Capitolo 2: I sei cavalieri
Presso il Grande Tempio di Atene, fin dai tempi antichi, si trovavano delle accademie, come si sarebbero definite più avanti, luoghi in cui i giovani santi e le sacerdotesse, s’allenavano, una volta ricevuta l’investitura, oppure s’addestravano per riceverla; ma in ogni caso, dove era facile trovare cavalieri in attesa di una missione che gli permettesse di saltare all’occhio dei dorati Custodi delle Dodici Case.
Proprio nell’Accademia maschile si diresse Ascanus, una volta conclusa la discussione con il Sommo Sacerdote. Il luogo era incredibilmente vasto, decine di cavalieri, di bronzo e d’argento, d’ogni donde, vi erano giunti e lì abitavano: vi era infatti, accanto alla mastodontica arena circolare, dove era possibile scontrarsi fra parigrado, anche una struttura adibita ad ospitare quelle decine di giovani prodi.
Ascanus, però, evitò tali appartamenti, dirigendosi direttamente all’arena.
La costruzione risultava, fin dall’esterno, incredibilmente grande, alta quasi quanto un palazzo di tre piani e l’intero era altrettanto vasto, luogo adatto agli allenamenti di decine di cavalieri contemporaneamente.
"Nobile Ascanus!", esclamò una voce, interrompendo i quieti passi dell’uomo dai capelli amaranto; una figura gli s’avvicinò, un guerriero dai corti capelli grigi, il cui viso era segnato da un fitto numero di cicatrici, come gli avambracci e le gambe, appena visibili sotto l’abito, tutti ricordi di passate battaglie che quel saint sembrava aver vissuto.
Il vestiario del nuovo giunto era piuttosto semplice, un corpetto in cuoio, adornato da difese per spalle, gomiti, inguine e gambe del medesimo tipo, ma, su tutto questo, troneggiava l’effige incisa sulla cinta, che indicava la costellazione cui era legato.
"Salve a te, Degos di Orione." , salutò con tono pacato l’altro che ben conosceva quel veterano di diverse battaglie, ormai diventato, per tutti, un maestro più che un guerriero. "Cosa la porta qui, nobile Ascanus? Pensavo che ormai questi luoghi d’addestramento per noi, miseri santi d’argento, non fossero più adatti alla presenza di un suo pari…", ironizzò bonario il canuto cavaliere.
"Sono qui per ordine del Sommo Sacerdote." , esordì l’altro, "E’ stata richiesta la presenza di un cavaliere d’argento tuo pari, un guerriero adatto ad una missione che potrebbe risultare pericolosa nelle terre della Mesopotamia…", spiegò poco dopo, mentre già il veterano iniziava ad accarezzare il proprio mento, ricolmo anch’esso di cicatrici.
"Un guerriero adatto ad una missione… che suppongo sia ben complessa se richiedete qualcuno da inviare lì dove si trova già Abar di Perseo con la propria allieva, giusto?", ipotizzò il canuto guerriero, "Esatto, non sarà una missione di pura osservazione, ma una vera e propria esplorazione di territori probabilmente avversi e sorvegliati da guerrieri che conoscono il cosmo." , confermò l’altro, iniziando ad avanzare dentro l’arena, subito seguito dal veterano.
"Posso dire di conoscere tutti i cavalieri d’argento per ora presenti al Santuario e, direi, che per una missione del genere solo tre sono proponibili." , analizzò Degos, "Venga con me, glieli indicherò." , aggiunse infine, invitando l’interlocutore a seguirlo.
La coppia oltrepassò la maggioranza dei giovani intenti ad allenarsi, raggiungendo un piccolo angolo dell’arena dove un ristretto gruppo di elementi stava compiendo due distinti tipi di addestramenti.
"Vede quel mastodonte castano?", domandò Degos, indicando un giovane, vestito pressoché nel medesimo modo del veterano, con lunghi capelli castani che scendevano fino alle spalle, mentre i grossi e gentili occhi verdi osservavano con attenzione tre ragazzi più giovani, intenti in delle flessioni. Il gigante li sorpassava tutti di diversi centimetri, ma quella figura, così imperiosa, non era altresì correlata ad una mancanza di eleganza, che, anzi, sembrava proprio del cavaliere, seppur questi cercasse di non farne sfoggio.
