Capitolo 17: Le amazzoni di Artemide

Dranta correva lungo il bosco, nemmeno il rumore di un tuono che sentì alle sue spalle la fermava, "Sono la comandante dell’Amazzoni di Artemide, non posso morire qui", si diceva la donna dall’armatura d’argento.

Le sue vestigia sembravano rievocare il tronco ed i rami di un albero, la cui folta chioma di foglie costituiva le spalliere e l’elmo. Sul volto una maschera, composta di due mezzelune congiunte, mentre i lunghi capelli biondi le scivolavano sulla schiena.

"Questo luogo sembra il più adatto per combattere", pensò la guerriera, fermandosi in una zona del bosco ricca di rampicanti e di piante di vario genere e tipo.

Il sole era ormai scomparso in cielo, sembrava una follia, ma quell’attacco iniziato all’alba non era ancora terminato.

Dranta attesa la persona che la stava inseguendo, sentiva un forte cosmo correre verso di lei, mentre un altrettanto forte cosmo aveva causato in lontananza un’esplosione, seguita dal rumore di fiamme che ardono il terreno.

"Speriamo che le mie tre sorelle amazzoni siano ancora vive", pregò la guerriera, seppur la pietà non si sarebbe mai potuta leggere nei suoi occhi.

Una figura apparve quindi all’orizzonte, sembrava uno statuario guerriero che portava con se un oggetto, quasi una borsa tenuta sollevata per uno strano nodo.

Quando la figura fu più vicina, la comandante delle amazzoni capì che non era una borsa ciò che portava il nemico, ma Merope, tenuta per il collo.

"Sei tu la comandante di quest’armata di ragazzine, quindi?", tuonò l’avversario con voce femminile, gettando a terra il corpo ferito di Merope.

"Sono Dranta dell’Albero, colei che guida le amazzoni sacre ad Artemide", si presentò la guerriera dall’armatura d’argento.

"Si?", la derise la titana, "E lei è Merope di non so cosa, che nel tentativo di difenderti ha ucciso i guerrieri titano che mi portavo dietro, ma è stata atterrata da un mio semplice colpo", ribatté la guerriera invasore.

"Merope del Cervo", sibilò la comandante delle amazzoni, "e tu, invece, guerriera dall’armatura bianca?", chiese infine.

"Mi chiamo Rosalind, comandante titano di 2° Grado, detta anche Screamer", rispose la titana, "Soprannome al quanto minaccioso", la derise Dranta.

"Ora basta scherza", affermò poi l’amazzone, cambiando tono di voce, "a me, mie fedeli amiche, a me", ripeté più volte, "Radici", tuonò alla fine la guerriera dell’Albero.

Centinaia di sottili rami e radici spuntarono dal terreno, bloccando la titana, così da permettere a Dranta di osservarla meglio.

L’armatura bianca era caratterizzata da protuberanze perfettamente lavorate, simili a mani e pendenze di un lungo mantello, che copriva completamente, fino ai piedi, il corpo della guerriera. Su questo lungo mantello di titanio nessuna decorazione, a parte un volto simile a quello ritratto da Munch nell’opera chiamata "Urlo", la medesima immagine copriva il volto di Rosalind, mentre i suoi capelli erano coperti da una specie di cappuccio.

"Sei proprio brutta, sai?", la schernì Dranta, ormai sicura della vittoria, "Scappa, comandante", balbettò in quel medesimo momento Merope, dando finalmente segni di vita.

L’amazzone dell’Albero si avvicinò alla sua sorella di molte battaglie, "Come stai?", le chiese, "Scappa, non possiamo batterla", ripeté la guerriera ferita, "Non ti preoccupare, sono già riuscita a bloccarla", ribatté Dranta.

"Pazza", urlò allora Rosalind, "Scream crush", invocò poi.

Una luce intensissima si materializzò sulle labbra della maschera che le copriva il volto, un lieve rumore, poi un frastuono e quindi un urlo di potenza tale da polverizzare le varie radici e sbattere le due amazzoni contro degli alberi a loro vicini, che si fracassarono per l’impatto.

"Ora scappa, Dranta", sentenziò Merope, risollevandosi, "A lei penserò io, per quanto mi è possibile", affermò l’amazzone del Cervo.

