Capitolo 10: Il Sovrano Scarlatto
La violenza di quel solo gesto fu tale da sollevare da terra i sei cavalieri di Atena e scagliarli a diversi metri di distanza, mentre lo stesso terreno intorno a loro si apriva, creando delle profonde crepe e l’Anunnaki di Golem, ancora in ginocchio per il colpo di prima, diventava la vittima principale di quel tanto inatteso attacco.
"Enlil…", ebbe appena il tempo di dire Aruru, mentre il pavimento divelto si sollevava, schiantandosi contro il guerriero dalle vestigia verdi, seppellendolo completamente.
Nessuno poté fare alcunché per soccorrere l’Ummanu ferito fra i suoi nemici, né quello che doveva esserne un alleato parve interessarsi di lui, oltrepassando il punto in cui il suolo si era capovolto per inghiottirlo e dirigendosi verso i santi di Atena.
"Che cos’è successo?", ebbe appena il tempo di chiedersi Wolfgang, rialzandosi in piedi che una figura rosso sangue si avventava su di lui e, utilizzando una qualche arma, lo colpì con indicibile violenza allo stomaco, alzandolo da terra e lasciandolo schiantare a diversi metri di distanza, con le vestigia danneggiate e la bocca sanguinante.
"Cos’è successo, straniero? È arrivato il vostro carnefice, ecco cosa!", esclamò divertito il nuovo avversario, mentre la luce del sole che tramontava delineava i lineamenti di quel nemico.
I corti capelli color magenta erano incastonati in una corona che ben si confondeva con gli stessi, il viso invecchiato e segnato dagli anni, al pari degli occhi viola e duri, era solo parzialmente celato, fino al naso, da una piccola maschera che scendeva a celare gli zigomi ed il setto nasale, mentre le labbra erano aperte in un sorriso di sfida.
L’armatura era ben più complessa di quelle degli Appalaku ed il colore ricordava il rosso del sangue che sgorgava da una ferita. Le spalliere erano adornate da degli aculei privi di punte, dalla finalità puramente decorativa; altrettanto rifinite erano le protezioni per gli avambracci ed i gambali, sulle quali erano incise delle striature che ricordavano tanti tentacoli, tutti abbelliti da piccole gemme scarlatte nelle zone delle ginocchia, dei gomiti, dei polsi e delle caviglie.
Il pettorale dell’armatura, al contrario, era piuttosto semplice, ricalcava la corporatura umana, se non per uno scettro stilizzato al centro, sia sul dorso, sia sulla schiena. Ed uno scettro, infine, era proprio l’arma con cui Enlil aveva colpito tanto violentemente il cavaliere d’argento, un oggetto formato d’oro e rubini, che ne abbellivano la natura, senza celarne la potenza letale.
"Saresti il nostro carnefice?", domandò la voce immota di Leif di Cetus, mentre questi si alzava, espandendo il proprio cosmo sul terreno circostante, rivelando i cerchi di ghiaccio che avevano impedito all’onda d’urto di travolgerlo in pieno, "E questo diritto, chi te lo concede?", aggiunse subito Zong Wu dell’Auriga, rialzatosi a sua volta.
"Egli è uno dei Comandanti dell’Esercito nemico.", rispose prontamente Gwen del Corvo, che si stava rimettendo in piedi, aiutando Husheif di Reticulum, che, in tutta risposta, rifiutò la mano datale dalla parigrado.
"E tu come fai a saperlo, straniera?", chiese allora il nemico armato dello scettro, "Ho potuto vedere i ricordi di Aruru che ti riguardavano; so che sei uno dei tre Sovrani, come gli Ummanu vi chiamano, e che dovresti essere con i due tuoi pari ad evocare il vostro Giudice Divino, Shamash.", spiegò in tutta risposta la sacerdotessa guerriero, mentre anche Dorida della Sagitta ed il cavaliere dei Cani Da Caccia si rimettevano in piedi.
"Che intendi dire, Corvus?", chiese perplesso il santo di origini germaniche, "Già quel guerriero, Sin degli Annumaki, ci aveva parlato del voler richiamare un dio in questo mondo, ma come hanno intenzione di farlo non ci era stato spiegato. Tu lo hai scoperto combattendo contro il creatore dei Golem?", chiese sorpreso Wolfgang.
"Non ho avuto una chiara risposta, ma fra i suoi ricordi che ho visto c’era una consapevolezza: che i tre sovrani avrebbero richiamato attraverso il loro cosmo il Divino Giudice.", rispose secca la sacerdotessa scozzese.
"Dunque la presenza di costui qui da noi implica che hanno interrotto il rituale?", si domandò soddisfatto Zong Wu, mentre il suo sguardo restava fisso sul nemico.
"No, al contrario.", rispose, inatteso, proprio Enlil, "La mia presenza qui indica soltanto che mi ero stancato di restare a far niente assieme a quello stupido di Baal ed a quel giovane illuso di Marduk.", spiegò roteando nella mano destra lo scettro nella mano.
"Vi spiegherò una cosa, prima di massacrarvi.", aggiunse il Sovrano scarlatto, dopo qualche attimo in cui aveva studiato i suoi sei avversari, "Non serve la presenza di tutti e tre i Re che comandano sull’esercito degli Ummanu, ma è consigliata, poiché grande è il potere del divino Shamash, come penso voi stessi abbiate ormai capito, data l’immensa presenza cosmica che invade questo territorio.