"Egli è Menisteo di Eracle, mio allievo e, da un po’ di tempo, aiutante nell’addestramento degli aspiranti cavalieri. Ha una forza fuori del comune, eccelle nello scontro fisico, ma non difetta di certo in intelletto. Se posso trovare in lui un difetto, direi che è troppo gentile e facile all’ammirazione… non spicca certo per personalità e tendenza al comando." , ammise, dopo averne tessuto le lodi, il santo di Orione, indicando subito dopo altri due guerrieri.
I due giovani che Degos indicava, però, erano intenti a prendersi a pugni: la loro sembrava più una rissa che un vero e proprio addestramento, ma ciò non impediva che, anche un occhio disattento potesse notare come, alle mosse del primo, il secondo sapeva ben contrattaccare, senza lasciare un solo angolo scoperto e obbligando l’altro a fare altrettanto.
Il primo dei due aveva corti capelli neri, incredibilmente curati, che ben s’adornavano al viso elegante e delicato ed agli occhi verdi, incastonati in quei sottili lineamenti; a tutto ciò s’aggiungeva un fisico statuario, seppur non mastodontico quanto quello di Menisteo, ed un’eleganza portata fino all’estremizzazione da quel guerriero, che con abilità si stava confrontando in battaglia.
L’altro, scuro di carnagione, aveva lunghi capelli color argento, che ondulavano sul viso, contrastando con il nero della pelle, ed il dorato degli occhi; questo giovane, come era facile notare dallo scontro, preferiva i fatti alle parole, tendendo ad attacchi più costanti e feroci, ma, non per questo meno elaborati, poiché, come Ascanus stesso notò, quel cavaliere cercava in ogni modo di portare il suo avversario a scoprirsi, sembrava quasi si divertisse a far fare il più del lavoro all’altro.
"Il ragazzo dai capelli bruni è Damocle della Croce del Sud, un giovane italiano di nobile origini; è giunto qui da noi da qualche mese, insieme al suo maestro, uno dei Custodi Dorati…", spiegò Degos, mentre l’altro chinava il capo, indicando di essere a conoscenza degli avvenimenti accennati, "proprio le nobili origini, però, rendono Damocle spaventosamente pieno di se. È difficile che ascolti persino i miei di ordini, quando è di cattivo umore; ciò non toglie, comunque, che le abilità apprese dal suo maestro, lo rendono uno dei più potenti guerrieri di Atena in quest’arena." , concluse il veterano.
"E l’altro?", domandò Ascanus, "Lui è Husheif di Reticulum, giovane cavaliere giunto dall’Isola di Andromeda poco dopo la morte per malattia di Edward di Cefeus…", esordì Degos; "Conoscevo il cavaliere di Cefeus, un nobile uomo, amato da tutti i suoi allievi, purtroppo nessuno ha potuto curare la malattia che lo infettò durante una missione nelle terre d’Africa… ma mi risultava che i due cavalieri d’argento da lui addestrati fossero rimasti tutti sull’Isola, per continuare ciò che Edward aveva iniziato." , ricordò l’uomo del Grande Tempio, "Pare che Husheif abbia avuto dei diverbi con il suo pari e gli altri compagni, quindi abbia preferito spostarsi qui al Santuario…", spiegò laconico il veterano.
Uno sguardo di Ascanus, però, indicò al santo di Orione che questi voleva più informazioni, "Vede, mio signore, Husheif è forte, coraggioso e segue alla lettera gli ordini datigli da un superiore, ma ha un difetto: è particolarmente violento…", spiegò con titubanza il vecchio guerriero; "Che intendi dire?", incalzò l’altro, "Non so se questo c’entri con la sua venuta qui dall’Isola di Andromeda, ma di certo, da quando è qui, ha partecipato a due sole missioni ed in ambo i casi i suoi compagni hanno descritto gli attacchi portati ai nemici come eccessivamente violenti e privi, alcune volte, di motivazioni. Una volta ho voluto prendere visione di queste dicerie, così, alla seconda missione, ho partecipato io stesso: ebbene questi vecchi occhi avevano di rado visto un cavaliere preoccuparsi tanto di far soffrire il proprio avversario, prima di dargli la dovuta morte. Sono sempre stato spietato con i miei nemici, ma non ho mai avuto piacere, o interesse, nel perpetrare loro del dolore ed osservarlo." , concluse Degos.
