Capitolo 6: Wolfgang contro Adapa
Wolfgang dei Cani Venatici osservava con attenzione il nemico che si trovava dinanzi a lui: era di molto più basso, cosa che comunque non lo sorprese, data la statura della gente del luogo in confronto a quella della sua terra natia, ma, oltre all’altezza ed il peso, niente sapeva di quell’individuo, se non il nome, e che quelle vestigia dorate gli suggerivano una potenza particolarmente grande, poiché quello era il colore delle armature d’oro, come quella del Sagittario, indossata dal suo maestro.
"Se non vuoi attaccare per primo, Adapa di Oannes, ebbene lo farò io." , avvisò il santo d’argento, scattando, al massimo della propria velocità, contro l’avversario e colpendolo con un violento diretto alla bocca della stomaco; un attacco semplice, che spesso non serviva a niente più che iniziare le schermaglie, ma, in quella particolare circostanza fu sufficiente a scagliare indietro di diversi passi l’avversario, lasciando che questi distruggesse, nel suo volo, tre alberi.
Lo sguardo di stupore sul viso di Wolfgang tradiva tutto il suo disappunto nel vedere quanto fosse stato facile colpire l’avversario, ma, ben presto, quel sentimento fu sostituito da un altro: sorpresa; Adapa di Oannes, infatti, stava correndo in una direzione diversa da quella in cui si trovava il cavaliere d’argento, stava fuggendo!
"Dove pensi di andare?", tuonò il cavaliere dei Cani Venatici, scattando all’inseguimento dell’avversario, che, nel frattempo s’era spostato, quattro alberi più a sinistra, senza fermarsi, bensì avanzando, lungo una linea diagonale, per cinque alberi, fino a tornare nel punto in cui Wolfgang lo aveva attaccato.
Solo in quel momento, quando il giovane guerriero rivelò le mani ricolme d’energia cosmica color del mare, solo allora il cavaliere tedesco si rese conto che il medesimo colore brillava adesso su tutti gli alberi vicino cui s’era mosso, chiudendo il santo d’argento in una sorta di triangolo brillante; solo in quel momento il disappunto divenne sorpresa mista a soddisfazione e timore.
"Ala di Vento." , sussurrò appena Adapa dalla maschera dorata che gli celava il volto, poco ci volle affinché quel comando si manifestasse in un attacco: un’energia simile ad un tornado, difatti, prese forma in cui quella zona ristretta, travolgendo ogni albero al suo interno, ed investendo, con eguale potenza, Wolfgang, che fu sollevato da terra e sbattuto ripetutamente contro uno o l’altro albero.
La caduta al suolo del cavaliere d’argento fu rovinosa: in un solo attacco aveva subito più e più ferite, gli arti, in particolare, erano quelli maggiormente danneggiati dal violento investire contro gli alberi e furia delle correnti, a malapena il santo dei Cani Venatici si reggeva in piedi.
"Te la cavi, Appalaku." , ammise con un po’ di disappunto Wolfgang, guardando il proprio avversario, il cui sguardo era celato dalla maschera integrale, "Io, però, non sono da meno." , avvisò ancora il santo d’argento, mentre caricava il proprio cosmo nei pugni serrati.
"Angriff der Jäger!", tuonò il cavaliere d’argento, mentre i pugni liberavano ancora una volta il branco di feroci cani da caccia di pura energia cosmica, che si gettò feroce contro la singola preda.
La furia dell’assalto fu sorprendente per il giovane Adapa, che, non riuscì nemmeno a sollevare le proprie difese, tanto rapidamente l’assalto lo investì, schiantandolo indietro di diversi alberi e danneggiandone le vestigia.
Wolfgang non corse contro il suo avversario, non stavolta: avrebbe atteso, osservato i movimenti di quest’ultimo senza ridurre fra di loro la distanza, gesto che, probabilmente, lo avrebbe chiuso in un’altra trappola, pari alla precedente. In fondo, il suo maestro gli aveva tramandato diverse tecniche d’attacco che poteva portare a compimento anche dalla distanza, non aveva niente da temere, anzi, come un bravo cacciatore, avrebbe lasciato stancare la preda, prima di chiudere su di lei la sua morsa infallibile.