Uno solo di noi tre potrebbe pure essere sufficiente a richiamare la divinità Giudice, ma dovrebbe compiere un lavoro triplo rispetto a quello che, tutti assieme, eseguiamo.
Però, se la presenza di Marduk era necessaria, poiché il suo fedele consigliere Ea era l’unico essere in vita a conoscere la posizione di questa Antica Capitale, mentre Baal, il nuovo sovrano degli Appalaku, apparso dal nulla, aveva riportato noi l’ancestrale rito per evocare il Sommo Shamash, la mia utilità in tutto ciò è di puro supporto e questo, onestamente, mi annoiava.", affermò con tono di sufficienza Enlil.
"Se ciò corrisponde a verità, dunque per capriccio hai deciso di condannare la gente a morte certa per mano di un giudice che non conosce pietà?", domandò secca Dorida, sentendo le parole del nemico.
"No, straniera, in fondo so bene che anch’io cadrò sotto la fredda lama di Shamash, quando questi poggerà di nuovo piede sulla terra, però ciò che mi interessava era incontrare qualcuno come voi: nemici che ci avrebbero fermato, o vi avrebbero tentato, voi! Da molto non affrontavo guerrieri che fossero sufficientemente potenti, dai tempi della guerra contro Tiamat, dove mi alleai con il padre di Marduk! Nella speranza che qualcuno ci avrebbe potuto ostacolare ho accettato questa missione, nel desiderio di affrontare nemici tali da paragonarsi all’Oscuro Tiranno dell’Armata Nera, un uomo, un guerriero, che riuscì a ferirmi ed uccise il padre dell’allora giovane Marduk, prima che quello stesso sovrano lo vincesse!", esclamò, ricordando, ebro d’emozione, una guerra di certo avvenuta molti anni addietro.
"Una guerra che durò per quattro anni e che vide la sua fine solo quando un bambino di dieci anni, vinse su un nemico troppo stanco per le battaglie già combattute!", continuò stizzito Enlil, voltandosi verso i suoi avversari, "Da allora, con i miei Annumaki, ho saccheggiato, distrutto e conquistato, ma non ho più provato il grande piacere di uno scontro alla pari, cosa che la mia progenie non ha nemmeno gustato. Spero che voi, in sei, riusciate a darmi questo piacere, prima che privi alcuni della vita ed altri della loro dignità e libertà.", concluse gelido, volgendosi sui nemici, mentre le sue ultime parole finivano rivolte verso le maschere d’argento di Gwen e Dorida.
La sacerdotessa della Sagitta, consapevole dell’insita minaccia, colpita sul vivo, s’alzò di scatto, espandendo il proprio cosmo fiammeggiante, "Dignità e libertà? Pensi forse che siano tanto facili da strappare da qualcuno di noi? Nessuno si arrenderebbe a tale destino, tanto meno io!", urlò la guerriera, "Flechas Ardientes!", esclamò, scatenando la pioggia di dardi infuocati contro l’avversario.
Enlil, però, fu rapido nel roteare il proprio scettro nella mano, spezzando l’aria dinanzi a se con l’oggetto, così da creare un’ondata di energia tale che disperse i dardi di fuoco, spegnendoli nell’aere circostante.
"Forse, straniera, non ti arrenderai, ma di certo non potrai vincere, specie con questa sorta di attacchi!", minacciò il Sovrano Scarlatto, mentre sollevava lo scettro sopra il proprio capo, "Bastone del Comando!", ordinò secco a quel punto il nemico, lasciando calare verso il suolo l’oggetto.
"Spostatevi!", ebbe appena il tempo di urlare Wolfgang, mentre l’onda d’energia, che si andava a scontrare con il terreno, creava un abisso nel suolo stesso, frantumandolo dinanzi ad Enlil e costringendo tutti e sei i cavalieri d’argento a spostarsi in diverse posizioni.
"Un’ondata d’energia senza pari…", osservò stupito Zong Wu, "Costui è ben più forte dell’Appalaku e del guerriero dei Golem.", aggiunse Leif di Cetus, spostatosi di fianco al cavaliere di origini cinesi.
"Dobbiamo in qualche modo sconfiggerlo, abbiamo il vantaggio numerico dalla nostra in fondo.", affermò a denti stretti il cavaliere dei Cani da Caccia, "Ed in effetti, solo su quel vantaggio possiamo far conto.", esordì a quel punto Husheif di Reticulum, mentre si volgeva verso i compagni.
"Cani Venatici, Sagitta, voi due dovrete attaccarlo contemporaneamente, in modo frontale. Usate qualcosa di potente, che lo obblighi a bloccare, o evitare l’assalto, niente che possa essere così facilmente evitato.
Cetus, tu puoi fare come contro il guerriero alle Mura? Vedi di bloccare anche costui, a quel punto Auriga e Corvus lo finiranno.", ordinò secco il cavaliere di origini egizie, volgendo il proprio sguardo verso i vari parigrado di volta in volta che li nominava.
