Capitolo 21: Menzogne e verità

Ea di Usma osservava lo sguardo di Sin, Principe degli Annumaki, ma non riconosceva gli occhi che avevano incrociato i suoi: non vi era l’affetto per Marduk, il rispetto per l’anziano consigliere, la sofferenza sottile, celata da una leggera nota di superbia, tutti sentimenti che ben descrivevano il figlio di Enlil, per come l’Anunnaki lo aveva conosciuto in tutto quel tempo.

Dov’era finito il giovane che come il Re di Smeraldo aveva sofferto la perdita delle persone più care, ma proprio per questo si sarebbe rivelato un Sovrano migliore del proprio padre ed amato dall’intero suo popolo?

Un dolore dilaniava ora le carni dell’anziano consigliere, non era, però, quello prodotto dal braccio che ne aveva strappato la pelle, perforato il corpo, frantumato gli intestini, no, era una sofferenza più acuta, dovuta a chi vedeva, per la prima volta, davanti a se, qualcuno che non riconosceva come Sin, poiché non ne aveva le fattezze. Uno sguardo pieno di soddisfazione, divertito e, in qualche modo, irritato, ecco cosa trasmettevano gli occhi che avevano incrociato quelli dell’anziano Ea.

Una seconda mano si poggiò sulle labbra dell’Anunnaki, prima che un cosmo caldo, incandescente quasi, si sprigionasse da quelle dita affusolate, bruciando la bocca dell’uomo, fino a sigillarne le labbra, l’una sull’altra. Ma anche quel dolore era poco rispetto al tradimento che aveva spezzato il cuore dell’uomo.

"Forse ho esagerato?", ridacchiò soddisfatta una voce femminile, vicino all’orecchio sinistro dell’anziano guerriero, "Dopo aver fatto bruciare dall’interno gli organi di Enlil ed aver ridotto l’altra Anunnaki a semplice cenere, creando per lei ed i suoi cari alberi un rogo, mi chiedi ora, nell’impedire a questo vecchio di urlare, se hai esagerato?", replicò con un sorriso divertito in volto Sin, avvicinandosi all’uomo ed alla donna che lo aveva colpito alle spalle.

"Nanaja cara, non sei una persona che tende a fermarsi, quindi non credo tu possa sapere cosa voglia dire esagerare.", rise soddisfatto l’Annumaki, a cui l’Appalaku rispose con un sorriso lascivo.

Gli occhi del Principe Scarlatto tornarono quindi sull’anziano Anunnaki, "Immagino tu sia, vecchio Ea, quanto meno confuso…", esordì il ragazzo, "probabilmente non crederai a ciò che sta avvenendo: i tuoi dubbi su dei traditori dimostrati in modo così lampante, inoltre, i colpevoli erano proprio le persone più vicine al tuo caro Marduk. Io e Mummu, oltre a Nanaja e qualche altro, che non sto qui a dirti." , spiegò, aumentando lo stupore, ed il dolore, nel cuore dell’anziano al sentire il nome dell’Ummanu di Apsu.

"Non mi dirai che non lo avevi capito? Mummu è il fantomatico Coccodrillo che tanto temevi. Non so bene il perché, ma è legata a Tiamat, è così fedele al ricordo dell’Esiliato che ha aspettato quindici lunghi anni il momento adatto per uccidere Enlil, oltre a te e Marduk, ben sapendo che da sola non vi sarebbe riuscita.

Ora, però, si è unita al nostro piccolo gruppo di cospiratori, anche se, se tutto andrà come immagino, non ne farà parte ancora per molto, giacché sono convinto che questi fantomatici stranieri saranno capaci di tenerle testa, magari qualcuno lo ucciderà, ma poi, la sua morte, assieme alla tua, per mano di questi nove nemici, mi permetterà di ottenere ciò che più necessito: Marduk manderà gli ultimi tre Anunnaki contro di loro.", spiegò con un ampio sorriso sul volto l’Annumaki.

"Ci pensi, vecchio? Nusku, Girru e Kusag, tre guerrieri potentissimi che affronteranno un numero maggiore di nemici. Sono abbastanza convinto della loro vittoria, ma c’è da dire che, dinanzi ad un gruppo di uomini capaci di sconfiggere Enlil e te, non potranno uscirne illesi, quindi, anche nel peggiore dei casi, ci saranno delle aperture nelle loro difese sufficienti perché le si possa finire. Poi Marduk resterà solo e quello sarà il mio momento.", concluse gioioso Sin.

Quelle parole, la fredda follia omicida che trasudava da quel piano, la distruzione di tutto ciò che restava degli Anunnaki per poi massacrare lo stesso Re di Smeraldo, era troppo da accettare: Ea sapeva di non poter molto da solo contro gli altri due Vice comandanti, per di più protetti dalle loro armature ed illesi, ma proprio per questo avrebbe dovuto tentare; così, sollevò la mano sinistra verso il soffitto, preparandosi a richiamare Usma con il proprio cosmo.

***

Damocle della Croce del Sud osservava la nuova sala in cui avrebbe dovuto affrontare l’Anunnaki che aveva attaccato, dando così modo ai compagni d’avanzare. Non era un immenso corridoio, anzi, al contrario di quello in cui aveva combattuto con Nedu di Magilium, quella in cui si trovava era una terrazza, o, più correttamente, un vastissimo balcone che dava sulla città di Accad, un luogo probabilmente perfetto per riposare dopo essersi rilassati nella sala delle terme dove fino a poco prima avevano combattuto.

Non vi sarebbero state colonne contro cui scontrarsi, o proteggersi, ne soffitti che sarebbero caduti sul cavaliere d’argento, ma solo un vasto campo di battaglia all’aperto.

