò addosso a Hyoga e lo afferrò per il maglione, spingendolo contro il muro. ‹‹Allora trovalo!››.

I suoi occhi s’erano spalancati ma non erano rabbiosi, carichi d’odio, come si sarebbe potuto supporre. Parlavano di una tristezza e di un senso d’infelicità infiniti. Erano occhi asciutti e vuoti, che ardevano dal desiderio d’essere nutriti con lacrime nascoste per troppo tempo, forse per paura. ‹‹Voglio che mi parli, che mi dici come fai ad essere sempre così… stucchevolmente bravo e perfetto in tutto quello che fai! Ho diritto di saperlo…››.

Colto di sorpresa, Hyoga si trovò a fissare con compassione suo fratello che, sopraffatto infine da eventi che non era possibile per lui controllare, aveva svelato quali erano le emozioni e le debolezze vere, spontanee e incontrollabili, quelle che facevano di un semplice uomo. Per la prima volta, sentì che erano davvero vicini, nella stessa precaria condizione: un delicato equilibro che costantemente oscillava tra l’insoddisfazione di sé e una felicità moderata, ma in nessuna caso assoluta, sempre velata da incomprensibili ansie. Seiya allentò la presa ma tenne Hyoga premuto contro il muro, anche se abbassò lo sguardo e la voce gli tremò, come se fosse sul punto di piangere.

‹‹Perché mi tratta così?›› mormorò. ‹‹Non c’ero forse anch’io in prima fila, a combattere e a rischiare la vita per la sua salvezza…pensavo, dopotutto, di meritare anch’io un po’ di rispetto, ma non raccolgo altro che parole sprezzanti››.

Hyoga si liberò della presa di Seiya e si sistemò la maglia sul petto.

‹‹Hai fame?››.

Domanda insolita quella, in un momento in cui, con tutta probabilità, Seiya era sull’orlo di una crisi di nervi. Eppure ebbe un effetto calmante sul giovane dagli occhi a mandorla, che aggrottò la fronte perplesso. Alla fine rilassò in volto e rispose sorridendo.

‹‹Sì, ho fame››.

Soddisfatto, Hyoga indossò la sua giacca, sistemandola con meticolosa lentezza, e spiegando contemporaneamente una sua gustosa teoria sul modo corretto di affrontare una discussione.

‹‹Bene, perché secondo me si parla male, a stomaco vuoto. Il mangiare, meglio se bene, è elencato come uno dei piaceri della vita, che in fondo non sono molti. Chi ha fame è prima di tutto insofferente e intrattabile; in secondo luogo, mentre parla con te, pensa a cosa mangerà poi e, in questo modo, aumenta la sua voglia di tagliare corto la discussione. Allora, penso che sia bene nutrire prima il corpo, l’anima poi. La mente è vigile, in un corpo sazio››.

‹‹Cosa dici, Blondie? Non erano queste le parole del proverbio››.

‹‹Variazione sul tema. Adesso usciamo a mangiare››.

Seiya fu presto convinto e accolse la proposta. ‹‹Sì. Dammi il tempo di prenderti il casco: ti porto a spasso con la mia bella moto!››.

Mentre camminavano verso la Villa, Hyoga rifletté intensamente sulla straordinaria natura di quell’evento. Era grande la sua indecisione, perché non sarebbe capitato, almeno in un tempo breve, di ricevere un secondo invito a salire sulla moto di Seiya. L’idea di muoversi in moto non l’entusiasmava, ma era rimasto colpito dalla spontaneità dell’invito, insolito e difficile da rifiutare. Eppure, quando arrivarono di fronte alla sfavillante due ruote, fieramente sospesa sul cavalletto, Hyoga azzardò un’alternativa, meno comoda ma più rilassante.

‹‹Perché non andiamo a piedi?››. Scomparse le nuvole, il cielo s’era rischiarato ed erano apparse nitide le stelle, accompagnate da una luminosa luna ormai piena.

Con una punta di tristezza, Seiya passò una mano sulla carena lucida, ma appese i caschi al manubrio, e i due s’incamminarono lungo il viale alberato.

Dopo l’acquazzone, l’aria s’era fatta tiepida, un flebile ricordo della calda estate appena finita, ma che si presentava incoraggiante per affrontare l’autunno. Le strade s’erano affollate di gente, i più previdenti con ombrello alla mano e tutti riparati in cappotti e giacche.

Avevano percorso un lungo tratto di strada per arrivare in centro, Hyoga e Seiya, e avevano parlato pochissimo. Erano intimamente felici di aver trovato, alla fine, un po’ di tempo da dedicare l’uno all’altro, ma si erano accumulate tante cose da dire, durante la lunga assenza di comunicazione, che nessuno dei due sapeva bene come affrontare quella nuova situazione.

Discutere del più e del meno, di futili cose di tutti i giorni, aveva contribuito a rompere il ghiaccio e li aveva portati ad una delle tante bancarelle che vendevano ramen, (1) piatto molto apprezzato ed economico.

‹‹Ecco qua, due fuka-hire ramen con carne di maiale››.

‹‹Grazie›› disse Hyoga gentilmente mentre Seiya senza aspettare che si freddasse, mangiò un grosso pezzo di carne, boccheggiando per il bruciore, eppure mugolando soddisfatto del buon sapore del cibo

‹‹Ah, brucia!››.

‹‹Sei davvero affamato›› sorrise Hyoga, mescolando la sua porzione con le bacchette, per raffreddarla e per amalgamare bene carne e tagliolini.

‹‹Sì, molto affamato››.

‹‹Hm, è buono››.

Finirono la modesta cena e solo allora, davanti ad una lattina di birra, Hyoga s’azzardò a parlare.

‹‹Ora, vorrei sapere cosa ti è successo››.

Seiya vuotò la sua lattina e ne chiese un’altra, ordinando anche un nori ramen, ramen alle alghe, con la solita carne di maiale.

‹‹Probabilmente lo sai, sarei ripetitivo se ti dicessi quello che già sai››. Cominciò a mangiare con gusto la sua seconda porzione di tagliolini, senza aggiungere altro.

‹‹Sì, posso immaginare cos’è successo, ma vorrei sapere cosa c’è di più, stavolta. Non avresti cercato la compagnia di qualcuno se si fosse trattato di uno dei soliti, frequentissimi litigi. Immagino anche che avresti preferito di gran lunga parlare con Shiryu, e un po’ me ne dispiace perché forse… abbiamo più cose in comune di quanto non immaginiamo››.

Seiya squadrò Hyoga, e annuì con uno strano sorriso. ‹‹Ne sono fin troppo convinto››.

Era difficile decifrare il tono della sua voce, ma Seiya sembrò seccato per quell’allusione alle cose comuni, e la sua enigmatica risposta, persino sarcastica, insospettì Hyoga. Il russo si schiarì la gola e si umettò le labbra, ricordando le parole di Seiya.

‹‹…stucchevolmente bravo e perfetto in ogni cosa… Ci ho messo un po’, ma forse capisco››.

Seiya rise. ‹‹Bravo, Blondie, allora sei davvero perspicace come dicono! Non cercavo qualcuno a caso, volevo proprio parlare con te››.

‹‹A che proposito?››. La domanda innocente di Hyoga ebbe una risposta rapida e tagliente.