"Qualcosa di potente per un attacco frontale? Si può fare.", osservò tranquillo Wolfgang, volgendosi verso Dorida, "Tu, sacerdotessa, sei pronta?", chiese alla stessa, "Ovviamente.", fu la secca risposta della donna, mentre espandeva il proprio cosmo incandescente, al pari di quello vibrante di scariche elettriche del parigrado.
"Reißzähne des Jägers!", tuonò il santo dei Cani da Caccia, scatenando le feroci mascelle d’energia cosmica contro l’avversario dalle rosse vestigia.
"Flecha Grande de Fuego!", incalzò allora la sacerdotessa della Freccia, mentre, caricando il proprio cosmo nel solo braccio sinistro, lo circondava d’alte fiamme, che furono subito rilasciate in un rapido attacco contro il nemico, un attacco dalla forma di un gigantesco strale infuocato.
I due attacchi volarono all’unisono verso il Sovrano degli Annumaki, che, con noncuranza, sollevò il possente scettro, lasciando che l’energia del suo cosmo lo illuminasse, prima di calare l’arma contro i due assalti nemici, "Bastone del Comando!", urlò ancora una volta Enlil, scatenando l’ondata prodotta da quel semplice movimento contro i due attacchi avversari.
L’impatto fra le forze contrastanti fu maestoso: scariche elettriche e fiamme parvero unirsi in un gioco di luci che riempì quel piccolo viottolo di Accad nelle ore del tramonto, mentre le energie dei due santi d’argento venivano letteralmente divelte dall’ondata avversaria, che disperse su due costruzioni ben distante lungo i lati della strada gli attacchi, distruggendo ambo i palazzi e creando un caos di polvere e lapilli che non tardò ad investire sia i due cavalieri di Atena, sia il loro nemico.
Dorida e Wolfgang furono costretti ad indietreggiare, dietro la ferocia dello scontro fra i colpi utilizzati, subendo qualche ferita superficiale, mentre Enlil non fece niente di più che portare lo scettro dinanzi al proprio corpo, a difesa di se stesso, usando il cosmo che dall’oggetto scaturiva per deviare ogni lapillo.
Fu solo dopo qualche attimo che il Sovrano Scarlatto si rese conto che la temperatura intorno a lui s’era abbassata all’improvviso e si vide circondato da dei cerchi di ghiaccio.
"Kolito.", fu l’unica parola che gli rivolse Leif di Cetus, osservando con lo sguardo impassibile la maschera scarlatta, mentre già altri due cosmi si palesavano ai lati del cavaliere del Nord, quelli di Zong Wu e di Gwen.
"Plumes Corneille.", esordì la sacerdotessa del Corvo, mentre le due ali nere apparivano intorno a lei, per poi scomparire nel nulla proprio come nello scontro con Aruru di Golem.
"Gin Zan!", aggiunse il santo dell’Auriga, lanciando i due dischi d’argento verso il nemico, mentre gli stessi prendevano una forma ben più allungata, supportati dal cosmo del cavaliere, che li rendeva ben più simili a dei grossi scudi circolari, rotanti verso il loro avversario con il solo fine di tagliarlo.
Un singolo sibilo, quasi una sottile risata, proruppe dal viso del nemico mesopotamico, mentre osservava le armi d’argento dirigersi verso di lui e le tetre ali sparire nel nulla. Ancora una volta l’energia scarlatta corse allo scettro, circondandolo ed esplodendo in un’ondata di luce tale da distruggere i cerchi di ghiaccio creati da Leif, lasciando il nemico libero di muoversi.
Stavolta, però, la contromossa dell’Annumaki non fu sufficientemente veloce: le lame d’argento cozzarono contro le vestigia scarlatte, prima che Enlil stesso, con un secco movimento dell’avambraccio destro, deviasse ambo i dischi, annullando l’attacco prima che questo potesse danneggiare irrimediabilmente l’armatura.
Fu solo dopo qualche attimo che, però, il Sovrano scarlatto barcollò, sotto il peso delle Piume Nere, che sembravano aver avuto ragione della difesa nemico. "Divertente…", furono le uniche parole che Enlil rivolse loro, prima di sollevare ancora una volta lo scettro, "Allontaniamoci!", urlò subito Zong Wu, mentre nuovamente il Bastone del Comando veniva scatenato, producendo distruzione ovunque passasse.
"Sì, in effetti è stato un trucco divertente, devo concordare con te, mio nemico.", esordì d’un tratto una voce alle spalle del guerriero mesopotamico, mentre una luce bianca molto intensa si apriva ai suoi piedi, circondandolo al pari di una ragnatela: Husheif aveva osservato tutto quanto, immobile, preparandosi a scatenare il proprio attacco.
"Asprò Diktuò!", urlò il cavaliere di Reticulum, scatenando la furia della sua bianca ragnatela, in cui i piedi del nemico erano avvinghiati. L’attacco, però, non produsse i risultati sperati, poiché lesto Enlil colpì il suolo con lo scettro, lasciando espandere la propria energia cosmica, che neutralizzò la rete nemica ed investì in pieno il santo di origini egizie, scagliandolo diversi metri indietro, ferito alle gambe.
"Reticulum!", urlò Wolfgang dopo aver visto l’esito dell’attacco, malgrado fosse rimasto sorpreso al pari dei compagni dalla tattica del sesto cavaliere.