"Ti pentirai delle tue azioni, straniero.", ringhiò la metallica voce di Mummu di Apsu, che dalla propria armatura osservava il santo di Atena, "La morte che ti riserverò sarà lenta e dolorosa, giusta punizione per tutto ciò che hai fatto finora.", minacciò decisa l’Anunnaki.

"Tremerei quasi di paura dinanzi a queste parole, non fosse per come risultino ridicole, al pari delle vestigia che indossi, figlia di Tiamat.", la apostrofò con superbia Damocle, sorridendo beffardo.

Con uno scatto inaspettato, la guerriera mesopotamica si portò contro il cavaliere nemico, colpendolo con un violento pugno allo stomaco, subito seguito da una gomitata sinistra alla base del collo e concluso da un calcio rotante all’addome, che gettò il santo di Atena a terra.

"Questa è solo la prima lezione, insulso straniero, che tanto ti fai grande a parole. Le Onde di Apsu raddoppiano d’effetto al momento del contatto fisico con l’avversario.", lo ammonì la voce metallica di Mummu.

Il cavaliere di origini italiane non riuscì nemmeno a replicare, stordito dai colpi subiti e dal forte senso di nausea che lo riempiva ogni volta tentasse di sollevarsi in piedi, o aprire bocca.

"Vedo che sei diventato molto più silenzioso, straniero, allora ti impartirò una seconda lezione, su quali sono i veri poteri di Apsu!", aggiunse l’innaturale voce che proveniva dalle vestigia verdi.

Le braccia dell’Anunnaki si sollevarono, aprendosi, ironicamente, proprio a dipingere quasi una croce, "Correnti di Apsu!", tuonò la voce metallica, prima che i palmi aperti andassero a scontrarsi dinanzi alla guerriera.

Non parve esservi alcun effetto a questo semplice gesto, ma, dopo pochi attimi, Damocle fu sollevato da terra, come se un’ondata di energia lo avesse investito e lo stesse trascinando, quasi fosse all’interno di un fiume in piena, verso una delle pareti esterne di Anduruna, su cui il cavaliere fu schiantato, restando per diversi secondi a trattenere le urla che l’invisibile pressione gli stava provocando.

Quando quella pressione si concluse, il cavaliere d’argento ricadde al suolo, apparentemente privo di forze, "Queste vestigia, che tanto hai deriso, straniero, sono un potente mezzo in battaglia: al pari di un tamburo, o di un qualsiasi altro strumento musicale, amplificano una vibrazione, cioè un suono.

Il mio cosmo, che risuona al loro interno, muta in un’arma terribile attraverso quest’armatura, una sottile emanazione dello stesso produce un suono tanto debole che solo gli animali dall’udito più fino possono avvertirlo, ma che produce effetti disastrosi tutti i miei nemici, queste sono le Onde che vi avevano intorpiditi.

Quando, però, il mio cosmo aumenta d’energia, allora, indirizzandole con una vibrazione prodotta dalla parte superiore del corpo, rilascio non più dei semplici suoni capaci di stordire, bensì emetto pressione, una pressione che, al pari di un fiume, travolge nella propria corrente il nemico, schiantandolo con violenza fra le proprie acque invisibili.

Questa è la virtù di Apsu, il Fiume del Mondo.", spiegò con chiaro orgoglio la voce metallica di Mummu.

"Questa è una virtù che tu dovresti voler distruggere, per la vendetta che dicevi di voler portare avanti, in nome di un padre che, a quel che ho capito, non hai quasi conosciuto.", ridacchiò allora Damocle, rialzandosi a stento.

"Parli di cose che non comprendi, straniero!", lo ammonì la voce metallica, "Al contrario, parlo di superbia, vendetta e menzogne… ed almeno una di queste la comprendo molto bene.", rise a denti stretti il cavaliere, portandosi nella sua normale posizione di guardia.

"Superbia è quella che ti ha portato alla vendetta: la superbia di credersi importante solo perché figlia di un Re esiliato; Vendetta, invece, è quella che cerchi per qualcuno che nemmeno hai conosciuto, vivendo nella menzogna, con te stessa e con chi ti sta intorno; Menzogna, infatti, è l’unica parola con cui può essere definita la tua esistenza, da quando ti sei finta una di questi Anunnaki.", spiegò con voce ferma Damocle, "Sei una creatura ben più patetica dell’armatura che indossi.", concluse, prima che il suo cosmo esplodesse in un attacco di luce.

"Lux Crucis!", tuonò il santo d’argento, lanciandosi all’assalto dell’avversaria.

Il colpo fu portato con una velocità sorprendente che, assieme alla luce prodotta, colse alla sprovvista Mummu, impedendole una più che adatta difesa, così da subire una ferita alla spalla destra, la cui protezione andò in pezzi sotto la violenza dell’attacco subito.

"Maledetto!", ringhiò di rimando la voce metallica, lanciandosi contro il cavaliere, che, malgrado il colpo portato a segno, subiva ancora gli effetti delle Onde di Apsu, che ne riducevano la velocità di reazione.

Un potente pugno raggiunse quindi Damocle alla base della nuca, costringendolo di nuovo in ginocchio, prima che un calcio in pieno viso lo gettasse a terra, sanguinante dal volto, lasciandolo in balia dei calci che l’Anunnaki continuava a portare al corpo del santo di Atena, che solo le vestigia, riparate da Ea, stavano salvando da gravi ferite interne.

Ci volle tutta la forza di volontà del cavaliere italico, perché questi potesse ruotarsi sul fianco destro, facendo poi leva sul braccio stesso, per spiccare quindi un rapido salto, che lo portò ad investire con una spallata lo stomaco dell’Anunnaki, producendo poi un secco movimento con l’arto superiore sinistro, così da causare un altro taglio sulle vestigia di Apsu, costringendo l’avversaria ad allontanarsi.