‹‹Saori››.

Quel nome, pronunciato in fretta, con una punta di rancore, riempì l’aria e li allontanò di nuovo, lasciandoli in silenzio a fissarsi. Seiya aveva posato la scodella e stringeva strette le bacchette e lì vicino Hyoga, indeciso e confuso, tamburellava le dita sul banco di legno. Inaspettatamente Seiya si mosse, mangiò con avidità i restanti tagliolini e bevve il brodo, raccogliendo con le bacchette anche il più piccolo pezzetto di carne e posando la ciotola desolatamente vuota.

‹‹…per lei non esisto, come uomo! Sono solo… un termine di paragone, nominato esclusivamente per esaltare le qualità degli altri! Perché, sai spiegarmelo?››.

Cosa rispondere ad una tale domanda? In certi casi, pur trattandosi di un comportamento scorretto e vile, tacere la verità sembrerebbe la soluzione migliore, per placare gli animi irrequieti, come quello di Seiya in quel momento. Una piccola bugia sarebbe servita per tamponare l’inesorabile incedere della disperazione; una semplice bugia, magari arricchita con qualche banale frase di circostanza che riscuotevano sempre un incredibile successo nelle situazioni più disparate. La sincerità, però, era una grande qualità, disprezzata e ritenuta deleteria, fonte d’inesauribili problemi, nella stragrande maggioranza dei casi, e per questo motivo ancora più preziosa, perché estremamente rara.

Hyoga era un ragazzo sensibile e rispettoso, che si sarebbe strappato il cuore dal petto, pur di non vedere le persone care soffrire, ma aveva tanta sincerità dentro che, se l’avesse potuta vendere, avrebbe potuto nuotare nell’oro come nell’acqua. Riflettendo per un attimo, scelse, delle due, la via più difficile, quella che l’aveva sempre contraddistinto dai suoi fratelli e dagli altri Sacri Guerrieri, la via che per lungo tempo aveva contribuito ad aumentare il vuoto che si era creato intorno a lui. Per la sua sincerità, perché essere franchi nell’espressione delle proprie opinioni, nel bene e nel male, poteva ferire e creare inimicizie, lo avevano sempre considerato un insensibile e un menefreghista.

‹‹Allora, ›› insistette Seiya, ‹‹sai spiegarmelo?››.

‹‹Sì, perché non t’impegni e mostri la millesima parte di quanto vali›› disse semplicemente Hyoga. ‹‹Perché sei pigro e svogliato, perché appartieni a quella categoria di persone che al mattino non rifanno il letto perché tanto la sera lo si disfa di nuovo. Perché ti accontenti della sufficienza, anche se, con un minimo sforzo, potresti ottenere molto di più. Perché è intuitivo prenderti come termine di paragone per il semplice fatto che sai mostrare al meglio tutti i tuoi peggiori difetti, tutte le mancanze che una persona dovrebbe, in un modo o nell’altro, cercare di compensare o di nascondere. Tu non lo fai, non provi nemmeno a farlo, anche se sai che è sbagliato. È sufficiente, o devo continuare?››.

Seiya rise, rise forte, ma era una risata amara.

‹‹Sapevo che non avresti mentito, per niente al mondo›› disse Seiya continuando a ridere. ‹‹Come sei prevedibile››. Hyoga alzò le spalle e bevve un sorso di birra. ‹‹Allora aggiungiamo, alla lunga lista delle infinite buone qualità, anche la tua terrificante sincerità›› continuò Seiya tornando serio. ‹‹A questo punto, quello che ho davanti, tirando le somme, è una persona perfetta, senza difetti e piena di pregi. È mai possibile che si realizzi quest’utopia, un uomo perfetto?››.

‹‹Net, non è possibile››.

‹‹No, infatti›› riprese subito Seiya, scuotendo la testa. ‹‹Sappiamo benissimo tutti e due che tu non sei così! Hai delle mancanze anche tu, hai le tue paure e le tue manie, come tutti noi!››.

‹‹Vero›› ammise Hyoga senza problemi. ‹‹È inutile ignorare i propri difetti, il segreto è cercare di migliorarsi. Nessuno è perfetto, quindi è assolutamente necessario, per riuscire ad intrattenere dei rapporti decenti e duraturi, anche del tipo che intendi tu, adattarsi almeno un po’ alle persone che ci circondano. È bello essere se stessi, in tutto e per tutto, ma non sempre possiamo scoprire tutto di noi in tutta sincerità, senza veli, perché il risultato potrebbe essere deludente››.

‹‹Tu lo fai!›› inveì Seiya. ‹‹E tutti ti lodano!››.

‹‹Non è vero›› tagliò corto Hyoga. ‹‹Ho sempre cercato di camuffare le mie debolezze, e sai benissimo che, nonostante tutto, sono quello che ha avuto più problemi ad integrarsi. O ti sei dimenticato che sono un mezzosangue?››. Seiya abbassò per un momento la testa, ricordandosi di quante volte, da bambini e poi da ragazzi, lui e gli altri guerrieri l’avevano schernito per il fatto di essere figlio di una donna russa, e quindi non del tutto giapponese, come loro.

‹‹Comunque sei riuscito a guadagnarti la stima di tutti››.

‹‹Ne sei sicuro?›› approfondì Hyoga. ‹‹O ancora credete che io possa essere per voi una minaccia?››.

Seiya corrugò la fronte. Nessuno di loro, a parte Shun che si dissociava perché aveva in Hyoga cieca fiducia, nessuno tra coloro che nutrivano dei dubbi sulla fedeltà di Hyoga in Atena aveva mai voluto affrontare con lui l’argomento direttamente. Per quanto cercasse di evitare di parlarne, dicendosi anche lui convinto della lealtà di Hyoga, Seiya pensò che in fondo al cuore, aveva sempre esitato. In quel momento invece, sentì come un peso che si sollevava lasciandolo respirare più liberamente. Come aveva potuto non fidarsi ciecamente di suo fratello, un uomo con cui aveva combattuto tante battaglie?

‹‹Io non lo credo più›› disse Seiya premendosi una mano sul petto. ‹‹Sei da ammirare, non dev’essere stato facile sopportare il peso dei dubbi per tutti questi anni››.

‹‹È stato difficile, infatti. E più stringevo i denti, cercando d’ignorare le dicerie sul mio conto, più le persone mi giudicavano insensibile e d’allineamento indecifrabile››.

Seiya rimase in silenzio per molto tempo.

‹‹Se tu ti fossi adeguato ai loro standard di comportamento, le cose sarebbero andate diversamente, la situazione si sarebbe risolta molto prima››.

‹‹Avevo la fiducia di Atena, questo mi bastava›› spiegò Hyoga. ‹‹Poi, non ero interessato ad uniformarmi. Mantenere la propria personalità è la prima regola per riuscire ad essere unico e non uno tra tanti. Vuoi diventare un adulatore sciatto e incolore come Jabu?››.

‹‹Di certo, no! Leccherebbe la suola delle scarpe di Saori, se lei glielo chiedesse!›› si schifò Seiya.

‹‹Vot ímenno, (2) infatti. Con un po’ di spirito d’adattamento, possiamo mostrarci al meglio di noi, per non mostrare il peggio di noi. Non subito, almeno››.

