Capitolo 8: Il Guardiano
Per quasi due giorni i cavalieri d’Argento vagarono per le vaste immensità del deserto che li circondavano, seguendo il percorso che Sin degli Annumaki gli aveva indicato, incuranti del caldo del giorno e del freddo della notte, riposandosi il necessario per non arrivare sfiancati alla loro meta.
All’alba del secondo giorno da quando avevano lasciato casa di Abar di Perseo, poi, i sei santi di Atena avvertirono qualcosa: una presenza, un cosmo che da lontano si espandeva verso di loro, come se una presenza immensa fosse attirata verso il terreno dalle invisibili altezze del cielo.
"Che cosa può essere?", domandò per prima Dorida della Freccia, "Non lo immagini, Sagitta? Questo è il cosmo della divinità di cui parlava quel guerriero, il cosmo del loro Giudice divino.", replicò impassibile Leif di Cetus, mentre avanzava con il resto del gruppo.
Ci vollero ancora diverse ore, dopo la prima avvisaglia di quel cosmo che li circondava, prima di vedere le mura dell’Antica Capitale, che alte si stagliavano, con uno splendore ben maggiore di quello di pochi giorni prima, quando gli Ummanu vi erano arrivati.
"Questo luogo è simile al Grande Tempio di Atene…", fu la prima osservazione di Husheif del Reticolo, visibilmente impressionato, "Che intendi dire, cavaliere?", chiese perplessa Gwen del Corvo, "Vuol dire, ragazzina, che come il nostro Santuario, anche questo luogo è invisibile agli occhi dei comuni mortali, incapaci di utilizzare il cosmo.", replicò subito la Sacerdotessa di origini spagnole.
"Esatto, Sagitta, inoltre suppongo che il cosmo di questa divinità che stanno richiamando abbia circondato le mura di questa città, probabilmente al suo interno la presenza di questo Giudice sarà tale da impedire di avvertire alcun altro nemico.", ipotizzò Zong Wu dell’Auriga.
"Tutte notizie interessanti, cavalieri, ma direi, anziché chiacchierare, di muoverci e trovare questi Ummanu, prima che richiamino la loro divinità.", sentenziò secco Wolfgang dei Cani Venatici, mentre già il gruppo si trovava prossimo alle Mura esterne dell’Antica Capitale.
Dorida della Sagitta quasi non se ne rese conto, poco dopo le parole del cavaliere tedesco, ma d’improvviso, i suoi cinque compagni scattarono, spostandosi ognuno verso un lato diverso, solo lei rimase immobile, mentre qualcosa ne oscurava la visuale; "Sagitta!", fu l’unica cosa che sentì urlare da Gwen del Corvo, mentre un fragoroso rombo che proveniva dal terreno invadeva il suo campo uditivo, poi solo ombra e silenzio per alcuni secondi.
"Faccio i complimenti a voi, invasori maledetti.", esordì d’un tratto una voce estranea al gruppo, "In cinque avete avvertito il mio attacco, malgrado la presenza del grande Shamash già si sia espansa intorno all’Antica Capitale. Mi sorprende poi che uno di voi abbia fatto da scudo alla più sprovveduta del gruppo.", concluse la voce.
Solo allora Dorida riuscì a distinguere la figura di Leif di Cetus, fermo dinanzi a lei, con il sangue che gocciolava sul terreno dal suo avambraccio sinistro, e tre solchi paralleli che si aprivano sul terreno dinanzi a lui, diretti proprio contro la Sacerdotessa d’Argento.
"Cavaliere…", riuscì appena a balbettare la guerriera ispanica, osservando il compagno ferito, "Stupido, perché l’hai protetta?", ringhiò al qual tempo Husheif, "Perché siamo una squadra, Reticulum. Non ricordi le parole di Abar? Questo attacco, poi, non era altro che una misera schermaglia, o almeno ciò suppongo data l’insulsa ferita che mi ha prodotto.", replicò il santo di Cetus, alzando lo sguardo verso la figura che li aveva attaccati.