"Ti ritenevo un’avversaria più degna, data la tua discendenza!", sbottò Damocle, rialzandosi in piedi, "Calci e pugno sono atti da sozza plebaglia, non adatti a chi si fregia del titolo di figlia d’un Re.", la ammonì, pulendosi con eleganza le vestigia dalla polvere.

"Maledetto, osi ancora prenderti gioco di me?", ringhiò la voce metallica provenente dalla maschera di Apsu, "Al contrario, ormai mi sei giunta a noia, straniera. Il tuo fare non è consono al rango che vanti, né la battaglia produce in me stimolo alcuno ormai. Troppo hai osato con queste tue arti, ormai mi risultano di facile comprensione.", la canzonò con voce acida, ed un beffardo sorriso, il santo d’argento.

"Ancora ti beffi di me?", ruggì l’estranea voce di Mummu, prima che l’Anunnaki si gettasse in avanti, contro il proprio avversario, pronta a colpirlo con un secco pugno al corpo. Damocle fu, però, ben più veloce, spostandosi con un secco balzo, per poi compiere un secco movimento di taglio con ambo le braccia, che danneggiò il bracciale destro di Apsu, frantumandone una parte.

Parole di rabbia sarebbero in quel momento nate dalla bocca della figlia di Tiamat, se non si fosse accorta di una cosa incredibile, osservando il suo avversario: questi aveva il capo chino in avanti e gli occhi chiusi, malgrado le braccia, in posizione di guardia, indicassero la determinazione di combattere, il corpo sembrava piegato dagli effetti delle Onde di Apsu.

La sicurezza per ciò che vedeva portò Mummu ad errare: l’Anunnaki, infatti, scattò subito in un nuovo attacco, pronta a caricare frontalmente con un calcio circolare, il corpo del nemico, ma Damocle fu più veloce, spostandosi indietro di pochi passi e chiudendo di nuovo le braccia dinanzi al busto in una croce che subito si aprì, disegnando il profondo taglio sulle vestigia verdi, di cui la zona addominale andò in pezzi. E nemmeno nel compiere quel colpo, l’allievo di Capricorn alzò il capo.

Di nuovo Mummu di Apsu si fermò, "Maledetto!", ringhiò ancora una volta verso l’avversario, "Osi colpirmi senza nemmeno rivolgermi attenzione, a tanto la tua superbia arriva?", domandò infuriata la voce metallica.

"Al contrario, non ti rivolgo tutta la mia attenzione proprio per combatterti al meglio.", rispose con serietà Damocle, "Se la tecnica che continui ad usare danneggia il mio equilibrio mediante l’udito, creando il senso di nausea che arriva all’olfatto ed al gusto, rendendoli inutili, ingannando persino la vista, che più non m’è d’aiuto, allora l’unica cosa che mi resta da fare è concentrarmi sull’unico senso che non m’ingannerà mai: il tatto. Lo spostamento d’aria dei tuoi movimenti mi indica la direzione degli attacchi, evitarli è poi facile per chi, come me, s’è addestrato a schivare il sacro taglio di Excalibur; ben misera cosa sono i tuoi rozzi pugni a confronto.", spiegò con soddisfazione il santo d’argento.

"Devo ammettere che usare una così raffinata tecnica contro un guerriero del tuo calibro, è demoralizzante, ma a mali estremi, estremi devono essere i rimedi.", concluse pochi attimi dopo, con un sorriso sul volto, il cavaliere di Atena.

"Quand’anche ciò che blateri fosse vero, straniero, se ti colpissi anche questo tuo baluardo del tatto verrebbe meno!", lo ammonì subito Mummu, celando la sorpresa per la tattica dell’altro, prima di lanciarsi all’attacco.

Con un veloce gancio sinistro, l’Anunnaki cercò di colpire il santo d’argento, che lesto si spostò, evitando il pugno dell’altra, prima di piegarsi sulle ginocchia per compiere una veloce capriola all’indietro, che lo portò ad eludere anche un secondo colpo, portato stavolta con il dorso della mano sinistra, dell’avversaria. Di nuovo con i piedi a terra, fu stavolta Damocle ad attaccare Mummu, con un singolo movimento delle braccia, che andarono a creare una croce di luce fra i due contendenti, dilaniando completamente la protezione dell’avambraccio sinistro di Apsu, lasciando la leggiadra pelle della guerriera, ora ferita, scoperta.

"Una volta scoperto il trucco, il tuo stile di lotta risulta davvero tedioso…", la sbeffeggiò il cavaliere di Crux.

"Osi ancora deridermi, oltre che distruggere le mie vestigia?", domandò indispettita la voce metallica dell’Anunnaki, "Ebbene, ora pagherai tali gesti con ben più dure sofferenze!", minacciò, allargando le braccia, pronta ad utilizzare un altro dei propri attacchi.

"Temo, invece, che sarò io a darti una nuova lezione.", replicò calmo Damocle, portando il braccio sinistro dinanzi al destro, nella posizione atta a preparare una delle sue tecniche.

"Corrente di Apsu! Colpisci questo insolente!", ordinò infuriata Mummu, "Crux Argentii!", rispose con egual determinazione il santo di Atena.

Non parve esservi impatto fra i due attacchi, ma un udito abbastanza fine avrebbe potuto avvertire un rombo sottile esplodere a mezz’aria fra i due combattenti, prima che la copertura dell’avambraccio destro di Apsu andasse in pezzi e nuove ferite si aprissero sugli arti dell’Anunnaki.

