Capitolo 28: Il Sovrano di Smeraldo
"Che cosa?", tuonò sbalordita ed infuriata una voce, "Purtroppo è vero, mio fraterno amico: anche Arazu ed Erra, dopo Kusag, Girru e Nusku, sono stati sconfitti. Ho appena avvertito la caduta del tuo primo Annumaki, successiva a quella del guerriero di Pazuzu.", confermò Marduk, il Sovrano di Smeraldo, a Sin, il Principe Rosso.
"Questi invasori si sono dimostrati più forti e capaci di quanto immaginabile: hanno sconfitto il nostro intero esercito, lasciando solo noi tre e Nanaja vivi, in tutta Accad.", continuò il giovane Re, con una nota di stupore in voce.
"Arazu ed Erra sconfitti… non è possibile… Dannazione!", esclamò furioso il Principe degli Annumaki e nelle sue parole Marduk vide una rabbia che ipotizzò legata alla perdita di anche gli ultimi compagni d’arme rimasti, la rabbia di chi aveva riposto fiducia in due amici, per quanto quei guerrieri fossero più simili, agli occhi degli altri Ummanu, ad assassini che non a fedeli servitori; una rabbia, che, però, in Sin aveva un’origine diversa, dettata dalla certezza che la perdita dei suoi più fidati compagni in quel progetto di rinascita del popolo Accadico, un progetto che lo avrebbe dovuto rendere il Re dei Re di quelle terre, secondo solo alla divinità che avrebbe seguito, come era giusto per ogni Comandante di un esercito sacro.
La perdita degli Annumaki di Alu e Pazuzu lo portava quasi in svantaggio verso Marduk, oltre che portava avanti il rischio che quel gruppo di invasori rivelasse la verità sulla morte di Ea.
"Andrò subito a richiamare l’ultima degli Appalaku, assieme combatteremo contro questi invasori, avremo la vendetta per tutti i compagni caduti!", esordì, dopo avervi riflettuto qualche istante, Sin; "Sì, amico mio, vai a chiamare Nanaja, io, nel frattempo, tratterrò gli invasori, che non possano impedire l’avvento di Shamash in alcun modo. Pagheranno per le morti di cui si sono macchiati.", concordò all’istante il Sovrano di Smeraldo.
Bastarono quelle poche parole per gelare il sangue dell’Annumaki, che, per qualche secondo, rimase palesemente interdetto, poi, però, replicò: "Ma, fratello, tu devi completare con Sire Baal il rituale per richiamare il Divino Giudice, proprio ora che siamo al finire dello stesso non puoi abbandonare questa sala…", puntualizzò.
"Sono certo che il Nobile Baal non avrà nulla da ridire, il fondo, come tu stesso, fraterno amico, sottolinei, il rituale è quasi concluso, meglio impedire che gli invasori lo interrompano, pur a costo di rallentarlo, che non concluderlo a fatto.", rispose con naturalezza l’altro, sorridendogli, lieto che tanto si preoccupasse del bene comune.
Sin stava per replicare a quelle parole, ma fu lo stesso Sovrano Dorato ad anticiparlo: "Vai pure, Marduk degli Anunnaki, non avrò problemi a portare a conclusione da solo il Rito. Per quando tu avrai sconfitto gli invasori, l’immensa lucentezza del Sole sarà in questa sala. Ormai non ho più bisogno di alcuno aiuto perché ciò avvenga.", sottolineò con voce atona l’uomo, volgendo lo sguardo prima verso il proprio pari, poi verso il Principe Rosso, "Tu, però, Sin degli Annumaki, vai comunque a chiamare la mia prima guerriera.", ordinò secco.
Il figlio di Enlil fu quasi sul punto di rivolgere uno sguardo furioso al Sovrano degli Appalaku, ma si trattenne dal farlo, chinando lesto il capo, così da acconsentire a quanto dettogli, prima di volgersi un’ultima volta verso Marduk. I due si scambiarono uno sguardo, dove il Re degli Anunnaki rivolse tutto il suo sincero affetto per l’amico, mentre il Principe degli Annumaki celò tutto il proprio rancore e desiderio di rivalsa; senza aggiungere altro, poi, i due si separarono fra loro e da Baal, ognuno diretto verso la missione che si era imposto, o gli era stata data, proprio dal Re degli Appalaku.
***
I nove cavalieri d’argento erano intanto fra loro divisi in più gruppi, a seguito delle battaglie combattute ad Anduruna, chi più, chi meno, stremati e feriti, ma avanzavano compatti, malgrado loro stessi ne fossero ignari, guidati solo dalla reciproca fiducia che silente li univa, verso il comune punto d’incontro: l’ultimo piano del palazzo Sacro.
Barcollante Leif di Cetus seguì il percorso che lo avrebbe portato al di fuori del labirintico giardino, ormai morente a causa dei veleni di Pazuzu, a cui, il cavaliere d’argento, riusciva a resistere solo attraverso l’ipotermia in cui si era volontariamente indotto, ipotermia che rallentava i suoi passi, indeboliva i riflessi, ma gli permetteva di sopravvivere malgrado le ferite riportate da Erra, ferite che, probabilmente, altrimenti sarebbero risultate fatali.
Egualmente indietro, ma rallentato più dalle molteplici ferite che ne segnavano il corpo, oltre che dalla strada, inerpicatasi lungo una parete del palazzo ormai caduta, si trovava Menisteo di Eracle, che, malgrado la stanchezza, segno del duro scontro con Girru di Basmu, lo segnasse quanto le ferite, non si dava per vinto, continuando ad avanzare, desideroso di aiutare ancora i propri compagni in quella battaglia che durava da giorni.