"Dici bene, straniero, quella era una mera avvisaglia del potere di Zisutra di Lamassi, guardiano delle Mura d’Oriente. Un presente con cui vi invito a rinunciare alla battaglia ed accettare la vostra sorte senza colpo ferire: lasciate che strappi dai vostri corpi la vita e lo farò senza procurarvi dolore alcuno.", minacciò il guerriero mesopotamico, mentre la sua figura finalmente si rivelava, imperiosa, sulle Mura esterne della città.
L’armatura dorata ricopriva per intero il corpo. Il busto e gli arti erano adornati da placche auree orizzontali, tutte pressoché simili, solo due zone si distinguevano come particolari in quelle vestigia: i copribraccia, che ricordavano molto degli artigli felini e, partendo dall’altezza dei gomiti, andavano ad espandersi fino a ricoprire per intero le dita del guerriero; l’elmo, altresì, era adornato da una lunga striatura di fili metallici, simile ad una criniera che dondolava leggermente dietro la nuca, mentre i lineamenti del viso erano celati da un’anonima maschera d’uomo.
"Un Appalaku come Adapa.", fu la prima osservazione di Wolfgang, nell’osservare le vestigia del nemico.
"Non osare dire il suo nome, assassino!", tuonò, infuriandosi d’improvviso, il nemico, mentre un secco movimento della mano sinistra, scatenava tre artigli energetici in direzione del cavaliere d’argento ferito da Sin, che, però, fu abbastanza pronto da spostarsi prima di essere investito dall’attacco.
"Con quale diritto mi definisci un assassino, guerriero?", replicò stupito il cavaliere tedesco, "Ho affrontato Adapa lealmente e vinto su di lui, per poi essere sconfitto da quel vostro compagno, Sin degli Annumaki. Non era mia intenzione uccidere il giovane Appalaku di Oannes e di fatti non presi la sua vita!", affermò deciso il santo dei Cani Venatici.
"Dunque tu fosti il suo avversario, straniero? Ebbene, allora sei l’unico che non s’è macchiato di certo del suo omicidio, ma uno dei tuoi compagni è stato!", replicò infuriato Zisutra, sollevando la mano e puntandola sul gruppo di nemici ai piedi delle Mura.
"Che cosa? Quando è fuggito, quel ragazzino era ancora vivo e vegeto!", esclamò stupita Dorida, intromettendosi nel dialogo.
"Sì, anche il grande Sin ha detto ciò, ma poi, quando il Secondo degli Annumaki lo raggiunse, il mio compagno d’arme era morto, ucciso da un attacco che lo aveva trafitto alle spalle, perforandone la schiena e squarciandone il petto.", continuò ad incalzare l’Appalaku di Lamassi, "Così, sventrato e privo di vita, il suo giovane corpo apparve ieri dinanzi a queste porte. Triste foriero del vostro arrivo, assieme alle parole del nobile Sin.
Non vi fu gioia nell’Antica Capitale, bensì il dolore della perdita e la consapevolezza della battaglia. Battaglia che condurrò per proteggere questi confini e vendicare il mio compagno, io, che fra gli Appalaku sono detto il più feroce dei guardiani.", concluse Zisutra, mentre l’impassibile maschera studiava i nemici.
"Ciò che dici è menzogna! Nessuno di noi avrebbe attaccato alle spalle un nemico ferito, uccidendolo a tradimento, non è comportamento degno di un cavaliere!", tuonò ancora Wolfgang, avanzando di qualche passo, prima che Zong Wu lo fermasse, "Non con le parole potremo dimostrare la nostra innocenza a costui, Cani Venatici. E’ suo compito difendere queste Mura e dovere personale quello di vendicare il compagno; per quanto la vendetta sia mal indirizzata, dovremo comunque combatterlo per varcare questi confini, quindi, l’unico modo che abbiamo per dimostrare il nostro onore di cavalieri è affrontarlo singolarmente. Solo uno di noi lo combatterà.", avvisò il santo dell’Auriga.
