Shaina '90 presents:

Gli Dei solitari

N.B.: La Dea Irina è protagonista della mia omonima fanfic, che sarebbe quindi consigliabile ma non indispensabile leggere prima di questa per capire a fondo il personaggio.

Contrariamente a quanto dice Micene, Fusca è una parola latina e non greca. Perchè mi sono presa questa licenza? Beh... ma un ragazzo greco che vive in Grecia e adora le divinità greche quale lingua è più probabile che capisca?

La canzone che Surya sente è "Bring me to life" degli Evanescence.

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Irina represse un altro gemito. Si guardò le gambe ferite e capì che non poteva resistere ancora per molto, in quelle condizioni. Da quando aveva lasciato la Siberia aveva camminato per giorni interi senza sosta, costringendo il suo corpo a ritmi massacranti. Almeno, pensò con un sorriso, il freddo dell' inverno non mi fa niente. Era stanca, ma sapeva di essere vicina alla sua meta, e questo le dava forza. Davanti a lei, fiocamente illuminato, si ergeva il Grande Tempio.

La tredicesima casa, a differenza delle altre, non era vuota. Al centro della stanza più grande, una fanciulla dai capelli chiari piangeva singhiozzando. Molti si sarebbero stupiti di vedere una Dea in quelle condizioni, ma ad Atena non importava... e ad Isabel ancora meno. I funerali dei dodici cavalieri d' Oro si erano appena conclusi e i Cavalieri di Bronzo erano tornati in Giappone, ma Isabel era rimasta lì, e da quattro giorni e quattro notti piangeva la morte dei suoi dodici custodi, che così poco aveva conosciuto, ma che avevano dato la vita per lei, nella battaglia contro Hades. All' improvviso qualcosa allontanò Isabel dalla tristezza che albergava in lei. Un rumore. No, una vibrazione, e un cosmo troppo grande per essere nascosto. Isabel si alzò dal trono e si guardò intorno. A nessuno avrebbe permesso di profanare il luogo in cui riposavano i Cavalieri d' Oro.

-Avverto la tua presenza, vieni fuori e non nasconderti!

Dal buio che permeava la sala una figura umana si distinse agli occhi di Isabel che, con un brivido, riconobbe in quella fanciulla una creatura a lei affine. Una dea. Era piccola e minuta, con lunghi capelli di un biondo chiarissimo e occhi color del ghiaccio. Emanava una grande forza, ma la sua espressione era malinconica.

-Perdonami per essere entrata nel tuo tempio senza il tuo permesso, Atena- disse la fanciulla avvicinandosi e facendole un profondo inchino.

-Chi sei tu? Sappi che non ti permetterò di disturbare il sonno dei miei fedeli guerrieri- rispose Isabel.

-Non sono qui per quello, tutt' altro. Ma prima devo sapere una cosa. Lui... è morto, vero?

Le due Dee si guardarono negli occhi, e in quelle iridi chiare Isabel distinse una tristezza troppo grande per essere espressa.

-Di chi parli?

La fanciulla indicò col dito una delle statue d' Oro presenti nella sala, quella che rappresentava l' undicesimo segno zodiacale. -Lui. Camus.

Tristemente, Atena annuì. -Purtroppo è vero, tutti e dodici i cavalieri d' Oro sono morti non molto tempo fa. E io non posso riportarli in vita. E ora vorresti dirmi chi sei?

La fanciulla annuì. -Immagino avrai capito almeno cosa sono, Atena. Una dea come te. Il mio nome è Irina. Non ho un ambito, come il tuo è la giustizia, non appartengo a nessuna cultura, non ho Cavalieri ne un tempio. Sono una dea, tutto qua. Tu vivi nell' assolata Grecia. Io vivo nella fredda e meravigliosa Siberia. E lì- nel dire questo la sua voce tremò -ho conosciuto l' unica persona che abbia dato gioia alla mia vita.

-Camus di Aquarius.

-Si. Non sono venuta qui per vendicarmi di te, Atena. Io gli ho insegnato a combattere, ma per egoismo, perchè ci fosse un motivo che lo legasse a me. Io ho cercato di nasconderlo alle imprese che la sua forza e il suo spirito meritavano. Quando sono rimasta sola, pensavo che sarei morta di dolore anch' io. Poi però ho sentito nascere in me qualcosa, un desiderio che mi spingeva a fare quello che io stessa ho insegnato a Camus senza crederci. Combattere per la pace. Sono quindi qui, Dea Atena, per offrirti il mio aiuto.

Isabel sentì lacrime di commozione scenderle lungo le guance: -Ti ringrazio, sorella mia. Siamo sole, ma sono certa che insieme riusciremo a proteggere l' umanità.

Sul viso di Irina comparve un enigmatico sorriso. -Non saremo sole, Atena. Concedimi un ultimo atto di egoismo e userò i miei poteri per strappare a tuo zio dodici anime buone.

Isabel spalancò gli occhi, non potendo credere a ciò che le veniva detto. -Vuoi dire che...

-Si. é nel mio potere ridare la vita ai morti, e io intendo far rinascere l' intera casta dorata.

Stavolta Isabel scoppiò a piangere per la gioia e abbracciò la nuova amica, che mormorò:

-Ci vorrà tempo e fatica ma, dovessi morire, lo farò. E sarai fiero di me... amore mio.

Il rito cominciò a mezzanotte.

Irina aveva davanti a se le armature di due custodi: il suo potere le permetteva di farli rinascere infatti solo a coppie. La fanciulla iniziò a salmodiare sottovoce, finchè sentì il suo cosmo defluire da se e spandersi per la stanza; un calore immenso la circondò e si diradò verso le due armature, che iniziarono a risuonare rispondendo al suo canto. E lei seppe di avercela fatta. Mentre due giovani uomini si guardavano intorno, increduli, la giovane chiuse gli occhi e riprese a mormorare.

Devo farcela... ormai manca poco... devo farcela... DEVO farcela...

Un' ora dopo, Irina era ormai allo stremo delle forze. Ma ormai le mancavano solo due cavalieri e la fanciulla sentiva di potercela, di dovercela fare. Uno di loro era colui che aveva salvato la Dea in fasce tredici anni prima, Micene del Sagittario. E l' altro era Camus. All' improvviso Irina venne colta da una nuova incertezza: e se qualcosa fosse andato storto? E se avesse sbagliato qualcosa? Pensò al sorriso di Camus, alla sua dolcezza, all' affetto che le aveva donato. DEVO farcela...

Il rituale fu completo. Irina sentì il suo cosmo spegnersi e le forze abbandonarla, ma prima che cadesse a terra due braccia forti la sorressero e, quando aprì gli occhi, Irina capì di avercela fatta: Camus, il suo Camus, la teneva tra le braccia e la fissava intensamente, con una gioia che lei mai aveva visto sul suo volto elegante. Il cavaliere depose delicatamente la fanciulla a terra, e per qualche istante nessuno dei due parlò. Poi Irina sentì le braccia di lui stringerla di nuovo, con affetto e gioia. E capì di aver finalmente trovato la pace.

Fu come se i mesi di lontananza non fossero esistiti, i due giovani ritrovarono subito l' affinità che li univa. Camus narrò a Irina delle battaglie sostenute, e intanto non si saziava di guardarla: era proprio come la ricordava, ma allo stesso tempo era cambiata. Era diventata più matura, più responsabile -sei mesi prima combattere per un ideale era un' idea che non l' avrebbe nemmeno sfiorata -e anche più bella. Per la prima volta il Cavaliere vide la sua maestra come una donna: una volta le aveva detto che era bella, ma solo ora si rendeva conto che lo era davvero: quella sottile aria di malinconia era sparita quasi del tutto, e la sua bellezza risplendeva fulgida come il sole in una bella giornata. E guardandola all' improvviso Camus si vergognò per come l' aveva abbandonata, anche se era spinto da valide ragioni.