‹‹Questo è quello che fai?››.

‹‹Direi di sì›› ammise Hyoga come se stesse svelando un segreto. ‹‹Il più delle volte funziona››.

Seiya cambiò espressione. ‹‹Con Saori ha funzionato a meraviglia››. Lanciò a Hyoga un’occhiata severa e prima che il russo potesse azzardare una risposta, riprese a parlare, irritato. ‹‹Se vuoi sapere cosa c’è di più, ti dirò che mi ha sommerso di insulti, velati naturalmente, in perfetto stile Saori Kido. Lei è certo una di quelle donne che sanno farti sentire una nullità senza mai sembrare volgari! Stava lì, seduta dietro a quella scrivania, impassibile e insieme furente, e mi ha rinfacciato di tutto! Certe volte mi chiedo se prende nota delle mie magagne per vuotare il sacco tutto d’un colpo!››.

‹‹In questo non trovo niente di nuovo›› interloquì Hyoga.

‹‹Di nuovo c’è che stavolta non è restata sul vago, come sempre, ma ha ben pensato di affondare il coltello nella piaga, identificando in te tutto ciò che io non ero, cioè un vero uomo!››.

‹‹Nessuno è perfetto, e io non sono l’eccezione che conferma la regola››.

‹‹Eppure, per Saori sei davvero perfetto, l’uomo ideale cui tutti dovrebbero somigliare!››.

‹‹Sbagliato››.

‹‹Questo è quello che ha detto!›› sbottò Seiya alzando la voce per sottolineare il concetto.

Hyoga s’irritò. ‹‹Net! Questo è quello che hai capito tu!››.

Per un attimo restarono in silenzio, Hyoga irritato e Seiya perplesso.

‹‹C’è differenza?›› chiese Seiya. La sua innocenza, concentrata tutta in quella domanda, scacciò la stizza di Hyoga, che si pentì d’aver alzato la voce e subito l’addolcì.

‹‹Nel nostro caso, un abisso divide le due cose››.

‹‹Davvero tanta››.

‹‹Proprio così››.

Seiya mostrò un sorriso tirato, una finta serenità di cui non era convinto, e che tanto meno convinse Hyoga. Sembrava confuso da tanti pensieri, spaesato, come un bambino che s’è accorto d’aver smarrito la strada. Appollaiato sullo sgabello, con la testa sorretta da una mano e il viso arrossato, era l’immagine dello sconforto.

‹‹Sei innamorato di lei?›› chiese improvvisamente Hyoga.

Seiya non si scompose, vuotò la lattina e, involontariamente, dalle sue labbra uscì un flato (3) smorzato che li fece sorridere. La tensione si disciolse nell’aria, e volò via trasportata dal vento che spazzava le strade.

‹‹Questa non è una risposta!›› rise Hyoga.

‹‹La domanda non era pertinente!››.

‹‹Ti prego, ora basta scherzare. Potrà sembrarti strano, ma ti capisco. Capisco come ti senti, in questo momento, e so che parlare è un ottimo rimedio››.

‹‹Come fai a capirmi, tu?!›› esclamò Seiya allargando le braccia. ‹‹Un uomo tutto casa e chiesa!››.

Hyoga cercò di non ridere dell’idea che si erano fatti di lui in quegli anni di convivenza alla Villa, e scosse la testa. ‹‹Alle volte, le apparenze ingannano, ototo!››.

‹‹Nel tuo caso direi che l’abito non fa il monaco!››.

‹‹Come preferisci!›› rise Hyoga.

Ordinarono ancora birra e, quando si fu tranquillizzato, Seiya ricominciò a parlare.

‹‹Non è una questione che si possa spiegare in poche parole, è tanto tempo che sto così ma è difficile ammettere di stare male, quando gli altri hanno di te un’idea ben precisa››. Si grattò la faccia e le sue parole colsero Hyoga di sorpresa. ‹‹Ti ricordi di Febo?››. (4)

‹‹Ah… certo, come potrei dimenticare!››.

‹‹I miei problemi sono cominciati allora›› disse Seiya con filo di voce.

Seiya, e con lui Hyoga, non poterono fare a meno di rivivere emotivamente quei terribili momenti, quando credevano d’aver perso per sempre la loro dea, e avevano dovuto risollevarsi dalla mortificante sensazione d’aver perso la loro dignità di Sacri Guerrieri d’Atena, e si fecero pensosi, con la testa china sul petto.

Al tempo degli dèi, nonostante ne fosse il figlio, la forza di Febo, Apollo, divenne presto simile a quella di Zeus. Febo, cercando di possedere il mondo, si autoproclamò dio del sole. Così il padre degli dèi, e tutte le altre divinità, sospettosi verso la sua smisurata brama di potere, decisero di punire Febo per la sua cupidigia. Egli venne perseguitato dalla collera divina e ucciso.

Circa due anni prima, tornando alla residenza di Saori-Atena, al Santuario, Hyoga, Seiya, Shiryu e Shun avevano trovato la loro dea in compagnia di un uomo dal cosmo estremamente potente, scortato da misteriosi guerrieri in armatura. Quell’uomo era Abel, in realtà Febo, tornato tra gli uomini per riprendersi ciò che considerava da sempre una sua proprietà, la terra.

I Sacri Guerrieri assistettero stupefatti al clamoroso voltafaccia di Atena, che scelse di seguire suo fratello e di assecondare il suo desiderio di potere. In quel momento, mentre Atena li informava della sua decisione, Hyoga e i suoi fratelli si sentirono perduti. Atena ordinava loro perentoriamente di non intromettersi, e li dimetteva dal ruolo di suoi protettori, accettando la protezione dei fedelissimi di Febo, i Guerrieri della Corona, Quello fu il momento più duro per loro da superare. Persero la voglia di combattere, in nome della pace e della giustizia, i pericoli che minacciavano la vita degli uomini, dimenticarono il loro orgoglio guerriero, scoprirono il sapore amaro della sfiducia nelle loro possibilità di vincere ogni difficoltà.

Tra Atena e Febo s’era instaurato un legame inscindibile, era una coalizione divina dalla quale erano esclusi in quanto comuni mortali. Per loro non c’era posto nel mondo che sarebbe venuto, fatto per gli dèi e da loro governato.

Hyoga soffrì immensamente in quel momento. Si sentiva tradito, analizzato dallo sguardo inclemente della sua dea, scartato e abbandonato dalla donna che aveva amato perché considerato troppo debole. Le loro suppliche si dissolsero contro l’inoppugnabile decisione di lei, e non poterono altro che obbedire al categorico ordine di non intromettersi.

Seiya fu sconvolto più di tutti loro, sentiva d’aver perso la ragione della sua vita. In preda alla follia da solo si avventurò al Tempio della Corona, la dimora scelta dal dio Febo, per cercare di rivedere Atena almeno un’altra volta. Avrebbe dovuto superare la sorveglianza dei guerrieri del dio della luce ma aveva inconsciamente rinunciato alla lotta. Sapeva di non poter affrontare quella battaglia senza perdere la vita, e dunque era come se avesse già perso prima ancora di tentare.

