Capitolo 15: La malvagia Regina delle catene

"Eccola", esordì una figura esile, indicando una guerriera dalle bianche vestigia, che avanzava, distruggendo con le proprie armi tutti i muri del labirinto del tempio di Ermes.

La titana emetteva diverse urla di rabbia, "Se trovo quel dannato oracolo del messaggero divino, lo torturo prima di ucciderlo", minacciava fra se la guerriera invasore.

"Non ti sembra di essere poco rispettosa verso la padrona di casa?", chiese una voce dinanzi alla nemica, "Chi sei? Dove sei?", incalzò nervosa la titana.

"Io sono qui", esordì una voce alla destra della nemica, "Io qui", disse una seconda voce alla sinistra "Ed io dietro di te", concluse una terza voce, femminile.

La nemica si guardò intorno.

Alla sua sinistra, un guerriero dai capelli bianchi e gli occhi azzurri, le sue vestigia erano le stesse di Wein dello Stivale Alato. Alla destra un guerriero dai lunghi capelli castani e dagli occhi verdi, indossava le vestigia che appartennero a Quiggon e nella mano destra impugnava il suo simbolo, il sacro Caduceo. Infine, dietro di se, la titana vide una fanciulla dai capelli verdi legati a coda, aveva occhi generosi e dorati, un sorriso gentile e le vestigia del Flauto coprivano il suo bel corpo. In mano teneva lo strumento musicale a più siringhe.

"Siete i tre soldatini di Ermes, giusto?", li schernì la nemica, "Si", rispose il guerriero con il sacro Bastone alato, "Io sono Obbuan del Caduceo, primo dei tre Anghelloi del divino messaggero", si presentò.

"Io sono Serkal, allievo del Cigno divino di Atena e messaggero dello Stivale Alato in nome di Ermes", affermò il guerriero dai capelli bianchi. "Io, sono l’allieva dell’oracolo Dafne, colei che le è succeduta nell’indossare l’armatura del Flauto. Mi chiamo Edoné", esordì la bella fanciulla alle spalle della guerriera invasore.

"E tu chi sei per rivolgerti con tanto odio verso il nostro dio e la nostra celebrante ed oracolo?", chiese freddamente Serkal.

"Bé, insetti, il mio nome è Bianca, la maligna Regina delle catene", si presentò la titana.

L’armatura bianca di titanio ricordava le vestigia di Andromeda. I gambali ed i bracciali erano adornati da immagini di onde e scogli, al centro del pettorale vi era la figura di una giovane ed affascinante donna. Non aveva un elmo, ma una semplice corona che permetteva la visione del suo terribile, ma insieme affascinante, volto: chiaro e morbido. Due occhi azzurri erano incastonati nel volto della titana, mentre lunghi e sinuosi dei capelli biondi scendevano lungo le spalle. Bianca impugnava due catene per mano, bianche e del medesimo metallo dell’armatura: il titanio.

"Chi di voi tre mi conduce dall’oracolo di Ermes?", chiese beffarda Bianca, "Nessuno, poiché Dafne, il sacro oracolo del messaggero divino non è qui. Il nostro dio le ha affidato un altro incarico, così da allontanarla da questo luogo", rispose colui che possedeva il sacro Caduceo.

"Così sono stata allontanata dalla battaglia con dei a me pari per non trovare nemmeno il mio bersaglio?", si domandò la titana, visibilmente innervosita, "Bene, mi accontenterò di massacrare voi tre", concluse.

Le mani di Bianca si aprirono dinanzi ad Obbuan, "Deadly white spiral", urlò la titana. Le bianche catene si lanciarono contro il messaggero del Caduceo, il quale evitò con un movimento di velocità superiore a quella della luce.

"Sacro Caduceo", invocò allora l’Anghellos, mentre la sua arma si allungava tanto da colpire in pieno la nemica, le cui vestigia, però, non si danneggiarono per l’attacco.

"Sei veloce, ma stupido", ribatté Bianca, muovendo le sue catene, che colpirono in pieno stomaco Obbuan, gettandolo a terra.

"Io sono una dea a vostro confronto, non avete speranze", sentenziò Bianca, preparandosi a finire il suo nemico.

"Diamond dust", urlò allora un altro dei due messaggeri, lanciando il suo attacco contro la malvagia nemica.

"Anche questo è inutile", ribatté la titana, lanciando nuovamente il medesimo attacco, stavolta contro Serkal dello Stivale Alato.

Le bianche catene rotearono intorno al corpo del messaggero, bloccandogli le gambe e la cinta, lentamente le armi iniziarono a stringere la presa, legandosi sempre più violentemente e producendo dei danni all’armatura dello Stivale Alato attraverso la loro tremenda stretta.

