Introduzione: Le invasioni

Una figura era in ginocchio dinanzi ad una statua di Nettuno, posta davanti alla colonna Portante del regno dei Mari.

"Sacerdote di Nettuno", esordì una voce femminile alle sue spalle, giungendo di corsa, "Dimmi, Anfitride, cosa ti turba?", chiese l’uomo, ancora intento nella sua preghiera.

"Alcuni guerrieri dai possenti cosmi e dalle vestigia bianche si sono introdotti nel sacro regno dei Mari ed hanno sconfitto tutti i nostri soldati, Saba compresa", spiegò la fanciulla alle spalle dell’uomo.

"Anche Mermaid Saba è stata sconfitta?", chiese il sacerdote del re dei Mari, "Si, sommo sacerdote, uccisa insieme ai soldati. In 70 hanno eliminato solo 10 avversari, ho visto io stessa i cadaveri", rispose con una certa tristezza la fanciulla chiamata Anfitride.

"Questi invasori si sono divisi in 7 unità e si sono diretti verso le diverse colonne. I primi arriveranno ben presto presso le colonne del Pacifico del Nord e del Sud", spiegò la fanciulla.

Il sacerdote si alzò in piedi, "Sapevo che sarebbero giunti oggi, il divino Messaggero mi aveva avvisato, ma non immaginavo che fossero così forti", rifletté l’uomo voltandosi verso la giovane guerriera.

"Ora andiamo, mia allieva", disse l’uomo, respirando affannosamente, "combatteremo insieme per difendere la colonna del Sud Atlantico che ti ho lasciato in eredità, mia dolce e piccola Anfitride di Syren", disse l’uomo, incamminandosi insieme al generale dei mari verso la porta, "Si, maestro Sorrento", fu la risposta della custode della colonna del Sud Atlantico.

In un castello fra i ghiacci eterni, una donna sedeva su di un trono, il suo volto era triste ed i suoi capelli color argento le cadevano lunghi le spalle. Un’altra donna dai capelli biondi le sedeva accanto, anch’ella era molto triste.

Tre cavalieri entrarono nella sala, portando un soffio di vita in quel luogo triste. Subito i tre s’inchinarono, "Dimmi, madre", esordì il primo dei tre.

"Figlio mio, il sacro regno di Asgard è stato attaccato da dei guerrieri dalle bianche vestigia, costoro hanno già ucciso molti dei nostri fedeli soldati", spiegò la donna dagli argentei capelli.

"Cosa possiamo fare noi?", chiese ancora il giovane, "Niente per ora, solo attendere", rispose la donna sul trono.

"Perché attendere?", chiese uno dei due giovani nelle retrovie, "Fasolt", lo ammonì la donna dai capelli biondi.

"Non infuriarti con lui, Flare, è giusto che desideri combattere per la sua terra", esordì con estrema gentilezza la donna dai capelli argentei, "Ma, come Freiyr è mio figlio, figlio della celebrante di Odino Hilde, così Fasolt, essendo tuo figlio, o sorella, deve capire che la sua vita è importante per il nostro regno, essendo lui il secondo successore al trono di Asgard, oltre che un god warriors", spiegò la celebrante del signore degli Asi.

"Sono stati mandati i guerrieri di Zeta ed Eta ad attendere questi pericolosi avversari, voi sarete l’ultima difesa, capito?", affermò poi Hilde, cambiando tono di voce, così da apparire più severa.

"Si, madre", rispose Freiyr, "Certo, zia", affermò Fasolt, "Si, divina celebrante", concluse il terzo giovane, che fino ad allora non aveva fiatato.

"Le nevi di Asgard saranno di nuovo bagnate da sangue innocente", sussurrò con grande tristezza Flare, la sorella della celebrante.

"Adtula", esordì un guerriero dalle pesanti vestigia, entrando nella sala centrale di un gigantesco castello.