"Dunque sono tre abili guerrieri, ma Eracle pare privo di volontà, da come lo hai descritto; Crux, invece ne ha fin troppa, mentre Reticulum risulta particolarmente violento…", analizzò fra se Ascanus, guardando i tre giovani.
"Dimmi, in una conversazione sul campo di battaglia, riguardo a delle decisioni strategiche, come si comportano? Hai avuto modo di vederlo?", domandò ancora a Degos.
"Menisteo è pacato, preferisce ascoltare e seguire la via che porterà al compimento della missione, spesso prendendo la posizione delle figure più autoritarie, o comunque di chi comanda il gruppo. Al contrario Damocle, se non ascoltato, è solito prendere la posizione esattamente opposta al capogruppo, portando spesso a situazioni di stallo strategico, se riesce a trovare chi dà ascolto alle sue parole. Husheif, infine, è un buon stratega, ma, per quanto anche lui tenda a fare sempre il meglio della missione, le sue idee risultano sempre portare a delle vere e proprie carneficine dei nemici…", rispose, dopo una breve riflessione, il santo di Orione.
"Capisco…", sussurrò poi Ascanus, dirigendosi verso i due che stavano combattendo fra loro.
"Tu, cavaliere di Reticulum!", esclamò l’uomo del Grande Tempio, interrompendo lo scontro fra i due giovani, che prontamente si voltarono.
"Chi sei?", incalzò indifferente Damocle, "Come ti permetti di disturbarmi, mentre metto a posto questo sgorbio arrogante?", esclamò con un tono di voce più alto, prima che Ascanus lasciasse scivolare parte del mantello, rivelando l’insegna nascosta dal bianco manto.
A quella vista, Husheif e l’italiano si scambiarono uno sguardo sorpreso e subito s’inginocchiarono, "Cavaliere di Reticulum, il Sommo Sacerdote richiede la tua presenza per domattina all’alba. Fatti trovare ai piedi della Casa dell’Ariete." , ordinò secco Ascanus, prima di voltarsi ed andarsene.
Arrivato dinanzi a Degos, l’uomo del Santuario vi poggiò una mano sulla spalla, "Mi dispiace per il tuo allievo, amico mio, ma ciò che ci serve è qualcuno che, se soggetti ad uno scontro, abbia proprie idee e tattiche per portare avanti i compagni, anche massacrando i nemici….", spiegò con brevi parole, prendendo poi licenza dal gruppo.
Pochi minuti dopo quell’incontro, Ascanus arrivò ai limiti dell’accademia femminile, lì dove vivevano le diverse Sacerdotesse di Atene.
L’area femminile era ben diversa dalla maschile, poiché costruita in un bosco e, in qualche modo, molto più simile ad un villaggio di Amazzoni, almeno a quello che, nella mente di Ascanus era un villaggio di amazzoni, poiché spesso le zone dove abitare e dove combattere erano pressoché le stesse.
Per alcuni minuti l’uomo del Grande Tempio camminò in silenzio in quel luogo, finché non vide tre fanciulle immobili in un cerchio iscritto nel terreno, un rudimentale campo da combattimento.
La prima delle tre aveva corti capelli verdi, legati al di sopra del capo, mentre la maschera sul suo viso aveva decorazioni verdi ad indicarne occhi e labbra, accanto a lei, una giovane con una cicatrice da bruciatura sull’avambraccio destro, anche questa Sacerdotessa aveva i capelli del medesimo colore, solo che le scendevano sinuosi fino alla vita.
Dinanzi alle due guerriere, una terza, con una maschera decorata di rosso, come i lunghi capelli che le scivolavano fino alle spalle.
"Allora, volete attaccare?", domandò proprio questa terza, incitandole poi con delle parole in spagnolo che, ad Ascanus, erano sconosciute, ma di cui comprese il tono di sfida.
La guerriera dai corti capelli si scagliò avanti per prima, cercando di raggiungere l’avversaria con un calcio allo stomaco, ma la rossa fu più veloce e, abbassatasi, sferrò due violenti diretti sinistri allo stomaco della malcapitata, per poi schiantarla al suolo con un secco gancio destro all’altezza della tempia sinistra, scopertasi nel tentativo d’attacco.
