L’INTERVENTO DI ZEUS, LA FIAMMA ARDE ANCORA
I cavalieri d’oro erano nei loro templi, non potevano riposare, non dopo quello che era successo alla loro Dea; forse ognuno di loro doveva riflettere e trovare una soluzione, forse l’esempio di Micene al santuario non era un atto di ritiro spirituale dettato dalla sofferenza, forse era un modo per pregare… pregare gli Dei dell’Olimpo perché venissero loro incontro.
Aphrodite, in quello che rimaneva della sua dodicesima ed ultima casa, guardava sconsolato la scalinata, una volta abbellita dalle sue mortali e meravigliose rose. Vedeva chiaramente i resti del Santuario e si chiedeva, vagando con la mente nella sua interiorità, cosa sarebbe successo ai suoi compagni.
"Per chi combatteremo ora? Che sia la fine per tutti noi? Siamo veramente di fronte ad un nemico inattaccabile?… Oh Dea Athena, che cosa ho fatto in passato… di quali atti di atrocità mi sono macchiato, io, il cavaliere ultimo, baluardo tra te al Santuario e chiunque volesse giungere al tuo cospetto… Sono veramente meritevole di essere stato riportato in vita, non avendo saputo difenderti come dovevo?"
Aphrodite girò lo sguardo verso l’interno del suo tempio, le rose nere in preziosissimi vasi Cretesi antichi ornavano il lato della casa che aveva resistito al discendere dal cielo di Shub’ Nighurath.
"Nere le mie rose, nere in segno di lutto… una marcia funebre negli animi di tutti noi ci accompagna al nostro destino…"
Camus intanto era sulla tomba di Hyoga, eretta nel suo tempio per suo volere dopo la guerra con Ades.
"Cavaliere del cigno, tu eri degno di indossare le mie vestigia d’oro, tu eri il prediletto di Athena… perché la scelta della resurrezione è toccata a me di nuovo? Tu eri il padrone dello zero assoluto… forse avresti saputo difendere la nostra regina meglio di me. Dal paradiso dei cavalieri ti prego di donarmi la forza di reagire… mi sento un piccolo bimbo disperso fra la gente che non riesce a trovare sua madre… riuscirò a dare me stesso nella battaglia che verrà contro gli Dei Esterni ora che Athena non c’è più?"
I pensieri del cavaliere dell’Acquario erano tristi, ma drammaticamente reali; finché un fiocco di neve apparve come per incanto nell’undicesima casa e si posò sul palmo protetto dalle vesti dorate.
"Hyoga!… tu mi stavi ascoltando!.. grazie allievo per avermi fatto capire che non devo mai mollare e continuare a credere nelle mie capacità, grazie di tutto… figlio mio"
Anche Shura era nel suo tempio, inchinato di fronte alla statua di Athena che mostrava il dono di Excalibur.
"Il cavaliere a te più caro non ha saputo usare il filo di Excalibur come doveva, e tu ti sei sacrificata per salvarlo da una fine certa; come posso pensare di essere degno di essere tuo cavaliere mia Dea?"
I pensieri di tutti si riassumevano in un solo concetto: il non essere stati in grado di morire per Athena e di essere stati, al contrario, salvati da lei a costo della sua vita.
Micene era nel suo tempio come aveva predetto agli altri, aveva il volto corrugato da qualche pensiero profondissimo… qualunque esso fosse stato, la sua aura era spaventosamente immensa e si irradiava per tutta la nona casa; in mano stringeva la freccia di Sagitter, l’unico pezzo dell’armatura che si era portato via dal Santuario.
Seduto sulle scale dell’entrata dell’ottava casa stava Milo. Anch’egli aveva gli stessi pensieri di tutti.
"Ho sempre cercato di servire fedelmente il Grande Sacerdote ed Athena con esso… ho sempre saputo portare a termine ogni missione affidatami, e nella più importante ho fallito… miseramente, incapace di difendermi da un solo cavaliere, incapace di essere d’apporto ai miei compagni, indegno del mio maestro e delle vesti dello Scorpione."
Dauko pensava al modo di poter sconfiggere il cavaliere dell’Odio, era stato raggiunto da Shaka una volta soltanto, ma era stato un caso?
"Il colpo portato da Shaka era un gioco d’astuzia, nessuno si sarebbe aspettato un colpo portato due volte e magistralmente per di più. Devo escogitare qualcosa, devo riuscire a capire dove colpire Shub’Nighurath, è un cavaliere, deve avere un punto debole. Nonostante abbia portato più volte lo stesso attacco, non riesco ancora ad intravedere uno spiraglio per poter ribatterlo, mentre egli con colpi differenti non ha fatto una piega…"
Il cavaliere della sesta casa era in meditazione, stava indisturbato nel suo giardino… solo all’apparenza, in verità con la tecnica acquisita dell’ottavo senso, stava vagando nell’Ade per trovare delle risposte agli Dei Esterni… chi erano, da dove venivano, per cosa combattevano.
Ioria stava pensando al fratello Micene, alle sue parole quando aveva lasciato il Santuario, il cavaliere del Sagittario sembrava avesse perso molto più di una Dea… ma cosa? Perché il suo comportamento era così cambiato?