Si sostenevano a vicenda, invece, Damocle di Crux e Wolfgang dei Cani Venatici, più con le parole, incitandosi, che con i fatti; i due cavalieri d’argento, segnati dalle rispettive battaglie con gli Annunaki di Apsu e del Carro del Sole, si erano alla fine decisi ad andare avanti, per essere di supporto nelle nuove battaglie a tutti i loro compagni, battaglie che, ne erano certi, sarebbero state dure tanto quelle passate, battaglie a cui non potevano mancare, per il proprio dovere di cavalieri.
A vicenda si aiutavano anche Zong Wu dell’Auriga e Gwen del Corvo che, dopo aver vinto il terribile Annumaki di Alu, si sorreggevano lungo la scalinata che, alla fine, li avrebbe portati all’ultimo piano di quel palazzo, lì dove, speravano, anziché nuove battaglie, avrebbero potuto incontrare e parlare con il Sovrano di Smeraldo, per mostrare lui come Sin, e pochi altri, avessero complottato tutto per distruggere l’ordine degli Ummanu e ricrearlo, nuovo e più malefico.
Ben diverso, altresì, era il modo in cui si supportavano Husheif di Reticulum e Dorida della Sagitta, avanzando assieme, sulla parete esterna del palazzo accadico, sostenendosi con i fili d’energia cosmica che il cavaliere d’argento sapeva ben tessere, camminando per primo in quella sfida contro la gravità stessa, mentre, dietro di lui, la sacerdotessa guerriero non perdeva occasione per lamentarsi di quel folle piano che, comunque, gli permetteva d’avanzare senza incorrere in altre battaglie.
Prima di tutti i propri compagni, però, un’altra dei nove combattenti consacrati alla dea Atena raggiunse il quinto piano: Bao Xe della Musca.
***
La sacerdotessa d’argento aveva lasciato indietro i cavalieri di Crux e Cani Venatici, così come il santo di Cetus, non con gioia, ma con la consapevolezza che di certo avrebbe incontrato lei per prima dei nemici, avanzando a capo del gruppo che quella stessa ala di Anduruna attraversava; così si era fatta, silenziosamente, carico del ruolo di prima che avrebbe dovuto combattere, essendo anche l’unica, ormai, a non essere ferita a seguito delle battaglie, se non per qualche graffio, in confronto a ciò che gli altri avevano subito, dovuto allo scontro con Nusku del Carro Solare.
Con suo grande stupore, Bao Xe aveva trovato il quarto piano completamente vuoto, privo di ogni possibile guardiano, vi erano sì delle stanze adibite per riposarvi, stanze adornate da drappi dorati, dove aveva anche visto cinque piedistalli, di cui quattro proteggevano, dai diversi punti cardinali, quello centrale, ne aveva anche intravisto i simboli cuneiformi, senza sapervi dare una lettura, per quanto, solo un giorno prima, fosse stata lei stessa ferita da simboli simili per mano di Enki di Zu.
Circospezione aveva usato per attraversare quella parte del palazzo, trovandosi comunque sola in quelle stanze vuote, che, alla fine, la condussero fino alla scalinata finale, la stessa che, ne era certa, l’avrebbe condotta all’ultimo piano di Anduruna.
Con disappunto di Bao Xe, però, una volta completate quelle scale, non si trovò dinanzi al portone da cui, ne era certa, proveniva la presenza cosmica del divino Giudice mesopotamico, bensì si trovò in un’ampia sala, uno spiazzo, anticamera di un’altra stanza, che conduceva a nuove scalinate.
"Questo luogo non ha fine…", balbettò fra se la sacerdotessa guerriero.
"Al contrario, straniera, sei molto più vicina alla meta di quanto tu non possa immaginare!", esordì una voce, prima che una figura si rivelasse, scendendo quieta dalle scale, "Questa è infatti l’ultima rampa di Anduruna, quella che conduce alla sala dei Sovrani, dove presto avrà termine il Sacro Rituale che qui riporterà il divino Shamash.", spiegò con voce calma il nuovo giunto, rivelandosi.
Era un giovane dall’aspetto curato, le vestigia verdi ben si abbinavano al colore degli occhi e, di certo, la particolarità dell’armatura ne faceva risaltare la grazia.
Priva di spalliere, infatti, quella corazza aveva però diversi merletti metallici che coprivano il collo e la zona ascellare, merletti arricchiti da smeraldi preziosi, al pari della copertura degli avambracci, un blocco unico, ma con, al centro della mano, una gemma verde, che pareva brillare di luce propria.
Egualmente affascinante era la copertura del tronco, un blocco unico che si chiudeva sulla cinta, per quanto le striature che lo decoravano facevano sembrare quelle vestigia composte da altrettanti smeraldi uniti fra loro, ma le vere gemme si trovavano solo sui gambali, due per arto, uno sul ginocchio e l’altro più in basso, al centro della gamba.
Fra i corti capelli castani, poi, risaltava una corona, adornata da un altro smeraldo, che ben si notava nella bella capigliatura del giovane.
Dopo un primo istante di sorpresa, dinanzi a tanto sfarzo, la sacerdotessa guerriero prese una posizione di guardia, "Non so chi tu sia, Anunnaki, poiché tale le tue vestigia mi portano a ritenerti, il mio nome è, però, Bao Xe della Musca, guerriera consacrata alla dea Atena. Non per combattere, però, sono giunta fin qui, bensì per parlare al tuo Sovrano, affinché possa chiedergli di non richiamare una divinità sulla terra degli uomini e, soprattutto, avvisarlo del traditore che si insinua fra voi Ummanu.", spiegò la discepola di Ascanus.