Fu subito la terza a colpire poco dopo, sferrando un veloce calcio alla gamba sinistra della comune nemica, per poi raggiungerla con un montante destro al bacino e, infine, sollevarsi sulle gambe e raggiungere alla gola l’avversaria, spingendola indietro con l’impatto.
La rossa barcollò per qualche minuto indietro, finché fermatasi di scatto, utilizzò tutto il peso del proprio corpo per darsi la sufficiente spinta in avanti per colpire con violenza la seconda avversaria alla bocca dello stomaco, tanto da costringerla a piegarsi in avanti; ma l’attacco della Sacerdotessa non finì: vista la sua avversaria contorcersi, infatti, ne approfittò per finirla con una violenta ginocchiata sulla maschera, tale da gettarla indietro al suolo.
Una serie di parole in spagnolo proruppero dalla guerriera rossa, finché un rumore di passi la costrinse ad ammutolirsi.
"Che cosa state facendo?", tuonò la nuova giunta: era ben più asciutta nel fisico delle tre lì presente ed i capelli lisci e neri tradivano, assieme al colorito della pelle, le sue origini orientali, "Pensavi forse che atterrare così due tue compagne fosse un modo per dimostrare loro qualcosa? O dovevi dimostrarlo a te stessa?", continuò infuriata la donna, la cui maschera aveva decorazioni giallo acceso, "No…", riuscì appena a balbettare la guerriera dai capelli rossi, prima che colei che la stava ammonendo non notasse Ascanus.
Ormai disinteressata a quanto era accaduto, la nuova giunta si diresse verso l’uomo del Grande Tempio, "Maestro… quale onore vedervi." , lo salutò inchinandosi, "Bao Ye, è un piacere per me rivederti, mia giovane allieva. Dal giorno della tua investitura a Sacerdotessa della Musca ho avuto poche occasioni di incontrarti, specie ora che sei la reggente della zona femminile del Santuario." , osservò l’altro, complimentandosi implicitamente con la donna.
La Sacerdotessa d’argento si voltò verso le tre che ancora si trovavano dietro di lei, "Sagitta, aiuta Canis Major e Aquila a rialzarsi ed allontanatevi da qui!", ordinò secca, mentre la guerriera dai rossi capelli faceva come ordinatole, strattonando le altre due e aiutandole, così, a rimettersi in piedi.
Maestro e allieva, subito dopo, si allontanarono da quel piccolo campo di battaglia, "Sono giovani e cercano di sfogare la propria furia guerriera come possono… inconsapevoli quasi che la vera guerra è la fuori, lì dove io ebbi i miei natali ed in molte altre terre… talune volte penso che questo continuo addestrarsi faccia loro solo del male, poiché non incanalano l’energia cosmica, se non nel picchiarsi fra loro." , spiegò, quasi per scusarsi di quanto visto, la Sacerdotessa della Mosca, "In qualche modo è proprio per questo che sono qui…", ammise con tono ironico Ascanus, "ma prima dimmi, la guerriera dai capelli rossi, la sacerdotessa della Sagitta, ha mai partecipato a delle missioni per il Santuario, o almeno ha delle basi sul lavoro di gruppo?", domandò l’uomo.
"Dorida della Sagitta è tutto fuorché una guerriera che sa combattere in gruppo…. Alcune volte ho visto come interagisce con le compagne: finché non iniziano a criticare le sue azioni, o le idee, non ha problemi a lavorare in gruppo, ma appena qualcuno porta anche solo un’osservazione sbagliata, a suo dire, in quel caso può diventare piuttosto violenta. Poc’anzi, ad esempio, quello scontro è avvenuto perché, durante una simulazione di scontro, Dorida ha ecceduto, ustionando il braccio della Sacerdotessa dell’Aquila; per tal motivo Agesilea, questo è il suo nome, assieme alla sorella Cassandra, ha attaccato briga contro di lei e quella che avete visto, maestro, è stata la conclusione del loro battibecco." , concluse Bao Ye.