Un guerriero alzò lentamente il capo, aveva le vestigia che appartennero a Sesar, il custode della Spada di Ares, ed in effetti anche costui custodiva una gigantesca spada.

L’altro guerriero appena entrato indossava le vestigia che furono di Rakis e come lui impugnava un gigantesco scudo dorato e rosso.

"Adtula, amico mio", ripeté il guerriero dall’armatura rossa, "un gruppo di guerrieri dalle bianche armature ha sbaragliato le nostre quattro armate, che non sono riuscite a produrre fra i loro nemici grandi perdite, solo 20 di questi invasori sono morti", spiegò il berseker di Ares, visibilmente preoccupato.

"Capisco, Rasuin, difensore dello Scudo, ora si stanno dirigendo qui?", chiese il custode della Spada di Ares, "Si, ma Circe e Jenghis li attendo sulla strada, nelle stanze antecedenti a questa", rispose il berseker dell’Orso.

"Allora attenderemo anche noi, compagno d’arme", spiegò il berseker del Leone, abbassando la sua possente Spada.

In un tempio sul mare nella città di Delo la medesima scena si mostrava: i 60 guerrieri del dio Sole a terra, morti, una donna con delle vestigia dorate, impugnante un’arpa, si voltò verso un altro guerriero dalle vestigia dorate, "Ashab, vai ad avvisare il nostro comandante e sacerdote Shuren della Corona", affermò la ragazza, "avvisalo che dei guerrieri dalle bianche corazze ci attaccano", concluse la guerriera.

"Si, Clio delle Muse, farò così, ma tu attenta a non morire", ribatté il guerriero, correndo via.

Un castello dinanzi ad un porto era lo scenario del medesimo massacro causato dai guerrieri dalle bianche vestigia.

Nella sala del trono del castello un cavaliere dalle vestigia bianche e rosse si agitava nervosamente, "Non capisco, madre, perché io non possa combattere, in fondo sia mio padre che i miei fratelli sono guerrieri ed ora che noi siamo attaccati, non posso intervenire?", chiese il giovane alla donna seduta sul trono, che si rilevò essere Didone, la regina di Cartagine e moglie di Ikki della Fenice.

"Rume, malgrado tu sia il goshasei del Pellicano, i tuoi doveri di principe ereditario ti dovrebbero impedire di gettarti nella mischia con tanta furia", ribatté la regina, "resterai qui ad attendere, insieme a me ad a Medea dell’Anello, comandante dei guardiani di Era", ordinò infine la moglie del santo della Fenice. Il figlio non poté opporsi, ma soltanto attendere l’esito della battaglia.

Tre uomini molto robusti dalle vestigia rosse e grigie finemente decorate entrarono in un tempio a Tebe, trovandosi dinanzi a tre guerrieri dalle magnifiche armature azzurre.

"Chi siete voi, cavalieri?", chiese uno dei tre guerrieri del tempio.

"Noi siamo i fabbri di Efesto, il mio nome è Nifer di Arge, il maggiore dei tre fabbri", si presentò colui che guidava il gruppo di uomini robusti.

"Cosa vi porta qui?", chiese un secondo guerriero dalle vestigia azzurre e dai capelli del medesimo colore, "Abbiamo pensato di unirci a voi, anghelloi di Ermes, nella difesa della vostra sacerdotessa", spiegò Nifer.

"Spiacente, ma la sacerdotessa è partita da questo luogo alcuni giorni fa", spiegò una fanciulla, la terza messaggera di Ermes.

"Allora ci uniremo semplicemente a voi nella difesa di questo luogo dai guerrieri dalle vestigia di titanio, noi sappiamo come rallentarli e forse sconfiggerli", affermò infine il fabbro di Arge, "Siete i ben accetti", fu la risposta dell’anghellos con il Caduceo, il successore di Quiggon, mentre alcuni guerrieri dalle bianche vestigia entravano nel tempio del divino oracolo Dafne di Tebe.