Una nota di stupore piegò lo sguardo del nuovo giunto, prima che questi parlasse: "Strane parole le tue, donna, parole di chi ci ha invaso ed ucciso tanti Ummanu, ma ora si dichiara portatrice di una richiesta di pace, per quanto ciò contrasta anche con la tua volontà di impedire l’Avvento del Grande Shamash.
Aggiungi altresì di voler parlare al Re degli Anunnaki di un traditore che si trova fra noi, poiché forse non sai che non ci sono più Anunnaki in Anduruna, tutti uccisi da voi, invasori di Grecia, e che già adesso stai parlando con Marduk della Corona, il Sovrano di Smeraldo!", si presentò il figlio di Annu, lasciando esplodere il proprio cosmo, "E non ho orecchie per le tue menzogne!", concluse minaccioso, aprendo la mano destra dinanzi a se.
La sacerdotessa guerriero vide diversi mattoni staccarsi dalle pareti laterali e dalla scalinata stessa, rifulgenti del cosmo del Sovrano di Smeraldo, per poi lanciarsi contro di lei, al pari di dardi d’energia.
Bao Xe fu comunque abbastanza abile nei movimenti dall’evitare il primo assalto di quelle armi inusuali, governate da poteri che, la guerriera di Atene, suppose simili a quelli di Gwen del Corvo; i mattoni, però, non parvero, per questo fermarsi, anzi tornarono alla carica, più decisi che mai, diretti dal semplice gesto della mano di Marduk, che, immobile ed impassibile, osservava la sacerdotessa della Musca. Ancora una volta, però, i blocchi andarono a vuoto, dinanzi alla precisione dei movimenti della guerriera, ma bastò semplicemente che il Sovrano degli Anunnaki chiudesse la mano perché, in un turbinio d’energia cosmica, i mattoni andassero in frantumi, investendo con la violenza dei diversi detriti la sacerdotessa guerriero, che fu scagliata indietro solo leggermente ferita.
"Troppo hai chiesto alla sorte, straniera, cercando di evitare due volte di fila il mio attacco!", la ammonì Marduk, prima che il suo cosmo richiamasse nuovi mattoni, pronti per caricare frontalmente Bao Xe.
Fu la sacerdotessa della Musca, questa volta, a stupire l’altro, espandendo il proprio cosmo e lanciandosi lei stessa sulle improprie armi guidate dalla telecinesi del Sovrano: "Volo di Myia!", invocò, prima di portare diversi colpi diretti ai numerosi blocchi di pietra, distruggendoli tutti, in rapidissima successione.
"Ve ne prego, Sovrano degli Anunnaki, ascoltatemi! Non siamo noi i colpevoli di tutte le morti di cui ci accusate! Come già dissi a Nusku del Carro Solare, il Consigliere Ea ci ha lasciato volontariamente, assieme al Principe Annumaki Sin, dopo aver persino riparato le nostre vestigia.", spiegò con voce calma Bao Xe, senza attaccare l’altro.
"Bugia e menzogna!", urlò infuriato di rimando Marduk, lasciando esplodere il proprio cosmo, che sotto forma di decine di blocchi di pietra si alzò dal pavimento, scagliandosi da ogni lato verso la sacerdotessa d’argento, che, agile, si spostò con un salto, dirigendosi verso il soffitto della stanza, "Volo di Myia!", invocò di nuovo, colpendo le decine di mattoni che contro di lei volavano, ignara però che, in quello stesso istante, l’energia psichica del Re di Smeraldo si stava chiudendo sopra di lei, sul soffitto da cui aveva scagliato il suo attacco.
L’esplosione la raggiunse alle spalle, scagliandola con violenza contro il pavimento della sala, lo stesso su cui già erano caduti i resti di pietra che li aveva prodotto difendendosi dagli altri attacchi, il pavimento su cui altri pezzi del soffitto crollarono, sotterrandola con la loro impetuosità.
L’attacco di Marduk, però, non era ancora completo: già i diversi blocchi di pietra brillavano della verde energia cosmica del sovrano, che li osservava attraverso la mano destra, ancora aperta e rivolta verso l’avversaria; bastò il semplice gesto di chiudere il pugno perché tutti quei pezzi di pietra detonassero all’unisono, provocando un gran boato nella sala e sollevando da terra il corpo martoriato di Bao Xe, che volò a diversi metri di distanza, lasciando una scia di sangue al proprio passaggio.
"Con questo si conclude la vita di menzogne della guerriera della Musca. Che la sua caduta possa ripagare le vite degli Ummanu che ha con la sua mano tolto.", si disse fra se, prima che una voce lo interrompesse, richiamandolo ai nuovi nemici appena giunti.
"Maestra!", urlava proprio in quel momento, infatti, Dorida della Sagitta, arrivando nella sala assieme a Husheif di Reticulum.
Marduk, però, non ebbe nemmeno il tempo di presentarsi ai due, poiché lesta fu la sacerdotessa guerriero nell’espandere il proprio cosmo incandescente, "Flechas Ardientes!", urlò, scagliando un nugolo di dardi infuocati contro il Sovrano di Smeraldo.
Questi, in tutta risposta, non fece niente di più che allargare le braccia dinanzi a se: solo questo bastò perché le frecce infuocate cozzassero contro un’invisibile barriera di smeraldo, che si materializzò solo quando direttamente colpita dall’attacco avversario.