"Husheif, devi imparare a fidarti dei compagni. Non sono forse anni che te lo ripeto? Da quando hai iniziato il tuo addestramento, assieme a Juno e Nirra, non hai mai voluto capire questa semplice lezione: combattere in squadra è più importante che perpetrare il dolore al nemico. La vittoria non si ottiene con il massacro, bensì con il lavoro di gruppo, specie se ben organizzato.", queste furono le parole che corsero alla mente del cavaliere di Reticulum, mentre questi cadeva al suolo, ferito, perdendo per qualche attimo i sensi. Nel frattempo, assieme a quelle parole, nella sua mente si delineava una figura di un uomo dai lunghi capelli neri, spettinati, e le profonde occhiaie, vestito di un’armatura d’argento che ben conosceva, quella di Cefeo.
"Husheif, Husheif, svegliati, dannazione!", esclamò con tono secco una voce, mentre agli occhi del cavaliere d’argento appariva la figura di Wolfgang, che ora era chino su di lui, allo stesso tempo, la Polvere di Diamanti e le Frecce Fiammeggianti andavano a perdersi contro il feroce cosmo del nemico, che lesto si propagava attorno al proprio padrone attraverso lo scettro.
Un secco movimento rotatorio dell’oggetto ed anche i dischi argentei di Zong Wu furono rilanciati indietro verso il loro padrone, che li prese a mezz’aria con incredibile abilità.
"Direi che siamo pesantemente in svantaggio…", osservò con tono perplesso il guerriero tedesco, mentre aiutava l’altro a rialzarsi e, forse per lo stordimento del colpo subito, Husheif si fece effettivamente aiutare.
"Siete riusciti a ferirmi, anzi, una di voi c’è riuscita, gli altri mi hanno fatto giusto perdere tempo.", esordì d’un tratto il Sovrano Scarlatto, sollevando il proprio bastone sopra la testa, "Ora vedrete tutta la furia offensiva di Enlil dello Scettro, Re degli Annumaki.", affermò con determinazione il guerriero nemico, mentre, utilizzando ambo le mani, iniziò a far compiere delle rapide rotazioni allo strumento che fino a quel momento aveva utilizzato, mentre un vortice d’energia cosmica sembrava circondarlo, ampliandosi sempre di più verso le mani del guerriero mesopotamico.
"Presto, tutti riuniti!", urlò a quel punto il cavaliere di Reticulum, attirando l’attenzione dei quattro compagni più lontani, che subito balzarono verso il loro parigrado.
"Dobbiamo fare un muro unico, qualcosa che possa contrastare il nemico durante questo attacco!", osservò subito Zong Wu, "No, al contrario, dovrete fare il meno possibile, concentrare i vostri cosmi per difendervi, niente di più, considerando l’ammontare d’energia che quelle continue rotazioni stanno accumulando.", replicò secco Husheif.
"Perché non attaccarlo ora, invece? Ha le braccia sollevate ed occupate, come potrà difendersi?", domandò impaziente Dorida, "Sei davvero sciocca, Sagitta, guarda attentamente il suolo ai suoi piedi, nota come dei solchi si stanno creando ad ogni rotazione! L’energia lo circonda del tutto, proteggendolo!", l’ammonì secco il cavaliere del Reticolo.
"Furia Devastante!", urlò, in quello stesso momento, Enlil, lasciando cadere il proprio scettro contro il duro terreno ai suoi piedi.
Ciò che avvenne dopo quella sola azione fu quanto meno… devastante.
Il terreno si aprì in più punti, assieme alla pavimentazione di pietra, o ciò che ne restava dopo gli scontri con Aruru ed Enlil stesso, le belle piante che adornavano le strade, i palazzi più vicini, tutto andò crollando, mentre il suolo si alzava gettando ogni maceria a diversi chilometri di distanza in ogni direzione, tranne che verso Enlil stesso.
I cavalieri sarebbero stati spacciati se qualcosa non fosse apparsa dal nulla, proprio mentre li raggiungeva: una gigantesca ragnatela d’energia che parve materializzarsi dinanzi a Husheif, postosi dinanzi ai parigrado, contenendo la furia di quel colpo tanto devastante, senza fermarla, ma impedendo che potesse travolgerli e dividerli come aveva fatto con tutto ciò che si era trovato lungo il suo percorso.
I sei cavalieri, comunque, furono raggiunti dall’onda d’urto, che incrinò le loro vestigia, tale era la sua potenza, gettandoli indietro di diversi metri, feriti e storditi, prima che si schiantassero al suolo.
Quando la furia di quel colpo devastante si calmò, solo Enlil era ancora in piedi; i suoi sei nemici erano sparsi al suolo, vicini fra loro, ma visibilmente feriti e con le vestigia danneggiate, mentre di Aruru di Golem non v’era più traccia fra le numerose macerie.
"Ebbene? Tutte le vostre promesse e speranze sono così concluse? La volontà d’arrendervi non vi apparteneva, ciò corrisponde a verità, ma è bastato così poco per eliminarvi? Una delusione innegabile siete stati, stranieri. Sembra che per trovare il nemico che cerco, dovrò attendere… almeno altri due giorni, fino al Ritorno.", concluse, lasciando che le ultime parole fossero appena udibili, il Sovrano Scarlatto, voltandosi verso Anduruna.