-Irina... io ti devo tutto.. ho imparato da te tutto ciò che vale la pena sapere... e ti ho abbandonata... mi dispiace...

La giovane scosse la testa con dolcezza: -No, in realtà devo ringraziarti. Anche tu mi hai cresciuto, mi hai reso più consapevole e riflessiva... e in fondo hai fatto bene a venire qui...

Senza dire più nulla il ragazzo si avvicinò di nuovo a lei, che lo guardava dolcemente, e le baciò delicatamente la fronte.

-Scusate...

Entrambi si voltarono di scatto verso la porta: lady Isabel li guardava incerta.

-Irina, devi venire con me. Abbiamo un problema.

-Come sarebbe a dire "Non lo troviamo"?- gridò Ioria del Leone -Tu avresti dovuto riportarlo in vita, DEVI sapere dov'é mio fratello!

Irina si ritrasse intimidita davanti alla furia del ragazzo, ma sentendo la mano di Camus stretta alla sua, riprese un po' di sicurezza e spiegò:

-Lui è stato riportato in vita, Aiolia. Ma non da me. Non me ne sono accorta durante il rito, ma la ricerca della sua anima è stata infruttuosa. Qualcuno mi ha preceduta e lo ha resuscitato prima che mi mettessi all' opera.

Aiolia tacque, sconfortato, ma Isabel disse: -Questo non vuol dire che ci arrenderemo, naturalmente. Devo a Micene la mia vita, non lo abbandonerò.

-Non possiamo abbandonare un nostro compagno- aggiunse Saga dei Gemelli -Tutti noi ci adoperemo perchè i Cavalieri d' Oro siano nuovamente dodici.

Tutti i Cavalieri tacquero, e alle loro parole si sostituì il rombo di un tuono. Shaka della Vergine si avvicinò alla porta e scrutò l' orizzonte che si stava rapidamente scurendo. Troppo rapidamente.

-Tutto questo non mi piace- mormorò -Non mi piace per niente. Avverto un pericolo imminenete.

Una scossa di terremoto coprì le sue parole, ma il cosmo ostile che si diffuse per il tempio rese superflue le parole di Shaka.

La fanciulla si avvicinò all' ampio letto su cui giaceva supino il corpo di una persona priva di vita. Ormai è tempo che lo risvegli, si disse, e lasciò che il cosmo che era in lei si sprigionasse, riscaldando l' aria che circondava il suo corpo. Si chinò sull' uomo immobile e gli depose un bacio sulla fronte. Risvegliati! gridò nella sua mente, e si stupì quando le forze che si sentì sottrarre furono molto inferiori a quello che si aspettava: resuscitare i morti era una delle operazioni più difficili da eseguire con l' ausilio del cosmo, ma un' anima particolarmente forte e decisa poteva semplificare il processo, perchè il suo potere si univa a quello di colui che eseguiva l' operazione. La fanciulla sorrise quando il petto dell' uomo iniziò ad alzarsi e abbassarsi lentamente al ritmo del suo respiro: tutto era andato secondo i piani. Si avvicnò al ragazzo che ora dormiva tranquillo e lo osservò in silenzio, rapita. Era un uomo giovane, anche se i suoi lineamenti avevano la serietà di un adulto e, allo stesso tempo, la dolcezza di un bambino. Il corpo era robusto e slanciato, i capelli castani corti e ricci, il cosmo che lo circondava caldo e gentile. Un sorriso si disegnò sulle labbra della fanciulla. Ho scelto bene. Si, proprio bene. Poi il ragazzo aprì gli occhi.

-Ben svegliato.

Il ragazzo aprì gli occhi e subito dovette richiuderli perchè la luce li ferì. Mettendosi a sedere sul letto, diede il primo sguardo sul mondo dopo molto tempo. Si trovava in una stanza in pietra molto ampia e riccamente addobbata, ma l' attenzione del giovane fu catturata dalla fanciulla che vegliava su di lui, seduta su uno sgabello a fianco del letto. Il suo primo pensiero fu che si trattava di una normale fanciulla, anche se particolarmente graziosa, ma bastò che i loro sguardi s' incrociassero per un istante, e il giovane capì che si trovava davanti una creatura che non apparteneva al suo stesso mondo. Indossava una lunga tunica blu notte di seta, era alta e sottile, l' incarnato olivastro, gli occhi a mandorla e i capelli setosi color ebano. Il suo cosmo non emanava nessun sentimento partciolare, ne bontà ne crudeltà, ma era spaventosamente ampio.

-Cosa mi è successo? Dove siamo? Chi sei tu?

La ragazza gli raccontò senza esitazione: -Ti ho trovato qui vicino, ferito molto gravemente e ti ho curato. Da quello che so questo posto si chiama Asgard, ma non ci sono villaggi nelle vicinanze. E riguardo a chi sono io... beh, sono una Dea- concluse, e si stupì quando gli occhi del ragazzo non furono minimamente turbati. Le sarebbe piaciuto che lui rimanesse colpito, mentre quelle innocenti iridi nocciola la facevano quasi vergognare di non essere come lui.

-Lo avevo intuito- disse il ragazzo pensieroso -Ma non sei nessuna divinità che conosco io. Come ti chiami?

La ragazza si strinse nelle spalle: -Non lo so. Non ho un nome. E tu?

Il ragazzo sussultò e disse lentamente: -Io... mi chiamo Micene...

-é un bellissimo nome- rispose la giovane dea. Sapeva che Micene era stata una potente e florida città. Anche lui sembrava così, forte e bellissimo.

-... ma non ricordo nulla... la mia mente è vuota... non ho ricordi.. solo questo nome..

-Devi darti tempo- suggerì lei -Hai subito un grave shock, ma presto i tuoi ricordi torneranno.

Il ragazzo sorrise, grato. -Hai ragione. Grazie per quello che hai fatto per me, ti sono molto riconoscente.

-Di nulla.

Per un po' nessuno dei due parlò, poi lei suggerì timidamente: -Se ti fa piacere... potresti darmelo tu un nome...

-Ottima idea! Ti chiamerò Fusca, che nella mia lingua vuol dire "Scura", perchè la tua pelle e i tuoi capelli sono neri come la notte.

Lei annuì. -Mi piace.

I dieci giorni successivi passarono lentamente, ma furono piacevoli per entrambi. Il castello era immenso e circondato da un immenso giardino dove c' era addirittura un lago e molti animali, e ai due ragazzi piaceva girovagare per quel luogo ed esplorare. Specialmente Fusca era felice. Aveva resuscitato quel ragazzo in massima parte per controllare se ne era capace, e un po' per curiosità di conoscere un essere umano. Ma ora, mentre insieme a Micene percorreva i viali alberati del giardino, mentre il ragazzo le illustrava le diverse specie di uccelli che volteggiavano accanto a loro, pensava che sarebbe stato bellissimo rimanere li per sempre. No... il luogo non era importante... in qualunque luogo sarebbe stata felice purchè lui le fosse accanto... solo quello le importava.

Micene non aveva più ritrovato i suoi ricordi. Il vuoto più assoluto riempiva la sua mente. Eppure non si sentiva disperato come i primi giorni. La presenza di Fusca era una ventata d' allegria, un modo per non pensare alle cose tristi. La ragazza lo guardava sempre con affetto, gli chiedeva sempre di raccontarle "Come vivono gli uomini", era dolce e gentile. Micene si era reso conto che la serietà e la sicurezza che la giovane ostentava erano solo timidezza: Fusca aveva una bellissima risata e un carattere dolce e amava tenergli compagnia. Era pure un' ottima cuoca. Micene non sapeva da dove venissero, ma la ragazza indossava abiti nuovi praticamente ogni giorno, tutti molto belli ed eleganti. Ed era bella. Il ragazzo aveva da tempo capito che quella fanciulla aveva un debole per lui. Non che la cosa gli dispiacesse, e che lui fosse un uomo e lei una Dea non sembrava preoccuparla. A volte Micene pensava che forse c'era un'altra vita per lui al di fuori di quel castello, una famiglia, degli amici... ma poi il sorriso di Fusca lo convinceva che non avrebbe potuto aspirare ad un'esistenza migliore di quella.