"Folle speranza la tua, guerriera, se speri che ti permetterò di aiutarla! Aiuto che, comunque, sarebbe inutile dopo l’attacco da lei subito.", volle sottolineare il guerriero mesopotamico, lanciandosi alla carica contro Dorida, che, incurante di lui, si stava già portando verso Bao Xe.
"Klubi Nematon!", esclamò, allora, la voce del cavaliere di Reticulum che, portatosi fra il Sovrano di Smeraldo e le due sacerdotesse, evocò la fitta rete difensiva, portandola come ostacolo dinanzi all’avversario.
"Non so chi tu sia, Anunnaki, ma di certo non ti darò modo di infierire sui miei compagni ed ancor meno su di me.", lo ammonì con un sorriso di sfida il santo d’argento.
"Io sono Marduk della Corona, Sovrano degli Anunnaki ed ultimo di quel prode esercito ancora in vita, per causa vostra solo e desideroso di giustizia per i compagni caduti!", lo avvisò deciso il Re di Smeraldo, lasciando stupito il cavaliere di origini egizie, "E fai male a sottovalutarmi, straniero, poiché non ti sarà dato modo di correggere questo errore, ma piuttosto pagherai per primo le morti che hai causato.", concluse, espandendo il proprio cosmo.
Il pavimento ai piedi di Husheif brillò di una luce intensa, prima che il Sovrano chiudesse il proprio pugno destro, ma, con suo grande stupore, l’esplosione non travolse il santo d’argento avversario, bensì fu contenuta da un’altra tela energetica, creatasi ai piedi dell’avversario.
"Chi sottovaluta chi, Re degli Anunnaki?", replicò superbo il cavaliere di Reticulum, con il volto diviso da quello avversario solo per mezzo della fitta rete energetica, "Avevo intravisto appena entrato i danni sulla superficie della sala e, conoscendo le abilità della sacerdotessa di Musca, ho intuito facilmente che fossi tu il fautore di tutto ciò.", spiegò soddisfatto.
Poi le mani di Husheif si mossero con abilità, deformando la tela che lo divideva da Marduk ed iniziando a chiuderla intorno al Sovrano di Smeraldo, "Probabilmente le mie due compagnie d’armi vorrebbero spiegarti dei traditori che si insinuano nel tuo esercito, di come le persone di cui sembri fidarti siano, in realtà, un pugno di serpi e che non noi abbiamo ucciso Ea, Adapa ed altri, ma, onestamente, non penso che tutto questo tempo ci sia concesso, quindi ti chiuderò in questa ragnatela, che tu non possa impedirmi di raggiungere chiunque sta portando a conclusione il rito di richiamo.", spiegò deciso il cavaliere d’argento.
Nel momento stesso in cui la rete si stava chiudendo sul Sovrano degli Anunnaki, però, questi pronunciò delle parole, parole che non giunsero alle orecchie di Husheif, non come la luce accecante che dal Re proruppe, dilaniando di netto la tela e correndo inesorabile contro il cavaliere d’argento, aprendo una profonda ferita nel suo ventre, prima di schiantarlo al suolo.
"Costringermi ad usare l’attacco più potente che possiedo, non sei guerriero da poco, ma le menzogne che vaneggiavi, assieme al vostro vero fine, ti fanno poco onore, straniero.", sentenziò, ormai libero d’avanzare, Marduk, fermandosi dinanzi al corpo ferito di Reticulum, "Sii però felice: sarà un Re a toglierti la vita, a te che di certo molti degli Ummanu avrai ucciso con il tuo fare superbo.", concluse, espandendo il proprio cosmo attraverso le braccia.
"Reißzähne des Jägers!", urlò allora una prima voce, "Lux Crucis!", aggiunse una seconda, "Gin Zan!", concluse una terza.
Tre attacchi furono portati all’unisono verso il Sovrano di Smeraldo che, avvertite quelle nuove presenze nel momento stesso in cui stava per attaccare, si affrettò ad abbassare il braccio, lasciando che il cosmo defluisse dallo stesso e tornasse a riempirne il corpo: ancora una volta, la barriera di luce verde si rivelò, contrastando la violenza dei tre attacchi che, uniti, riuscirono comunque a scagliare a diversi metri di distanza da Husheif il nemico, che andò a schiantarsi contro una parete poco distante.
Non ci vollero che pochi secondi per il Sovrano di Smeraldo per rialzarsi in piedi, osservando quattro nuovi giunti: tre uomini ed un’altra guerriera con la maschera; tutti portavano su di loro i segni di passate battaglie, chi più, chi meno, evidenti, addirittura, senza neppure essere attaccato, uno di loro cadde in ginocchio dopo pochi istanti.
"Crux!", esclamò allora Zong Wu dell’Auriga, che assieme a Gwen del Corvo aveva incontrato i cavalieri della Croce del Sud e dei Cani da Caccia provenienti dalla scalinata contigua alla loro, salire dall’ala opposta di Anduruna.
Riunitisi, i quattro, avevano continuato l’avanzata, prima di sentire gli evidenti suoni di una battaglia che si stava combattendo poco lontano e, una volta arrivati sul campo di battaglia, non avevano potuto fare a meno di attaccare assieme quel singolo guerriero dalle vestigia verdi tanto sfarzose, per allontanarlo dal santo di Reticulum.
"Non ti preoccupare di lui, cavaliere dell’Auriga.", esordì allora una voce alle spalle dei nuovi giunti, quella di Bao Xe, di nuovo in piedi, malgrado i danni alle vestigia, da cui, però, non sgorgava più alcuna traccia di sangue, "Sarà Dorida a curarlo, noi, piuttosto dovremo far ragionare costui, poiché egli è…", "Marduk, il Sovrano di Smeraldo.", lo riconobbe subito la sacerdotessa del Corvo, interrompendo la parigrado.