Nemmeno osservare il casco dorato del nemico andare parzialmente in pezzi, rivelando dei lineamenti tanto fanciulleschi privi di ogni forma di virilità, lo spinse a ridurre le distanze, malgrado la sua sorpresa fosse palese: la prudenza era fondamentale in ogni caso; ancora gli effetti del colpo precedente gli appesantivano le gambe, quindi sarebbe stato folle rischiare ancora.
I pugni del cavaliere d’argento si riempirono di nuovo d’energia cosmica. "Angriff der Jäger!", urlò ancora una volta Wolfgang.
Adapa aveva subito l’attacco ed a stento riuscì a rialzarsi, le ferite peggiori erano alle braccia, da cui scorreva diverso sangue, le vestigia, inoltre, proprio perché non fra le più potenti del suo esercito, avevano riportato anch’esse dei danni non trascurabili: parte dell’elmo era andata distrutta, così come una spalliera e diversi segmenti dei gambali, ora, più di prima, il giovane si sentiva indifeso dinanzi al nemico, che, stavolta, non gli fu subito addosso, di certo memore della precedente strategia del ragazzo.
Quando l’energia cosmica brillò ancora una volta nei pugni del cavaliere nemico, il giovane Appalaku dovette far leva su tutto il proprio sangue freddo per concentrarsi ed utilizzare un’altra delle tecniche apprese da Ea il Saggio.
Si concentrò Adapa, così come più volte gli era stato spiegato: non aveva ancora l’esperienza per riuscirvi istintivamente, come i compagni Appalaku, o gli elementi delle altre due armate del loro esercito, doveva focalizzare l’energia, sapere dove indirizzarla, doveva scandire il passaggio in ogni suo istante; così fece, mentre la vibrante emanazione del cosmo del guerriero di Oannes si materializzava intorno alla maschera sul petto.
Conosceva il colpo del nemico, ne aveva capito a grandi linee le caratteristiche, mentre lo subiva, d’altronde era sempre stato un attento osservatore, non poteva sperare di evitarlo, ma ne avrebbe deviato l’offensiva, rimandandola al mittente.
"Vortice del Saggio." , affermò con tono fermo il giovane guerriero, mentre una corrente d’aria si librava dalla bocca in rilievo, correndo contro l’assalto del cavaliere d’argento e disperdendolo in diverse direzioni, così da abbattere più e più alberi intorno ai due contendenti.
Alcuni colpi tornarono indietro, tanto che, sorpreso da quella tattica, lo stesso santo d’Atena fu investito dai propri segugi energetici, mentre altri continuarono la propria corsa, prendendo in pieno la spalla destra ed il ginocchio sinistro di Adapa, la cui armatura andò in frantumi in quei punti.
Il cavaliere d’argento si rialzò stordito: il suo stesso attacco gli era stato ritorto contro con una semplicità che lo aveva, a dir poco, basito; mai avrebbe pensato di incontrare qualcuno con una difesa tanto formidabile da rimandargli addosso l’Assalto dei Cacciatori.
Certo, era successo, Wolfgang lo ricordava bene, che il maestro Munklar deviasse i suoi attacchi, anche se il santo di Sagitter trovava più comodo evitarli direttamente, ma mai aveva immaginato che qualcuno potesse rimandargli addosso la sua scarica energetica più efficace.
L’unico sollievo per il cavaliere tedesco fu notare che almeno due dei suoi colpi erano andati a segno, come poté notare, mentre focalizzava il proprio avversario, pronto ad un nuovo assalto: la tattica non era cambiata, avrebbe fatto stremare quel Appalaku e poi lo avrebbe catturato, cambiava solo il modo in cui lo avrebbe reso inoffensivo, o, per essere più precisi, l’attacco.
Scariche elettriche s’agitavano freneticamente adesso intorno al braccio destro del cavaliere di Cani Venatici, le dita della mano aperte in un artiglio, o almeno qualcosa che richiamava un artiglio, se non una presa ancora più mortale.