"Dorida è mia allieva fin dal principio, prima di ricevere l’investitura, mentre le altre sono giunte dopo aver lasciato il loro maestro… ma non sono riuscita ad inculcare loro la logica del lavoro di squadra…", ammise con tono rammaricato la Sacerdotessa, "Non preoccuparti di ciò, piuttosto dì alla guerriera della Sagitta che dovrà presentarsi ai piedi della Casa dell’Ariete domattina all’alba, il Sommo Sacerdote richiede anche la sua presenza per una missione. Per quanto ribelle, sembra che sia comunque un’abile guerriera…", osservò Ascanus, prima di salutare con un cenno del capo l’allieva di un tempo, abbandonando quei luoghi adibiti alle sole donne.
Giunse quindi il tramonto e di nuovo l’alba, che toccò, anche quel giorno, le terre di Grecia, mentre la bianca figura di Ascanus attendeva ai piedi del Tempio dell’Ariete, la Prima delle Dodici Case del Santuario di Atene.
Non dovette attendere molto l’uomo dai capelli amaranto, poiché, ai primi bagliori del nuovo giorno, qualcuno già si delineava fra le rocce che conducevano al Santuario: alto nelle sue vestigia d’argento, con i capelli chiari ondulanti al vento, Husheif di Reticulum fu il primo a giungere dinanzi all’uomo che il giorno prima l’aveva chiamato a quel luogo.
Con un inchino lo scuro guerriero salutò chi lo attendeva, "Quale è dunque la missione?", incalzò prontamente, senza tanti preamboli, "Attendi i compagni che avrai per questo viaggio, cavaliere di Reticulum…", fu la semplice risposta di Ascanus, mentre, da una parete rocciosa si gettava in volo un’altra figura, adornata dalle azzurre vestigia d’argento della Sagitta: Dorida.
La Sacerdotessa guerriero salutò con un inchino colui che s’era recato nell’accampamento femminile, ma non degnò di uno sguardo il parigrado, che, d’altro canto, non si curò di presentarsi per primo.
"Due sono giunti, altri quattro si devono ancora attendere…" affermò a denti stretti Ascanus, osservando l’indifferenza con cui i due si trattavano fra loro.
"Altri due già si aggiungono!", esclamò una voce lontana, mentre due figure raggiungevano i piedi della Prima Casa, viaggiatori chiaramente stupefatti dalla grandezza del luogo e dalla sua maestosità.
Il primo a farsi avanti fu un alto giovane nordico, dai lunghi capelli arancio ed i sottili occhi azzurri, il cui viso era indurito da un’incolta barba giovanile che s’infoltiva sulle guance, quasi a denunciare l’ambiente in cui il ragazzo era cresciuto, ricevendo l’armatura che ora indossava: quella di Cetus; "Sono Leif di Cetus, allievo del Signore dei Ghiacci, Vladimir d’Acquarius, giunto fin qui per ordine del Sommo Sacerdote e del mio stesso maestro." , si presentò il nordico cavaliere, inchinandosi dinanzi ad Ascanus e porgendogli subito dopo un plico, risposta a quello giunto nelle lande della Siberia il giorno precedente.
Assieme a Cetus era arrivato un ragazzo dall’aspetto ben più atleticamente preparato, per quanto più asciutto, un cavaliere dai corti capelli blu notte, con sottili occhi color della giada, che osservavano con stupore la grandiosità del Santuario, mentre questi si presentava a sua volta: "Sono Zong Wu dell’Auriga, allievo del Maestro dei Cinque Picchi e da questi inviato in risposta agli ordini del Grande Tempio." , affermò il guerriero cinese, accennando un inchino del corpo, mentre porgeva il plico ad Ascanus.
"Molto bene, Cetus ed Auriga, lieto di trovarvi fra noi… ora mancano solo due vostri parigrado, giovani cavalieri, perché possiate poi ricevere gli ordini direttamente dal Sommo Sacerdote." , spiegò con tono quieto l’uomo del Santuario.
"Attraverseremo le Dodici Case?", domandò stupito Husheif, "No, cavaliere di Reticulum, non vi sarà dato questo onore: voi incontrerete l’Oracolo della Dea in una costruzione esterna alle Case dello Zodiaco, ma al qual tempo interna ai confini del Santuario, un palazzo per le pubbliche udienze." , spiegò Ascanus, prima che un abbaiare di cani interrompesse il dialogo.