Molte cose, in quel momento, stupivano il Re degli Anunnaki: sia come la prima avversaria che aveva affrontato fosse ancora in piedi, sia il fatto che una fra gli ultimi giunti conoscesse il suo nome.
"Hai forse tenuto il conto degli Ummanu da voi uccisi, donna, che conosci il mio nome?", domandò allora il Sovrano di Smeraldo, senza scomporsi, dinanzi ai molti nemici, che, al contrario di lui, erano affaticati dalle diverse battaglie, "No, non ho tenuto un così tetro conteggio, non ne avrei avuto il motivo, poiché non della caduta dei difensori di questa Antica Capitale ho il dovere di occuparmi; bensì ti conosco perché ti ho già incontrato, nei ricordi del tuo maestro, Ea il Saggio, ed in quelli di Aruru di Golem.", spiegò subito la sacerdotessa d’argento.
"Hai dunque tu violato le loro menti ed adesso addirittura lo ammetti? Sei forse in cerca del mio odio più profondo, donna?", incalzò disgustato Marduk, "No, sommo Sovrano di queste terre, non del tuo odio, ma della fiducia che Ea ci aveva concesso: altri qui vogliono il tuo male, non noi, che siamo giunti chiedendo la pace e sperando di convincervi con le parole ad impedire il ritorno di una divinità antica quale Shamash su questa terra.", replicò l’altra.
"Strano modo di usar le parole il vostro! Voi che avete prima ucciso il giovane Adapa, colpendolo alle spalle, e poi avete invaso Accad ed Anduruna, portando morte e distruzione fra le file degli Ummanu! Invasori, al pari degli antichi Greci che cercarono di conquistare Babilonia!", li accusò il Sovrano di Smeraldo.
"Non noi abbiamo iniziato questa guerra! Non è stato da noi ucciso Adapa, bensì qualcuno dei traditori che cospirano contro l’ordine costituito degli Ummanu.", incalzò ancora la Sacerdotessa guerriero.
"Menzogne e falsità, fin dall’inizio è stata questa la vostra strategia? Così avete causato la morte di molti guerrieri consacrati alle divinità mesopotamiche? Ingannandoli e colpendoli poi alle spalle? Così avete ucciso Ea, il mio amato Consigliere?", li accusò indispettito il Sovrano di Smeraldo.
"Non noi, ma Sin, Nanaja, Arazu ed Erra, loro hanno torturato ed ucciso il Primo Consigliere degli Anunnaki, contro di loro devi rivolgere il tuo odio, Sovrano di Smeraldo.", rispose secca Gwen, lasciando sbalordito il proprio interlocutore. "Ho le prove di ciò che dico, lascia che te le mostri…", aggiunse con voce cordiale la sacerdotessa guerriero.
"No, straniera, io mostrerò a voi qualcosa: la via per gli Inferi. Sarà illuminata da brillanti luci, così che non possiate sbagliarvi durante tal percorso!", avvisò minaccioso il Re degli Anunnaki.
In quello stesso momento, l’intero corpo di Marduk brillò, una luce che andò catalizzandosi nelle gemme preziose che decoravano le vestigia, "Smeraldi della Corona! Indicate loro la strada per gli Inferi!", ordinò deciso il Sovrano, prima di lasciar esplodere il proprio cosmo in un singolo attacco, che travolse tutti i presenti, con decine di strali di luce, che violenti si gettarono sui cavalieri d’argento.
***
Presso le mura meridionali di Accad, Sin era ora immobile, osservando con volto preoccupato il palazzo di Anduruna, dove sapeva che Marduk stava combattendo i cavalieri di Atena.
"Cosa ti porta qui, presso di me, Principe degli Annumaki? Piacere o dovere?", domandò, rubandolo ai suoi pensieri, Nanaja, ancora priva di abiti che ne velassero le forme ed ora seduta, quietamente, sul bordo della parete esterna, intenta a ricevere sul proprio corpo i caldi raggi del sole.
Per un attimo il figlio di Enlil si perse nell’osservare il corpo dell’Appalaku, poi con un sorriso stentato le rispose: "Gli ordini del tuo sovrano, Baal, mi portano qui, per richiedere che tu torni ad Anduruna, stavolta per combattere gli invasori su richiesta di chi ti comanda.", spiegò laconico.
"Dunque qualcuno di loro è sopravvissuto agli Anunnaki prima e poi ad Arazu ed Erra? Immagino che sarà una mera opera di pietà ucciderli, dopo si fatte battaglie, perché non lasciare questo compito ai tuoi due tirapiedi? Ci volevi tutti lì per risolvere il ben più piacevole ostacolo che Marduk rappresenta?", incalzò incuriosita l’altra.
"Gli Anunnaki, incapaci quali erano, non sono riusciti ad eliminare nessuno di questi invasori…", esordì allora, con chiara rabbia nella voce, Sin, lasciando perplessa Nanaja, proprio per il tono del Principe Rosso, "Arazu ed Erra, poi, sono stati uccisi senza riuscire a vincere nessuno di questi maledetti cavalieri di Atena!", ringhiò alla fine, schiumante di rabbia per quello che era forse il primo fallimento del suo progetto.
"Devo dire che questo è…inaspettato.", osservò stupita l’Appalaku, alzandosi in piedi, "ma non per questo il progetto di rinascita degli Ummanu fallirà.", continuò, con un serafico sorriso sul viso, avvicinandosi al principe degli Annumaki.