"Perché te ne vai, Enlil dello Scettro? Ritieni che la battaglia sia già finita?", domandò d’improvviso una voce, alle spalle dell’Annumaki, che subito si volse, scoprendo Zong Wu dell’Auriga che si rialzava, malgrado le ferite che segnavano il suo corpo.
"Il mio maestro è solito dire che la caccia non è conclusa, finché non hai catturato la preda. E noi siamo ancora vispi e liberi…", continuò Wolfgang dei Cani da Caccia, la cui ferita al braccio sembrava essersi riaperta, se non aggravata.
"Siamo giunti fin qui con una missione e di certo non lasceremo che la speranza affidataci si spenga qui, adesso.", aggiunse Leif di Cetus, risollevandosi e trattenendo con la mano sinistra il sangue che usciva dalla ferita, che gli aveva precedentemente inferto Zisutra.
"Ben più alta, anzi, brillerà quella fiamma, quando avremo finalmente ragione di te.", continuò Gwen del Corvo, la cui maschera era adornata dal sangue che, probabilmente, la sacerdotessa stava perdendo da una ferita sul viso.
"Non saremo schiacciati dal destino, bensì lo muteremo per permetterci di andare avanti in battaglia e vincerti.", esordì poco dopo Dorida della Sagitta, il cui corpo era segnato da numerosi tagli, sulle braccia e sull’addome.
"Non saremo noi a cadere in questa battaglia, che ormai vedrà il suo epilogo al chiaro della luna.", concluse Husheif di Reticulum, rialzandosi, con le braccia ricolme di ustioni e diverse incrinature sull’armatura.
Enlil dello Scettro per alcuni secondi osservò i sei avversari, sorridendo, poi scoppiò in una gioiosa risata, "Queste sono parole degne di guerrieri! Questo volevo sentire da voi! Vi strapperò la vita che tanto difendete, questa sarà la battaglia che agognavo da tempo e di ciò, stranieri, vi ringrazio!", esclamò felice l’Annumaki, espandendo il proprio cosmo immenso.
"Non abbiamo più la forza per molti attacchi, dovremo concludere tutto con un singolo assalto, dovremo colpire assieme.", fu l’unica osservazione che, difendendo il viso dall’ondata d’energia che scaturiva dal corpo del nemico, fece Husheif, "Sì, ma come colpire? Riesce a bloccare ogni assalto.", osservò a quel punto Wolfgang.
"Ho un piano, anche piuttosto semplice.", esordì con tono pacato il cavaliere di origini cinesi, mentre gli altri gli porgevano attenzione, "Tutto, però, dipenderà da te, sacerdotessa del Corvo, dovrai tenerlo occupato, sei l’unica che può penetrare le sue difese.", concluse poco dopo, mentre Gwen, quasi avesse capito da se le parole del compagno, fece un cenno d’assenso con il capo, scattando subito in avanti.
"Cosa pensi di fare, sciocca?", tuonò Enlil, puntando il proprio scettro contro la sacerdotessa guerriero che correva a perdifiato in direzione, del nemico.
"Flechas Ardientes!", esclamò a quel punto una voce alla sinistra dell’Annumaki, catturandone l’attenzione e costringendo il Sovrano scarlatto a muovere l’oggetto che impugnava per deviare i dardi infuocati, lasciando che si perdessero intorno a lui.
Quella difesa, però, permise a Gwen del Corvo di spiccare un salto, portandosi proprio sopra il nemico, mentre già l’oscuro cosmo che la caratterizzava prendeva forma, "Noire Voler!", furono le uniche parole della sacerdotessa, atterrando a pochi passi dal nemico.
L’ombra della guerriera straniera che gli passava accanto, quella fu l’ultima immagine vista dal Sovrano scarlatto, prima che i suoi occhi, per alcuni secondi, si appannassero, per poi ritrovarsi in un luogo ben diverso, un campo di battaglia, sempre, ma differente dal primo.
Era in mezzo al deserto, sullo sfondo vi era una piccola oasi e diverse presenze cosmiche si avvertivano nell’aria intorno a lui, la forza di due potenti eserciti che si affrontavano in battaglia, probabilmente, con furia estenuante.
Ed Enlil era lì, in mezzo alla sabbia del deserto, accanto a se, altre quattro persone: due uomini indossavano armature color smeraldo, entrambe dalle decorazioni molto complesse e rifinite, mentre un terzo aveva vestigia nere come la pece notturna, dalla forma di un qualche strano animale, probabilmente un qualche rettile.
E poi, al di là di quei tre guerrieri, vi era lei al suo fianco, una figura leggiadra e bellissima, corti capelli color delle foglie in primavera, occhi che ricordavano il mare d’estate, una pelle candida come, color della sabbia, con una sottile corona scarlatta che perfettamente risaltava fra i bei capelli, mentre un’armatura del medesimo colore, fatta di scaglie minacciose, ma altresì affascinanti sul corpo di lei, la ricopriva per intero.
"Nenlil…", balbettò appena il Sovrano Scarlatto, mentre quasi avvicinava la mano verso quel bellissimo viso, prima che una voce proveniente da quei ricordi lo stordisse.