Un pomeriggio i due ragazzi esplorarono una delle stanze del castello. Doveva essere appartenuta ad una ragazza, perchè gli abiti contenuti nei bauli erano di foggia femminile e adatti ad una persona giovane. Mentre Fusca cercava qualche abito che le piacesse, Micene si fermò ad osservare un quadro appeso alla parete: rappresentava un ragazzo più o meno della sua età con in braccio un bimbo che gli assomigliava, doveva essere suo fratello. Quella visione riempì Micene di una grande tristezza senza che il ragazzo sapesse il perchè, poi una luce improvvisa si accese nella sua mente, ma subito si spense di nuovo, lasciando il ragazzo molto confuso.

-Stai bene, Micene?- chiese Fusca guardando il ragazzo.

-Si. Si, non preoccuparti.

Quella sera dopo cena, Fusca disse: -Ho trovato un bellissimo vestito nella stanza di sopra. Te lo faccio vedere- e sparì verso la sua stanza, per tornarne poco dopo. Fusca si fermò timidamente davanti a lui trattenendo il respiro in attesa di un giudizio, ma Micene era senza parole. L' abito era di un rosso cupo intrecciato con fili d' oro e aderiva al corpo sottile e armonico della fanciulla. I capelli neri erano sciolti sulle spalle e la carezzavano fino alle natiche. Le sottili braccia nude erano posate davanti a lei, come se volesse proteggersi dallo sguardo di lui. Micene ebbe bisogno di un momento per rendersi conto che la ragazza aspettava un suo commento.

-Sei splendida- mormorò, e sorrise quando vide il viso di Fusca aprirsi in una grande gioia. Quel complimento e l' aria di ammirazione che lesse sul viso di lui resero Fusca più sicura di se, e dalle labbra della ragazza sfuggì una domanda che da tempo cercava di fare senza averne il coraggio:

-Micene... tu... vorresti andartene da qui...?

Il ragazzo non rispose subito, poi lentamente disse: -Tu vuoi che me ne vada?

-No!- gridò con veemenza la ragazza -Io vorrei restare qui con te, ma non voglio costringerti... non vorrei che tu ti sentissi in gabbia.

Il ragazzo si sentì intenerire: sembrava una bambina che, davanti a un regalo inatteso, temesse di non meritarlo. Le fece un cenno e la ragazza si sedette accanto a lui e sussultò lievemente quando la mano di lui le carezzò la guancia. Era la prima volta che si toccavano.

-Fusca, io sono felice qui con te. Voglio restarti accanto.

Senza rispondere, lei gli appoggiò la testa sulla spalla e sentì braccia forti circondarle la vita, e solo allora ebbe il coraggio di alzare gli occhi ed incontrare lo sguardo limpido di Micene, che avvicinò il viso a quello di lei e posò le labbra sulle sue. Fusca portò una mano ad accarezzare i ricci castani del ragazzo, e in quel momento un pensiero attraversò la mente di Micene: Tra le mie braccia c' è una dea. Sto baciano una creatura simile a quelle che hanno creato il mondo in cui vivo. Dolcemente si staccò da lei e le carezzò di nuovo la guancia:

-Buonanotte.

Tutti i Cavalieri si strinsero attorno a lady Isabel per proteggerla, mentre un cosmo ampio e forte si diffondeva per la tredicesima casa. Irina restò accanto a Camus, pronta a combattere accanto a lui. Tutti i presenti venero abbagliati da una luce, poi al centro della stanza apparve un ragazzo. Era alto, di corporatura media, e spettinati capelli rossicci gli arrivavano fino alle spalle. Vestiva di nero e un sorriso strafottente gli aleggiava sulle labbra. Il suo corpo era sospeso a dieci centimetri dal suolo ed era circondato dalla luce che aveva abbagliato i Cavalieri. Per qualche istante non disse niente, poi puntò il dito contro Isabel:

-Tu devi essere Atena; ho sentito parlare molto di te.

Isabel annuì. -E tu chi sei?

Il sorriso sulle labbra del ragazzo si spense mentre diceva: -Puoi chiamarmi Surya, anche se questo non è il mio vero nome. Sono qui per prendere possesso di questo luogo.

Lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. Isabel chiese ancora: -E perchè?

-So che molti nemici volevano ucciderti per conquistare il mondo- rispose il ragazzo -Io non sono così. Però sono più potente di te, quindi è giusto che sia io a governare la Terra.

-Mai!!- gridò la ragazza -Non lascerò la terra alla tua mercè!

-Hai scelto tu il tuo destino- disse allora Surya, e allungò una mano verso la Dea della Giustizia, ma prima che potesse fare qualcosa Shura corse davanti a lui e utilizzò Excalibur per ferirlo al viso. Il ragazzo non riuscì ad evitare il colpo e una striscia di sangue si disegnò sul suo viso. Tutti i Cavalieri non fecero però in tempo a giorie, perchè il cosmo del misterioso giovane divenne ancora più maestoso; poi Surya mormorò: -Pagherete caro questo affronto, Cavalieri!- e si lanciò verso Isabel indirizzandole contro due raggi di luce simili a fulmini. Uno dei due colpi si infranse contro il muro di cristallo di Mur, e l' altro si scontrò a mezz' aria con il Sacro Leo di Ioria; entrambi i cavalieri vennero però atterrati dalla potenza dei colpi.

-Non potete nulla contro di me, Cavalieri- esclamò il ragazzo -Inchinatevi oppure perirete!

Deathmask e Aphrodite, da tempo abituati a combattere assieme, si lanciarono su di lui, desiderosi di mostrare ad Atena la loro nuova fedeltà:

-Strati di Spirito!

-Rosa di sublime bellezza!

Ma entrambi i colpi ebbero scarso effetto sul misterioso assalitore: egli evitò facilmente l'attacco di Deathmask e le rose rosse di Pisces si dissolsero a pochi centimetri dal suo corpo. Il ragazzo, una furia ceca negli occhi, si diresse verso Atena, ma venne nuovamente bloccato da Camus e dalla sua Polvere di Diamanti. Il giovane però non fece una piega e subì il colpo senza riportare alcun danno, per poi portare una mano verso Camus. Il cavaliere avvertì i suoi movimenti bloccarsi per effetto di una gabbia invisibile e le sue ossa contrarsi; cercò di urlare ma non vi riuscì; fitte dolorose gli attraversavano il corpo mozzandogli il respiro, senza che nessuno dei suoi fratelli potesse intervenire...e d' un tratto era di nuovo libero; Camus capì subito chi era stato a liberarlo. Irina e Surya si fronteggiavano in silenzio, e le iridi di ghiaccio di lei non lasciavano per un momento quelle smeraldo di lui. Camus pensò che era la prima volta che vedeva la sua maestra come una guerriera: dritta come un fuso, la mente concentrata sul suo avversario, la ragazza espandeva lentamente il suo immenso cosmo, ma nei suoi occhi vi era un misto di sorpresa e incredulità che lui non aveva mai scorto. Anche il ragazzo sconosciuto sembrò turbato trovandosi davanti la divina ragazza: il suo sguardo esitò su di lei e i due si fissarono a lungo, come se stessero decifrando una scritta in una lingua ignota. Alla fine il ragazzo si rivolse a tutti gli altri: -Non è finita. Tornerò, statene certi.