Hyoga ricevette in quell’occasione la più agghiacciante delle proposte. Febo aveva permesso al Sacro Guerriero di Cygnus di arrivare senza problemi al suo cospetto perché voleva che si schierasse con lui, perché con il suo potere di controllare le energie fredde avrebbe potuto erigere un feretro di cristallo che fosse eterno, come il ghiaccio della Siberia. In quel feretro, il corpo di Atena si sarebbe conservato giovane e bellissimo com’era al momento della sua morte. Hyoga stesso era stato imprigionato in una simile bara, costruita dal suo maestro, Camus, per dargli una morte indolore e un sonno eterno.

La vittoria che ottennero su Febo e i suoi guerrieri fu una delle più difficili e combattute.

‹‹Mi sento potente, quando indosso la mia armatura. Quando sono Pegasus sono rispettato e temuto››. Hyoga si riprese quando Seiya ricominciò a parlare. ‹‹Vedere Atena che seguiva Febo di sua spontanea volontà e…sentire le sue parole …è stato terribile››.

‹‹Sì, è stato un colpo al cuore›› mormorò Hyoga, passandosi una mano sulla fronte.

A nessuno aveva mai rivelato la terribile richiesta avanzata da Febo, il solo ripensare a quel momento gli faceva accapponare la pelle.

‹‹È stata la prova più difficile da superare, non avevo più voglia di vivere›› ammise Seiya, stropicciandosi gli occhi. ‹‹Non sarei riuscito a reagire da solo, ma… sapere che Atena ci aveva cacciato proprio per salvarci la vita, perché sapeva che non eravamo abbastanza motivati per lottare con lei…››.

‹‹Decidere di affrontare Febo da sola è stata la sua decisione più coraggiosa›› concluse Hyoga. ‹‹Non saremmo stati di aiuto se non avessimo ritrovato sa soli la forza d’animo››.

‹‹Già…››. Seiya tracannò la sua birra, e subito chiese un’altra lattina. ‹‹Sapevo che voi stavate correndo da lei›› cominciò a dire Seiya con un filo di voce. ‹‹Stavate correndo da lei per salvarla, mentre io mi ero lasciato sopraffare dallo sconforto, e desideravo solo d’essere ucciso per raggiungerla. Capisci Hyoga?››. Hyoga guardò Seiya dritto negli occhi e si limitò ad annuire. ‹‹Avevo proprio smarrito la via…Credevo fosse già morta, e invece di lottare per salvarla, aspettavo la fine anch’io››.

‹‹Alla fine però, hai reagito, come un guerriero degno della fiducia di Atena›› gli ricordò Hyoga per confortarlo. ‹‹Sei il Sacro Guerriero di Pegasus, il guerriero della speranza››.

‹‹Nella vita di tutti i giorni, invece, sono solo Seiya, un fallito e un perditempo. Nessuno può sospettare delle tue sofferenze se ti vedono sempre col sorriso sulle labbra. Col passare del tempo, ci s’abitua a sapere una persona felice e spensierata, in ogni occasione, e se accade che un giorno il suo sorriso è meno acceso, meno vivace, i suoi occhi velati di tristezza, non fa differenza alcuna, perché nessuno se ne accorge. Così è stato.

‹‹Sono stranito al punto che non mi affascinano più nemmeno le cose che mi sono sempre piaciute. Le stupide battute a doppio senso, di cui andavo tanto fiero in passato, mi sembrano vecchie e abusate, e magari lo sono sempre state. Non sto più bene in compagnia, perché improvvisamente mi sento fuori luogo. Persino leggere manga (5) non mi diverte più, e questo è davvero terribile!››. Seiya prese a stropicciarsi la fronte fino a farla arrossare, e poi si passò nervosamente le mani fra i capelli.

‹‹Io non mi ero accorto di niente, in effetti›› sembrò volersi scusare Hyoga. ‹‹Mi sembrava che tu ti comportassi come sempre››.

‹‹Lo facevo, proprio come te››.

‹‹Saori s’è accorta del cambiamento, invece?›› provò a chiedere Hyoga. Non sapeva esattamente come interpretare la loro discussione, né come si sarebbe sviluppata, ma certo Seiya era visibilmente turbato.

‹‹Questa è la parte più imbarazzante da spiegare…Penso che il mio disagio sia dovuto al fatto che…In poche parole vorrei che Saori, nella vita di tutti i giorni, mi guardasse con occhi diversi, come un uomo e non come un pagliaccio, ma per quanto mi sforzi non c’è modo di attirare la sua attenzione! Non posso mica causare una nuova guerra per farmi notare da lei!››.

‹‹È una bella cosa che tu ti metta in discussione, significa che stai pensando di modificare la tua vita per far posto ad un’altra persona. Stai crescendo››.

‹‹Vorrei tanto che Saori mostrasse la tua stessa comprensione››.

‹‹Dovresti sforzarti di capire le sue motivazioni›› disse Hyoga incrociando le mani sul bancone. Lui e Saori, qualche volta avevano parlato di lui, e del suo atteggiamento arrogante e incosciente, completamente discordante da quello che lo distingueva come guerriero. ‹‹Probabilmente lei non comprende il divario che separa il Seiya guerriero dal Seiya uomo. È come se in te vivessero due personalità distinte, assolutamente diverse. Nessuno di noi riesce a spiegarsi questa tua metamorfosi da invincibile guerriero a…insignificante perditempo››. Seiya alzò la testa, non arrabbiato ma consapevole della verità di quelle parole. ‹‹Nemmeno Saori riesce a decifrarti, e il non riuscire a dare delle spiegazioni plausibili stuzzica la sua irascibilità. Questa può essere una spiegazione del fatto che se la prenda tanto con te››.

‹‹Sì, può essere così››. Seiya non sembrava troppo convinto. ‹‹Saori è sempre stata molto severa con me, ma non è solo questo che mi fa pensare, né il fatto che oggi si sia infuriata come mai prima. A dirla tutta, da tempo mi sono accorto che lei ti ammira e ti tiene in gran considerazione, più di tutti intendo, e per questo motivo ho cercato di assomigliare a te, che sei sempre bravo e perfetto in tutto quello che fai››.

Hyoga non riuscì a controllarsi, fece una smorfia con la bocca, più comprensibile di mille parole di spiegazione, e si stropicciò gli occhi con una mano. Seiya si accorse del gesto e sospirò amareggiato.

‹‹Già››. Seiya si lisciò il mento. ‹‹Vedendo la tua espressione ora, e collegandola a quella spiritata di Saori, ho visto giusto, questo pomeriggio, immaginando che più ancora di quelle cifre sul foglio, e tutte le altre infinite cose, siano state le mie parole a renderla furiosa››.

Hyoga domandò allora cosa le aveva detto e Seiya, innocentemente, riferì.

‹‹Le ho detto: "Niente di quello che faccio ti soddisfa. Cosa devo fare per guadagnare la tua ammirazione? Vuoi che diventi come Hyoga, dato che hai sempre il suo nome in bocca?". Infelice scelta›› concluse, tracannando l’ultimo sorso dell’ennesima birra e accartocciando la lattina per la stizza.

Hyoga deglutì rumorosamente, mentre la sua mente, con estrema perfidia, si divertiva ad immaginare tutte le possibili varianti di scenate isteriche cui poteva essersi abbandonata Saori. Erano rari i momenti in cui Saori abbandonava la sua eleganza, lasciandosi trasportare dall’ira, ma ricordava bene le loro litigate furiose.