"Dici bene, allievo del Vecchio Maestro, uno solo di noi lo affronterà, e sarò io il suo nemico, poiché già ho potuto saggiare la potenza degli attacchi di costui.", affermò il santo di Cetus, intromettendosi nel dialogo e facendosi avanti verso le Mura dell’Antica Capitale.
"Dovrei credere alle vostre parole, stranieri? Affrontarne uno, mentre gli altri mi attaccano alle spalle, o invadono questi confini sacri? Mi pensate sciocco?", domandò con tono ironico Zisutra, immobile sulle alte Mura.
"Proteggere la Giustizia e l’umanità sono i nostri doveri verso Atena, mentre rispettare l’onore di Cavalieri è un compito che abbiamo accettato di portare avanti per noi stessi il giorno in cui ognuno di noi è stato investito Santo d’Argento. Per questo, malgrado tu non ci creda, sappi che nessuno di noi alzerà il pugno contro di te, o proverà a varcare queste Mura, mentre mi affronterai.", avvisò ancora l’allievo del santo di Acquarius, mentre con due abili balzi raggiungeva egli stesso la posizione del nemico.
"Scendi subito, maledetto!", ringhiò infuriato l’Appalaku, appena vide dinanzi a se il nemico, sferrando una nuova artigliata energetica, che il santo d’argento riuscì ad evitare con un velocissimo movimento, portandosi sulla sinistra dell’avversario.
"Non hai diritto di insozzare il sacro suolo di Accad!", minacciò ancora, mentre l’energia cosmica circondava il braccio sinistro del guerriero mesopotamico, "Artigli del Guardiano!", invocò subito dopo.
L’artigliata energetica scaturì brillante dalla mano destra di Zisutra, gettandosi furiosa verso il cavaliere di Cetus che, però, non si spostò d’un passo, immobile nella sua posizione, impassibile nello sguardo, mentre l’attacco, ben più veloce dei precedenti, tentava di travolgerlo, non riuscendovi, anzi, cozzando malamente ancor prima di travolgere il nemico.
"Che cosa?", esclamò sbalordito l’Appalaku di Lamassi, mentre i riflessi della luce rivelavano ai suoi occhi la presenza di qualcosa che circondava il santo di Atena, qualcosa di sconosciuto a lui, che però, per forma, ricordava una serie di cerchi, che ruotavano attorno al cavaliere.
"Kolito, la difesa più potente dei guerrieri dei ghiacci eterni, tramandatami dal mio maestro.", affermò laconico Leif, senza scomporsi.
"Difesa più potente? Lo vedremo!", tuonò infuriato Zisutra, gettandosi di nuovo alla carica contro il nemico, ambo le mani ricolme d’energia cosmica, mentre un primo fendente andava perdendosi alla sinistra del santo di Cetus, spostatosi prontamente, mentre una seconda artigliata cozzava sulla difesa di ghiaccio, senza produrvi gravi danni.
"Tutto questo è inutile, guerriero mesopotamico.", avvisò il cavaliere di Atena, portatosi sulla sinistra del nemico.
"Non ho interesse alcuno nei tuoi pareri, straniero!", ringhiò ancora l’Appalaku, caricando nuovamente con la furia degli artigli energetici che circondavano le sue mani.
Più e più attacchi furono portati, uno di seguito all’altro, senza alcun esito, tutti con la medesima furia, una furia, però, inutile contro i Cerchi di Ghiaccio, come lo stesso Zisutra poté lentamente notare.
Questa certezza, però, non fece cedere la determinazione del Ummanu, che continuò nella sua carica, finché, inaspettatamente, dopo diversi colpi incassati senza danno, fu Leif stesso a bloccare il colpo del nemico, portando il proprio braccio destro a difesa del viso, mentre un violento sinistro colpiva allo stomaco l’Appalaku, senza scomporlo più di tanto.
"Tutto qui? Tanto abile in difesa e debole nell’attacco?", incalzò divertito il guerriero di Lamassi, prima di rendersi conto che, intorno a lui, la temperatura andava abbassandosi.