"Strano, l’attacco che avevi subito, avrebbe dovuto distruggere il tuo spirito combattivo, che sembrerebbe essere instancabile", si complimentò la titana.

"Non serve, Merope, questo luogo è adattissimo per sconfiggerla, ho corso fin qui perché sapevo di trovarvi le giuste piante con cui attaccare", ribatté Dranta, sollevandosi.

"Davvero?", la derise Rosalind, "sei troppo sicura di te, al contrario della tua muscolosa guerriera", sentenziò la titana, "mi dai veramente fastidio", affermò infine divertita.

"Piante, pollini, spiriti tutti che abitate in ciò che vegeta, vi richiamo a me", tuonò Dranta, per niente interessata alle beffe della nemica, "Flore attack", invocò infine l’amazzone.

Centinaia di luci avvolsero la guerriera dell’Albero, Rosalind non capì subito cosa fossero, ma all’improvviso scoppiò quasi a ridere dinanzi alla stranezza dell’attacco: dei pollini e dei lembi di funghi ed altri vegetali ruotavano intorno alla comandante delle amazzoni, che li gettò addosso alla titana.

"Sei una mortale, io una semidivinità, cosa pensi di farmi?" urlò Rosalind, scagliando nuovamente il suo attacco contro l’amazzone, che fu ancora una volta investita in pieno, cadendo disastrosamente contro un albero e frantumandosi i bracciali dell’armatura.

"Lighting horns", urlò allora Merope, sollevandosi in piedi e scatenando dei fulmini dalla sua armatura.

Rosalind alzò la mano destra e deviò l’attacco nemico, "Hai già usato questo colpo su di me, cosa speri di poter fare? Arrenditi, se non vuoi che prima distrugga il tuo spirito e poi il suo corpo", sentenziò la titana.

"Forse hai ragione, ma non questo secondo colpo ti sarà fatale", sentenziò l’amazzone, con fare deciso, "Great run", urlò poi Merope, scagliando una corrente di vento simile ad una tempesta in cui erano nascosti centinaia di fulmini.

Rosalind barcollò indietro per l’attacco, ma non subì alcun danno dallo stesso, "Tu sei una mortale, io sono invece pari a Thanatos, Zefiro e Phobos per potenza, non credi esserti un po’ sopravvalutata nell’attaccarmi?", la schernì la titana.

"Ora subirai la giusta punizione per la tua irruenza nell’agire", tuonò Rosalind prima che il volto sull’armatura brillasse, "Panic scream", urlò la titana, scagliando un suono terribile, che gettò a terra l’amazzone del Cervo, la quale perse i sensi per l’attacco.

"Che le hai fatto?", urlò una voce alle spalle di Rosalind.

"Non si può compiere un dovere con tranquillità da queste parti?", scherzò la titana, voltandosi e vedendo le due amazzoni sopravvissute insieme ad una Gold saint.

"Tu, che sembri una guerriera di Atena, che fai qui?", chiese la maligna nemica alla sacerdotessa guerriero, "Sono Botan di Cancer, sacerdotessa d’oro di Atene", si presentò, "una delle poche persone sopravvissute all’attacco di Belinda, giunta fin qui per debellare i titani invasori", concluse la gold saint.

"Voi due siete scappate da Cordelia?", chiese la titana alle due amazzoni, "Bene, siete finite dalla padella nella brace", le schernì.

"Vedremo", urlò Maya, prima di lanciare le "Silver arrows", che però non ebbero effetto sulle vestigia di titanio di Rosalind, "Preparati, ora arrivo io", minacciò in seguito Elettra, "Horse fire gallop", invocò, scagliando i suoi calci infuocati, ma nemmeno questi ebbero effetto sulla nemica, che li parò uno dopo l’altro, prima di lanciare a terra l’amazzone.

"Se fossimo tutte e quattro in piedi potremmo unire gli spiriti dei diversi elementi", suggerì allora Dranta, appena rialzatasi.

"Allora svegliamo Merope", propose Elettra, "Ti sembra tanto facile che si riprenda da questo mio attacco?", chiese divertita Rosalind, "il <Panic scream> è un colpo che stordisce la mente ed annulla l’orgoglio personale, lasciando a terra il nemico, senza la forza di sollevarsi", spiegò la titana.