‹‹Per la prima volta, ›› continuò Seiya, ‹‹ho avuto davvero paura di lei. S’è alzata in piedi, per strillare meglio, e mi aspettavo che da un momento all’altro mi mollasse un ceffone. Però, nonostante lo sguardo indiavolato e tutto il resto, mi ha insultato con stile››.

Calò un silenzio imbarazzante, perché era chiaro che un semplice rapporto d’amicizia non avrebbe mai suscitato una reazione tanto violenta in Saori. Seiya era assolutamente convinto di questa sua teoria e Hyoga non osava alzare gli occhi, perché immaginava che Seiya avesse formulato nella sua mente tutta una serie di supposizioni che non potevano allontanarsi troppo dalla realtà. Infatti, con tranquillità, Seiya cominciò a svelare i suoi pensieri.

‹‹Oggi ho riflettuto a lungo, per cercare una spiegazione plausibile che giustificasse la sua spropositata ira, e ti dirò che molte delle cose che ho pensato, proprio quelle che credo siano le ragioni più probabili, non mi sono piaciute per niente››. Seiya parlava come se stesse pensando, con lo sguardo fisso davanti a sé, o sulla sua lattina. ‹‹Ho fatto tutta una serie di congettura, certo, ma non è che sono nate così, all’improvviso. È un bel pezzo che penso a questa storia, ma mi sono deciso solo oggi. Ti ho incrociato mentre uscivi dallo studio di Saori, e quando sono entrato, lei non era arrabbiata con me, ma dispiaciuta, terribilmente dispiaciuta. Di questo sono sicuro al cento per cento. Era triste come non l’ho mai vista, Hyoga›› concluse voltandosi. ‹‹Poi si è sfogata con me, naturalmente››.

‹‹Lei…cosa ti ha risposto?›› chiese Hyoga, un po’ assente.

‹‹Lei?›› rise Seiya. ‹‹Ti ho detto che mi ha insultato con stile, prendendo la scusa di quelle certe spese di cui sai››.

‹‹Solo questo?››.

‹‹No›› continuò Seiya. ‹‹S’è lasciata sfuggire una frase, di cui s’è pentita a giudicare dalla sua ansia, ma ormai… era detta!››.

‹‹Che frase?!››.

‹‹Sei curioso?››.

‹‹No, preoccupato››.

‹‹"Se devi dimostrarmi il tuo amore comportandoti come Hyoga, allora lascia perdere!"›› riferì Seiya con voce neutra.

Hyoga fissò lo sguardo lontano, indugiando su un orologio a cristalli liquidi, con numeri grandi e rossi, e due pallini lampeggianti tra minuti e ore che scandivano il passare dei secondi. Mezzanotte.

In fondo, questo vuol dire tutto, eppure non significa assolutamente niente…

Il vento non soffiava più, le foglie restavano immobili a terra, assieme alle cartacce, ma c’erano ancora le stelle in cielo. L’aria s’era rinfrescata e non c’era quasi più nessuno per le strade, tutti chiusi nei locali o in casa. Hyoga sentiva caldo, anche se sulla maglietta a manica lunga indossava solo una giacca. Poi parlò, cercando di mantenere il controllo, quando invece temeva di aggravare la situazione, ancora incerta.

‹‹Non posso sapere quanto s’è arrabbiata, ma aveva tutte le ragioni di questo mondo›› esordì. ‹‹Ognuno di noi è diverso dagli altri, e possiede caratteristiche che sono inimitabili. Imitare me, oltreché sembrare strano, non ti porterebbe a niente, e l’hai già capito, credo››.

‹‹Perché? Saori ti ammira, questo è indubbio, ma c’è qualcosa di te…No, c’è qualcosa che hai fatto che l’ha ferita, terribilmente. Cosa?››.

Seiya insisteva nel chiedere una spiegazione che gli era dovuta, eppure Hyoga sapeva che la sua sincerità, in quel momento, avrebbe avuto l’effetto di una pugnalata alla schiena. Aveva provato sulla sua pelle le mortificanti conseguenze di un amore non corrisposto, di un sentimento che occupava i pensieri il giorno e la notte, la causa dell’insonnia e dei sonni in cui sognava di una persona che probabilmente non sognava di lui.

‹‹Saori biasima la mia indecisione, che talvolta mi ha portato a leggerezze imperdonabili›› spiegò Hyoga, titubante. ‹‹Una volta…ho voluto prendere di petto una situazione che credevo di poter gestire, ma ho fatto il passo più lungo della gamba e…è finita male, troppo male››. Con lo sguardo basso e un filo di voce, sfidando la paura di tradirsi, Hyoga si sforzò di dare una spiegazione all’ambiguo rapporto che lo legava a Saori. Evitò di scendere nei particolari che avrebbero potuto accrescere i sospetti di Seiya, che già lo fissava insistentemente, con un’espressione interessata e sempre più dubbiosa. ‹‹Certi errori hanno un prezzo alto da pagare e diventa difficile guarire ferite profonde, specialmente quando sei troppo debole per affrontare le conseguenze delle tue azioni››.

Seiya tirò un sospirò e annuì lentamente. ‹‹È per questo che sei stato via due anni?››.

‹‹Sì…anche per questo. Chissà cosa s’è detto di me, del fatto che me ne sono andato senza spiegarmi››.

‹‹Si sono dette tante cose›› ammise Seiya. ‹‹Tutte sbagliate, immagino››.

‹‹Ah, questo non lo so proprio›› disse Hyoga. ‹‹Avevo bisogno di mettere ordine nella mia vita, semplicemente, e per farlo, dovevo cambiare aria. Attraversavo un periodo difficile e non ero sicuro di voler…continuare a fare questa vita››.

‹‹Era Erii?›› domandò Seiya con slancio.

‹‹A?››.

‹‹Ti stavi riferendo ad un errore sentimentale, giusto? Era Erii?››

Hyoga rifletté per un lungo momento ma non volle mentire. Sarebbe stato troppo facile coinvolgere la giovane greca e chiedere a Seiya di mantenere il silenzio sull’intera storia, ed eluse la domanda.

‹‹Non importano i nomi, quello che conta è il messaggio, la lezione che ho imparato e che Saori ha cercato di fare capire te. Non devi cercare di assomigliare a qualcun altro, chiunque sia, perché siamo naturalmente diversi, ed è giusto che sia così. Hai tanti pregi e qualità che aspettano solo di essere scoperte e mostrate. Quando combatti, stringi i denti nelle situazioni più disperate e mostri una determinazione senza pari. Nessuno di noi, dando il massimo di sé, riuscirebbe mai ad uguagliarti››.

‹‹La vita reale, quella di tutti i giorni, è un’altra cosa. Il mondo non va a rotoli, se non rifaccio il letto! Senza armatura, perdo gran parte della mia forza››.

‹‹Forse perdi la fiducia in te stesso, ma non la tua forza! Hai dimenticato che l’armatura non è di nessun aiuto ad un guerriero che non crede in se stesso?››.

‹‹Sì, forse l’avevo dimenticato. Ma ancora dubito di valere qualcosa al di fuori di un campo di battaglia››.