"Al contrario, la mia difesa può essere anche un potente attacco.", avvisò con un tono gelido quanto il suo stesso cosmo il cavaliere di Cetus, mentre gli anelli di ghiaccio che prima si trovavano intorno al santo di Atena avevano ora circondato l’avversario di quest’ultimo, stringendosi fino a costringerlo a bloccare i propri movimenti.
"Maledetto!", sussurrò con tono frustrato la voce dalla maschera dorata, "Come preferisci, Appalaku, ma sappi che, se mi costringerai, chiuderò su di te il Kolito, una stretta gelida che bloccherà il tuo corpo del tutto.", avvisò con tono quieto Leif di Cetus, mantenendo lo sguardo di ghiaccio sull’avversario.
"Non ho interesse alcuno nemmeno nelle tue minacce, straniero! Non mi curo delle parole di un assassino, o del compagno di un assassino!", ringhiò ancora una volta Zisutra, mentre il cosmo già circondava il suo braccio destro, "Artigli del Guardiano!", urlò, scatenando all’interno dei cerchi di ghiaccio l’attacco, che distrusse quella barriera che, fino a poco prima, lo imprigionava.
Il viso di Leif, però, non si scompose nemmeno quando la tecnica andò in pezzi, malgrado la sua guardia si fosse subito alzata, pronta a reggere il confronto con il nemico.
Subito Zisutra, infatti, fu sul cavaliere d’argento, tentando prima un attacco con un veloce calcio circolare all’altezza della spalla destra, parato con facilità dall’altro con l’uso di un braccio. Subito l’Appalaku si poggiò sulle proprie mani e con una capriola tornò in piedi, lanciandosi ancora una volta all’attacco, stavolta con un’artigliata diretta al viso del santo di Atena, che con un veloce movimento delle gambe evitò l’assalto, tentando un diretto allo stomaco del nemico, che, però, resse il colpo avverso senza la minima piega, tentando al contrario una manata discendente verso il viso del guerriero nordico, che solo con un rapido movimento laterale, portandosi alla destra del mesopotamico, riuscì ad evitare il fendente.
"Tutto inutile!", ringhiò allora Zisutra, mentre con un veloce movimento del bacino, sferrava un secco calcio all’addome di Leif, che, colto alla sprovvista, subì pienamente il colpo, tanto da essere sbalzato contro la parete della muraglia, "Ed ora, cadi!", tuonò ancora l’Appalaku, lanciandosi contro il nemico in un nuovo potente colpo energetico.
Gli artigli d’energia cosmica, però, andarono a perdersi contro la gelida difesa del cavaliere, poiché già Leif aveva sollevato di nuovo le fitte spire del Kolito intorno a se.
Una risata proruppe allora dalle labbra del Ummanu, "Sei debole, straniero! Hai solo quella difesa a tuo vantaggio e ne fai un uso eccessivo! Ormai so come abbatterla.", ringhiò divertito il guerriero mesopotamico, lanciandosi addosso al nemico, ancora sbilanciato, "Ruggito del Guardiano!", tuonò secco.
La prima cosa che il cavaliere di Cetus avvertì fu un suono, qualcosa che quasi lo stordì per quanto era prorompente, provenire dalla mano sinistra del nemico, quasi stesse quella ruggendo, poi, però, capì, troppo tardi per porre rimedio, che quello che aveva udito era l’arrivo di un attacco, un’ondata di energia che circondò il suo corpo, al pari degli anelli di ghiaccio, e produsse all’unisono tanti tagli sulle difese gelide del cavaliere della Balena, distruggendole.
Spiazzato, forse per la prima volta in tutto lo scontro, Leif non riuscì minimamente a contenere il contrattacco del nemico, che subito lo investì con una prima artigliata al viso, segnandogli la guancia sinistra ed il naso, subito dopo un colpo allo stomaco, quindi al braccio, poi alla gamba destra. "E’ finita, straniero!", minacciò poi Zisutra, mentre la mano destra penetrava l’addome lì dove non vi erano vestigia a proteggerlo, trapassando la carne del cavaliere di Atena.