"Serkal", urlò allora Edoné, correndo verso il compagno in difficoltà ed iniziando a suonare il flauto, "Songing dead", sembrò cantare la giovane, mentre la sua musica investiva la nemica.

Bianca scoppiò a ridere e lasciò Serkal, il quale cadde a terra con le vestigia visivamente danneggiate e diversi tagli su tutto il corpo. "Cosa mi vorresti fare con questa musichetta, ragazzina? Forse potresti uccidere un mortale, ma con me tale sinfonia risulta inutile, ti ho già spiegato che io sono una dea e tu sei semplicemente una povera folle", sentenziò la titana, prima di usare nuovamente il medesimo attacco.

"È già la terza volta che usi questa tecnica, se non ne hai altre sei spacciata", avvisò la messaggera del Flauto, evitando abilmente l’attacco, "Perché? Tu mi ucciderai con la tua musica?", ribatté la titana innervosita, "No, anche se ne sarebbe di certo capace, non sarà Edoné ad ucciderti, ma io", esordì una voce alle spalle di Bianca.

La maligna Regina delle catene si voltò e vide Obbuan, in piedi ed illeso, malgrado i danni sull’armatura fossero ancora evidenti, "Come hai fatto?", domandò infuriata la nemica, "Il <Tocco letale> del messaggero del Caduceo può dare la morte, ma anche la vita sia a se stessi, sia ai propri compagni, amici ed alleati", spiegò l’Anghellos, indicando Serkal che si stava rialzando.

"Ti prego, mio amico e compagno, lascia a me costei", esordì l’allievo di Hyoga, "Artigli di ghiaccio", urlò subito dopo, lanciando il suo colpo contro le vestigia di titanio, senza produrvi alcun danno.

"Il fabbro aveva però parlato dei punti di congiunzione", rifletté Obbuan, notando le vestigia integre della nemica, "Non so di cosa tu parli, messaggero, ma è tutto inutile, poiché ora morirai", lo minacciò la titana, alzando le braccia al cielo, "e con te i tuoi due compagni", continuò, abbassandole a terra, "Underchain", urlò poi.

Le quattro catene bianche si conficcarono nel terreno, danneggiando vistosamente il pavimento, per poi correre contro i tre Anghelloi sacri al dio Ermes.

Edoné fu attaccata da una delle quattro armi, ma la evitò grazie alla velocità che è propria di ogni messaggero di Ermes, medesima cosa fecero i suoi parigrado, correndo lungo tutto il corridoio ad una velocità che li rendeva invisibili ai comuni uomini.

"Queste catene sembravano più corte", rifletté Serkal, passando vicino all’Anghellos del Caduceo, "Certo, stupido, si allungano tramite il mio cosmo", urlò Bianca, che sentiva le loro voci, malgrado non vedesse i loro volti.

"Ti ho trovato, pagliaccio", incalzò poi la titana, riuscendo a distinguere una delle tre figure e colpendola in pieno petto con una delle catene.

"Vento del Nord", urlò in quel momento Serkal, rendendosi visibile alle catene, che percepirono il suo cosmo, inseguendolo.

Le armi di Bianca colpirono in pieno petto il messaggero dello Stivale Alato, scagliandolo contro una parete e frantumando il pettorale e le spalliere del guerriero.

"Serkal", urlarono i due guerrieri di Ermes, avvicinandosi al loro compagno ferito. "Stupidi, sareste potuto sopravvivere ancora un pò, ma ora le mie catene vi hanno individuato entrambi e vi uccideranno", sentenziò la titana, mentre le sue armi si dirigevano verso gli Anghelloi.

Quattro cosmi giganteschi si posero fra le bianche catene ed i messaggeri di Ermes, bloccando le armi con le mani.

"Come osate?", tuonò Bianca, per nulla interessata all’identità dei nuovi arrivati.

"Vi ringraziamo, fabbri di Efesto, e grazie anche a te, cavaliere d’oro proveniente da Atene", esordì Edoné, avvicinandosi ai quattro salvatori, mentre Obbuan curava le ferite di Serkal.

"Di niente, messaggera di Ermes, sapendo che qui a Tebe risiedeva Dafne, l’oracolo sacro al messaggero divino, ho deciso di venire qui a difendere colei che è tanto cara al mio maestro, Tige del Pavone, Goshasei di Era", spiegò il santo d’oro.