Indietreggiando ferita, Mummu osservò dalla maschera informe il sangue colare dal suo corpo, "Ancora osi danneggiare le mie vestigia?", ringhiò la metallica voce deformata dall’elmo.

"In effetti ho anch’io una domanda per te, figlia di Tiamat…", esordì allora il santo d’argento, "perché tanto interesse per un’armatura che, alla fin fine, oltre che oscena esteticamente, dovrebbe esserti solo utile per una vendetta? Non dovresti essere in alcun modo legata a quello che era uno strumento dei nemici del Coccodrillo Nero.", osservò con disappunto l’italico guerriero.

"Cosa intendi dire?", domandò la giovane discendente dell’Esiliato, la cui sola maschera nascondeva lo stupore nella voce, "Queste vestigia non sono altro che uno strumento, guadagnato dopo un lungo e difficile addestramento sotto la guida di Ea stesso.", raccontò la guerriera.

Una risata proruppe allora dal cavaliere d’argento, "Quindi sono stati gli stessi uomini che dovresti uccidere ad averti addestrato?", chiese ancora Damocle, "Eppure, per quanto tu le definisca uno strumento, dire che le hai guadagnate ed infuriarti per la loro sorte, oltre che offenderti ad ogni mia nota sulla loro indubbia bruttezza, fa notare che tu le consideri più che un semplice mezzo.", puntualizzò il santo di Atena.

"Non so di cosa tu parli, straniero, ma farò presto concludere questo tuo sproloquio!", ringhiò infuriata la voce metallica dell’Anunnaki, "Anche questi tuoi modi, guerriera, indicano come la realtà sia forse ben chiara anche a te… che menti a te stessa, prima che ai presunti compagni che vorresti uccidere.", la ammonì ancora il cavaliere italiano.

Le braccia della figlia di Tiamat si congiunsero sopra il suo capo, chiudendo i pugni fra loro, il cosmo della guerriera per la prima volta sembrò quasi udibile, come un continuo gorgogliare di acque, che cozzavano attraverso ciò che restava delle vestigia verde smeraldo.

"Tutto è inutile nel tuo attaccare, ragazza. Come prima, anche stavolta perderai contro la potenza delle mie lame.", avvisò allora Damocle, di nuovo in posizione di guardia con il braccio destro pronto a colpire, "Il colpo di poco prima dovrebbe avertelo reso palese: non serve a niente usare questi suoni sottili, quando investi direttamente il corpo dell’avversario, gli dai una massa, forse invisibile, ma proprio perché producono un effetto fisico, questi suoni hanno forma. E ciò che ha forma, può essere tagliato.", si apprestò a concludere il cavaliere.

"Ciò che dici può anche essere vero, straniero, ma paragonare la forma della Corrente di Apsu al colpo che sta per raggiungerti, è come confrontare una singola e grande onda, con decine di flutti, che ti si indirizzano contro contemporaneamente.", replicò tranquilla l’altra.

"Siano anche una decina, non le temo! Attaccami e poi cedi il passo, figlia di Tiamat!", affermò superbo il santo di Atena.

"Gorgo di Apsu! Travolgi il nemico!", ordinò secca l’Anunnaki, prima d’abbassare le braccia, che proruppero in una serie di striduli suoni, quasi come se l’intera armatura fosse entrata in una sorta di eufonia, "Crux Argentii!", fu la secca risposta del cavaliere d’argento a quel avverso attacco.

La croce energetica, però, mancò il bersaglio principale, il tronco dell’avversaria, perdendosi contro una delle ringhiere della balconata, danneggiando solo il gambale sinistro dell’armatura verde, un attacco fallito per il modo innaturale in cui aveva mosso le braccia Damocle, che ora era in piedi, fermo, apparentemente illeso, malgrado le vestigia presentassero decine di crepe che fino a poco prima non vi erano ed il suo sguardo fosse deformato dal dolore.

Per alcuni secondi i due rimasero in quella posizione, mentre sangue colava dalla nuova ferita di Mummu, poi fu il santo d’origini italiane a muoversi, piegando dolorante un braccio, prima di sputare sangue al suolo, dinanzi a se.

"Il Gorgo di Apsu è ben diverso da un colpo energetico, come hai chiamato l’altra mia tecnica. Chiameresti in questo modo una serie di suoni tanto sottili, ed allo stesso tempo violenti, da non essere udibili nemmeno dagli uditi più fini, ma capaci di frantumare vetro, ossa, pietre, senza danneggiare, al qual tempo, la carne? Le ossa spezzare feriscono gli organi interni, provocando altri danni, un susseguirsi di ferite invisibili, ma letali. Ecco la sofferenza che t’avevo promesso, straniero.", spiegò la metallica voce di Mummu, prima che la guerriera sollevasse di nuovo le braccia sopra di se.

"Gorgo di Apsu!", urlò ancora, investendo un impreparato e sofferente Damocle con il suo colpo, per la seconda volta.

***

Ea il Saggio stava per sollevare il proprio braccio, così da richiamare a se le vestigia di Usma, ma qualcosa lo fermò, o meglio, qualcuno: due braccia, dalla diversa forza, ma egualmente portentose, che strinsero i suoi polsi, fino a spezzarli.

Un urlo, di dolore e sorpresa, fu soffocato dalle labbra incapaci di spalancarsi, prima che l’anziano Anunnaki vedesse alla sua destra Arazu ed alla sinistra Erra, i due ultimi Annumaki ancora in vita, oltre Sin stesso.

"Cosa pensavi di fare, vecchiaccio? Richiamare quelle tue luride vestigia verdi? Questi sono gli appartamenti dell’Armata Rossa, non gradiamo oggetti del genere da queste parti.", lo ammonì divertito il guerriero dagli scombinati capelli grigi, leggendo lo stupore nello sguardo dell’anziano.