"Cercate di tenere occupata questa nemica, libererò io la mente della vostra sorella amazzone", esordì Botan, avvicinando le mani alla testa di Merope.

"Sei sicura di quel che fai?", chiese Maya, "Si, ho delle ottime capacità psichiche, credo di farcela", ribatté la gold saint del Cancro.

"Fire explosion", urlò allora Elettra, scagliando la fiammata esplosiva verso la nemica, che la investì in pieno, facendola indietreggiare, "E’ la seconda volta che sono costretta ad indietreggiare per i vostri attacchi, riprovateci e ve ne pentirete", sentenziò Rosalind.

"Silver water current", urlò nel medesimo tempo Maya, cogliendo alla sprovvista l’avversaria, che cadde a terra per l’attacco subito.

"Ora è troppo", tuonò la titana, "Urlo celeste", invocò, prima che dalle sue labbra partisse un urlo di dimensioni immani, tale da polverizzare l’intera foresta circostante e danneggiare in più punti le armature delle tre amazzoni in piedi.

"Un secondo attacco e morirete", sentenziò la titana, "No, tu morirai adesso", affermò Merope rialzandosi, "Ci sei riuscita, sacerdotessa guerriero", si congratularono le amazzoni.

"Bene, siete tutte in piedi", esordì soddisfatta una nuova voce, quella di Cordelia.

"Sei arrivata alla fine", la schernì Rosalind, "bene, le elimineremo dopo averle concesso un’ultima visione dei loro dei", concluse la Screamer, prima di emettere uno stranissimo urlo.

Le cinque ragazze si videro in una stanza d’oro con un gigantesco trono pieno di piume di pavone, al centro della sala.

Una figura, seduta sul trono, si alzò di scatto, impugnando lo Scudo e la Lancia dorate che gli erano accanto, altre due armi, anch’esse di fattura divina pendevano da due impugnature: una Spada ed un’Ascia.

"Benvenuti, titani invasori dell’Olimpo, questo sarà il luogo della vostra morte, poiché io, Ares, dio della Guerra, vi eliminerò uno dopo l’altro", esordì la divinità, "Chi di voi vuole essere il primo?", domandò poi con un maligno sorriso sul volto.

"Lasciatelo a me!", tuonò una voce.

L’armata di bianche vestigia si aprì, mostrando un guerriero dall’armatura particolare.

Il titanio che lo copriva era decorato con oro, sottili fulmini erano disegnati sui gambali e sui bracciali , una gigantesca saetta sormontava il pettorale, le spalliere era piene di aculei, simili a saette anch’esse. L’elmo era identico al viso di un mostro maligno, che un fulmine dilaniava al centro.

"Salve, dio delle scaramucce", lo schernì il titano, "il mio nome è Iapetus, uno dei più antichi titani mai nati", si presentò, "la mia potenza ha fatto di me un comandante di 1° grado dell’armata dei titani, mentre la mia abilità e violenza mi ha imposto il nome di Feroce titano", concluse il guerriero maligno.

"Togliti di mezzo, buffone", lo derise il dio della Guerra, "Lancia della Disperazione", tuonò poi, scagliando il suo colpo.

"Buffone?", ripeté divertito Iapetus, prima di sollevare la mano destra, "Thunderbolt circles", urlò il titano, mentre una serie di fulmini si disponevano intorno al suo corpo, per poi moltiplicarsi di numero, così da formare una parete circolare in espansione, che annullò l’attacco di Ares, gettandolo a terra e facendo volare le due armi divine.

"Lo Scudo non mi serve, ma questa bella Lancia me la prendo", affermò il titano, impugnando l’Arma del dio della Guerra.

"Attento, pagliaccio dorato, se tocchi la mia Arma rischi di morire carbonizzato", lo avvisò Ares, "Davvero?", chiese divertito il titano, "Solo io posso toccare le mie armi divine, né Efesto, né il mio sommo padre Zeus, né i miei fidati bersekers possono toccare le sacre Armi che io utilizzo", spiegò il dio della Guerra.

"Davvero?", ripeté Iapetus, impugnando la Lancia. Un urlo partì dalla bocca del Feroce titano, per poi trasformarsi in una risata, mentre un fulmine oltrepassava l’arma, dandole una luce diversa: non sembrava più un’Arma divina, ma di titanio.