"Fortunatamente l’oracolo è già al sicuro", spiegò Obbuan, mentre il suo "Tocco" curava la profonda ferita di Serkal, "Ma dicci chi sei, guerriero sacro ad Atena", suggerì poi Nifer di Arge, il maggiore dei tre fabbri di Efesto, "Sono Golia, cavaliere del Toro", si presentò il gold saint.

"Pensavo di dovermi allontanare da qui con solo le teste dei tre messaggeri, ma ora la mia parte di gloria mi sarà riconosciuta, per aver eliminato da sola ben sette pulci, poiché Elara non si vede più", esordì Bianca, tirando a se le sue catene.

"Spiacenti di avvisarti che il tuo compagno d’arme, Elara, è morto", disse con tono cupo Nifer, consapevole della tristezza data dalla notizia di un amico e compagno scomparso, "A me non dispiace poi tanto", ribatté la malvagia Regina, "se Elara si è fatto battere da dei miseri mortali vuol dire che era un vero incapace e meritava di tornare nel Tartaro", sentenziò la titana.

"Ben presto lo raggiungerai", minacciò Sial, indispettito dal modo di fare dell’avversaria, "Pioggia di lapilli", urlò poi, scagliando il suo attacco contro la nemica.

"Underchain", invocò nuovamente Bianca, ma stavolta le catene non attaccarono il nemico, ma si posero a difesa della loro padrona, che poté evitare l’attacco del più giovane dei tre fabbri.

"Hai delle ottime difese, che purtroppo per te hai usato solo contro mio fratello", la schernì Osol, indicandole il gambale sinistro, completamente congelato, seppur superficialmente, "La tua unica fortuna è stata che non abbia raggiunto lo 0° assoluto", aggiunse Serkal di nuovo in piedi.

"Ora vi mostrerò cosa significa raggiungere veramente il massimo dei propri poteri", sentenziò la titana, "Catene dei cieli", urlò poi, scagliando le sue armi contro i sette alleati.

Le catene correvano verso i loro bersagli, ma all’improvviso, scomparvero, diventando talmente bianche da non avere più un colore o delle dimensioni visibili.

"Attenti, seguite il loro rumore", suggerì Edoné, "Serkal, Sial, Golia, siete tre dei bersagli, ed il quarto", affermò la messaggera, "sono io", disse sorpresa. "Di cosa ti stupisci, ragazzina, sei l’unica che potrebbe rovinare la sorpresa del mio colpo", sentenziò Bianca.

I due messaggeri iniziarono a muoversi alla velocità loro propria, mentre il giovane fabbro ed il santo del Toro non si mossero dalla loro posizione.

I due giganteschi cavalieri avevano entrambi gli occhi chiusi, "Ora", urlò poi il santo del Toro, sollevando le mani dinanzi a se, "Biggest wall", invocò, sollevando un gigantesco muro di energia dorata, che deviò una delle quattro catene.

Il fabbro di Sterope, invece, si mosse all’improvviso, poco prima che il muro alle sue spalle andasse in frantumi, "Stupido, non puoi evitare così le mie catene", lo derise Bianca, mentre una delle sue armi gli frantumava parte dello schienale della cloth, gettandolo a terra ferito.

Un urlo proruppe nella stanza: Serkal era stato colpito, la catena aveva perforato il petto dell’allievo di Hyoga, "Non sono riuscito a ridargli forza sufficiente", balbettò in quel momento Obbuan.

"No, amico mio", urlò Edoné, correndo verso la titana, "Gemro Ken", bisbigliò la messaggera del Flauto, prima che le catene ritornassero dalla sua padrona, ora immobile, come terrorizzata.

"Bel colpo, ragazza", balbettò la titana, "avresti potuto farmi impazzire, se la mia corona di titanio non mi avesse salvato", continuò, "ma ora ti darò qualcosa di meglio di un incubo, per cui impazzire", sentenziò Bianca, sulle cui labbra era tornato un malefico sorriso.

La guerriera invasore sollevò le catene sopra il capo e queste formarono un cerchio attraverso cui i sei guerrieri ancora vivi poterono osservare una strana scena.

Due guerrieri con indosso armature divine, una bianca ed una azzurra, stavano combattendo con un titano, armato di una lunga ed affilata frusta. I due coordinavano perfettamente i loro movimenti, così da evitarsi vicendevolmente di essere colpi, "Mi avete seccato", gli urlò il titano, mentre con la sua arma distruggeva diverse mattonelle dorate, "Spire della sacra fruste", invocò poi il nemico dalle vestigia di titanio, gettando a terra feriti i due guerrieri.

"Forza, Adraesta, elimina questi due dei, elimina Eolo ed Ermes", ordinò il titano ad una sua compagnia, "Si, Metis", concordò l’altra, muovendosi verso i due ed urlando: "Illusione celestiale".