‹‹Basta che ripensi a ciò che hai fatto finora, e per chi l’hai fatto. Ritrova dentro di te quel sentimento d’amore che ti ha fatto combattere per la salvezza di Saori, che ti ridava la speranza anche quando sentivi di non farcela più, e solo allora saprai cosa devi fare per conquistare la sua fiducia, e chissà, il suo amore››.

Seiya rimase assorto per un attimo. ‹‹Perché mi dici tutto questo?››.

‹‹Perché non voglio che per pigrizia o indecisione, sprechi la tua occasione d’essere felice, proprio come ho fatto io. Saori è… a conoscenza della mia disavventura, e forse per questo mi ha usato come termine di paragone. Io ho capito dove ho sbagliato, e ho cercato di rimediare in qualche modo. Saori cerca di spronarti ad essere più attivo, perché è convinta del tuo valore››.

‹‹Era Freija?››.

‹‹Eh?››.

‹‹La donna che hai ferito era Freija?›› chiese ancora Seiya. Hyoga stavolta sorrise.

‹‹Non sono sicuro di voler parlare di lei con te! Stamattina te la facevi addosso dalle risate››.

‹‹Quello era un altro Seiya. Allora, era lei?›› domandò ancora con insistenza e senza un accenno di riso.

‹‹Lei è stata il primo amore›› rispose Hyoga, gongolando.

‹‹Lo domando io a te, adesso: sei innamorato?››.

Non ci aveva mai pensato prima, ma la risposta gli venne tanto naturale che si stupì lui stesso.

‹‹Sì›› rispose immediatamente. ‹‹A te sembrerà strano, ma non l’ho mai sfiorata con un dito, eppure sono innamorato››.

‹‹Stasera niente mi sembra strano, e anche questo è strano. Anzi, forse comincio a capire che amare una donna non vuol dire solo fare l’amore››.

‹‹Hai detto una verità innegabile›› disse Hyoga.

‹‹Andrai da lei?››.

‹‹Come…lo sai?››.

‹‹Ho sentito che Saori doveva partire per Ásgarðr, per partecipare a non so cosa, ma ha dovuto rinunciare per partecipare all’inaugurazione…di non so che››.

Hyoga sorrise. ‹‹Doveva partecipare ad un Consiglio, con Hilda, ma ha deciso di presenziare all’inaugurazione di una nuova sala al Centro Astronomico. Saori ha sovvenzionato il Centro, così hanno intitolato la nuova sala principale al vecchio Kido››.

‹‹Ah! Se sapessero le cattiverie di cui è stato capace, forse non lo loderebbero tanto per le cose buone che ha fatto!››.

‹‹La sua figura mitica si ridimensionerebbe, almeno›› aggiunse Hyoga, annuendo.

‹‹Così andrai ad Ásgarðr al posto suo!›› riprese Seiya, battendo le mani ironicamente. ‹‹Che fortuna sfacciata, Blondie! Hilda è una donna bellissima, ma Freija non è da meno. Non saprei proprio quale delle due scegliere!››.

‹‹Saori non gioirebbe a sentirti dire certe cose!›› lo rimproverò Hyoga. ‹‹Se davvero vuoi conquistarla, fai attenzione a come ti comporti. Saori odia l’indecisione e la falsità, diventa una furia se…››.

‹‹Sì, lo so›› lo interruppe Seiya agitando le mani. ‹‹Hyoga, non ti senti mai solo?››.

‹‹Net, la sfiga è un’amante fedele …›› scherzò. Risero, poi Hyoga continuò. ‹‹Da, qualche volta. Ma ho anche imparato che cercare l’amore a tutti i costi, ignorando i veri sentimenti, è un gravissimo errore. Credi d’essere felice ma quando ti assalgono i sensi di colpa, allora è finita››.

‹‹Ah, capisco. Questo è quello che è successo?›› indovinò Seiya. ‹‹Sei stato con una donna, quando invece amavi un’altra?››.

Hyoga mantenne la calma, e ancora una volta eluse la domanda. ‹‹La tua mente segue degli strani accostamenti logici, Seiya››.

‹‹Lo so, ma mi fido delle mie intuizioni››. Finì la lattina e l’accartocciò, sistemandola con cura a fianco delle altre. ‹‹É quello che dovrei fare anch’io, concentrarmi solo su lei››.

‹‹Se ti senti davvero pronto, sì. È la cosa migliore da fare››.

‹‹Io la trovo bellissima, una donna forte ma femminile, non come le altre che ho conosciuto! Una donna con la testa sulle spalle, che sa quello che vuole e come ottenerlo. Può fare ciò che vuole, avere ciò che le piace, ha il potere di cambiare ciò che è sbagliato. Questo è davvero incredibile! Vorrei essere determinato come lei!››.

‹‹Saori ha lasciato qualcosa di sé in ognuno di noi, senza che ce ne accorgessimo››.

Seiya scosse l’indice, accennando un no anche con la testa.

‹‹No, no, no, Blondie! Potrà cambiare il mondo ma non potrà cambiare me, questa è un’impresa destinata a fallire! Aha!›› rise Seiya di gusto.

Hyoga si lasciò contagiare dall’euforia di suo fratello ma rideva per un motivo ben diverso.

Saori non ha fallito, qualcosa in noi è già cambiato.

‹‹Bevete un’altra birra, ragazzi, offre la ditta››. Il pittoresco cuoco di ramen, fino allora impegnato a cucinare per due persone sedute all’altro capo della bancarella, s’appoggiò al banco e posò davanti ai fratelli due nuove lattine cestinando quelle vuote. ‹‹Brindate e siate felici in una notte come questa! Guardate le stelle, sono belle vero?››.

Le stelle. Hyoga e Seiya alzarono il naso al cielo e guardarono le stelle, che si vedevano abbastanza bene in quella stradina in cui le uniche luci erano i fiochi lampioni e le lanterne rosse della bancarella di ramen. In quel cielo scuro sembravano spiccare luminose e brillanti sopra tutte le altre, le costellazioni di Cygnus e Pegasus, le loro protettrici e latrici di forza.

Alla fine, naturalmente, il cuoco di ramen li invitò ad andarsene, perché era giunta l’ora di chiudere. Camminarono a lungo e si fermarono a bere seduti su un marciapiede, vicino ad un distributore automatico di bibite. Seiya era stato senza parlare per molto tempo, mentre Hyoga aveva continuato a fischiettare, trasportato dall’euforia dell’alcool.

Alla fine però, il silenzio riflessivo di Seiya lo portò ad una clamorosa conclusione che si delineò chiara nella sua mente, senza lasciare spazio ad alcun dubbio. La verità era così palese e disarmante che si chiese come aveva potuto essere tanto ottuso da non convincersene prima.

Freija era l’unica donna che Hyoga avesse amato veramente, un amore platonico, di quelli che si vedono solo nei vecchi film e che si credono estinti. Erii, per un certo periodo, aveva sicuramente attirato l’attenzione del russo, ma Hyoga non si era certo riferito a lei, perché la storia d’amore di cui aveva parlato aveva lasciato in lui un segno molto profondo, mentre la bionda e sfortunata ragazza l’aveva solo sfiorato con le sue grazie e si era dovuta accontentata della sua amicizia.

E di un bacio, ricordò Seiya. Questo lo sanno tutti!

‹‹Alla fine, non ne resta che una›› farfugliò poi a voce alta.