"Pensavi davvero che non facessimo parte dei grandi piani di sua maestà Sin?", domandò allora l’altro, dai sottili occhi rosso sangue, "Fin dall’inizio nessun altro degli Annumaki lo avrebbe potuto seguire più fedelmente!", concluse Arazu. I due guerrieri, allora, si scambiarono un secondo sguardo soddisfatto, prima di piegare, all’unisono, le braccia dell’Anunnaki, fino a spezzarle entrambe, lasciandole cadere poi ai fianchi dello stesso.

"Questo è vero, nessuno mi avrebbe potuto seguire più fedelmente di chi, come me, sapeva vedere al di là della mera esistenza che mio padre aveva scelto per tutti noi: vagabondi, privi di un regno su cui governare, costretti ad uccidere solo nemici che potevano massacrarci a loro volta per il mero desiderio di suicidio di Enlil, lo stupido.", sbottò allora Sin, avvicinandosi sorridente ai suoi due servitori.

Lo sguardo di Ea, a quelle parole, trasmise il disappunto dell’anziano dinanzi al disprezzo con cui il giovane Principe parlava di suo padre, un sentimento di cui, certamente, Sin s’accorse, avvicinandosi subito al Consigliere, fino a portarsi a pochi centimetri dal suo volto.

"Perché Marduk, che ha causato la morte della propria madre e niente ha fatto per proteggere suo padre ha ereditato un regno, un popolo che lo seguisse, parenti, affetti, mentre io, che nemmeno potevo niente quando mia madre fu uccisa, dovetti vivere come un vagabondo? Ero forse meno degno di Marduk? No, avevo solo un padre folle e desideroso di riavvicinarsi alla propria sposa, seppur il suo contorto senso dell’onore gli impediva di lasciarsi morire!", ringhiò, schiumante di rabbia, Sin, prima di volgere lo sguardo verso i due Annumaki e, dopo, sull’Appalaku.

"Nanaja cara, puoi togliere ora il braccio dalle interiora di questo vecchio avvizzito.", osservò con un tono più calmo il Principe Scarlatto, allungando la mano verso la prima guerriera dorata, che subito, con la mano che aveva ustionato le labbra di Ea, accolse l’invito, seguendo con un sorriso l’altro, rivelando il proprio corpo agli occhi dell’anziano, un corpo privo non solo dell’armatura, ma anche di qualsiasi sorta di veste a coprirlo in modo pudico.

"Le vestigia le ho lasciate al Muro Meridionale, così da dare la parvenza d’essere ancora lì.", affermò con un sorriso dinanzi agli sguardi stupiti, e famelici, dei due Annumaki.

"Questa è forse un’esagerazione.", osservò divertito Sin, cingendo le proprie braccia sul petto della prosperosa Appalaku, prima di volgere lo sguardo verso i suoi servitori, "Voi, spezzate le gambe al vecchio. Deve sembrare che gli stranieri abbiano passato del tempo a torturarlo. Coprite il suo corpo di contusioni, a suon di calci!", ordinò ancora il Principe Scarlatto, prima di abbandonarsi ad un bacio con la guerriera dorata.

Per interminabili secondi Ea sentì su di se non il peso ed il dolore dei calci che gli stavano impartendo Erra ed Arazu, bensì il fardello delle verità e delle menzogne che si palesavano ai suoi occhi: sapeva che i due Annumaki erano dei folli assassini e che non ci si sarebbe dovuti fidare di loro, ma il giogo di Enlil li aveva sempre tenuti abbastanza stretti da non doversene preoccupare, malgrado mai in loro avesse riposto fiducia; ciò che, però, pesava sulla coscienza del Consigliere, erano Sin, Mummu e Nanaja.

La concubina di Baal, in fondo, era qualcuno di esterno alle Tribù degli Anunnaki ed Annumaki, una guerriera introdotta fra gli Ummanu dal Sovrano Dorato, che, supponeva Ea, mai avrebbe potuto immaginare un tale tradimento fra le proprie file, forse nemmeno se ne preoccupava, accecato com’era dal desiderio di completare quel rito antico.

Sin e Mummu, però, era persone ben diverse: i ricordi che di loro aveva l’anziano Consigliere erano di persone care a Marduk, persone che non riusciva a riconoscere nelle parole del Principe Scarlatto su quanto era stato fatto da lui e dai suoi compagni fino a quel momento, parole di un folle, un traditore, al pari dell’Anunnaki di Apsu, che sembrava essere il fantomatico Coccodrillo.

Questa era la riflessione del guerriero di Usma, una riflessione che parve non avere fine, finché i calci non s’interruppero e la voce di Sin imperò che gli Annumaki sollevassero il corpo, ora tumefatto dalle ferite, dell’anziano Consigliere.

"Ci è voluto tempo e pazienza, ma alla fine sono riuscito ad ottenere ciò che volevo, la prima parte del mio grande progetto si è completata la notte scorsa, vecchio Ea, con la scomparsa di Enlil, quel padre così cieco da non vedere il proprio destino, né quello del figlio suo, il mio destino!", ringhiò infuriato il Principe Scarlatto, "Ora, con la morte tua e dell’Anunnaki di Apsu, Marduk stesso mi condurrà alla seconda parte del progetto: la distruzione del vostro esercito.", continuò, sorridendo come un folle.

"Magari non li uccideranno gli stranieri, ma, come ti ho già spiegato, dei guerrieri tanto potenti da piegare te ed Enlil, di certo li stancheranno a sufficienza perché domani, nelle mattinate, Erra, Arazu e Nanaja li finiscano!", esultò Sin, volgendosi verso coloro che gli stavano intorno, prima di sollevare un dito per portarselo dinanzi alle labbra.