Due levrieri dal pelo marrone giunsero intorno ai quattro cavalieri d’argento ed a chi li aveva richiamati in quel luogo; ben presto un altro ragazzo li raggiunse, richiamandoli a se con un fischio. Così, mentre i due cani facevano le feste al loro padrone, tutti i presenti poterono squadrare quello che risultò essere un altro cavaliere d’argento: aveva ondulati capelli biondi, che scivolavano sulle spalle, mentre gli acuti occhi nocciola guardavano con attenzione i suoi due levrieri.
Dopo alcuni secondi, il giovane cavaliere si voltò verso gli altri lì radunati, "Mi scuso per Castor e Pollux, ma m’ero distratto dinanzi alla bellezza di questo luogo, quindi mi hanno superato in velocità, raggiungendovi prima che potessi fermarli." , esordì, "Sono Wolfgang di Cani Venatici, allievo di Munklar di Sagitter ed abile nell’inseguire prede e nemici." , concluse il giovane, portando il pugno destro al petto e chinando il capo in segno di saluto, prima di porgere anch’egli il proprio plico ad Ascanus.
"Direi che ormai manca solo la risposta di Remais dei Pesci… che pare non stia poi tardando ad arrivare…", osservò l’uomo dal bianco abito, osservando l’ultima figura che s’avvicinava con fare titubante.
Era una fanciulla, ricoperta di vestigia d’argento, una maschera, dalle semplici decorazioni bluastre ne celava il viso, incastonato in corti capelli blu notte; al confronto con Dorida, questa nuova giunta risultava, sì più alta, ma anche ben più sottile fisicamente, per muscoli meno pronunciati.
"Salve… sono Gwen del Corvo…", si presentò con un insicuro greco, "Non serve che parli la lingua degli antichi cavalieri, ragazzina, qui al Santuario è attraverso la forza del cosmo, che ognuno di noi si fa comprendere dagli altri… solo quando non bruci il tuo cosmo le parole non sono universalmente chiare!", intimò con tono duro Dorida, che, proprio il giorno prima, aveva atterrato due parigrado senza nemmeno usare la forza derivante dalle stelle della Sagitta.
"Capisco…", balbettò la ragazza appena arrivata, biascicando delle scuse che parvero di poco interesse per i presenti; "Non preoccuparti, in fondo questo luogo è nuovo per molti di noi." , la rassicurò Wolfgang, con un ampio sorriso, mentre già i due levrieri le si avvicinavano per annusarla.
"Bene, cavalieri d’argento, pare siate tutti qui, ora è tempo che incontriate il Sommo Sacerdote di Atene e riceviate da lui gli ordini relativi alla missione che vi riguarderà." , esclamò con tono allegro Ascanus, osservando i sei che si trovava davanti ed invitandoli subito dopo a seguirlo.
Il gruppo percorse, per un breve lasso di tempo, una strada parallela alla montagna su cui si dislocavano le Dodici Case dello Zodiaco, di cui poterono vedere molto chiaramente le prime cinque; poi, Ascanus cambiò direzione, intraprendendo una breve e poco scoscesa strada, discendente verso i campi d’addestramento e l’arena, strada su cui troneggiava un’antica costruzione ellenica, un tempio, apparentemente, in cui i sei cavalieri d’argento ben presto entrarono, condotti dalla loro guida.
"Tu, cavaliere dai capelli d’argento, ti sei addestrato qui, giusto? Conoscevi questo palazzo?", domandò Wolfgang, che di tutto il gruppo sembrava il più garrulo, "Il mio maestro m’aveva spiegato che l’unico modo di incontrare il Gran Sacerdote era raggiungere le sue stanze, al di là dei Dodici Templi dello Zodiaco…", continuò il santo dei Cani Venatici, sempre seguito dai suoi fidi levrieri.
Husheif di Reticulum, però, non rispose al germanico compagno, fu anzi la loro guida a compiere il proprio lavoro di cicerone, risolvendo quel dubbio: "Ciò che ti disse il santo del Sagittario, tuo maestro, è esatto, cavaliere, ma solo in parte. Voi non siete, né invasori del Grande Tempio, né custodi dorati richiamati per valutare una strategia bellica, bensì un’esigua armata creata per una specifica missione; vi è la possibilità che non incontriate più il Sommo Oracolo alla fine della stessa…", spiegò Ascanus, "O che qualcuno di noi cada nel tentativo di completarla…", aggiunse cinicamente Leif di Cetus. Parole che nessuno commentò, poiché ben presto il gruppo si trovò dinanzi alla sala dove il Gran Sacerdote li attendeva.