E sparì in un nuovo lampo di luce. Tutti i Cavalieri tirarono un sospiro di sollievo e Camus abbracciò Irina per ringraziarla, ma la ragazza, che in un altro momento avrebbe provato una grande felicità, non vi fece quasi caso, ancora turbata dalle iridi verdi di Surya.

Poco dopo, i Cavalieri d' Oro si riunirono nelle stanze del grande Sacerdote.

-La prima cosa che dobbiamo capire è chi sia questo Surya- decise lady Isabel.

-Surya è il Dio dei fulmini nell' Induismo- mormorò Shaka -Forse questo ragazzo è un suo adepto, o forse addiriittura un semidio suo figlio. Ciò vuol dire che ci ritroviamo a combattere contro un avversario da non sottovalutare.

-Io invece ho notato una cosa- disse Ioria pensieroso -Si, è un Cavaliere potente... ha un cosmo enorme... ma è come se non sapesse usarlo a dovere... ho percepito una fragilità in lui...

-Hai ragione- convenne Mur -C' era squilibrio nel suo cosmo, come se non riuscisse a controllarlo..

-Ciò non toglie che sia potente... ma noi combatteremo, come abbiamo sempre fatto!

Tutti annuirono alle parole di Shura, ma Isabel disse a voce bassa:

-No.

Un profondo silenzio accolse quelle parole, poi la Dea continuò:

-Non voglio che rischiate ancora la vita, ora che siete appena rinati, ed eviterei una battaglia, se fosse possibile. Surya non è un Cavaliere normale, c' è qualcosa di strano in lui. Ma forse c' è un modo per renderlo inoffensivo.

-Volete imporgli un sigillo?- domandò Camus.

-Più o meno- rispose la fanciulla -Ma prima devo fare qualche ricerca. Ciò a cui penso potrebbe essere una semplice leggenda.

Quella notte Saga non riusciva a dormire. Ancora una volta ripensava al suo passato, ai tredici anni che lo avevano visto governare il Grande Tempio e commettere atrocità opponendosi alla Dea. Atena lo aveva perdonato, così pure i suoi compagni... era felice di aver avuto una seconda opportunità di mostrare la sua fedeltà... ma c' era un' ultima cosa che gli mancava. E quel qualcosa, quel qualcuno, era Micene. Gli era sembrato uno scherzo del destino che proprio il Cavaliere che più avrebbe voluto vedere e sentiva il bisogno di chiedere scusa fosse stato l' unico a non essere stato resuscitato...

Vieni.

Saga scattò in piedi, vigile, temendo un nuovo attacco di Surya.

Vieni da me, Saga.

Non era il cosmo di Surya, ma un altro, più caldo e dolce. Un cosmo che Saga conosceva bene.

Ho bisogno di te, Saga.

Isabel era seduta sul porticato della tredicesima casa. Sorrise dolcemente quando Saga la raggiunse.

-Avete bisogno di me, mia signora?- domandò l' uomo. La fanciulla annuì.

-Oggi vi ho mentito, Saga. Avevo già un piano per eliminare il pericolo di Surya. Ma volevo dirlo solo a te, perchè vorrei che fossi tu a recuperare un oggetto per me.

Saga annuì, grato. Sapeva che Atena voleva aiutarlo, assegnandogli una missione, a ritrovare il suo posto nel mondo e tra gli altri Cavalieri.

-Sono ai vostri ordini, mia Dea, e vi sono grato.

-L' oggetto in questione si trova ad Asgard; Hilda di Polaris si è offerta di custodirlo per me.

-Voi l' avete liberata dall' influsso di Nettuno e avete intercesso presso Odino perchè i suoi Cavalieri tornassero in vita, lei vi è grata.

-Già... però è colpa mia e dei miei Cavalieri se tale operazione si è resa necessaria...quindi siamo pari.

Dopo un attimo di silenzio entrambi risero.

-Mi è sembrato crudele che potessi intercedere per far resuscitare altri cavalieri ma non potessi fare nulla per i miei... sono felice che tutto si sia risolto, e presto Micene sarà tra noi.

Nel dire questo guardò Saga, e lui capì che aveva compreso tutto ciò che si annidava nel suo cuore.

-Parto subito, mia signora.

Avrebbe potuto raggiugere Asgard in un lampo, ma muoversi alla velocità della luce bruciando il suo cosmo avrebbe attirato l' attenzione di Surya, l' ultima cosa che Saga voleva; il cavaliere raggiunse quindi la città di Odino all' alba del giorno dopo. Si concesse qualche minuto per ammirare quella città dei ghiacci eterni, poi si diresse al palazzo di Hilda di Polaris.

-Ecco- disse la giovane regina consegnando a Saga un bauletto di legno istoriato -Questo è l' oggetto che lady Isabel mi ha affidato; spero vi aiuti a contrastare questa nuova minaccia... ma che Atena ricordi che noi siamo suoi alleati, e i miei Cavalieri sono pronti ad intervenire.

-Vi ringrazio, mia Regina.

Saga uscì dal paese e s' incamminò sulla strada che portava verso la Grecia. Perso nei suoi pensieri, non vide un profondo crepaccio che si allargava sul ciglio del sentiero. Non ebbe neanche tempo di urlare. Sentì la terra mancargli sotto i piedi, battè la testa e perse conoscenza.

Micene si alzò silenziosamente e raggiunse la porta del castello. Da qualche giorno un' inquietante sensazione lo tormentava, infatti, durante la notte, impedendogli di dormire. Quella notte era stata particolarmente acuta, e il ragazzo aveva deciso di uscire all' aperto per schiarirsi le idee. Ispirando a pieni polmoni l' aria salubre, il giovane s'incamminò per un sentiero e si fermò al limitare del territorio del castello. Fusca lo aveva infatti pregato di non uscire dagli immensi boschi che circondavano il palazzo, e lui l' aveva sempre accontentata. Ma quella notte... il ragazzo sentiva che c' era qualcosa che lo chiamava. In pochi minuti raggiunse un crepaccio piuttosto profondo e, nel buio della notte, riuscì a distinguere un corpo scompostamente adagiato sul fondo. Si calò nel burrone e riuscì a trarre in salvo quello che riconobbe come un giovane uomo, che stringeva un cofanetto di legno. Avrebbe voluto vedere i suoi lineamenti, ma il buio glielo impedì. Posandogli una mano sulla fronte capì con sollievo che era ancora vivo, aveva soltanto perso conoscenza, poi si diresse verso il castello.

Fusca non fece una piega quando lo vide tornare con un uomo sconosciuto privo di sensi a quell' ora della notte. Riscaldò davanti al fuoco il corpo esanime, mentre Micene non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. L' uomo doveva avere grosso modo la sua età e aveva lineamenti simili ai suoi, forse erano connazionali, ma non era questo a turbarlo: gli sembrava di trovarsi davanti a una persona molto importante per lui, che però non riusciva assolutamente a riconoscere. Accanto a lui, Fusca si era accorta di ciò che il suo compagno nutriva nel cuore e ne soffriva immensamente, perchè sentiva che i giorni di felice idillio per loro erano finiti.

La prima cosa che vide quando si svegliò fu una giovane donna dalla pelle scura che lo fissava, impassibile. Poi ricordò tutto.

-Ti ringrazio per avermi salvato.

La fanciulla annuì lentamente, senza sorridere: -Non è me che devi ringraziare.
Si alzò e silenziosamente si allontanò; solo allora Saga si rese conto che c' era un altra persona nella stanza, e quando costui venne sotto la luce il cuore di Gemini mancò un battito.

-Micene...- bisbigliò, non potendo credere ai suoi occhi. Il ragazzo lo fissò, ma nelle sue iridi non c' era la gentilezza che lui ricordava, ne nessun' altra espressione particolare. C' era il vuoto.

-Chi sono io?- chiese sottovoce il ragazzo con una debole nota di speranza nella voce -Tu... mi conosci? Puoi dirmi chi sono?