"I Comandanti degli Annumaki e degli Anunnaki: Enlil ed Annu, assieme alla bella Nenlil ed al saggio Ea. Quale onore potervi affrontare tutti quanti; peccato che il potere che mi è stato concesso è troppo grande persino per voi tutti.", rise soddisfatto l’uomo dalle vestigia nere.
"Tiamat, non so a quale oscura divinità tu abbia venduto l’anima, né da dove provengano questi tuoi guerrieri dalle armature di pece, ma tutto ciò non ti salverà, niente impedirà che noi, Ummanu al servizio del grande Shamash, ti fermiamo!", esclamò l’uomo accanto ad Ea, facendosi avanti.
"Parole forti le tue, Annu, ma ben presto gli Ummanu saranno distrutti, i loro comandanti cadaveri ed i figli di quei comandanti saranno trucidati!", ringhiò con tutta la voce che aveva in gola l’uomo dall’armatura nera.
"E proprio dai loro principi, inizieremo!", esclamò divertito Tiamat, volgendo indietro la mano ed indicando due guerrieri dalle vestigia nere che tenevano fra le mani due ragazzini.
Capelli castani ed occhi verdi il più grande dei due, che si dimenava agitato, mentre un bimbetto spaventato, di qualche anno più piccolo, dai capelli magenta e gli occhi azzurri, si guardava intorno.
"Dite addio ai vostri genitori, piccolini…", ridacchiò ancora l’uomo dalle vestigia nere, i cui corti capelli neri e gli occhi color del mare si accendevano in un ghigno soddisfatto, mentre la mano si riempiva d’energia cosmica.
"No!!", urlò disperata Nenlil, scattando ad alta velocità verso i due bambini, mentre anche Ea scattava in avanti, abbattendo con un unico gesto ambo i guerrieri che bloccavano i bambini, portandoli al sicuro.
Ormai, però, era troppo tardi: l’attacco di Tiamat era stato scagliato e già Nenlil era nel mezzo della traiettoria quando il colpo la raggiunse, perforando da parte a parte il pettorale della giovane e bella fanciulla, dalla schiena fino al petto.
"Nenlil!", urlarono all’unisono il Sovrano Scarlatto del ricordo e quello che lo stava rivivendo, cadendo assieme in ginocchio, per quanto il secondo non segnò il terreno.
In quel momento, la scena si fermò, malgrado Enlil non se ne fosse nemmeno reso conto, chino al suolo, nella sua stessa disperazione, "Dunque questa è la scena più triste che tu hai vissuto? La perdita di questa donna? Eppure, agogni ancora le battaglie, perché? Non ti hanno già strappato molto?", chiese d’improvviso la voce di Gwen del Corvo, apparendo alle spalle dell’Annumaki.
"Cosa vuoi tu, straniera? Come puoi essere qui?", ringhiò nella disperazione il Sovrano, voltandosi come una furia, "Questo è il potere del Volo Nero, condividere le memorie fra me ed il mio avversario, te in questo caso, Enlil dello Scettro.", spiegò con voce laconica la sacerdotessa.
"Per questo mi avete distratto? Per costringermi a rivedere la perdita della mia sposa!", esclamò infuriato l’Annumaki, mentre la scena iniziava a mutare, "Mi chiedi perché voglio altre battaglie? Per un semplice motivo: per togliere qualcosa. Tiamat mi ha strappato Nenlil, una guerra contro un esiliato mi ha fatto perdere quasi tutta la mia gente, dovetti far rinascere l’esercito scarlatto, non più con guerrieri di grande onore, bensì con predoni, assassini, violenti e folli servitori che con me hanno strappato molte vite, hanno ucciso, depredato, torturato.", e mentre il Sovrano parlava le immagini di diversi villaggi distrutti da otto guerrieri rossi correvano dinanzi a Gwen.
"Marduk, dopo la morte del padre, ha eliminato Tiamat, strappandomi il diritto di vendicarmi, o di morire per mano del nemico, e da allora cerco guerrieri altrettanto potenti, che mi possano dare uno scontro degno!", ringhiò ancora l’uomo.
"Che ti diano la morte che tanto aneli.", osservò impassibile la sacerdotessa.
"Esatto! La morte che mi riporterebbe da Nenlil: se voi non vi riuscirete, vi massacrerò, mi macchierò di questo crimine e quando Shamash riapparirà, allora egli mi colpirà per primo e, se non sconfiggerò quel dio, cadrò finalmente!", tuonò secco l’altro, mentre lentamente le immagini dei ricordi si sfocavano, permettendo ad entrambi di tornare alla realtà presente.
La prima cosa che il Sovrano Scarlatto vide, quando gli occhi ripresero coscienza di cosa li circondava fu, con sua estrema sorpresa, una gigantesca corrente d’energia cosmica che correva contro di lui! Sembrava un immenso fiume in piena, l’unione di una corrente gelida con una argentea, circondata da fiamme e fulmini, qualcosa di minaccioso e feroce che correva contro il pettorale dello Scettro.
"Una sfida degna!", tuonò, riprendendosi dalla sorpresa, Enlil, mentre cercava di portare dinanzi a se l’oggetto che stringeva nella mano destra, lo stesso da cui prendeva il nome l’armatura, ma, quando l’arto sembrò non rispondere al richiamo, come se qualcosa teneva bloccato lo scettro, l’Annumaki si voltò, scoprendo dei sottili fili d’energia cosmica circondare il lungo bastone, fili tesi verso il terreno ai suoi piedi.