"Coraggio, dio delle scaramucce, prendi qualche altro giocattolino dei tuoi e vediamo che saprai fare contro la mia Lancia", lo sfidò il titano.

Ares impugnò la sua Ascia, il viso del dio era pieno di rabbia, "Ascia della Guerra", tuonò la divinità, calando un fendente.

"Lancia saettante", sentenziò in tutta risposta Iapetus.

L’energia del colpo di Ares fu divisa in due dalla potente saetta scaturita dall’attacco del titano, che investì in pieno il dio della Guerra, buttandolo a terra e disarmandolo di nuovo.

Le cinque ragazze si ritrovarono dinanzi alle due titane, "Bene, ora che avete visto ciò che accade sull’Olimpo, morirete serene spero", affermò beffarda Rosalind, "Sei pronta Cordelia?", chiese poi alla sua seguace, che rispose positivamente.

"Ora, amazzoni", urlò allora Dranta, mentre le sue tre compagnie si disponevano intorno alle nemiche.

"Io vi invoco, forze del fuoco, desidero il vostro aiuto, vi richiamo a me", tuonò Elettra, alla destra delle titane, "Fire spirit", concluse.

"Vi supplico, spiriti e ninfe che abitate nell’acqua, vi imploro di aiutarmi in questa battaglia, vi chiedo un aiuto per sconfiggere queste nostre nemiche", supplicò Maya a sinistra, "Water spirit", aggiunse, aprendo gli occhi, fino ad allora chiusi.

"Chiamo a me voi, respiri, soffi e pensieri del vento, scatenate la vostra forza e congiungetemi alle mie richieste, che possiate abbattere queste nemiche", affermò Merope, dietro alle nemiche, "Wind spirit", ordinò.

"Vi richiamo a me, anime della natura che risiedete nel terreno, poiché spesso vi ho aiutato e voi avete aiutato me", affermò Dranta, dinanzi alle titane, "Earth spirit", enunciò.

"Cordelia, tu non intrometterti", si intruse Botan, "Chele del Granchio", urlò, cercando di bloccare i movimenti della nemica.

Gli spiriti degli elementi si scagliarono contro le due titane, "Urlo celeste", tuonò allora Rosalind, cercando di rispondere agli attacchi combinati.

L’intero bosco andò distrutto, mentre le stelle della notte tedesca brillavano sul capo delle diverse guerriere.

Merope, investita in pieno dall’attacco di Rosalind volò contro nella pianura desolata; Dranta cadde in ginocchio, l’armatura era distrutta per la potenza dell’attacco; Maya era a terra, svenuta; Botan ed Elettra erano ancora in piedi, la prima grazie agli "Strati di Spirito", con cui si era nascosta nell’Ade, la seconda perché il suo stesso muro di fuoco l’aveva difesa.

Cordelia era a terra, diversi danni caratterizzavano l’armatura, Rosalind, invece, era in piedi, la cinta era in pezzi, ma lei era sorridente, "Ora potrò finirvi", sentenziò.

"Non credo proprio, titana, malgrado abbiate vinto la battaglia, non vi faremo recuperare il tributo per il vostro dio", affermò la custode della Quarta Casa, sollevando l’indice destro, "Grazie al varco del fuoco fatuo porterò in salvo con me le quattro amazzoni", le avvisò Botan.

"Non scherzare", esordì Cordelia, "ti ammazzerò prima", affermò, prendendo i due "Dischi dentati", che furono lanciati contro la sacerdotessa del Cancro.

La gold saint cercò di bloccare le due armi con le sue capacità psichiche, ma all’improvviso i due dischi deviarono la loro direzione, "No, non ero io il suo bersaglio", balbettò spaventata Botan di Cancer, mentre le lame correvano verso le due amazzoni ancora in piedi.

Una lama colpì al braccio destro l’amazzone del Cavallo, gettandola in ginocchio, mentre il secondo disco si gettò su Dranta.

Un sussulto spaventò l’amazzone dell’Albero prima che la lama la decapitasse.

"Bene", esordì Rosalind, mentre i due dischi tornavano dalla loro padrona, "Ora possiamo lasciarvi andare", affermò divertita, prima di scomparire con Cordelia.

Anche le amazzoni erano state sconfitte.