"C’è anche da dire che questi stranieri sono tanto sorprendenti da poter sopravvivere alla battaglia, forse anche uccidendo qualcuno dei loro nemici, magari gli Anunnaki di Basmu, o del Carro Solare, poiché quello di Labbu è ben d’altro stampo, in tal caso, miei fedeli servitori…", esordì volgendosi verso i due Annumaki che tenevano per le braccia fratturate il povero Ea, "in tal caso dovrete essere voi ad eliminare questi stranieri, che non raggiungano in alcun modo Marduk, poiché il seme del dubbio potrebbe insinuarsi nella mente di quello sciocco, rovinando i miei piani. In particolare, ci sono due donne fra quei nove guerrieri, una, dai capelli rossi, ha un frammento delle vestigia di Khuluppu, potrebbe aiutare gli altri compagni a curarsi, quindi dovrete eliminarla, o almeno sottrarle quello strumento di cura; ben più pericolosa è invece quella dai capelli blu, lei può far rivivere i ricordi ai propri avversari, se arrivasse da Marduk, testimoniando contro di ciò che ora gli riferirò, il piano tutto andrebbe in pezzi e la sicurezza di una facile vittoria con esso. Eliminatela, cancellate l’esistenza di questa fanciulla dal mondo, che di lei non resti un solo frammento, semmai vi raggiungerà.", ordinò secco Sin, prima di volgere lo sguardo verso Ea, che ora lo osservava con rabbia crescente.

"Leggo ancora la sfida nei tuoi occhi, vecchio, eppure ormai dovresti comprendere che niente e nessuno potrà fermarmi! Gli Appalaku sono caduti tutti, dal piccolo Adapa, che io stesso ho sacrificato, mera pedina di un piano ben più grande, fino agli insulsi Etana e Zisutra, che di certo non avevano un ruolo più rilevante, solo la sorte, che non li ha legati a te e Marduk, gli ha permesso di sopravvivere più a lungo.

Degli Annumaki caduti, posso tranquillamente fare a meno: Zakar era un debole, un insulso guerriero incapace di un vero scontro; Enki mai avrebbe accettato il mio governo, troppo legato al suo modo di vedere la giustizia; Nedu, al contrario, lo avrei gradito fra i soldati a me consacrati, ma la sorte ha voluto che perdesse la vita in battaglia, in fondo non era così forte come sembrava; per Beletseri un po’ me ne dispiaccio, in fondo negli anni della fanciullezza fu l’unica a starmi realmente vicino, piacevole e dolce è stata la sua compagnia, ma ora ho ben altro con cui divertirmi. Un regno ed un mondo da governare, con cui saziare ogni mio sfizio, non appena avrò strappato la vita dal buon Marduk, subito dopo aver eliminato anche gli ultimi tre Anunnaki ancora fra noi.", affermò soddisfatto Sin, volgendo l’indice verso l’anziano Consigliere.

"Tre dei sette guerrieri al seguito di Marduk, giacché Enlil stesso, proprio grazie alla sua natura, mi ha tolto di mezzo il primo, mentre Khuluppu è stata presa in mezzo dal nostro piano. Ben presto, ne sono certo, anche Apsu non sarà più di questo mondo e, per quel che ti riguarda, tu sei morto, vecchio Ea.", concluse Sin, liberando un sottile strale di luce argentea prorompeva dall’indice della mano, trapassando la fronte dell’anziano Anunnaki che cadde al suolo, privo d’appiglio che lo mantenesse legato alla vita sua, che subito, veloce come la folgore che lo aveva trapassato, sfiorì, abbandonandolo.

Urla d’esultanza proruppero da Erra ed Arazu, che osservarono la scena divertita, prima che un gesto di Sin li zittisse, "Tornate alle vostre stanze e ricordate quanto dettovi.", ordinò subito il Principe agli Annumaki, volgendosi poi verso Nanaja, "Tu, al contrario, torna alle mura esterne, indossa le vestigia che ti competono ed attendi, in mattinata sarò io stesso a chiamarti presso Anduruna, in modo ufficiale.", sentenziò secco verso l’Appalaku, che con un inchino si allontanò.

Rimasto solo con il corpo senza vita di Ea, il giovane figlio di Enlil lo osservò per qualche secondo, poi lo sollevò fra le sue braccia, "Ti attende l’ultima visita al tuo prediletto allievo, vecchio, vediamo di non tardare oltre.", sussurrò al feretro, sorridendogli, prima di incamminarsi verso le stanze dove si trovavano i due Sovrani.

***

Damocle di Crux era immobile, il secondo Gorgo di Apsu lo aveva raggiunto senza problemi, scuotendone il corpo, senza lasciarlo cadere al suolo, ma danneggiando ulteriormente le vestigia d’argento, ora segnate da nuove crepe, al pari del sangue, che scivolava fuori dalla bocca, dal naso, dalle orecchie, persino da vecchie ferite riapertesi inaspettatamente.

Mummu, la figlia di Tiamat, osservava dalla maschera informe quello spettacolo sanguinolento, con le braccia nuovamente nella posizione del suo attacco più portentoso, indecisa, però, se colpire o meno, almeno in apparenza.

"Prima di finirti, straniero, voglio rivelarti verità che forse, ai tuoi superbi occhi, erano inspiegabili.", esordì l’Anunnaki, "Tu dici che io sono troppo affezionata a queste vestigia, ottenute da chi dovrei odiare, eppure è proprio questa armatura, che tanto deridi, che mi porterà alla vittoria, mi concederà quella vendetta che mio padre reclama! Quando lo vidi, lo conobbi, per quei pochi giorni passati assieme, la sua compagnia mi strappò dall’insulsa vita che, come figlia di una sua serva, condannata per la lealtà rivolta al proprio Re, mi spettava; egli mi riconobbe, mi concesse onori in quel piccolo accampamento e mi trattò come una principessa, più che come una schiava.