"Bella idea davvero…", ebbe appena il tempo di dire il guerriero mesopotamico, mentre l’ondata d’energia lo investiva in pieno, sollevandolo da terra e scagliandolo a diversi metri di distanza.
La violenza dell’attacco fu tale che schegge delle scarlatte vestigia volarono nei dintorni del punto in cui il colpo aveva raggiunto il suo bersaglio, mentre una scia di sangue iniziava a segnare il suolo lì dove si trovava Enlil.
"Ci siamo riusciti!", esclamò a quel punto Dorida della Sagitta, mentre anche Gwen si riuniva ai cinque parigrado, che osservavano il corpo del nemico, ora al suolo.
"Riusciti? A far cosa?", domandò, però, la voce dell’avversario, mentre questi iniziava a muovere, sollevandosi in piedi. Le vestigia erano distrutte all’altezza del centro del pettorale, lì dove si trovava il simbolo del comando da cui l’armatura prendeva il nome e la stessa mano di Enlil era ora priva del suo scettro, ancora al suolo, a diversi metri di distanza dall’Annumaki.
"Ti abbiamo colpito, Sovrano Scarlatto, ecco in cosa siamo riusciti. Ed ora ti chiediamo di arrenderti e lasciarci passare.", avvisò con tono serio Wolfgang, facendosi avanti fra i suoi compagni.
"Non lo farà, egli anela, più di ogni cosa, la morte.", ammonì subito la sacerdotessa del Corvo. "Se tale è il suo desiderio, vedremo di soddisfarlo.", non tardò ad aggiungere Husheif, mentre un ghigno si dipingeva sul suo viso.
"Davvero?", domandò divertito Enlil, che aveva osservato i sei senza batter ciglio, "Pensate sul serio di riuscire ad uccidermi? Siete feriti e stanchi, mentre io, finora, ho subito solo un attacco da parte vostra.", ricordò con tono sicuro il Sovrano scarlatto.
"Ma adesso sei privo della tua arma.", incalzò a quel punto la sacerdotessa della Sagitta, indicando lo scettro che si trovava al suolo.
"Arma? Quella?", replicò l’Annumaki, prima di scoppiare in una sonora risata. Solo in quel momento, per la prima volta, i sei se ne resero conto: il terreno stesso, crepato e distrutto dai precedenti attacchi, era adesso saturo del cosmo di Enlil, al pari del cielo dove la presenza di Shamash era tale da celare ogni presenza cosmica a tutti, persino quelle più vicine.
"Lo Scettro non è un’arma, ma lo strumento che trattiene il mio potere. Ora vi mostrerò di cosa sono realmente padrone!", tuonò minaccioso il Sovrano scarlatto, mentre sollevava le mani verso il cielo.
"Sorgete miei vassalli, crescete rigogliose feroci alleate, preparatevi a degustare il pasto che vi offro.", esclamò con voce ebra di gioia l’Annumaki, "Drosera Predatrice!", ordinò infine.
Fu quasi un istante, come un tetro presentimento che attraversò le menti di tutti e sei i cavalieri d’argento, mentre dei bagliori scarlatti come il sangue provenivano dalle fenditure nel duro pavimento, creando qualcosa di molto simile alla ragnatela Bianca di Husheif, ma di un diverso colore e, soprattutto, più simile ad un immenso cuore pulsante, che bloccò al suolo i guerrieri di Atena, mentre dei tentacoli, simili quasi a gocce d’acqua che innaturalmente si staccavano dal suolo, andavano avvinghiandosi intorno ai santi di Atene, bloccandone i movimenti ed intrappolandoli al loro interno.
"La Drosera Capensis, una magnifica pianta sviluppata in Turchia ed in Africa, che ama crescere in luoghi umidi, presso sorgenti d’acqua, a quella predatrice naturale, capace di intrappolare nelle proprie foglie vischiose incuranti insetti e divorarli, a quella bella mortale mi sono ispirato, da quella ha preso forma il mio attacco prediletto, l’unico che non userei mai impugnando lo Scettro.", affermò Enlil, avanzando fra quei sei steli che aveva creato, intrappolando i nemici.
"Spero gradiate il dono che vi ho fatto, mostrandovi questo attacco. Lì dentro resterete imprigionati, per forse uno, due giorni, finché la Drosera non avrà divorato il vostro corpo, lasciando solo le vestigia.", concluse il Sovrano Scarlatto.
"Il destino che ci offri, ancora una volta, non ci è gradito!", esclamò d’improvviso una delle voci, dentro uno dei bozzoli, "Gin Zan!", tuonò ancora questi, che si rivelò essere Zong Wu dell’Auriga, mentre le lame argentee dilaniavano la prigione in cui era stato chiuso, liberando al qual tempo anche Wolfgang, che si trovava accanto a lui.
"Griffe de l’Esprit!", esclamò a quel punto anche la sacerdotessa del Corvo, mentre la Drosera in cui era rinchiusa cadeva al suolo, priva di energia cosmica che l’alimentasse.