-Tu... non ricordi nulla?

-No!- gridò Micene, frustrato, prendendosi la testa tra le mani -Non ricordo nulla... solo il mio nome... voglio ricordare! Aiutami!

Saga lo afferrò per le braccia, costringendolo a guardarlo negli occhi: -Micene, io forse sono l' ultima persona che vorresti vedere.. e ne hai tutte le ragioni... ma ti prego, amico mio, guardami...Micene.. Sagitter...

I due uomini si fissarono negli occhi e, creati da quelle iridi nere che non vedeva più da tanti anni, un caledoscopio di ricordi e immagini prese avorticare nella mente del Sagittario... la sua vita.. i suoi compagni... suo fratello... la sua morte.. in difesa della sua Dea... in difesa di Atena.

-Saga... sei tu?

Lo sguardo di Saga era colmo di gioia e timore: -Oh, Micene... io vorrei dirti tante cose...

Micene non lo lasciò finire, si limitò ad abbracciarlo: -Sono felice di rivederti, Saga.

I due cavalieri decisero di partire la mattina successiva: Saga doveva riposare ancora un po', e Micene voleva parlare con Fusca. Raggiunse la fanciulla nella sua camera: stava singhiozzando sul pavimento, ma si ricompose in fretta quando si accorse della presenza del compagno.

-Dunque te ne vai..

Micene si avvicinò per carezzarle i capelli, come lei amava, ma stavolta Fusca respinse quel gesto d' affetto.

-Tu non mi hai salvato... tu mi hai resuscitato, strappando la mia anima dal paradiso, non è vero?

La ragazza annuì: -E ora vuoi abbandonarmi... io ti ho curato, ti ho protetto, ti ho dato tutto ciò che volevi. E ora tu mi abbandoni.

C'era disapprovazione nella sua voce, ma anche disperazione, e questo intenerì il Cavaliere.

-Fusca, io... ti sono grato per ciò che hai fatto per me e non ti dimenticherò mai, ma la Dea che proteggo e i miei fratelli hanno bisogno di me... devo andare.

-E allora vattene!- gridò la ragazza -Vattene e non tornare più!

Si accasciò sul pavimento, scossa dai singhiozzi; poi, quando lui si avvicinò, d' impulso gli gettò le braccia al collo, stringendosi a lui:

-Ti prego, non mi lasciare... per favore, sei tutto ciò che ho, senza di te morirò!

-Non posso, Fusca- mormorò Micene piangendo a sua volta -Perdonami, devo andare.

Dopo un paio di minuti la ragazza si staccò dal compagno e lo fissò: il suo sguardo ora esprimeva una quieta rassegnazione:

-Va bene, va. Non voglio trattenerti. Da domani sarò di nuovo sola. Però...- e nel parlare si avvicinò di nuovo a lui -Micene... se c' è qualcosa che ho fatto per te in questi mesi... se mi sei grato... non lasciarmi sola, almeno per questa notte.. passala con me.

Fusca si svegliò alle prime luci dell'alba. Guardò Micene accanto a se, che dormiva tranquillo dopo l' atto che li aveva uniti nel corpo e nello spirito. Fusca non aveva provato alcun piacere particolare, tranne quello immenso che le dava ogni volta che sentiva il giovane vicino a se. Eppure gli uomini attribuivano grade importanza a quell'atto... non li avrebbe mai capiti... perchè non era una di loro. Lei e Micene erano diversi...lo amava, si... ma erano diversi.

Quando Micene aprì gli occhi, Fusca indossava un pratico abito scuro e aveva i lunghi capelli legati in una treccia. Sorrideva leggermente. Il Cavaliere ripensò a quello che aveva fatto quella notte... l'aveva sentita vicina, più vicina di quanto pensasse. Non era solo riconoscenza a creare vergogna al pensiero di doverla abbandonare. Lentamente si alzò e si rivestì, sempre con lo sguardo di Fusca piantato sulla nuca. Alla fine la guardò e mormorò:

-Io vado. Addio, Fusca.

-Aspetta.

Silenziosamente gli si avvicinò. -Vengo con te.

A quelle parole, Micene non seppe rispondere. Tutto si sarebbe aspettato: pianti, suppliche, offese... ma quello no.

-Io non posso stare senza di te, Micene. Questo lo sai. Ma non posso costringerti a restare qui, perciò questa è l' unica possibilità. Va bene?

-Fusca... io sarei felice di averti con me, immensamente, ma... insomma, io sono un uomo e tu una Dea...

-E allora?- Per la prima volta il suo sorriso risplendette di gioia -Lo so che siamo diversi, ma questo non mi fermerà. Non m' importa di quello che potrà accadere. Lo so, il tuo aspetto cambierà, un giorno morirai, ma questo non ci dividerà. Ehi, ricordati che sono una Dea! é un pregio, non un difetto!

Entrambi risero, poi d' impulso lui la prese fra le braccia.

-Ti amo, Fusca.

Ioria era seduto sulla scalinata della quinta casa e fissava il sole che tramontava. Cosa succederà ora? si chiedeva il Cavaliere del Leone, Come faremo a contrastare questa nuova divinità? A cosa serve essere di nuovo in vita se non possiamo proteggere la nostra Dea? Micene, fratello mio... tu eri degno custode delle tue vestigia, se tu fossi qui mi sentirei meglio. Dove sei? Quale dio malvagio ti ha sottratto al meritato riposo nel paradiso dei cavalieri? Quale Dio ha impedito che tu possa essere qui?

-Ioria.

Il cavaliere del leone si voltò. Lady Isabel era sul portico, e accanto a lei vi era un ragazzo atletico con dolci occhi marroni. Occhi che Ioria conosceva e amava.

-Fratello.

Due giorni dopo il Grande Tempio era immerso in una calma apparente. I Cavalieri aspettavano l' arrivo di Surya, sicuri che egli non si sarebbe fatto attendere troppo; nessun pericolo avrebbe rovinato però la gioia di due fratelli di nuovo uniti dopo tredici anni. In quella giornata silenziosa, Fusca era seduta sul portico della nona casa; si sentiva tranquilla, uno stato che raramente prendeva possesso di lei. Avrebbe voluto passare con Micene più tempo possibile, ma capiva che lui e suo fratello avevano molto da raccontarsi e non era gelosa di Ioria. All' improvviso la giovane Dea avvertì un cosmo, un cosmo che le fece venire le lacrime agli occhi e che la riempì di nostalgia: non credeva esistesse un cosmo così simile al suo. Silenziosamente un' altra ragazza si sedette accanto a lei e le due rimasero a fissarsi per qualche istante. Erano entrambe snelle, ma le somiglianze finivano li. L' una piccola, bionda, pallida e con gli occhi azzurri; l' altra slanci ata, con la pelle ambrata e occhi e capelli d' ebano.

-Sei Fusca, vero? L' amica di Micene. Io sono Irina.

Fusca annuì, imbarazzata: -Io... mi sento strana, non avevo mai incontrato...

-Qualcuno come te?- la interruppe dolcemente Irina -Hai sentito in Atena una creatura simile a te, ma è solo in me che senti uno spirito affine? é quello che sento anch' io... Tu non mi hai mai vista, Fusca, eppure io e te siamo legate. Lo sento. Io.. esisto da tanto tempo, ma non so niente di me...

-Anch'io... però ora sono felice perchè ho trovato qualcuno di simile a me... voglio... voglio aiutarti.. sconfiggere insieme a te e i Cavalieri questo nemico che minaccia Atena.

Lo sguardo di Irina tornò serio: -é proprio di questo che voglio parlarti.

In pochi minuti Fusca venne a conoscenza della storia di Surya e dei suoi attacchi, infine Irina le rivelò ciò che aveva sentito nel guardarlo, quello che aveva letto nei suoi occhi. Fusca fu sconvolta da una simile notizia, ma fu d' accordo che erano loro due a doversi occupare di Surya. Poi Irina ricevette un messaggio telepatico da Camus e dovette tornare all' undicesima casa. mentre si allontanava, Fusca la richiamò:

-Irina!