"Non fallirà? Tuttora Marduk sta affrontando da solo quei nove, che sono stati capaci di vincere su mio padre! Su Ea! Se gli rivelassero la verità? Ed anche se non vi riuscissero e lui li vincesse, poi come lo elimineremmo e su chi dominerò? Senza due nuovi sovrani per gli Annumaki e gli Anunnaki che mi seguano, come unico Imperatore degli Ummanu!", replicò Sin, stringendo per le spalle l’Appalaku.
"Non crucciarti dell’assenza di sovrani da porre sui due troni… troverai qualcuno che ti giuri la stessa fedeltà di quei due, se mai ti fossero davvero fedeli, o, al più, potrai generare dei figli da far salire a tali sedi. Quand’anche dovessi riformare da te l’intero esercito Ummanu, credo che non avresti problemi.", osservò Nanaja con un sorriso malizioso, poggiando le mani sull’addome del Principe, "Poi, per quel che riguarda il Re di Smeraldo, non vedo di che preoccuparsi: che scopra la verità dei fatti, non abbiamo da temere, poiché dalla nostra parte vi è la volontà divina, splendente e portentosa, che spazzerà via quel piccolo e sciocco mortale in uno scintillio di morte!", esclamò alla fine, lasciando scivolare sempre di più le mani sul corpo di Sin.
Fu però proprio il Principe Annumaki a fermarla, "Sì, la volontà divina…", ripeté chiaramente perplesso, "ma prima di potervi anche solo far conto, serve, credo, del tempo, tempo che noi dobbiamo guadagnare, strappandolo agli invasori ed a Marduk, se possibile.", ringhiò, allontanando del tutto Nanaja.
L’Appalaku rivolse un ultimo sorriso all’altro, allargando poi le braccia e lasciando esplodere il suo cosmo fiammeggiante, che richiamò una dorata armatura dall’aspetto di un feroce volatile bicefalo.
"Non preoccuparti, chi potrebbe mai ostacolare noi? Quei guerrieri hanno avuto finora ragione di soldataglia per lo più! Enlil, la guerriera di Khuluppu, Ea, quelli li ho finiti io, non loro! Li sopravvaluti.
Possono aver distrutto un carro di luce, un serpente mitologico ed un mostro delle acque, con un po’ di fortuna e ben di più ne avranno avuta per abbattere la Bestia delle Pestilenze ed il Mastino Infernale, ma cosa potranno con la Fenice Bicefala ed il Drago degli Inferi? Cosa contro Anzu e Kur?", domandò prima di scoppiare in una risata soddisfatta.
In quello stesso istante, la luce del suo cosmo avvolse Nanaja prima che l’armatura dorata si scomponesse per andare a celarne le nude forme.
Un’altra luce, intanto, da Anduruna, richiamava l’attenzione di Sin, una luce a ben nota, "La luce degli Smeraldi… l’ha usata.", analizzò, ben più rilassato, il Principe Rosso.
***
Marduk osservava con pacata tristezza i sette corpi degli avversari, ora al suolo, egualmente feriti, dopo l’attacco che il Sovrano di Smeraldo aveva portato: doveva darne atto a quei guerrieri, se non fossero stati feriti, probabilmente sarebbero stati per lui una ben più alta difficoltà da superare, ma la fatica di tre lunghi giorni di battaglie, alla fine, li aveva schiacciati, prima ancora che il Re degli Anunnaki li attaccasse.
Forse la donna che per prima lo aveva attaccato, forse lei poteva essere un degno avversario, ma, stranamente, non si era lanciata all’assalto, così come il Sovrano si aspettava, restando piuttosto sulla difensiva, cosa strana, agli occhi di Marduk, che non avrebbe creduto possibile in chi aveva invaso l’Antica Capitale.
Ben più determinato era stato il secondo gruppo di guerrieri e, dopo di loro, anche gli ultimi giunti sembravano, inizialmente, decisi alla battaglia, almeno prima di iniziare a recitare delle menzogne, probabilmente per salvarsi la vita, giacché erano stati tutti precedentemente feriti e ben dovevano capire di non poter niente contro un Re Ummanu in quelle condizioni.
Erano state proprio quelle menzogne a farlo infuriare, però, tanto che Marduk aveva deciso d’usare la tecnica proprio di ogni Sovrano Anunnaki, la stessa tecnica che aveva visto usare al proprio padre durante la battaglia contro Tiamat e che poi lui aveva appreso per mano di Ea, malgrado i più credessero che fin dalla battaglia contro il Sovrano Nero lui la conoscesse.
Solo il suo Consigliere sapeva il vero, e non lo avrebbe mai rivelato a nessuno, al contrario, Enlil, che allora era troppo confuso, così come Sin, non lo avevano notato: quel giorno, quando aveva ucciso Tiamat, Marduk non aveva usato gli Smeraldi della Corona, no, qualcosa di ben più personale e potente, l’unica arma che aveva dovuto solo affinare con l’esperienza, non apprendere, la più potente in suo possesso.
Più forte delle centinaia di fasci di luce che dalle vestigia della Corona prendono origine, espandendosi ogni dove, senza lasciar scampo al nemico ed impedendogli anche la più banale difesa contro si tale attacco.
Più devastante della sua assoluta difesa, sviluppata partendo dalla tecnica del Saggio Maestro, e capace di mutarsi in un violento attacco.