Subito l’Appalaku di Lamassi si volse verso i cinque che guardavano dal basso quello scontro, "Osservata il vostro compagno, assassini di Adapa, presto tutti lo raggiungerete!", tuonò minaccioso, prima che un senso di gelo lo facesse volgere verso il proprio arto destro, ora quasi completamente circondato da un bianco strato di ghiaccio.
"Non ho alcun interesse nei tuoi pareri… dicevi così, giusto?", affermò con voce dolorante il santo di Atena, "Ebbene, non sarai tu a decretare la mia fine, guerriero, bensì, ora sarà l’opposto.", sentenziò laconico il cavaliere d’argento, "Ora ti mostrerò la tecnica che mi ha tramandato il mio maestro, la più famosa fra le armi dei guerrieri delle Energie Fredde.", continuò, mentre la mano sinistra stringeva il braccio ormai assiderato del nemico e la destra si riempiva d’energia cosmica.
"Diamond Dust!", esclamò con voce secca il cavaliere della Balena, mentre la Polvere di diamanti investiva, con tutta la sua potenza, il nemico, scagliandolo lontano dal santo d’argento, che già si copriva la ferita al ventre con la mano.
"Lo stesso attacco che aveva usato l’altra notte per abbattere tre di quelle statue ambulanti in un singolo colpo…", ricordò Dorida della Sagitta che osservava dal basso quello scontro con i compagni.
"Un attacco degno del discepolo di un cavaliere d’oro, di certo.", affermò stupefatto Wolfgang dei Cani Venatici, "Sì, ma portato dopo aver subito delle ferite non da poco, fra cui l’ultima. Un’azione stupida.", ribatté acido Husheif di Reticulum, muovendo il capo in senso di disappunto.
"La battaglia, però, non è ancora finita, il nemico non è sconfitto del tutto.", aggiunse allora Zong Wu dell’Auriga, mantenendo lo sguardo sui due combattenti, proprio mentre Zisutra di Lamassi si rialzava.
"Un colpo davvero potente, specie in confronto a quella tua tecnica difensiva, straniero.", furono queste le prime parole dell’Appalaku, mentre si risollevava in piedi. Le vestigia non avevano retto dinanzi all’attacco nemico: diversi erano i danni, molti i segmenti congelati, o distrutti dalla fredda pressione della Polvere di Diamanti, persino la maschera era parzialmente distrutta, tanto da rivelare il viso del guerriero, un viso segnato da diverse cicatrici e privo di un orecchio, quello sinistro.
"Ma questo solo attacco non basterà a fermarmi, molti sono i doveri che mi muovono. Primo quello verso Adapa che avete ucciso, secondo quello verso il mio signore Baal, che mi ha scelto fra le sue schiere, donandomi le vestigia di Lamassi, l’uomo leone a guardia delle città.", affermò fiero il guerriero mesopotamico, di nuovo in piedi, prima di scagliarsi ancora una volta contro Leif.
"Rinuncia, Appalaku, ormai hai perso l’uso di un braccio ed il resto del corpo rischia l’ipotermia.", furono le uniche parole del cavaliere d’argento, mentre evitava con facilità il nuovo fendente portato con la mano sinistra.
"Tu sei quello che rischia di morire prima, straniero, dissanguato, inoltre, anche senza un braccio, mi restano due gambe per colpirti!", sentenziò deciso Zisutra, mentre compiva una veloce rotazione sul proprio asse, colpendo con un calcio ad ascia la spalla sinistra del santo d’argento, sbilanciandolo.
"Ruggito del Guardiano!", tuonò subito dopo il guerriero di Lamassi, lasciando scatenare il proprio attacco contro il nemico impreparato, che ne fu travolto e schiantato a diversi metri di distanza, sul bordo interno delle Mura.
A fatica, stavolta, Leif di Cetus si rimise in piedi, persino le sue vestigia d’argento erano state danneggiate da quel nuovo attacco. "Ora ti getterò al di là delle Mura, fra i tuoi compagni assassini.", minacciò allora Zisutra, ma, prima ancora che l’Appalaku potesse fare un solo passo, di nuovo attorno a lui brillò la gelida presenza degli Anelli di Ghiaccio, "Tentativo inutile di tenermi lontano.", ringhiò di rimando il guerriero, cercando di distruggerli con un secco movimento della mano sinistra, che, però, andò perdendosi contro la barriera.