Hyoga alzò la testa. ‹‹A? Cos’hai detto?››.

Seiya si alzò e si mise a passeggiare nervosamente avanti e indietro. Hyoga, nonostante il suo fascino e la sua popolarità, non aveva un bel rapporto con le donne, per via della sua ostinazione al rispetto della persona, per la sua naturale avversione a rapporti occasionali di qualunque tipo, e via discorrendo fino ad arrivare all’eccessivo tabù dell’amore senza amore. Le uniche donne che gli avesse mai sentito nominare, a parte l’onnipresenza di sua madre Natassia, erano state Erii e Freija, con le quali non aveva avuto alcun coinvolgimento che si fosse concretizzato nella realtà.

L’ultima da menzionare, ma non per importanza, era Saori, la donna che aveva animato i suoi sogni fin da quanto era un ragazzino e che aveva sempre considerato una meta irraggiungibile per un comune mortale. Possibile che Hyoga, il taciturno e pacato russo che era stato tanto schernito per la sua eccessiva timidezza e inconcludenza, avesse alla fine, superando ogni più roseo pronostico, conquistato, per prima tra tutte, proprio Lady Saori?

‹‹Čto s tobói ?››. (7) Hyoga scosse la testa, per riprendersi un po’. ‹‹Seiya, ti senti bene? Sei tutto rosso in faccia››. S’alzò in piedi e tentò d’avvicinarsi a suo fratello ma Seiya si voltò di scatto.

‹‹In questo momento sono agitato, ho caldo!›› disse concitatamente. ‹‹E ho bevuto troppo!››.

‹‹Nu!, vedo, vedo›› blaterò Hyoga.

‹‹Saori non è una donna come le altre›› cominciò a dire Seiya all’improvviso agitando le braccia in aria. ‹‹Lei è una dea, da adorare e da ammirare per la sua bellezza, pura e immacolata. Così la vedo, bellissima e impossibile. Alle volte è così umanamente vicina che vorrei stringerla ma quando mi volto la vedo così lontana, ultraterrena, inafferrabile››. Seiya abbassò le braccia e le strinse al petto come se stesse davvero abbracciando qualcuno, e sospirò.

Saori era una dea per tutti loro, ma l’amore che provavano per lei non poteva essere più diverso. Hyoga aveva pensato d’amare la donna amando la dea, le aveva avute entrambe e solo allora aveva capito d’aver commesso un grande errore. Seiya invece l’amava davvero ma non osava osare, lui che l’avrebbe potuta rendere felice più di chiunque altro. Hyoga, in piedi di fronte a Seiya, commosso da quelle parole, si vergognò per la prima volta per ciò che aveva fatto.

‹‹Saori è soprattutto una donna, fatta di carne e passioni, e desidera l’amore, come tutti. Ha bisogno di un uomo che la ami, se lo merita››. Si scambiarono uno sguardo triste.

‹‹Tu sai molte cose di Saori, vero? E come mai la conosci così bene?››.

Hyoga alzò le spalle. ‹‹Sono un ottimo osservatore…››.

Seiya fece una smorfia. ‹‹Ma sì, puoi dire quello che vuoi, Hyoga!›› sbraitò Seiya, barcollando un po’. ‹‹Tanto mi sono già fatto un’idea di come sono andate le cose!››.

‹‹Nu čto? ›› (8) esortò Hyoga. Reggeva bene l’alcool, ma quella sera avevano bevuto molte birre e non era perfettamente lucido. Cercò di concentrarsi, perché c’erano dei momenti, come quando aveva alzato troppo il gomito, oppure quando perdeva le staffe, in cui non riusciva ad evitare di esprimersi in russo. Seiya, ondeggiante, lo fissava stranito. ‹‹Allora? Qual è questa idea?›› si spiegò.

‹‹L’idea è che tu abbia una cotta per Saori!›› sbottò Seiya d’un fiato.

‹‹Čto ty !(9) Cosa dici!›› esclamò Hyoga ridendo.

‹‹Dico…È da un bel po’ che ti osservo, che vi osservo…ci sono troppe cose che non mi quadrano…tu sei in buoni rapporti solo con Shun, gli altri non li hai mai considerati troppo. Anche con Saori era così, le parlavi con rispetto, ma mantenevi il distacco… poi improvvisamente, mi è sembrato come se vi conosceste da sempre…Avete cominciato a parlare come due grandi amici, non è normale questo, non credi? È successo in un tempo troppo breve…questo cambiamento repentino…››.

Hyoga cominciò ad agitarsi. ‹‹Con chi ne hai parlato, di questa storia?››.

‹‹Con nessuno, naturalmente›› rispose seccamente Seiya avvicinandosi a Hyoga.

‹‹Hai fatto bene…perché è un’idiozia!›› ribatté Hyoga cupo in volto.

‹‹Un’idiozia, dici?›› scherzò Seiya. ‹‹Allora, spiegami bene perché sei scappato da Tokyo così all’improvviso? Per giustificarti, perché lei ti ha sempre difeso ad oltranza, Saori ha detto che avevi bisogno di riflettere…››.

‹‹Non è forse quello che ti ho detto anch’io?››.

‹‹Piuttosto avete litigato!›› gridò Seiya spingendo l’indice sul petto di Hyoga. ‹‹Infatti, sei tornato dopo che lei ti ha cercato!››.

‹‹Stai vaneggiando…›› si difese Hyoga. ‹‹Hai bevuto troppo!››.

‹‹Cos’è, non vuoi ascoltare? Ti annoio, forse?››.

‹‹Da, mne skúčno. Idi k čjortu! ››.(10) Seiya batté le palpebre più volte, poi ignorò le incomprensibili parole di Hyoga.

‹‹Le hai detto che volevi andare da Freija…No, forse l’ha capito da sola. Per questo era dispiaciuta, vero?››.

‹‹Finiscila, Seiya››.

‹‹Sei andato a letto con lei?›› chiese Seiya alla fine, quasi ridendo.

Hyoga spalancò gli occhi, colto alla sprovvista dalla disarmante crudezza di quelle parole. Esitò e abbassò lo sguardo mentre Seiya, lì di fronte, con un sorriso isterico stampato in faccia, stringeva i pugni, insospettito dal lungo silenzio.

‹‹Rispondi, Hyoga!›› inveì.

‹‹…net…››. La voce gli uscì fioca ma Hyoga sentì forte il dolore per il pugno che lo colpì alla mandibola.

‹‹Maledetto bastardo! Non sei nemmeno capace di mentire!›› gridò Seiya con una smorfia agitando la mano per il dolore. Sbilanciato, Hyoga cadde rovinosamente, poi si premette forte la mano sulla guancia. ‹‹Ti rendi conto di quello che hai fatto?!›› gridò Seiya. ‹‹Cosa accidenti ti è saltato in mente?››.

Arrivò alle orecchie di Hyoga, inginocchiato a terra, il rumore dei passi di Seiya che s’allontanava, e poi quello inconfondibile delle lattine che scendevano dai distributori automatici. Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo quando lo vide ritornare.

‹‹Tieni›› disse Seiya, accasciandosi davanti a Hyoga e posando a terra un caffè freddo. Hyoga afferrò la lattina, si mise a sedere e bevve, taciturno. ‹‹Sono sbronzo, nemmeno il caffè mi farebbe riprendere››.