La guida aprì la strada, entrando per primo, subito seguito dai sei cavalieri d’argento, che, similmente a chi li conduceva, s’inginocchiarono dinanzi alla maestosa figura dell’Oracolo, il cui viso era celato dalla Maschera rituale del Sommo Sacerdote.
"Cani Venatici, Sagitta, Cetus, Corvo, Auriga e Reticulum." , li identificò il Primo Sacerdote di Atena, enumerandoli con le vestigia che indossavano, "Vi ho chiamato qui, dai vostri luoghi d’allenamento, poiché un’importante missione verrà voi consegnata; il rischio di una minaccia, infatti, cala la sua ombra sul Santuario, provenendo dalle Terre del Medio Oriente, dove in tempi antichi molti uomini si diedero battaglia.", esordì il Sommo Oracolo, prima di prendere una pausa, in cui lesse le parole incise sui quattro plichi, che Ascanus gli porse.
"Quella che vi aspetta è una missione di cui nemmeno io conosco tutti i particolari, pare però che qualcosa si stia risvegliando nelle terre bagnate dal Tigri e dall’Eufrate. Che sia un essere umano che reclama poteri non suoi, o qualcosa che d’umano ha ben poco, non posso dirvelo per certo, ma so che la minaccia è reale, seppur non se conoscono le proporzioni. Anche per questo è stato formato questo gruppo: abili strateghi, siete infatti voi, Auriga e Reticulum, seppur differenti sotto molti aspetti, poiché tanto feroce è il secondo, quanto attento e riflessivo il primo, ma allo stesso modo ricevete lodi, da chi vi conosce, per le vostre abilità guerriere. Ben più freddo e distante nell’eseguire gli ordini, mantenendo sempre l’interesse per il bene dei propri compagni, sei tu, Cetus, guerriero che nelle terre del gelido Nord sei stato forgiato. Un abile cacciatore, la cui abilità, a detta del tuo maestro, duella con quella di Atteone in persona, sei tu, Cani Venatici, il più adatto a trovare dei nemici che nessuno ha mai visto effettivamente.
Pura potenza fisica, invece, è la descrizione che viene fatta di te, Sagitta, precisa nell’attaccare e veloce, come la Freccia che dalla volta celeste ti dà forza; mentre di una più pacata, ma inusuale e sorprendente forza, sei padrona tu, Corvo, allieva del Cavaliere di Cancer, da cui hai tratto molte particolarità tipiche dei poteri di chi custodisce la Quarta Casa dello Zodiaco." , concluse l’Oracolo, enumerando le virtù per cui era stata scelta proprio quella formazione di santi d’argento.
"Ora andate, cavalieri, qualsiasi dubbio vi assalga, non potrò sanarvelo io, che da tempo non abbandono l’ellenico suolo, bensì colui che incontrerete nelle Terre del Medio Oriente, il cavaliere che di quei luoghi è originario e lì ha addestrato una vostra, e sua, parigrado … il santo di Perseo, vi darà tutte le risposte che vorrete." , affermò secco il Sommo Sacerdote, licenziando i sei dinanzi a lui e lasciandoli quindi partire verso i territori d’oltre mare.
Al di fuori della sala, però, Ascanus ancora li attendeva: "Permettetemi qualche consiglio, giovani cavalieri; tu, Reticulum, fingiti una guida del luogo, in fondo non credo che in molti riconosceranno in te un egizio, anziché un nativo di quei luoghi, potresti facilmente essere il cicerone di un gruppo di turisti, europei e cinesi, giunti fin lì. Per quel che riguarda voi, sacerdotesse guerriero, celate le vostre maschere dietro dei veli, come quelli che il culto monoteistico di quelle terre richiede, questo vi permetterà di passare più inosservate."
Detto ciò, l’uomo di bianco vestito lasciò partire il gruppo di cavalieri, salutandoli con un lieve, quanto sorprendente, inchino, un gesto di buon augurio per i sei seguaci della dea, che ben presto avrebbero incontrato battaglie inattese in terre lontane.