"E’ forse il terrore dei miei attacchi ad averti permesso di rendere più resistente questa difesa?", domandò ironico l’Ummanu di Lamassi, prima di scatenare gli Artigli del Guardiano contro la barriera di ghiaccio, infrangendola.
"Sarai tu, straniero, ad andare ora in pezzi, dinanzi ai miei affilati artigli.", minacciò ancora una volta Zisutra, prima di rendersi conto che non riusciva a muovere un solo passo in avanti.
A quel punto, una fragorosa e divertita risata raggiunse le orecchie di tutti i presenti, prorompendo fra le file dei cavalieri d’argento: la risata di Husheif di Reticulum.
"Ti sei fatto ingannare con poco, sciocco guerriero mesopotamico!", esclamò divertito il santo d’argento, "Sei finito nella rete di ghiaccio che il cavaliere mio pari ti ha teso, senza nemmeno porre rimostranze, aggiungerei.", continuò, ridendo compiaciuto.
"Come osi?", ringhiò dall’alto della sua posizione l’Appalaku, incapace di muovere un passo, prima di rimanere egli stesso senza parole nell’osservare le proprie gambe, completamente congelate.
"Permettimi di spiegartelo, data la scarsa parlantina del cavaliere di Cetus.", continuò con fare soddisfatto il santo di Reticulum, "Quando hai sferrato il tuo ultimo attacco, sei stato circondato nel frattempo dagli anelli di ghiaccio del mio parigrado, uno strumento difensivo, ma, come lui stesso aveva spiegato, anche offensivo.
Così, complice la Polvere di Diamanti che deve averti di certo prodotto una generale sensazione di gelo nel corpo, non hai avvertito come gli anelli che stazionavano nella tua visuale erano una semplice distrazione, mentre quelli sulle gambe si stringevano sempre di più, fino a completare la loro presa.
Come tu stesso hai detto, nella tua completa stoltezza, avevi ancora le gambe oltre il braccio. Ora sei ti è rimasto solo quello.", concluse Husheif, chiaramente divertito.
"Per quanto non lo abbia detto con il rispetto che si deve portare ad un nemico, Husheif ha ragione. Sei ormai bloccato, Appalaku, hai solo una mano con cui colpire e, dalla distanza, i tuoi attacchi sono facilmente evitabili, oltre che molto più deboli.", avvisò con tono pacato Leif di Cetus, rialzatosi in piedi, malgrado le ferite.
"Non mi fermerà ciò, straniero! Come ti ho già detto, ho dei doveri da rispettare!", rispose deciso Zisutra, mentre il cosmo circondava l’unica mano ancora libera.
"Non è combattendo con noi che potrai vendicare il tuo compagno Appalaku.", replicò calmo il santo d’argento, "Nessuno dei presenti si è macchiato del suo omicidio, rinuncia a questa convinzione e non dovrò concludere la battaglia con la tua morte.", minacciò impassibile.
"Posso credere che tu non ne sia colpevole, poiché singolare è l’emanazione del tuo cosmo e perché fin troppo astuto sei per aver bisogno di tali mezzi, ma mi chiedi di fidarmi della parola che dai sui tuoi compagni? Come potrei? Io vedo tanti stranieri di cui non so niente, fra cui un uomo che di certo non ha il rispetto dell’avversario.", affermò di rimando Zisutra, indicando il cavaliere di Reticulum.
"Ammetto che i modi del mio compagno d’arme non sono degni d’un cavaliere, ma questo non ne fa un assassino privo di lealtà verso il nemico; inoltre egli è tornato indietro con me ed altri due compagni, non è rimasto indietro, non avrebbe avuto modo di uccidere l’Appalaku tuo pari.", replicò pacato Leif.
"Ciò non mi convince comunque. Ma, anche se non foste colpevoli della morte del giovane Adapa, non potrei comunque lasciarvi passare per dovere verso il grande Baal.