Quella sua tecnica personale, e finale, quel colpo segreto così devastante, era pronto ad usarlo contro gli assassini degli Anunnaki, ma, con dei sentimenti contrastanti in se, si era deciso ad evitarlo, proprio quando uno di quei invasori lo aveva rinchiuso dentro una ragnatela, allora si era creato una via di fuga, ma aveva contenuto la potenza dell’attacco… seppur, ancora non capiva perché.
Quei dubbi ancora ronzavano nella mente del Sovrano di Smeraldo, quando sentì un lamento provenire da poco lontano: due dei nemici si stavano rialzando, inaspettatamente.
Ero le due donne, quella che per prima lo aveva incontrato sul proprio cammino, Bao Xe della Musca, e colei che l’aveva chiamata Maestra, la guerriera dai capelli rossi.
"Un triste scherzo del destino vi vuole ancora in piedi, fanciulle di Grecia, non di certo la pietà bloccherà il mio pugno dallo sconfiggervi ancora ed ancora, finché resterete in piedi.", avvisò con voce ferma Marduk.
"Non il destino, ma le vestigia che proprio il vostro saggio Consigliere aveva per noi riparato, Sovrano degli Anunnaki, queste armature ci hanno permesso di rialzarci per prime, poiché siamo quelle che meno fra tutti hanno combattuto finora.", replicò lesta la sacerdotessa della Mosca, lasciando sbalordito l’interlocutore, "Ea vi avrebbe riparato le armature? Come potrei mai crederci? Vi era nemico! Lo avete torturato ed ucciso!", le accusò il Re di Smeraldo.
"Credete davvero a ciò che dite, Sovrano degli Anunnaki? Davvero pensate che noi avremmo potuto torturare un nemico? Ucciderli è già un obbligo che pesa come un macigno sulle coscienze di alcuni di noi, costretti dal nostro dovere di cavalieri, mai, però, ci permetteremmo di torturare e deturpare la vita di un avversario.", rispose con voce pacata la sacerdotessa guerriero.
"Tutto mi aspetto da degli invasori: menzogne e slealtà d’ogni sorta!", la zittì Marduk, con un secco movimento del braccio.
Un’onda d’energia spostò di qualche passo la sacerdotessa della Musca, "Dorida, occupati degli altri, vedrò di rallentarlo io…", furono le semplici parole che la donna rivolse alla propria allieva, che niente rispose, se non un gesto d’assenso con il capo.
"Rallentarmi? Dunque comprendi di non aver possibilità d’uccidermi, Bao Xe della Musca?", domandò incuriosito Marduk, "Non ho mai desiderato la vostra morte, o quella di alcun altro degli Ummanu, nemmeno dell’uomo cui ho dovuto prendere la vita per salvare i miei compagni, Enki di Zu, nemmeno la sua volevo. Per questo il mio unico scopo, adesso, è rallentarvi, poiché voi sembrate sordo alla realtà che vogliamo mostrarvi.", spiegò con voce calma la sacerdotessa guerriero.
"Infine qualcosa di vero: la tua mano ha tolto la vita al Giudice degli Annumaki! Il resto, però, mi sembrano tutte menzogne, ancora ed ancora ripetute!", la accusò Marduk, prima che dei nuovi blocchi di pietra si sollevassero attorno a lui, guidati dai gesti della mano destra.
Bao Xe, però, fu più lesta dei frammenti stessi, gettandosi in avanti verso il Sovrano di Smeraldo che, preso alla sprovvista da tale mossa, non poté far niente per bloccarla, nemmeno riuscì a muovere i diversi blocchi di pietra.
"Diptera Venefica!", invocò la sacerdotessa guerriero, oscurando per intero la visuale del Re degli Anunnaki, celando tutto ai suoi occhi attraverso la nube venefica che dalle sue braccia scaturì.
"Se pensi di avere di me ragione con così poco, guerriera, allora temo tu mi stia sottovalutando oltremodo!", la ammonì Marduk, prima che i blocchi di pietra si muovessero, raggiungendo Bao Xe alle spalle ed investendola con indubbia potenza, tanto da scagliarla al suolo, a pochi metri dal nemico.
"Non alla semplice vista mi affido, né ai soli cinque sensi! Una ben più profonda percezione del mondo mi è possibile attraverso la concentrazione cui sono costantemente sottoposto, una concentrazione che mi ha permesso in precedenza di individuarvi, dopo la triste sorte che aveva inferto al mio Primo Consigliere e Maestro, scatenando contro di voi il vortice che v’ha diviso, grazie all’aiuto del cosmo possente di Kusag.", spiegò il Sovrano di Smeraldo.
Quando poi, desideroso di concludere quello scontro, già Marduk stava muovendo un ben più grosso blocco di pietra verso l’avversaria, improvvisamente, il Re degli Anunnaki si rese conto che la dura roccia non rispondeva più ai suoi comandi, anzi, l’intero corpo era, adesso, come paralizzato, immobile ed incapace d’alcuna azione.
"E’ la venefica nube della Stella Doppia della Musca, posso variarne gli effetti a mio piacimento, nobile Sovrano, e, come già vi ho detto, non è mia intenzione attentare alla vostra vita, per questo ho fatto in modo che questa nube, che probabilmente credevate incapace di oltrepassare le vostre barriere psichiche, vi raggiungesse e paralizzasse.", spiegò Bao Xe, rialzandosi in piedi, seppur ferita.