Fu l’affetto verso di lui che mi convinse a rinnegare il mio passato, a non farne parola con nessuno, nemmeno con Marduk, o Ea, che mi accolsero al loro seguito, accettandomi in tutto il mio mistero, dandomi un addestramento, un calore che mai nessuno, se non Tiamat stesso, mi aveva rivolto, per quanto per un breve lasso di tempo.

Mi chiedi se io sia affezionata a queste vestigia? Ebbene lo sono, come sono affezionata al padre che ho perso, per cui ucciderò l’unico uomo che ho conosciuto, per questo ho mandato a morte il maestro che mi ha concesso questi poteri. Cos’altro potrei fare?", ruggì alla fine la metallica voce, deformata dalla maschera di Apsu.

"Solo una cosa ti chiedo…", sussurrò allora la voce del cavaliere d’argento, "non farmi ridere.", concluse, alzando uno sguardo privo di pietà, o fatica, o altro che non fosse determinazione; "I tuoi attacchi mi hanno danneggiato le ossa, anche ridere sarebbe un dolore per la mia mascella.", aggiunse beffardo.

"Ridere? Di me? Come osi?", urlò l’Anunnaki, "Oso perché patetiche sono le tue parole, meritevoli solo di derisione! Se questo Tiamat fosse un usurpatore, o solo un uomo con sogni di gloria più grandi di lui, o forse il più giusto dei Re, non lo so. Né conosco l’affetto che ti legava a lui per un tempo che oserei dire effimero, rispetto agli anni passati con chi dovresti odiare, eppure tu, per un ricordo sfuggente, per qualche attimo di gloria che ha gonfiato il tuo orgoglio di bambina, hai vissuto nella menzogna verso chi ti stava intorno e, soprattutto, verso te stessa? Rinnegando la riconoscenza per chi ti ha trattato come sua pari, anche se eri figlia di una serva? Ah, come ho sbagliato a crederti una degna avversaria… la più misera delle plebee sei, in vero, se non cogli nemmeno quale grande fortuna hai avuto nella vita, o se desideri ripudiarla per qualcuno che nemmeno hai conosciuto del tutto.", la ammonì, con la voce strozzata dal dolore, Damocle.

"Cosa ne sai tu?", incalzò subito l’Ummanu di Apsu, "Io so che un genitore dovrebbe tenere prima alla felicità dei figli, che non al proprio futuro, o alla vendetta che anela di conquistare; so che anche i più nobili degli uomini, dinanzi ai sogni della propria prole, devono, al più indirizzarli verso il meglio, ma non costringergli a prendere una qualsivoglia strada. Così fu per me, che rinuncia al titolo nobiliare per un sogno di guerriero e spadaccino, senza che mio padre dicesse alcunché, discendente dell’antico casato dei Borgia, così sarebbe dovuto essere per te, che avresti dovuto accettare l’affetto di chi ti è stato vicino per quindici lunghi anni, sicura che la figura paterna conosciuta per pochi giorni non ti fosse così avversa, né anelasse tanto egoisticamente al proprio bene, da ripudiare del tutto il tuo futuro, per un oscuro passato. Hai vissuto un’esistenza di menzogne, almeno sappi cogliere la verità, ora che la morte è giunta a prenderti, sotto forma della Croce dei Cieli!", concluse il santo d’argento, aprendo a fatica le braccia lungo i fianchi.

"Aneli ancora alla battaglia, straniero? Ebbene, ti farò felice, scatenando di nuovo contro di te il Gorgo del Fiume del Mondo!", ribatté subito Mummu, che voleva apparire incurante delle parole del nemico, concentrando tutta se stessa nella battaglia che ora l’attendeva.

"Crux Caelium! Risplendi sul nemico!", tuonò il cavaliere di Atena, "Gorgo di Apsu! Travolgi questo folle!", ordinò secca l’Ummanu mesopotamica.

Ci fu un bagliore di luce a forma di Croce, mentre l’aere si riempiva del suono delle correnti del fiume di Vita, poi più niente, solo i due guerrieri immobili.

Damocle era fermo, in piedi, sul bordo sinistro del balcone, Mummu, al contrario, era ancora ritta nella posizione dell’attacco eseguito, sul bordo opposto.

D’un tratto, un secco rumore di metallo che andava in frantumi e l’elmo di Apsu cadde, spaccato in quattro parti, al pari della copertura per spalle e parte del pettorale. Una lacrima solcò allora il viso dell’Anunnaki, vide una mano avvicinarsi al suo viso, eterea ed immateriale, come solo un ricordo poteva essere; quasi la parola "Padre" stava per solcare le labbra della giovane guerriera, prima che quelle dita prendessero la forma di una mano ben più nota e conosciuta, la mano di Marduk. Con stupore, nella mente di Mummu, non tornarono i pochi momenti passati con il padre, né gli anni dell’infanzia, bensì il lungo periodo passato nella tribù verde, assieme al Re che per primo aveva amato e l’anziano uomo che, non conoscendola, l’aveva accettata come allieva e, quasi, come figlia.

"Marduk…", fu l’unica parola che riuscì a sussurrare la vera voce della ragazza, prima che il corpo, su cui una croce s’era aperta, dilaniando pelle e vestigia, cadesse all’indietro, volando al di là del parapetto del balcone, perdendosi fra le strade di Accad, all’esterno di Anduruna.