Le dita della titana si avvicinarono inesorabili ai capi delle divinità, ma appena le fu vicino, Ermes scomparve, muovendosi ad una velocità indefinibile, mentre di Eolo rimase solo un soffio di vento.

"Ti abbiamo ingannata, Illusionista", urlarono insieme il dio dei Venti ed il messaggero divino, "ora morirai per i nostri migliori colpi coordinati", sentenziarono.

"Venti di furore", urlò Eolo, scatenando il suo attacco più impetuoso e distruttivo contro Adraesta, "Nuntio finale", aggiunse Ermes, dal quale Caduceo scaturì un’immagine alata, che si scagliò contro la titana.

L’Illusionista fu investita in pieno dai due attacchi, che non lasciarono niente di lei, distruggendo in parte le mura interne del corridoio dorate e sfondando le due immani porte d’oro che davano sulle stanze di Era.

"Dannati dei olimpici", urlò Metis, "ora proverete la mia ira", minacciò, "Suprema Yajan", invocò infine il titano. La frusta divenne improvvisamente rigida, ma allo stesso tempo continuò ad allungarsi, oltre ogni limite immaginabile, tanto da sorprendere persino i due dei, che rimasero fermi, spaventati dall’attacco. La fruste sfondò ferocemente il ventre di Eolo, dio dei Venti, per poi decapitarlo, quindi corse verso Ermes, il quale la evitò con agili e velocissimi movimenti.

"Ora moriremo insieme, titano, per vendicare il mio fratellastro e signore di tutti i Venti, Eolo", sentenziò il messaggero divino, puntando il suo Caduceo contro Metis.

"Canto del Gallo", urlò una voce alle spalle di Ermes. Un’onda di energia assordante investì in piena schiena il dio, esplodendo a contatto con lui e dilaniandolo mortalmente.

Quando l’irriconoscibile corpo del messaggero divino cadde a terra, scomparve anche l’immagine dal cerchio delle catene di Bianca.

"Ora sapete come va avanti la battaglia sull’Olimpo, miseri uomini", li schernì la malvagia Regina delle catene, ma nessuno le rispose, poiché tutti i cinque guerrieri ancora in piedi piangevano per la morte di due divinità loro amiche.

"Anche voi morirete adesso, quindi non rattristatevi tanto", li minacciò Bianca, preparandosi a riattaccare, "Mai", urlò Obbuan, "per la memoria del giusto Ermes tu morirai, vile assassina", sentenziò l’Anghellos, caricando il suo cosmo nelle mani, "Luce dell’Oriente", invocò, scagliando una sfera di energia contro la nemica.

Bianca subì in pieno l’attacco, incredibilmente veloce e perse la sua corona bianca, già danneggiata dal colpo di Edoné.

"Sacrilego uomo", lo offese la titana, prima di lanciargli contro il suo miglior attacco, "Attento, messaggero", lo avvisò Osol, ponendosi come scudo per il successore di Quiggon.

Il fabbro di Breonte subì in pieno l’attacco invisibile, che gli frantumò bracciali e spalliere, gettandolo a terra ferito.

"Fratello", urlò allora Nifer, pronto ad attaccare Bianca, "Aspettate", urlò Golia, sollevando fra i suoi compagni e la nemica il "Biggest wall".

"Perché, cavaliere?", domandò infuriato il fabbro di Arge, "Perché il loro dolore per Serkal ed Ermes, il nostro rimpianto per gli dei e la tua rabbia per i tuoi fratelli non salveranno né noi quattro, né i tuoi due famigliari feriti, solo una ritirata ci salverà", suggerì tristemente Golia, che raccontò in breve l’attacco dei titani al Grande Tempio ed il massacro di molti suoi compagni, fra cui Kiki di Aries.

"Sia come dici tu, santo d’oro, usciremo da qui e raggiungeremo gli altri sopravvissuti al rifugio del grande Fabbro", concordò Nifer, prendendo il corpo svenuto di Sial, "Edoné fai in modo che la nostra nemica non ci segua", chiese Obbuan alla sua parigrado, ancora in silenzio nel dolore per la morte del suo dio.

La messaggera del Flauto iniziò una strana melodia.

"Che succede?", urlò allora Bianca, notando che alcuni muri del corridoio si stavano muovendo, allontanandola dalla barriera dorata del santo del Toro.

"Mi sono sfuggiti", sentenziò infuriata la malvagia Regina, mentre ormai i quattro guerrieri, portando con se i corpi svenuti dei due fabbri si allontanavano, verso un luogo più sicuro.

Questa non era stata una vittoria soddisfacente per i titani.