Seiya finì la lattina fino all’ultima goccia e la calciò lontano, mentre Hyoga, spolverandosi la giacca, s’alzava per buttare la sua lattina in un cestino lì vicino. Andò a raccogliere la lattina di Seiya e la gettò in un bidone, massaggiandosi la guancia.

‹‹Non hai niente da dire?›› chiese Seiya, quando Hyoga gli fu di nuovo di fronte.

‹‹Non si gettano i rifiuti per strada!›› rispose Hyoga. Il suo volto rimase impassibile mentre restituiva il colpo, colpendo Seiya in faccia con un pugno secco. Seiya cadde in ginocchio, spalancando gli occhi per il dolore, poi si rialzò.

‹‹Che accidenti…›› farfugliò con una mano sulla bocca. ‹‹Chiedi scusa, bastardo!››.

‹‹Ni za čto !›› (11) lo provocò Hyoga sputando per terra un po’ di sangue. ‹‹Chiedi scusa tu!››.

Seiya gli si buttò addosso, scivolarono e si rotolarono per terra. Si picchiarono, con tutta la loro forza e con più convinzione, avendo trovato finalmente un valido motivo per giustificare quell’ennesima zuffa. Alla fine, vinti dalla stanchezza dell’alcool, più che dai pugni, si staccarono e faticosamente si rimisero in piedi.

‹‹Non pensare che sia finita qui!›› sentenziò Seiya pulendosi la bocca impastata.

‹‹Invece, è proprio finita›› rispose Hyoga, tenendosi la testa fra le mani. ‹‹Quello che è stato è stato. L’importante è che adesso io abbia capito d’aver sbagliato…››.

‹‹E ti sembra sufficiente?›› si lamentò Seiya. ‹‹Tu…hai…››.

‹‹Io sono stato un idiota…Seiya…non continuare a rinfacciarmelo…››.

‹‹Cosa vuoi che faccia? Mi viene da piangere se penso che…tu…Non ci posso pensare!››.

‹‹Chvátit ! (12) Non ci pensare allora!›› sbottò Hyoga scrollando Seiya per le spalle. ‹‹Cosa credevi, che rimanesse immacolata per continuare ad animare le tue fantasie erotiche? Seiya, accidenti a te, svegliati! Puoi dire quello che vuoi di me, ne hai tutte le ragioni, ma Saori in fondo è una donna! Una donna come le altre, come quelle che ti porti a letto le volte che vai in quei locali notturni che ti piacciono tanto!››.

Seiya strinse le labbra e inarcò le sopracciglia, come se stesse cominciando a piangere.

‹‹Non sono state poi tante…››.

‹‹Fa differenza?›› continuò Hyoga parlando sempre con durezza. ‹‹È il modo che discuto, Seiya, non mi interessa niente della tua vita privata! È il tuo comportamento che l’ha ferita, tanto quanto il mio! Hai davvero poco rispetto di lei, se pensi che non sappia quello che fai! Saori ti disprezza per come ti comporti, Seiya, è ora che tu te ne renda conto! Come fa ad accorgersi di te come uomo, se fai di tutto per dispiacerle?››.

‹‹Mi stai dicendo delle cose terribili, Hyoga…›› farfugliò Seiya.

‹‹Fai in tempo a cambiare di nuovo idea su di me!›› disse Hyoga, sistemandosi la giacca e i capelli. ‹‹Picchiami, insultami, odiami! Puoi fare quello che vuoi. Questa è la verità, Seiya, che ti piaccia o no, io ti ho solo riferito i fatti come stanno!››.

‹‹Ti è capitato di parlare di me….con lei…››.

L’espressione dura di Hyoga s’addolcì. ‹‹Sì, molto spesso, a dire la verità. Hai più possibilità di conquistarla di quante non credi. Accetta un consiglio, Seiya…Sii te stesso, e non cercare di strafare…alla fine, anche se non sembra, Saori ama la semplicità, la spontaneità…l’unica cosa che non riesce ad avere…››.

‹‹Mi stai dando dei consigli per conquistarla…perché? Non hai paura che te la porti via?››.

Hyoga sorrise e ripulì il giubbotto di Seiya con lenti gesti delle mani.

‹‹Adesso, sei a conoscenza di un grande segreto, Seiya, una cosa che nessuno sa, a parte Shun e Saori››. Hyoga fissò Seiya dritto negli occhi, poi si umettò le labbra, continuando a tenere le mani sulle spalle di suo fratello. ‹‹Io e Saori siamo stati…insieme…per molto tempo…di nascosto da tutti. Sono stato bene…ma il mio è stato un errore, perché mentivo, soprattutto a me stesso. Saori è bellissima, credevo d’essere innamorato, mi sbagliavo. Per questo abbiamo litigato, perché le ho mentito…sui miei veri sentimenti››.

‹‹Mai mentire ad una donna›› scherzò Seiya.

‹‹Róvno !›› (13) sentenziò Hyoga.

‹‹Non la ami più?›› chiese Seiya titubante. Hyoga scosse la testa. ‹‹Per questo le hai chiesto di andare ad Ásgarðr, perché sei innamorato di Freija?››. Allora Hyoga fece un sorriso felice, e annuì.

‹‹Non le ho detto che sono innamorato di Freija, ma ho paura che lei lo sapesse da molto tempo››.

Seiya si rassettò, cercando di pulirsi la faccia.

‹‹Mi hai fatto male…!›› si lamentò poi, con una mano sulla bocca. ‹‹Mi esce sangue dalla bocca…››.

‹‹E tu no?!›› esclamò Hyoga facendogli vedere la guancia arrossata. ‹‹Ach, e mi sono fatto male ad una mano…hai la testa dura, tu!››.

‹‹Facciamo una tregua?›› sorrise Seiya.

‹‹Choročo !››. (14)

‹‹Falla finita col tuo russo, accidenti, non si capisce niente di quello che dici!››.

 

 Note:

 

  1. I ramen sono un piatto tanto economico quanto apprezzato in Giappone, costituito da una tipica ricetta cinese (pur essendo il nome "ramen" di conio e utilizzo nipponico) di tagliolini di farina di frumento in brodo, aromatizzati nei più svariati modi. Fuka-hire ramen è un ramen alle pinne di squalo. La carne di maiale, arrosto, è una componente opzionale tipica del ramen.
  2. Proprio così, ( vot ímenno ).
  3. Quest’insolito sinonimo è stato inserito perché mi hanno giustamente fatto notare che non era elegante scrivere rutto.
  4. Seiya e Hyoga ripensano alla battaglia combattuta contro Apollo, dio della medicina, della musica e della profezia. Egli era detto anche il Brillante, Phoebos, eternamente giovane, giusto e saggio e figlio del divino Zeus.
  5. Fumetti.
  6. Paco d’Alcatraz.
  7. Cos’hai ? ( čto s tobói?)
  8. E allora ? ( nu cto? )
  9. Cosa dici! ( čto ty! )
  10. Si, mi annoi. Va al diavolo! (da, mnie scúčno. Idi c čiortu! )
  11. Nemmeno per sogno (ni sa čto).
  12. Basta (chvátit).
  13. Esattamente (róvno)
  14. Bene (chorošó).