L’energia cosmica di Wolfgang confluì sulle dita, plasmandosi in una forma ben più nitida adesso, qualcosa che la mano aveva mimato, ma adesso il cosmo rimarcava palesemente, delle fauci, feroci zanne di cane, che sembravano ringhiare, tanto forte vibrava l’aria scossa dalle scariche elettriche.
"Preparati, Adapa di Oannes, perché con questo attacco sancirò la fine del nostro scontro!", minacciò con determinazione il cavaliere d’argento, pronto ad usufruire di una delle sue tecniche più potenti.
"Reißzähne des Jägers! ", esclamò Wolfgang, mentre l’energia cosmica veniva rilasciata, sotto forma di un gigantesco levriero da caccia, le cui zanne sembravano pronte ad affondare nelle carni di Adapa.
Il giovane Appalaku osservava con attenzione il suo avversario, che, rialzatosi, lo stava ora minacciando, mentre, un ben più pericolosa quantità d’energia cosmica, sembrava prendere forma fra le dita di quello che si definiva cavaliere d’argento, una quantità d’energia che fu prontamente liberata contro il ragazzo.
"Vortice del Saggio!", fu l’unica cosa che poté esclamare il guerriero di Oannes, ma, quando ormai il feroce levriero s’era scatenato, parve che niente potesse riuscire a fermarlo: il soffio che scaturì dalla maschera risultò inefficace nel rallentarne la cosa, solo all’ultimo momento, proprio mentre le terribili fauci stavano per azzannare le vestigia dorate, la tecnica difensiva ebbe un qualche effetto; non l’assalto tornò verso il proprio padrone, né il giovane nemico ne uscì con ben pochi danni come nel caso precedente, no, stavolta, l’unica cosa che l’incontro fra le due energie opposte permise fu una detonazione.
L’esplosione, frutto del contrasto fra le due energie cosmiche, spinse il corpo di Adapa tanto lontano che quasi Wolfgang perse di vista l’avversario e, oltre ciò, permise che la maggior parte della potenza distruttiva delle Fauci del Cacciatore, l’attacco del cavaliere tedesco, andasse perso ancora prima di investire la pregustata preda.
Il cavaliere d’argento, però, non lasciò sfuggire l’avversario: corse lesto verso il punto dove era andato a schiantarsi, per trovarlo con le vestigia ormai vistosamente in pezzi, l’abito che indossava al di sotto delle stesse, del medesimo colore dorato, aveva diverse macchie di sangue, segno che, malgrado tutto, quell’ultimo attacco aveva portato dei risultati.
Ciò che, però, scosse di più Wolfgang furono gli occhi intimoriti del giovane: ricordavano in tutto quelli di una lepre ormai incapace di sfuggire al suo inseguitore, perché troppo ferita, ma desideroso di continuare a vivere.
"Adapa di Oannes, non voglio la tua vita, bensì necessito di informazioni da parte vostra." , ammise con tono accondiscendente il cavaliere d’argento, facendosi avanti di un passo.
"Via!", fu l’unica cosa che urlò il giovane avversario, mentre dalle mani rilasciava delle sottili correnti d’aria, che il guerriero tedesco evitò riparandosi con un mero balzo dietro due longilinei alberi.
"Rifletti, ragazzo, o dovrò essere meno caritatevole nei tuoi confronti." , lo ammonì con tono deciso il santo di Atena, che in cuor suo non avrebbe voluto alzare ancora il pugno su un così fragile, almeno all’apparenza, nemico.
Per interminabili secondi, mentre sentiva il seguace della divinità olimpica parlare, Adapa si chiedeva se anche Sin fosse intento in qualche scontro con i compagni di quel guerriero, ma il dubbio sulla possibilità di vittoria del possente ragazzo dai capelli scarlatti scomparve ancora prima di prendere forma.
Altrettanto, il giovane Appalaku, non poteva dire per se stesso: mai aveva subito un attacco come quello dell’avversario e, nel confrontarsi con quel santo di Atena, Adapa poteva facilmente intuire come quel guerriero tedesco fosse pari ad un Anunnaki, o ad un Annumaki, probabilmente nemmeno i suoi due parigrado sarebbero stati una sfida degna per quel nemico.