-Si?

-Io... sono felice di averti incontrata... ti conosco da poco, ma... ti amo già come una sorella.

-Anch' io.

Le due si abbracciarono, felici di aver trovato un altro spirito che lenisse la loro solitudine.

-Ciao, Saga- disse il cavaliere dell' undicesima casa, vedendo il compagno entrare nel suo tempio. -Cosa ti porta qui?

-Sono venuto a chiamare Irina, è attesa da lady Isabel alla prima casa.

Camus annuì, chiuse gli occhi per qualche secondo, poi annuncio: -Sta arrivando.

-Riuscite a comunicare così?- si stupì Saga -Siete davvero in sintonia!

Acquarius annuì, poi seguì un attimo di profondo silenzio, che fu Gemini a rompere:

-Tu la ami.

Non era una domanda. Camus non rispose e abbassò il viso. In quel momento Irina entrò nel tempio. Dedicò a Camus il più luminoso dei sorrisi, poi lo sguardo si spostò sull' altro Cavaliere, e il sorriso le morì in gola. -Cosa vuoi?- ringhiò.

-Saga è venuto a cercarti- spiegò Camus sorpreso dalla reazione della sua maestra -Lady Isabel ti vuole.

-Camus, questo non è Saga, è Surya.

Il cavaliere di Acquarius fissò il compagno, che fece un piccolo sorriso, per poi dire: -Lo sapevo che non ti avrebbe ingannata.

In un attimo, i lineamenti di Saga sembrarono impallidire, sostituiti da quelli del giovane dai capelli rossi.

-Indovina perchè sono qui, cavaliere?- chiese ironico.

Camus non rispose: -Aurora del nord!!

Surya evitò di venire investito con un agile balzo, ma la sua gamba sinistra venne colpita e completamente congelata. Con un grido di rabbia, egli puntò una mano aperta verso il suo avversario: -Prendi! Cometa siderale!

Camus eresse subito un muro di ghiaccio, ma sapeva che il colpo che viaggiava rapido verso di lui l' avrebbe ridotto in pezzi... ma non venne mai raggiunto. Irina si mise davanti a lui per proteggerlo e venne colpita in pieno.

-Irina! Irina! NOOOOO!!!

-Non avvicinarti, Camus- mormorò la giovane dea -Lui vuole me. é qui per me.

Surya annuì, ma in quel momento si udì una voce:

-Camus! Stai bene?

Tutti si voltarono verso la porta del tempio, dove c' erano Micene e Fusca. Entrambi fissarono Surya per qualche secondo, ma egli sembrava non far caso alla presenza del Sagittario.

-Micene, penso voglia le ragazze! Non pensare a me, proteggi Fusca e Irina!- gridò Camus, ma in quel momento sentì di nuovo la tremenda sensazione delle sue ossa che si contraevano, impedendogli ogni respiro; impotente osservò Surya trascinare la gamba congelata fino ad Irina, prenderla fra le braccia e voltarsi verso Micene e Fusca , per poi fissare intensamente quest' ultima.

-Tornerò anche per te, aspettami.

E sparì in un lampo di luce. Fusca rimase immobile, mentre Micene soccorreva Camus, tremante per il dolore e la furia:

-L' ha presa... quel bastardo ha preso Irina!

I cavalieri d' oro si riunirono all' Undicesima Casa. Camus non si preoccupava di nascondere le lacrime, e anche lady Isabel sembrava disperata.

-Come facciamo? Questo Surya è diverso dai nemici che abbiamo incontrato finora. Non cerca lo scontro... si limita ad attaccarci alle spalle distruggendoci pian piano.

-Vigliacco!- gridò Aiolia -E chissà cosa farà a Irina, adesso... la torturerà e la costringerà a seguirlo..

-Oppure potrebbe direttamente ucciderla senza pensarci due volte- affermò Shaka. A quelle parole Camus balzò in piedi, una luce nuova negli occhi.

-Io vado a salvarla.

Nessuno dei cavalieri rispose a quelle parole; solo lady Isabel affermò:

-é una follia, cavaliere. Se anche battessi Surya, ti troveresti contro chissà quanti altri guerrieri e anche il dio che essi servono, chiunque esso sia. Non puoi affrontare un Dio da solo. Inoltre non sei nelle migliori condizioni di spirito.

-Senza contare che noi tutti... o quasi... dobbiamo la vita ad Irina. E Surya di certo vorrà per se pure Fusca e Atena. Non puoi andare da solo, Camus, andremo tutti. Per Irina e per Atena.

Camus annuì, grato. -Ma ce facciamo a rintracciarlo?

-Posso farlo io.

Era stata Fusca a parlare, probabilemente per la prima volta di sua spontanea volontà. A differenza di Irina, che aveva fatto presto amicizia con i cavalieri, la divina fanciulla era rimasta legata soprattutto a Micene.

-Una delle capacità di noi Dei- spiegò la fanciulla -é di saper riconoscere i cosmi ovunque essi si trovino. Ho rintracciato Surya in men che non si dica, appena ha lasciato questo posto. é in India.

-Bene- disse Isabel- in India, dunque.

Surya portò Irina in un ampio tempio che si trovava nella zona più impervia dell' India. Zoppicando per via della gamba ancora congelata, la depose a terra senza farle male e si sedette davanti a lei. Per un po' si guardarono in silenzio, poi lui disse:

-Irina è un nome strano per una Dea.

-é un nome di donna, mi è stato dato da Lui.

Non ebbe bisogno di spiegare a chi si riferisse, sapeva che Surya sapeva già tutto di lei.

-Non ti ho portata qui per farti mia schiava.

-Lo so.

-E neanche per torturarti, ucciderti, o per conquistare la terra col tuo aiuto. Non ho niente contro di te nè contro nessuno.

-Lo so. Tu non sei al servizio di nessuna divinità, vero? Sei solo.

Il ragazzo annuì: -Ho solo domande che richiedono una risposta.

-E io posso dartele, Surya.

Fusca guidò i cavalieri d' oro fino al tempio di Surya. Vi si respirava un' aria di abbandono, ma il cosmo del giovane impregnava ogni angolo.

-State attenti- mormorò Saga -Aiolia, Shura, voi due state vicini ad Atena; Micene, tu proteggi Fusca.

All' improvviso i Cavalieri udirono un rumore di passi, e poco dopo Surya era davanti a loro, sopra una pedana dove un tempo c' era l'altare del tempio.

-Benarrivati, Cavalieri, vi aspettavo.

Surya non indossava alcuna armatura ne protezione, e la gamba congelata dall' Aurora del Nord era di nuovo sana.

-Dov' è lei?- domandò Camus.

-Irina? è qui, sta bene, non voglio farle niente.

-Menti! In guardia, Cavaliere!- gridò Ioria gettandoglisi contro -Per il Sacro Leo!

Surya riuscì a bloccare il colpo di Ioria con una sola mano, poi disse, con un sorriso di scherno:

-Non sai che un colpo è efficace solo la prima volta? Io ho già visto il tuo attacco, e ora ti ucciderò....saetta della morte!

Il fulmine che partì dalla mano del giovane viaggiò rapido verso Ioria e lo atterrò.

Saga corse verso il compagno ferito, ma un violento spostamento d'aria lo atterrò, e colpì anche Aldebaran, Milo e Aphrodite.

-Folli!- gridò Surya, e un rombo di tuono squarciò l'aria -Folli voi, che tentate di superare qualcuno a voi immensamente superiore! Non l' avete ancora capito, Cavalieri? E allora morite! Terrible Providence!