Quattro fanciulle correvano in un gigantesco bosco nel cuore della Germania.

"Chi sono quei guerrieri dalle corazze bianche, che hanno ucciso così facilmente le nostre sorelle amazzoni?", chiese una di loro fermandosi.

"Non lo so Elettra, ma di certo sono qui per ucciderci tutte, non possiamo permetterlo, dobbiamo sconfiggerli", esordì una di loro, dall’aspetto esile. Una maschera le copriva il volto, lasciando però scoperti i lunghi e sottili capelli biondi. Tutte e quattro avevano il volto e parte del corpo coperti da vestigia d’argento.

"Dranta, tu che sei la più furba fra noi, dovrai escogitare un piano per fermare costoro", esordì un’altra guerriera, molto più robusta delle altre e con lunghissimi capelli castani che le scendevano fino alla cinta, "corri insieme a Maya ed Elettra verso un luogo adatto per un attacco a sorpresa, io terrò occupati questi misteriosi nemici", propose la gigantesca guerriera dal fisico quasi maschile.

Le tre amazzoni guardarono la loro sorella di mille battaglia, "Merope sei sicura di ciò che fai?", chiese la più bassa delle quattro, dai lunghi capelli rossi, "Non lo so, sorelle, ma qualcuna fra noi dovrà pur sopravvivere", affermò scherzosamente, prima di ordinare alle sue compagnie d’armi di andare via, restando da sola ad attendere i nemici.

La città di Corinto era ormai distrutta, tutti gli abitanti e la maggioranza dei celebranti di Dioniso era a terra morta, confusa con i guerrieri sacri al dio del Vino, solo tre guerrieri erano ancora in piedi, dinanzi a ciò che rimaneva dell’armata di soldati dalle bianche vestigia che aveva invaso la città.

"Noa, comandante, avvisi i celebranti di Dioniso, li porti in salvataggio, presto", disse un guerriero simile in aspetto al guardiano del Gabbiano.

"Remor, Awyn, vorreste affrontare questo esercito da soli?", chiese l’uomo chiamato Noa, "Si, comandante, noi combatteremo per Dioniso e per vendicare questa povera gente, oltre che per i satiri e le baccanti", spiegò la fanciulla con le vestigia della Vite, "ma ora tu corri a salvarli, comandante", concluse la baccante.

Noa dell’Otre si allontanò a malincuore, lasciando gli ebri della Vite e di Pan da soli a combattere.

Un guerriero dalla nera surplice entrò in una sala, adornata da dei draghi giganteschi, "Comandante Rhadamantis", urlò lo spectre, rivelatosi come Valentino di Harpy.

"Comandante", ripeté Valentino, in ginocchio dinanzi al gigante di Wyburn, "un gruppo di guerrieri dalle bianche vestigia ha ucciso 20 skulls e si dirige verso il primo girone, da Minosse ed i suoi spectres più potenti", affermò il guerriero di Hades.

"Valentino", disse Rhadamantis alzandosi, "chiama a raccolta la nostra armata, dovremo prepararci a difendere i gironi inferiori", affermò il judge di Wyburn, riflettendo sulla sua rinascita dopo appena 20 anni dalla morte insieme a Kanon.

Un uomo dalle vestigia divine entrò in una sala del trono gigantesca. In quel luogo trovò 5 guerrieri, tre uomini e due donne, tutti con delle vestigia divine sul corpo, "Padre", esordì il guerriero appena arrivato, rivolgendosi all’uomo con l’armatura alata.

"Dimmi, Ermes, come procede la battaglia?", chiese il padre degli dei, "I semidei sono tutti stati uccisi ed al momento Artemide ed Apollo stanno affrontando due titani, uno armato di una strana frusta e l’altra capace di creare magiche illusioni", spiegò il messaggero divino, "temo però che saranno sconfitti", concluse Ermes con un filo di voce.