Adapa, però, sapeva che, al contrario di Etana e Zisutra, lui aveva avuto come maestro il più saggio degli uomini; non poteva tradire le aspettative del sapiente Ea, o del suo signore Baal, no, avrebbe dato la vita, se necessario, in quella battaglia, sfruttando ogni tecnica e tattica appresa dal venerabile insegnante.
Solo la disattenzione, voluta o meno, del nemico aveva permesso che il feroce levriero cosmico puntasse contro il volto sulle vestigia, ma fu proprio per la consapevole differenza di abilità, compresa durante quell’attacco, che il giovane Appalaku decise di tentare un’altra tattica, pronto a sfruttare l’ultima delle sue armi, quella che aveva in comune con il saggio maestro.
Si rialzò il giovane Adapa, osservando con sguardo deciso, il suo avversario: non doveva averne timore, anche questo ben lo sapeva, ma difficile era, almeno per lui in quel momento, dissimulare le proprie emozioni dinanzi a quel nemico. "Se speri che io tradisca il mio popolo, cavaliere di Atena, allora non hai compreso niente del tuo nemico! Mai riferirò sul nostro viaggio e sul percorso per raggiungere la meta agognata!", esclamò con voce determinata l’Appalaku.
Alle parole del nemico, lo sguardo di Wolfgang fu oscurato dalla sorpresa: fin dall’inizio, il cavaliere d’argento aveva supposto che i loro nemici fossero stanziati in quei boschi, al pari di tutti gli avversari di cui gli aveva parlato il santo di Sagitter negli anni dell’addestramento, avversari che tendevano a restare nelle loro fortezze, o assalire quelle nemiche, ma la notizia che i loro nemici, chiunque essi fossero, erano in movimento, portò innumerevoli domande alla mente del giovane tedesco... Dove sono diretti? Quanti sono? Avranno tutti la forza di questo ragazzino, o saranno ben più temibili? Quale fine li anima?
Facendo forza su tutta la propria concentrazione, Wolfgang si focalizzò sul nemico che aveva davanti: quel giovane avrebbe potuto rispondere a tutti i suoi dubbi, doveva solo catturarlo. "Ragazzo, sapere che le schiere di cui sei membro sono in movimento, mi produce ben altre domande sulla vostra conformazione e direzione." , esordì con tono accondiscendente il cavaliere di Atena, sapendo che, in questo frangente, la caccia più grossa sarebbe giunta in seguito, doveva essere pronto a rinunciare ad un’unica preda per puntarne un numero maggiore.
"Sono tutte informazioni che non ti darò, invasore. Non avrai facilmente notizie sulle mie genti, almeno non da me." , avvisò il giovane Adapa, mentre si spostava di qualche passo sulla propria destra, restando sempre attento al cavaliere di Atena, la cui posizione era immobile fra i due tronchi longilinei.
"Dunque, Appalaku di Oannes, vuoi che ti estorca con la forza ogni parola?", replicò con voce ben più minacciosa il cavaliere tedesco, mentre il cosmo s’espandeva dal suo corpo sotto forma di scariche elettriche.
"Le parole sono qualcosa che non può essere usato con così tanta leggerezza," , avvisò il giovane avversario, "il mio maestro me ne ha spiegato l’estremo valore ed il peso. Ogni parola, se ben utilizzata, può valere quanto un macigno contro il proprio avversario.
Il mio maestro è il più saggio dei saggi, egli conosce l’uso ed il modo per produrre la sofferenza, così come la vita, nei nemici mediante le giuste parole; egli sa che ogni sillaba detta può esserti amica quanto nemica.
Le parole sono come pietre suole dire, ma, più di questo, le parole sono un’arma, che il Saggio mi ha trasmesso." , avvisò Adapa, mentre la maschera sulle sue vestigia iniziava a brillare, fattore che portò il cavaliere di Cani Venatici in guardia da eventuali nuovi attacchi.