Ancora in piedi, Damocle non si muoveva, malgrado un sorriso si fosse dipinto sulle sue labbra, "Devo ammettere quel che questo ultimo attacco era degno di una figlia di Re…", sussurrò appena il santo d’argento, cadendo al suolo, mentre le vestigia andavano in frantumi e le ossa del corpo sembravano, alle orecchie danneggiate dell’italiano, prorompere con il medesimo cupo rumore.

***

Il Re di Smeraldo sentì il mondo cadergli addosso osservando il corpo martoriato di Ea, fra le braccia del sofferente Sin, che lo sosteneva, mortificandosi con immense scuse all’amico fraterno per ciò che non aveva potuto impedire. O almeno questo era il poco che Marduk poté capire delle parole di quello che, ormai considerava l’unico amico ancora vivo rimastogli, giacché, a detta del Principe Scarlatto, anche Mummu si era sacrificata per permettergli di riportare indietro quelle tristi notizie ed il corpo dilaniato dell’anziano consigliere, così che potesse avere il degno funerale che meritava.

Solo dei mostri potevano aver fatto ciò che il Sovrano degli Anunnaki stava osservando: le braccia e le gambe spezzate, la pelle dilaniata da calci, innumerevoli calci che ne avevano strappato la carne, il ventre ferito da dei tagli profondi a croce e poi perforato da un pugno, la bocca ustionata fino ad impedirle di urlare e, infine, la fronte perforata da un unico colpo, un singolo attacco energetico.

Ciò che, però, più di tutto segnava la disperazione negli occhi del Sovrano erano i segni di lacrime, sottili, che rigavano le guance dell’anziano insegnante ed amico: chissà quali terribili sofferenze aveva dovuto soffrire per costringerlo a piangere? In quel momento, il Re si chiese davvero quali bestie potessero essere questi stranieri.

"Perché mi hai lasciato solo, vecchio amico? Perché non hai atteso, scegliendo di andare tu stesso in battaglia? Avrei potuto affrontarli io, era mio compito di sovrano combattere per impedire che i soldati a me consacrati morissero inutilmente, eppure, tu prima e Mummu dopo, siete caduti, mi avete abbandonato…", mormorò, chino sul cadavere del Consigliere, accarezzandone con le mani la pelle dilaniata e sporcandosi le vesti con il suo sangue.

"Marduk, fratello mio, fatti forza.", gli sussurrò Sin, poggiandogli la mano destra sulla spalla, "Ricorda che non sei solo: il medesimo destino ci unisce, abbiamo appena perso l’unico famigliare che ci restava, siamo rimasti, però, uniti, l’unico a sostegno dell’altro, fratelli non di sangue, ma non per questo meno legati.", cercarono di confortarlo le parole dell’Annumaki.

A quelle parole, il Re di Smeraldo s’alzò in piedi, osservando il Principe Scarlatto e pulendosi gli occhi con il dorso della mano, prima di fare lui cenno di essere pronto.

"Elimineremo questi mostri maledetti! E so anche come!", lo rassicurò Sin, "Ho capito dove sta la loro forza: l’unità è la base delle loro vittorie, in nove hanno sconfitto il nobile Ea ed in nove, di certo, avranno eliminato altresì mio padre Enlil. Basterà dividerli. Divisi sono deboli, specie contro guerrieri abili quanti quelli a noi rimasti!", affermò deciso il Principe.

In quel momento, in Marduk, la disperazione per essere rimasto solo, senza più una figura che lo indirizzasse e sostenesse con la sua saggezza, si mutò in la forza per andare avanti attraverso la vendetta.

"Sì, li divideremo e ce ne occuperemo noi, fratello mio!", esclamò deciso il Re di Smeraldo.
"No!", tuonò allora una voce, seduta a pochi passi da loro, la voce di Baal, che impassibile osservava la disperazione del suo parigrado, senza interrompere il rito di richiamo, "Non puoi spezzare il tuo cosmo per così tanto tempo, ormai siamo prossimi a concludere questo rituale, il divino cosmo di Shamash ha saturato l’aria, sembra quasi di toccarlo, dobbiamo concludere quanto iniziato!", tuonò deciso il Sovrano Dorato.

"Ha ragione, fratello mio.", aggiunse Sin, mostrandosi dispiaciuto, "Se interrompessimo adesso questo rito, tutto ciò per cui i nostri compagni sono finora morti sarebbe stato vano.", continuò, "Dovremo lasciare ai tuoi Anunnaki, o ai miei Annumaki, la battaglia.", concluse.

"Sì, avete ragione.", confermò Marduk, "Saranno Girru, Nusku e Kusag a concludere la lotta, in nome dei compagni caduti prima di loro. Vedremo di dividere i nemici per sconfiggerli, che di loro non resti niente!", tuonò deciso il Sovrano, prima di espandere il proprio cosmo, per entrare in contatto con i soldati ancora in vita, attraverso le loro menti.

***

Gli otto cavalieri correvano ormai da diverse decine di minuti, ignari di quale fosse stata la sorte di Damocle, che avevano lasciato da solo a combattere contro una guerriera sconosciuta, ma, altresì senza alcuna informazione su che destino aveva incontrato Ea il Saggio, se lui e Sin, il Principe degli Annumaki, erano riusciti a raggiungere incolumi questo fantomatico Sovrano di Smeraldo.

Tutte preoccupazioni e domande che, tacitamente, preoccupavano ognuno dei presenti, malgrado nessuno di loro ne facesse parola con gli altri.

D’improvviso, però, mentre avanzavano in silenzio, gli otto santi di Atena furono circondati da un cosmo verde smeraldo, che iniziò a roteare fra loro come un vortice incontrollabile, al pari di quello che aveva generato poco prima Ea, ma privo di alcun individuo al suo centro che non fosse uno dei cavalieri d’argento stesso. Qualcuno li stava attaccando!