Il terribile colpo lanciato da Surya investì tutti i Cavalieri d' oro rimasti in piedi, mentre Atena riuscì appena ad erigere uno scudo davanti a se; la barriera riuscì a proteggerla dall' impatto ma si ruppe in mille pezzi.

-Ma questo...- bisbigliò Isabel, sgomenta -No, non è possibile..

-L' hai capito, piccola Dea?- chiese Surya ironico -Si, questa è la tecnica di Thanatos, Dio della Morte. Una tecnica impossibile da eseguire per un Cavaliere. Ma per un Dio è facile. E' facile per me. Io, Surya, sono vivo da tanto tempo. Molto, molto più di te. Ho visto nascere gli dei come te, Atena... e anche i tuoi progenitori, Gaia e Urano, e tante altre divinità. Ho parlato con Irina, per certi versi ci somigliamo. Lei ha avuto la fortuna di trovare un luogo dove le piacesse abitare e una persona che scaldasse il suo cuore. Io no, non ho avuto questa fortuna. Ho osservato molto gli uomini, Atena, queste creature che tu ti ostini a proteggere sfidando l' ira dei tuoi pari. Ricordi che ti dissi che volevo conquistare il mondo? Bè, non era vero. Io voglio distruggerla. Distruggere tutto. Si, anche me. Non sei stanca di vivere, Atena? Voi Dei greci non siete perfetti, anche voi soffrite. Non sei stanca, non vorresti annullarti nell'infinito?- La sua voce aveva assunto un tono più confidenziale, come se lui e Isabel stessero parlando del più e del meno, ma esprimeva una grande tristezza.

-Non puoi... non puoi volere questo...

Surya sussultò all' udire quella voce sconosciuta, ma si rilassò nel vedere Fusca: -Ti saluto, Dea di Asgard. Sei venuta a morire accanto ai tuoi compagni?

-Fusca...- mormorò Micene, senza forze per il colpo ricevuto -Cosa fai qui... è pericoloso...

La Dea si avvicinò al compagno e dolcemente gli carezzò la guancia: -Non temere, amore mio...andrà tutto bene.

La giovane raggiunse Surya e lo guardò negli occhi. -L' altra volta non me n' ero accorta... ma Irina aveva davvero ragione. Surya, quello che stai cercando di fare è molto triste. Distruggere tutto! Ma perchè?

-Perchè questo mondo non è più degno di essere vissuto!- strillò Surya -La gente ha dimenticato l' amore verso gli Dei e verso gli altri... gli uomini si uccidono e si odiano, considerano i propri simili inferiori agli animali e provano piacere nel trionfare sui propri fratelli. Ma non credere che io mi senta migliore di tutti. Nel mio passato c' è molto male, Fusca. Per secoli ho affinato il mio potere godendo della sofferenza che infliggevo... rubando persino il nome ad un altra Divinità! Ma tutto questo è stato prima che la mia sola esistenza divenisse un peso troppo grande da sostenere. Il mondo è male. Atena, la tua religione non parla forse dell' età dell' Oro? L' epoca in cui i primi uomini vivevano in pace e senza conflitti? La morte di questa epoca darà origine a una nuova età dell' Oro, un nuovo Paradiso sulla Terra!

-Aspetta a dirlo, Surya!

Micene e gli altri cavalieri d' oro si erano lentamente rialzati, e lo stesso Cavaliere del Sagittaro esclamò:

-Il tuo è il piano di un pazzo, Surya, e ora pagherai per questo!

-Aspetta, Micene.

Lady Isabel si avvicinò ancora di più a Surya, tanto che i loro respiri si mescolavano. Lui era parecchio più alto, ma riuscivano a guardarsi negli occhi, ed erano in pochi a non sentire qualcosa di strano davanti allo sguardo di Atena.

-Surya, il mondo non è il male. Anche mio zio Ade voleva distruggere tutto, ma grazie ai Cavalieri è stato fermato. L' abbiamo ucciso, Surya, abbiamo ucciso un Dio. Io non vorrei fare lo stesso con te, perchè sento che c'è ancora del buono in te. Surya, non tutto è male. Nel mondo c' è anche del bene. Amore, amicizia..

-Frottole!- gridò il ragazzo -Frottole create dagli umani! Muori, Atena!

Il colpo di Surya era così potente che Fusca, colpita di striscio, fu scagliata a fianco di Micene. In un attimo, Milo si frappose tra la sua Dea e Surya; il colpo che mirava al cuore di Atena si scontrò a mezz' aria con le onde di Scorpio, poi Surya fu bruscamente atterrato da Shura, e il cavaliere fu lesto a puntare Excalibur al suo cuore, ma poi si fermò: come aveva detto Atena, negli occhi verde smeraldo del ragazzo non c' era rabbia ne malvagità, solo disperazione...

-Avanti, Cavaliere del Capricorno, cosa aspetti? Uccidimi!

Shura esitò ancora un attimo, poi esclamò: -Addio, Surya! Fendente sacro di Excalibur!

Ma un attimo prima che il colpo raggiungesse il cuore di Surya, uno spostamento d' aria lo atterrò, e quando il cavaliere del Capricorno potè guardare il suo assaliore, tutti i Cavalieri d' oro poterono vedere Irina, inginocchiata accanto a Surya:

-Non fargli del male... non uccidere mio fratello!

Le parole di Irina furono accolte da un silenzio funereo. I Cavalieri erano tutti sconvolti, così come lady Isabel, mentre Fusca sembrava tranquilla e preparata. Surya riprese faticosamente la posizione eretta, dicendo:

-Ti avevo detto di stare nascosta, stupida...

-Cosa significa tutto questo?- disse lady Isabel con voce fragile -Cosa vuol dire "tuo fra...."

-Fratello- ripetè Irina -Mio e di Fusca. L' ho capito appena l' ho visto, così come ho riconosciuto Fusca. Entrambe abbiamo sempre pensato di essere speciali, ma in realtà noi tre siamo uguali. Spiega loro tutto, Surya.

Il ragazzo l' avrebbe evitato volentieri, ma iniziò: -Ho attaccato il Santuario solamente perchè con molti guerrieri al mio comando sarebbe stato più semplice realizzare il mio piano.

Quando ho visto Irina, però, ho sentito una strana sensazione, e qualcosa mi ha detto che lei avrebbe potuto darmi le risposte che cercavo... perchè sono nato?, mi sono sempre chiesto, che senso ha la mia vita? E Irina mi ha dato una risposta che non mi è piaciuta. Immagino che anche tu lo sappia, Fusca.

La fanciulla annuì: -L' ho sempre saputo. Noi non siamo vere divinità. Siamo creature simili agli dei, manifestazioni del potere divino, immortali e terrene, ma non siamo Dei. Non abbiamo motivo di esistere. Quando è avvenuto il Big Bang noi siamo nati da sacche di energia particolarmente grandi.

-Uno sbaglio- borbottò Surya -Non saremmo dovuti essere, noi siamo errori di percorso sulla strada della creazione. Non c'è motivo perchè noi esistiamo, ed è ora di rimediare a questo errore.

-Surya...- iniziò Irina, allungando la mano verso il compagno, ma appena lo sfiorò ritrasse la mano con un piccolo grido: la pelle di Surya era diventata incandescente.

-Irina, allontanati! é pericoloso!- gridò Isabel, ma la divina fanciulla non l' ascoltò; nonostante il dolore, afferrò Surya per un braccio, subito imitata da Fusca, poi quest' ultima gridò: -Surya, ti prego ripensaci! Non è troppo tardi, non sei veramente solo!

E invece era troppo tardi. Le due fanciulle furono sollevate in aria e ricaddero pesantemente a terra; il cosmo di Surya si estese e riempì il tempio, muovendo i drappi appesi alle pareti e risuonando nell'aria; i Cavalieri rimasero immobili, incapaci di muoversi, mentre lady Isabel mormorò: -Non avrei voluto farlo, Surya!