"Arma del Saggio!", tuonò allora l’Appalaku, mentre l’energia cosmica illuminava interamente il suo corpo: parve quasi che questa scaturisse dalle labbra, per diffondersi, al pari di vene ed arterie, lungo tutto il corpo, per poi sprigionare una devastante corrente d’aria che, attaccando da tutte le direzioni, portò alla creazione di un vero e proprio tornado in quella ristretta area.
Gli alberi si sollevarono, sradicandosi dal terreno, i due ai fianchi di Wolfgang investirono in pieno il cavaliere, stordendolo, per un breve lasso di tempo in vero, ma sufficiente affinché l’attacco nemico si scatenasse in tutta la sua potenza, sbalzando anche il santo dei Cani Venatici in mezzo alla furiosa corrente d’aria, rendendolo un’inerme bersaglio dei tronchi. Questa volta il vorticare della corrente non sembrava trovare pace, se non il suo occhio, il centro del tornado: Adapa.
Dorida della Sagitta osservava con disappunto i due golem ridotti ad immobili statue di ghiaccio, mentre si frantumavano in milioni di cristalli bianchi, spargendosi al suolo.
La sacerdotessa d’argento non aveva avuto il tempo di attaccare quei mostri, Leif di Cetus era stato ben più veloce di lei, ma ancora c’era un ultimo bersaglio rimasto per lei; così, lesta, la guerriera si volse verso l’ultima creatura di pietra.
"Troppo tardi, la preda è mia!", esordì con un sorriso di scherno Husheif di Reticulum, mentre già il golem si contorceva in dei sottili fili di energia cosmica che, in pochi attimi, ne amputarono braccia e gambe, prima di recidere la testa dal corpo di pietra, che cadde al suolo, senza vita alcuna.
Una nota di disappunto proruppe dalla maschera della Sacerdotessa d’argento, prima che una gigantesca esplosione di energia cosmica catturasse l’attenzione dei tre cavalieri di Atena, portandoli a voltarsi verso la direzione da cui questa proveniva.
La sorpresa non si sarebbe potuta leggere su nessuno dei due volti privi di maschera; fu proprio colei che teneva il proprio viso celato a parlare per prima: "Un tornado d’energia cosmica!", esclamò nel vedere la potenza del vortice d’aria apparso dal nulla.
"Il cavaliere dei Cani Venatici deve aver trovato un avversario.", osservò con tono pacato il santo di Cetus, "Si, un nemico ostico per il nostro germanico alleato, da ciò che qui vedo.", ridacchiò Husheif, "Penso che dovremo soccorrerlo.", concluse, scattando per primo verso il luogo della battaglia, subito seguito dagli altri suoi pari.
Nessuno dei tre, però, aveva notato che già da tempo la figura che li osservava, quella di Sin, era scomparsa, diretta nella loro stessa direzione.
Wolfgang era intrappolato nella corrente d’aria creata da Adapa, impossibilitato a muoversi, il cavaliere d’argento riusciva a malapena a respirare, o distinguere alcunché, mentre la rotazione spostava costantemente il suo corpo da una parte all’altra del furioso tornado.
Ci vollero diversi secondi al santo di Cani Venatici per rendersi conto che, l’occhio di quel ciclone, era pressoché immobile e costante, segno che quella corrente era, in qualche modo, simile alla tecnica difensiva precedentemente usata dall’Appalaku, ma, anziché muoversi parallelamente al terreno, partendo dal corpo dell’avversario, creava un vortice intorno a lui.
"Angriff der Jäger", esclamò a quel punto il santo d’argento, cercando di perforare la corrente di vento, per investirne il fautore, così da gettare lo stesso nel vortice d’energia; a poco servì, però, l’attacco: le fauci elettriche furono disperse dalla potenza del tornado, che le deviò per diverse direzioni, frantumando tronchi e macigni in quel vorticare di oggetti sospesi a mezz’aria.
Lo sconforto, per qualche attimo, turbò la tempra di Wolfgang, mentre la continua rotazione lo stordiva sempre più, debilitandone la concentrazione, ma ben presto lo abbandonò, lasciando il posto alla determinazione che ben caratterizzava il cavaliere di Cani Venatici.