"Ora vi prego, rinunciate ad ogni volontà guerriera ed io dissiperò la nube.", supplicò subito dopo la sacerdotessa guerriero, ma le parole le morirono in gola quando vide una strana deformazione nella barriera di luce che, fino a poco prima, aveva intravisto solo nei momenti in cui il Sovrano si difendeva: la barriera, infatti, parve quasi prendere vita, mutando come fosse un serpente, o qualcosa ad esso simile, gonfiandosi e raggiungendo dall’alto il capo di Marduk, fino ad inghiottirlo al proprio interno, per poi rilasciare, in un bagliore di luce e fumo, l’intera nube della Diptera, che si rigettò contro la sua stessa padrona, senza però danneggiarla.
"Sei dunque immune al tuo stesso veleno? Non c’è da stupirsene, in fondo per chi sulle menzogne e gli inganni basa la sua strategia, l’essere immune ai propri sortilegi è necessario.", osservò con una nota di disappunto il Sovrano di Smeraldo.
"Temo che inutili siano con voi le mie parole, solo i fatti potranno confermare come in noi non vi sia lo spirito di invasori…", affermò, dispiaciuta, la sacerdotessa guerriero, espandendo il proprio cosmo, "non me ne abbiate a male, Re degli Anunnaki, ma stavolta porterò un vero attacco, con il fine di rendervi impossibile combattere ancora, affinché Corvus possa mostrarvi la verità!", tagliò corto, lanciandosi in avanti.
"Volo di Myia!", urlò Bao Xe, prima di sferrare i diversi colpi con la mano, ma, al contrario che nei precedenti scontri, stavolta l’effetto fu ben diverso: la sacerdotessa guerriero avvertì qualcosa impattare contro la puntura della Mosca, ma non vi erano ferite o crepe sulle vestigia della Corona, bensì parve quasi che qualcosa si agitasse, subendo al posto di Marduk gli attacchi, le sembrò persino di sentire un bestiale lamento, prima di oltrepassare il Sovrano di Smeraldo, ancora illeso.
"Interessanti parole le tue, ma ormai inutili!", avvisò con calma proprio il Re degli Anunnaki, "Ora, però, è tempo di concludere, sul serio.", minacciò, espandendo il brillante e verde cosmo, "Smeraldi della Corona, illuminate la via degli Inferi per costei!", evocò Marduk.
"Kolito!", "Dermaton Liontarides!", invocarono all’unisono due voci distinte, provenienti dall’ingresso della sala, prima che un vortice di vento e ghiaccio si ponesse fra il Sovrano degli Anunnaki ed i cavalieri tutti, lasciando che i diversi fasci di luce si schiantassero contro quella portentosa, quanto inaspettata, difesa.
Solo alla fine dell’attacco, Marduk vide, ormai al suolo, due nuovi giunti, privi quasi di ogni segno delle loro vestigia, e segnati dalle precedenti battaglie. "Dunque anche gli assassini di Girru ed Erra sono fin qui giunti, ma temo, che già voi abbiate eseguito il vostro ultimo canto, proteggendo i vostri compagni. Azione che ha solo allungato la loro, e la vostra, agonia", osservò il Sovrano di Smeraldo, lasciando sfuggire dalla propria voce del rispetto per quei guerrieri che, senza esitazione, avevano consumato le loro ultime forze per chi con loro combatteva.
"Ci dai già per sconfitti, Re degli Anunnaki?", esordì allora un’altra voce, a Marduk ben nota, mentre ai suoi occhi si palesavano, stupendolo, altri tre dei cavalieri d’argento erano di nuovo in piedi, pronti alla battaglia.
"Come? Come potete ancora essere così tanto pieni di vitalità?", domandò sbalordito il Sovrano di Smeraldo.
"Quando anche i nostri corpi andassero in pezzi, la volontà di proteggere la Giustizia ci terrebbe vivi! Credi a queste mie parole, Re degli Anunnaki, credi alle parole di Zong Wu dell’Auriga!", rispose il guerriero cinese.
"E poi, non so i miei compagni, ma di certo io non mi farò piegare da uno sciocco, incapace di guardare al di là della brillante corona che porta in testa. Sei forse più sciocco della guerriera di Apsu contro cui ho vinto precedentemente.", lo derise di seguito Damocle della Croce del Sud.
"Come ti ho già detto, Re degli Anunnaki, non abbiamo tempo per dimostrarti la verità che non vedi! Il nostro primo dovere è impedire che questo rituale abbia termine e tu ci ostacoli in questo!", concluse deciso Husheif del Reticulum, anche lui pronto alla battaglia.
Le parole dei tre guerrieri sbalordirono non poco il Sovrano di Smeraldo: parole piene di convinzione, forse di superbia, ma di certo prive di quei sentimenti propri degli invasori; non vi era desiderio di distruzione nelle loro labbra, né ne vedeva negli occhi di quei tre cavalieri.
Cosa che, però, altrettanto stupì Marduk era la presenza, poco più indietro, di altri tre guerrieri già in piedi: le due donne guerriere con la maschera e l’altro giovane che poco prima lo aveva attaccato, solo la ragazza dai capelli rossi ancora s’impegnava nel curare gli ultimi giunti fra i nemici.
"Cedi il passo, Sovrano degli Anunnaki, non vogliamo la tua vita.", chiese ancora Zong Wu, "Mai, straniero, mai vi lascerò passare, troppe vite si sono perse perché questo rituale andasse a termine. In troppi speravamo nell’avvento di Shamash, perché mondasse il mondo dal male, adesso non posso lasciare che tutte queste speranze si perdano, come la sabbia sparsa dal vento.
Se anche foste guerrieri dediti alla Giustizia, poco cambia: non cederò il passo, anzi combatterò con tutto me stesso per il Regno in cui vivo e le persone che ho perso.", concluse Marduk, lasciando esplodere il proprio cosmo.
La vera battaglia stava per iniziare.