"Kolito!", aggiunse la voce di Leif di Cetus, liberandosi a sua volta, mentre anche Husheif e Dorida riuscivano ad uscire dalle trappole in cui erano stati condannati dal nemico.
"Ed ora preparati a subire di nuovo tutti i nostri colpi migliori!", incalzò subito il santo dei Cani da Caccia, espandendo il proprio cosmo, assieme ai compagni.
"Reißzähne des Jägers!", esclamò subito dopo il Cavaliere tedesco, "Aurora Ice Whirl!", aggiunse il santo di Cetus, "Flecha Grande de Fuego!", continuò la sacerdotessa della Sagitta, "Plumes Corneille!", esordì dopo la guerriera del Corvo, "Nizuryusen!", tuonò in seguito Zong Wu, "Klubi Nematon!", concluse a quel punto Reticulum.
I sei attacchi si lanciarono all’unisono contro il bersaglio: le grandi fauci del cacciatore d’energia elettrica, andarono a congiungersi con il sifone gelido della Balena, cui poi si sommò anche la grande Freccia di fuoco e le nere piume del Corvo, subito seguite da un’emanazione cosmica dalla forma di un drago d’argento con due teste, tutto circondato da un gigantesco reticolo di fili d’energia bianca.
Enlil, dinanzi alla furia di quel nuovo attacco, non fece alcunché, semplicemente allargò le braccia, mentre le Drosere si muovevano, ponendosi fra il loro padrone e l’assalto degli avversari, brillando dell’energia cosmica scarlatta dell’Annumaki.
Grande fu la sorpresa sul viso del Sovrano mesopotamico, vedendo le magnifiche foglie sfaldarsi fino all’andare in pezzi, dinanzi alla furia dei sei suoi avversari, solo allora portò le mani dinanzi al corpo, per cercare di trattenere l’assalto.
"Vi porgo i miei più sinceri complimenti, sembra che, con questo attacco, siate riusciti in sei a raggiungere le qualità di uno dei Sovrani! Questo mi riempie di gioia, sapere che, ormai, morirò per vostra mano, ma sappiate che, malgrado questo, non vi lascerò facile vittoria! Che io debba cadere, è notizia a me lieta, ma lasciarvi vincitori macchia il mio onore. Quindi preparatevi a seguirmi nel regno degli Inferi!", affermò con voce tonante, "Furia devastante!", urlò alla fine.
La potenza che, poco prima, era stata scatenata con quel medesimo attacco dallo scettro, si riversò adesso attraverso l’intero corpo di Enlil, distruggendo il terreno sotto i suoi piedi e gettandosi con una forza incontrollabile verso i sei cavalieri d’argento, intenti anche loro nel caricare quanta più forza potevano nel loro attacco.
Poi, dopo quelle ultime parole, più niente, solo un boato, un tuono che s’alzò dal terreno, mentre il suolo tutto tremava, fino a raggiungere le mura esterne, da una parte, ed Anduruna, dall’altra.
Un’esplosione di luce senza pari fu vista dalle vaste finestre dell’antico palazzo di Accad, da lì tre figure osservavano meravigliate.
"Che cosa può essere stato?", chiese la prima delle tre, l’elegante ed aggraziata figura di Ninkarakk, "La furia di Re Enlil, di certo… per quanto non immaginavo riuscisse ad arrivare a tanto.", rispose, stupefatto, il massiccio Girru, che si ergeva accanto alla guerriera ed a Nusku.
"Non solo la potenza devastatrice del Re degli Annumaki, ma le forze congiunte dei sei nemici anche.", esordì a quel tratto una voce, che subito portò i tre Anunnaki a voltarsi, verso una figura, completamente coperta in un mantello verde smeraldo, dai lunghi capelli color cenere, che incastonavano il pallido volto, adornato da un’elegante barba del medesimo colore, mentre gli occhi, sottili e grigi, osservavano quel bellissimo gioco di colore quietarsi in lontananza.
"Cosa intendi dire, Kusag? Che i nostri nemici sono riusciti a tener testa ad uno dei tre Sovrani?", domandò stupefatto Nusku, "Sì, amico mio, con un estremo sacrificio di forze, dimostrando una determinazione senza pari, pare che siano riusciti a reggere il confronto con i nostri nemici, anche se, devo ammettere, ormai è stato per me difficile seguire a pieno il proseguire della battaglia.", concluse l’altro con tono calmo.
"Ed ora? Sono morti? E Re Enlil? Ed Aruru?", incalzò subito Ninkarakk, avvicinandosi al parigrado, "Non so niente del nostro compagno, ho avvertito il suo cosmo espandersi e combattere, per poi quietarsi, sconfitto, ma non ho idea di quale sorte gli sia toccata, poiché subito è esplosa la battaglia con il re degli Annumaki. Tuttora non capisco quanti dei presenti nel luogo dello scontro siano ancora vivi, o morti, inoltre già altri cosmi, cosmi di sciacalli, sembrano avvicinarsi al campo di battaglia.", concluse Kusag, chinando il capo in segno di scusa, verso la compagnia d’arme.
"Annumaki, predoni ed assassini, persino sulla carcassa del loro sovrano andrebbero a combattere senza problemi.", affermò sdegnato Nusku, mentre Girru posava una mano sulla spalla della guerriera che gli era accanto, cercando di confortarla.