Il guerriero tedesco, infatti, ben sapeva cosa fare: come spesso il suo insegnante, Munklar di Sagitter, gli aveva spiegato, c’erano più modi per attaccare un nemico, proprio perché diverse potevano essere le prede e diversi i predatori.
"Quando un branco di predatori assale un gruppo di prede, non punterà mai a colpire il centro, o la testa, bensì cercherà nella coda chi è il più debole; allo stesso modo, un singolo predatore punterà alla preda più debole se in inferiorità numerica, ma, in caso di un confronto singolo, il cacciatore dovrà sempre ponderare la propria forza in funzione di quella avversaria. Mai gettarsi in un assalto frontale se non si è certi del successo; ne tentare di disperdere le proprie forze se questo porterà solo vantaggi alla preda.", questo gli era stato spiegato dal santo d’oro, quando aveva tramandato lui le Fauci del Cacciatore, il suo secondo attacco, che univa in un unico assalto la potenza dispersa in più direzioni dall’Assalto dei Cacciatori.
Proprio il suo secondo attacco era tutto ciò che gli era rimasto da utilizzare in quella situazione; così, concentrando il proprio cosmo fino a brillare sotto forma di scariche elettriche sul corpo, Wolfgang si preparò a colpire, senza però scatenare subito l’attacco, bensì attendendo.
Il cavaliere attese finché uno dei tronchi, intrappolati con lui nella corrente, non gli fosse così vicino da potervi poggiare i piedi e quando questo successe, il santo d’argento fece leva sulla struttura lignea, scagliando il suo intero corpo contro la parete interna del tornado.
"Reißzähne des Jägers", urlò a pieni polmoni il guerriero di Cani Venatici, mentre le Fauci d’energia cosmica perforavano, grazie anche alla pressione del suo corpo, la corrente di vento, permettendo al corpo del santo di Atena di cadere nell’occhio del ciclone, lì dove la calma regnava sovrana, lì dove si trovava Adapa.
L’Appalaku di Oannes era immobile, fermo al centro del vortice che animava con il proprio cosmo, in parte soddisfatto di se stesso e di come aveva saputo ben utilizzare l’ultima arma del suo insegnante Ea, ma in parte preoccupato, poiché quel singolo attacco avrebbe bruciato molte delle sue forze, impedendogli di combattere, eventualmente, anche con i compagni di quel guerriero di nome Wolfgang.
Questi i pensieri del giovane mesopotamico, prima che un ronzare assordante lo attirasse; il giovane guerriero alzò lo sguardo verso l’origine di quel rumore e, con suo grande stupore, vide qualcosa scontrarsi con la superficie interna del vortice, qualcosa che alla fine riuscì, con suo immenso terrore, a distruggerla, anzi qualcuno: il suo nemico!
Niente poté fare Adapa contro l’azione dell’avversario, inaspettata quanto incredibile ai suoi occhi; ancora il ragazzo cercava di comprendere come ciò fosse stato possibile quando, violento ed impetuoso, il pugno del cavaliere d’argento lo investì in pieno sterno, distruggendo una parte del pettorale e della maschera su di essa incisa e scagliando lo stesso Appalaku nel vortice d’energia.
Vortice che fu subito interrotto, lasciando cadere il ragazzo al suolo, a pochi passi da Wolfgang.
Il cavaliere tedesco osservò con impassibile calma il suo avversario, cercando di riprendere fiato, mentre il corpo si riabituava al suolo sotto i piedi e le ferite subite durante le diverse rotazioni nel vortice iniziavano a farsi sentire.
Adapa era stato travolto dal suo pugno, volando attraverso il suo stesso attacco energetico per poi cadere malamente al suolo, al pari dei tronchi che fino a poco prima era sollevati a mezz’aria. A guardarsi bene intorno, ormai del bosco in cui avevano combattuto non restavano che alberi divelti e foglie sparse ogni dove.