Il ragazzo la guardò e così pure le due antiche Dee: tra le mani di Isabel era comparso il cofanetto che Saga aveva riportato da Asgard. Circondato da una forte luce rosata, il cofanetto si aprì, rivelando la statua di Nike che giaceva nella mano della statua di Atena e che aveva ripreso il suo aspetto naturale dopo la battaglia contro Hades.

-Questo oggetto è l' arma più potente di cui dispongo per eliminare il male dal mondo, e ora lo userò per sconfiggerti! Perdonami, Surya!

Tra le mani della Dea, Nike cominciò a brillare, e la luce bianca che sprigionò sovrastò il cosmo di Surya, poi il ragazzo cadde a terra, urlando, mentre sentiva le sue energie dileguarsi. Iniziò a tremare, e vide davanti agli occhi le immagini della sua vita passata: i giorni felici in cui si divertiva ad usare il suo potere, stupendosi e gioendo orgoglioso ad ogni progresso... poi quando la solitudine aveva iniziato ad attanagliarlo e lui aveva iniziato a sperare che qualcosa cambiasse, che qualcosa lo salvasse da quella solitudine opprimente... e alla fine aveva deciso di distruggere tutto e aveva scelto il Grande Tempio come primo obbiettivo... e d' improvviso un canto iniziò a risuonare nella sua mente, un canto che non aveva mai sentito...

Senza un' anima il mio spirito dorme da qualche parte al freddo finchè tu non lo trovi e lo riporti a casa. Svegliami. Svegliami dentro. Non riesco a svegliarmi. Invoca il mio nome e salvami dalle tenebre. Prima che io mi perda. Salvami dal nulla che sono diventata. Riportami alla vita

"Si, voglio tornare alla vita; non tutto è finito, non sono ancora morto, forse ho ancora qualcosa da fare...VOGLIO VIVERE!"

...e allora riuscì ad aprire gli occhi. Irina e Fusca erano davanti a lui, le braccia tese e i visi contratti dallo sforzo di creare un muro protettivo intorno a loro. Stavano opponendosi ad Atena, la loro alleata, ai loro amici e agli uomini che amavano. E lo facevano per proteggere lui. E allora Surya sentì, per la prima volta nella sua lunga esistenza, le lacrime che gli bagnavano il volto. Nel vedere quelle due ragazze che rischiavano tutto ciò che amavano per proteggere lui, avvertì un calore sconosciuto pervadergli l' animo, insieme a un pensiero che ebbe su di lui lo stesso effetto della pioggia in una terra arida: Non sono solo. Loro sono con me.

-Irina, fermati!- gridò Camus.

-Fusca, basta! Non farlo! Non è lui che devi difendere!- gridò Micene

-Se non capisci il mio gesto- mormorò la Dea della Siberia -Non mi conosci affatto. Noi non approviamo il gesto di Surya, ma non permetteremo che venga ucciso.

E poi, fu il buio.

Quando Irina si svegliò, vide che tutti i cavalieri erano ancora tramortiti dall' esplosione avvenuta quando i loro cosmi avevano raggiunto l'apice. Fusca e Surya, invece, erano svegli e al suo fianco. Così come Isabel, davanti a loro, che li guardava impassibile.

-Perchè l'avete fatto?- chiese la Dea della Giustizia.

-Per Surya- rispose prontamente Fusca -Non capisci? Lui non è il male, Atena. Lui ha molto sofferto, il mondo è stato crudele con lui. Anche alcuni dei tuoi cavalieri... Gemini, Cancer, Pisces... hanno fatto degli sbagli, ma tu li hai perdonati.

Isabel annuì, poi bisbigliò: -Surya?

Il ragazzo alzò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi di lei, mentre le altre due lo tenevano per mano.

-Cosa vuoi fare?

Il ragazzo ci pensò per un attimo. -Voglio vivere. Voiglio rimediare ai miei errori. Voglio... voglio cambiare. Voglio vivere.

Atena annuì nuovamente, poi fece un sorriso luminoso e disse: -Va bene. Ci vediamo stasera al Grande Tempio. Immagino abbiate molte cose da dirvi.

Teletrasportò se stessa e i Cavalieri ancora svenuti, lasciano soli i tre ragazzi, che si guardarono in faccia per un istante.

-Grazie- mormorò Surya. Le due ragazze si sorrisero e lo abbracciarono, fichè si ritrovarono tutti e tre a ridere e piangere contemporaneamente.

-Non sei solo, Surya- disse dolcemente Irina -Noi siamo con te. Siamo tue sorelle.

Il ragazzo annuì, grato.

-Isabel non aveva tutti i torti- disse Fusca -Cosa vogliamo fare, adesso?

-Immagino che voi abbiate un motivo in particolare per restare al Grande Tempio- disse Surya, per la prima volta con una vena di ilarità nella voce -Ed è quello che farò anch' io! Non vi libererete più di me!

-Saremo una squadra!- annunciò Irina -e aiuteremo Atena a difendere l' umanità.

-Giusto!- gridarono gli altri due, e nuovamente si abbracciarono, mentre i loro cosmi li avvolgevano e una sensazione di affetto fraterno permeava i loro cuori.

-Sei arrabbiato per quello che ho fatto?- chiese Fusca.

-Non lo so- ammise Micene -Sei stata impulsiva a metterti contro Atena e non mi hai detto niente di quello che ti legava a Surya... però sei stata molto coraggiosa.

-Adesso ho anch' io un fratello- disse la ragazza appoggiando la testa sulla spalla del compagno -Anzi, due.

-Io ne ho undici!

-Micene?

-Si?

-Ti ricordi quando mi hai detto che mi amavi?

-Certo.

La successiva domanda della ragazza non ebbe bisogno di essere espressa.

"Ti amo, Fusca". A fargli dire quelle parole era stato qualcosa di strano. Fusca l' aveva curato, protetto, gli aveva dato tutta se stessa. Ma la amava? Era una cosa che si era chiesto spesso. Nei giorni precedenti.

-Si, ti amo. Voglio stare con te- disse, e la prese tra le braccia.

-Anch' io- mormorò lei baciandolo.

-Dovrei essere geloso?- chiese Camus quella sera, raggiungendo Irina all' undicesima casa. -Ora non sono più io il tuo amico preferito?

-Vorresti essere l' unico?- rispose la ragazza, cercando di contenere l' ilarità nella sua voce -vorresti che divenissi un' eremita?

-No, certo.

Il Cavaliere tacque, e Irina lo guardò dolcemente. -Stupido...

Si avvicinò a lui, finchè i loro visi si sfiorarono, poi mormorò: -Camus, questo non cambierà nulla... loro sono i miei fratelli, ma la cosa che conta di più per me... sei...

Non fece in tempo a finire di parlare perchè si trovò stretta al corpo di Camus, per la seconda volta nella sua vita, ascoltando il battito del suo cuore e la morbidezza della sua pelle.

-Quanto ho pianto pensando di averti persa per sempre, dopo che me ne sono andato... non sai come mi sono sentito quando ti ho rivista.. e poi quando ti ho vista proteggere Surya non ti ho più riconosciuto e ho avuto paura di averti persa... io non voglio perderti, Irina... sei troppo importante per me, ti amo tanto...ti amo da quando mi hai salvato dalla morte per congelamento, ti ho amato mentre mi allenavi e ho pianto per amore ogni giorno che ho passato qui senza di te...

Dolcemente, la ragazza si staccò da lui per guardarlo negli occhi, e Camus pensò che non l' aveva mai vista così bella, gli occhi luminosi di amore tutto per lui. La ragazza gli prese dolcemente il viso tra le mani e quando sentì le labbra morbide del ragazzo posarsi sulle sue, capì che era finalmente giunta alla fine della sua ricerca.

 

Shaina '90, 30/01/06