Il cavaliere del Leone ricordava anche Seiya, cosa aveva superato quel ragazzo per Athena, un sacco di interminabili sfide che lo avevano visto premiato col l’acquisizione del cosmo ultimo, che lo avevano visto diventare cavaliere d’oro… fino alla sua scomparsa contro Ades negli inferi.
"Se solo fossi qui anche tu, cavaliere di Pegaso…"
La casa del cavaliere del Cancro era ripulita dagli antichi volti sulle pareti che servivano una volta da monito per chiunque entrasse, e come trofei personali di Cancer… quelli stessi trofei che gli avevano valso il soprannome di Maschera di Morte.
"Come posso spedire un Dio nell’Ade? Un Dio? A che serviranno gli Strati di Spirito? Già una volta l’attacco è fallito, per di più portato con Aphrodite… dovrò forse usare la nebulosa Presepe? Il colpo proibito?… se sarà necessario lo farò, per Athena e per redimere ulteriormente la mia anima e quella delle vittime che ho fatto in nome di un falso ideale."
La casa dei Gemelli, colei che nascondeva il segreto del Grande Sacerdote nella prima guerra contro Arles. Saga era in mezzo alla sala, seduto. Aveva ricreato il labirinto dentro il suo tempio, di modo che nessuno potesse disturbarlo nella sua meditazione. Dal suo ritorno in vita era cambiato, cambiato veramente.
Ebbe un pensiero al suo passato, lui che aveva l’ambizione di essere un Dio, di uccidere Athena, cosa avrebbe provato nel vederla senza vita, sarebbe impazzito divorato dalla sua doppiezza se avesse visto Lady Isabel giacere in quella bara di cristallo per mano sua? Ed ora era il cavaliere più fedele.
Ripensò a Kanon, che indossò le vestigia dei Gemelli nella guerra con Ades e che tenne alto il nome dei cavalieri d’oro. Ripensò Saga, ripensò…
Aldebaran era seduto sulla sua scalinata, distingueva perfettamente la figura del cavaliere d’Ariete fuori anch’esso dal suo tempio, ma non lo chiamò, ne Mur fece lo stesso.
"Tutta la mia enorme forza non è valsa a nulla contro il cavaliere dell’odio, nemmeno l’urlo di Athena è valso a qualcosa… come potrà il grande Corno sortire qualche effetto?… troveremo il modo… lo troveremo!"
Il grande Mur seguiva con lo sguardo lo spostarsi delle nubi in quella che era stata una calda giornata, i suoi pensieri erano forse gli unici diversi dagli altri:
"Se solo ci fosse il mio maestro… lui era grande cavaliere d’Ariete, Sion, lui avrebbe messo fine alla vita di Shub’ Nighurath. Non penso che l’Esecuzione delle stelle serva a qualcosa, il cavaliere dell’odio va oltre il tempo… l’ho capito dallo scontro con Shaka, egli padroneggia a pieno l’ottavo senso e sfiora addirittura un cosmo più forte… sarà ancora più difficile ora sconfiggere il nemico."
Eccoli quindi i dodici custodi, ognuno al loro tempio, ognuno in attesa che il proprio destino si compia… e non aspettarono poi molto.
Era scesa la sera ed il sole era stato avidamente inghiottito dai monti greci, si cominciava ad udire un suono particolare, come un suono di "divino", era inspiegabile, eppure nascondeva un qualcosa di pericoloso ed affascinante. I custodi uscirono dai templi, tutti tranne Micene.
Si voltarono verso l’alto e videro qualcosa di incredibile.
In cielo, sospeso nell’aria fresca della sera, riconobbero tutti immediatamente quella figura, quella figura di uomo, con i capelli dorati, l’armatura da battaglia finemente lavorata da Efesto, bianca e d’oro, le ali ampie e spiegate verso l’infinito e l’inconfondibile segno di potere… lo scettro fulmineo.
"Per gli Dei dell’Olimpo.. è Zeus, il padre supremo!"
Le uniche parole pronunciate da Dauko…
L’aspetto del Dio era meraviglioso ed affascinante, il suo volto era comunque glaciale ed i suoi occhi non facevano trasparire emozioni alcune.
"Cavalieri"
La sua voce sembrava andare oltre l’udito umano, tutti erano col fiato sospeso, tutti avrebbero ricordato per sempre le sue parole, qualsiasi fossero state.
"Voi siete stati i valorosi custodi di Athena, ella si è sacrificata non per voi, ma anche per voi, di modo che abbiate la possibilità di continuare la missione di portare la giustizia nel mondo per suo nome e per vostre azioni. Siate fieri di appartenere alla più valorosa casta di eroi… Mia figlia ne era e ne sarà sempre orgogliosa… Io come Athena sono e sarò sempre al vostro fianco"
Detto questo, restando immutabilmente freddo, sparì come era venuto, e sparì anche quel suono che avevano udito. Il rimpianto fu per Micene che non aveva avuto l’occasione di vedere il Dio, ma con il cuore il cavaliere del Sagittario era presente.
Le lacrime scendevano dai volti ancora stupefatti, il loro fragile corpo riprese vigore ed il loro animo era nuovamente ritemprato, sapevano che non erano più soli, il padre degli Dei era con loro, si era manifestato a dei mortali… mortali ma grandi eroi!