Il santo d’argento si guardò attorno, notando come gli alberi più distanti dal tornado non ne fossero stati minimamente intaccati, segno che, per quando devastante, quella forza evocata dall’Appalaku era anche controllabile e limitata come raggio d’azione, poi portò il proprio sguardo sul nemico: "Arrenditi, guerriero di Oannes, non hai la possibilità di vincere, persino quello che credo fosse il tuo colpo migliore è sfiorito in un attacco fallimentare.", sentenziò secco il cavaliere.
"Mai mi arrenderò, anzi, preparati tu a soccombere, poiché gravi sono le tue ferite, ben più delle mie!", replicò con tono deciso il giovane mesopotamico, rialzandosi in piedi barcollante ed espandendo nuovamente il proprio cosmo.
La baldanza nelle parole di Adapa, però, era pura finzione, dettata più dal non volersi arrendere, per rispetto al proprio maestro ed al comandante che lì lo aveva inviato; ben sapeva il giovane Appalaku di non avere più molte forze in corpo, ma poteva tentare una via di fuga allontanando l’avversario, così provò a sfruttare per l’attacco una tecnica puramente difensiva; "Vortice del Saggio!", tuonava già il ragazzo, mentre l’aria fuoriusciva dalla maschera di Oannes.
Mai il giovane Appalaku avrebbe immaginato di vedere un nemico gettarsi contro quella tecnica, eppure, ora, il Cavaliere di Atena che aveva davanti lo stava facendo!
Con un coraggio che rasentava, a suo dire, la pazzia, Adapa vide Wolfgang gettarsi verso il vortice d’aria, per poi, all’ultimo, scartare lateralmente, un’azione folle se pensava che questo bastasse ad evitare la corrente d’aria, eppure, sufficiente a ridurre la violenza della stessa e permettere al cavaliere d’argento di avvicinarsi tanto da poter scatenare di nuovo il suo attacco.
"Reißzähne des Jägers", questo urlò il santo dei Cani Venatici, ormai vicinissimo al nemico, mentre incurante della corrente d’energia che contro di lui correva, ancora una volta le Fauci del Cacciatore raggiungevano la preda, colpendola al pettorale destro e frantumando del tutto le vestigia che quella zona ricoprivano, prima che lo stesso Adapa fosse sollevato da terra e scagliato al suolo, sanguinante, a diversi metri di distanza.
Wolfgang, però non parlò, niente aggiunse, mentre si avvicinava al giovane avversario, guardando il suo viso sanguinante e sofferente.
"Sai, Adapa degli Appalaku, tu sei il tipo di avversario che il mio maestro definirebbe istrice.", esordì con tono pacato il santo d’argento, "Con te degli assalti su più punti, colpendo con raffiche di attacchi, sono assolutamente inutili, la protezione delle tue tecniche di correnti cosmiche è pressoché straordinaria, ma, altresì, se anziché disperdere le energie si concentrano tutte in un unico colpo, portando un attacco mirato, allora sì che si sa di andare a segno.", aggiunse, mentre l’altro sgranava gli occhi dalla sorpresa.
"Il sospetto mi era sorto durante il primo Assalto dei Cacciatori diretto su di loro: sono pochi assalti erano passati, proprio perché più distanti dal raggio d’azione della tecnica, mentre il più del mio attacco era stato vinto; medesima cosa era successa contro il gigantesco tornado che avevi creato; lì solo le Fauci del Cacciatore sono servite. Con questa consapevolezza, ho solo dovuto rischiare un po’ di più e gettarmi su di te perché il mio colpo puntasse lì, dove non vi erano difese, ed andasse a segno.", concluse con il sorriso di chi segnala ad un amico un errore, più che di un vincitore su uno sconfitto.
"Hai dimostrato coraggio e determinazione, giovane Appalaku, ma ormai lo scontro è finito, hai perso.
Dimmi quali sono i piani dell’esercito a cui appartieni, dove siete diretti?", domandò secco Wolfgang, il cui tono era ritornato duro e determinato.
"Adesso basta, straniero!", tuonò allora una voce estranea.
Quando Adapa, stremato e colpito dalle parole dell’avversario quanto dai suoi attacchi, sentì quella nuova voce, si volse subito, vedendo una figura avvicinarsi, quella di Sin, comandante in seconda degli Annumaki.