Egli fu l’unico a darmi da sempre fiducia, permettendomi di seguirlo. Io, che ero stato arrestato per furto e spergiuro, io criminale fra gli uomini del mio villaggio fui accettato nella tribù nomade di Baal e Nanaja, al pari di Adapa ed Etana, entrambi provenienti da famiglie forse disagiate, ma di certo non incriminati di alcuna colpa. Per devozione e gratitudine non posso lasciarvi passare.", ringhiò deciso l’Appalaku, "Dovrò, anzi combatterti con il mio colpo migliore, straniero!", minacciò infine.
"E con il migliore dei miei attacchi ti risponderò anch’io, per onorare la determinazione e le nobili ragioni che ti spingono, cavaliere di terre a me estranee.", replicò di rimando Leif di Cetus.
L’Appalaku lasciò che il cosmo brillasse accecante nella mano sinistra, ricolma di una tale energia da materializzare degli artigli dorati sulla mano del guerriero di Lamassi; al qual tempo, il gelido cosmo del santo di Atena ne circondò i palmi, aperti e paralleli dinanzi al petto, mentre una gigantesca balena bianca fatta di pura emanazione cosmica sembrava quasi materializzarsi alle spalle del cavaliere di Cetus.
"Zampa del Guardiano!", urlò Zisutra, "Aurora Ice Whirl!", esclamò Leif.
Parve quasi che l’intero braccio dell’Ummanu trasfigurasse, circondato da energia cosmica, mentre il guerriero con un secco movimento dello stesso lasciò partire una violenta manata, che mutò in un attacco sulla distanza, come se la zampa di un gigantesco leone prendesse vita dall’arto dell’uomo, allungandosi, diretta a schiacciare sotto la sua violenta presa il corpo del nemico.
Al qual tempo, due vortici d’energia, simili per forma e dimensione, si generarono dai palmi del cavaliere d’argento, roteando l’uno accanto all’altro fino a fondersi in quello che risultò essere un gigantesco sifone d’acqua, simile al getto che una balena emette dal proprio corpo.
I due attacchi nemmeno si scontrarono fra loro: discendente era il primo, mentre rettilineo avanzava il secondo; la violenza del colpo di Zisutra calò decisa contro il santo di Atena, mentre l’ondata di gelida corrente di Leif travolgeva l’Appalaku, per alcuni secondi non vi fu che silenzio, nello scintillare dei due cosmi avversari.
Poi, lentamente, uno dei due corpi si mosse, fu quello del cavaliere d’argento, che, con le vestigia ancor più incrinate, avanzò verso il nemico, mentre questi già cadeva al suolo. "La vittoria è mia, Zisutra di Lamassi, cavalieri di Accad. Non la forza, o l’astuzia, ha decretato il vincitore, bensì la maggiore resistenza dell’armatura di Cetus ai tuoi assalti, rispetto alle tue vestigia, ridotte in frammenti ghiacciati dai miei colpi.", con quelle semplici parole il santo di Atena si accomiatò dal nemico, ormai morto per assideramento.
Stava quasi per cadere al suolo Leif stesso, quando qualcuno lo prese per le braccia: erano Zong Wu e Wolfgang.
"Pensavo di essere io quello ferito, Cetus.", ridacchiò il guerriero tedesco, sorridendo al compagno, mentre anche le due sacerdotesse e Husheif li avevano raggiunti sulle Mura della città.
"Ce la fai ad andare avanti, cavaliere?", domandò allora il santo dell’Auriga, "Al pari di Cani Venatici, nemmeno io mi farò lasciare indietro.", rispose sereno Leif, accennando un sorriso, "Bene, dunque, allora avanziamo. Poiché credo che la vera battaglia inizi solo adesso, amici miei.", osservò deciso il santo tedesco, mentre già i due al suo fianco e le sacerdotesse accennavano positivamente con la testa ed il cavaliere di Reticulum aggiungeva un cenno di approvazione.
Così i sei cavalieri d’argento entrare nell’Antica Capitale.