Capitolo 14: I punti di congiunzione

Un guerriero dalle bianche vestigia correva in un lungo corridoio. "Dove mi trovo?", si chiedeva, fermandosi, "questa strada mi sembra di averla già intrapresa, eppure ci deve essere un’uscita da questo labirinto, io sono un titano, non posso essere sconfitto da un semplice e dispersivo tempio tebano", si lamentò con se stesso il guerriero invasore.

Le vie del labirinto erano tutte simili, illuminate da calici ricolmi di cera, tutti con la forma di ali. I muri non avevano decorazioni e le mattonelle erano nere per la quantità di piedi che le avevano sporcate.

Dopo una lunga corsa, il titano arrivò in una stanza molto grande con sei porte sparse sui diversi lati.

"Fratelli, guardate, il predatore è diventato una preda", lo derise una voce dura e roca, "Si, hai proprio ragione, però dobbiamo ammettere che questo luogo è forse peggiore delle nostre fucine per la sua quantità di corridoi e porte", aggiunse una seconda voce, più giovanile e gentile, "In effetti se i tre padroni di casa non ci avessero detto da dove passare ci saremmo persi anche noi", concluse un terzo individuo.

"Dove siete? Fatevi vedere", ordinò il titano, "Non sei nella condizione di impartire ordini", disse la voce roca, "Fatevi vedere, anghelloi di Ermes", ordinò ancora l’invasore.

"Spiacente, non siamo i messaggeri del dio Ermes", ribatté la voce roca, "Chi siete allora?", domandò perplesso il titano, "Loro alleati, il nostro maestro e celebrante è morto di vecchiaia, quindi non siamo diventati dei vostri bersagli, ma, al contrario dei nostri predecessori, noi siamo entrati nella lotta di nostra spontanea volontà", spiegò l’alleato degli Anghelloi.

"I tre fabbri di Efesto", affermò il titano, "Esatto", rispose la voce roca, mostrandosi.

"Sono Nifer di Arge, il maggiore dei tre Fabbri di Efesto", si presentò, "loro sono i miei fratelli", aggiunse, indicando gli altri due interlocutori, che apparvero da dietro due delle porte.

"Sono Osol di Breonte", disse il primo. Aveva lunghi capelli marroni ed occhi del medesimo colore, una sottile barba adornava il suo mento, lasciando però libere le guance e le labbra, l’armatura di Breonte, che un tempo appartenne a Tuhon, rispendeva sul suo corpo, nuova e riparata.

"Io, invece, sono il più piccolo, Sial di Sterope", si presentò l’altro. Aveva l’armatura che fu del giovane Hyth e come lui non aveva la barba ma i suoi lunghi capelli rossi, scendevano legati a coda dietro la schiena, mentre il suo pronunciato mento si deformava sotto il giovanile sorriso del titano.

L’armatura di Nifer era diversa da quelle di Breonte e Sterope, i gambali erano coperti da cinque piccole semisfere, che andavano ingrandendosi dalla caviglia al ginocchio e poi rimpicciolendosi nuovamente dal ginocchio alla cinta. La cinta era coperta da delle lame, tutte unite a cerchio intorno alla vita; il torace era caratterizzato da un’immagine di un ciclope che lavorava su un piano, circondato da dei vapori.

Le spalliere erano semisferiche con delle lame al centro, che partivano dal collo e scendevano fino agli avambracci, dove quasi si congiungevano con i copribraccia forati.

L’elmo, invece, era sferico, caratterizzato da una specie di corona di lame e da un singolo occhio, attraverso cui si vedevano i suoi due occhi neri.

Al contrario dei fratelli, il titano di Arge portava l’elmo sul capo.

"Ora, dicci tu chi sei?", chiese il maggiore dei tre, mentre i suoi due fratelli indossavano i loro elmi.

"Il mio nome è Elara, il Coccodrillo", si presentò il nemico.

L’armatura era bianca come le altre, ma sembrava composta di squame, che si sviluppavano circolarmente su tutto il corpo, dal petto alla schiena, quindi verso le gambe e le braccia. L’elmo era simile alla testa di un rettile, ma ciò che maggiormente stupiva era quello che dondolava dietro il nemico: una coda, gigantesca e possente.

"Ditemi dove posso trovare l’oracolo di Ermes e vi risparmierò", minacciò Elara, "Anche se non sei in condizione di fare minacce", esordì Nifer, "ho il piacere di dirti, che l’oracolo è andato via da questo luogo, prima del vostro arrivo, lasciando qui i suoi tre Anghelloi per sconfiggervi ed ora che ci siamo anche noi, non avete molte vie di scampo", affermò il fabbro di Arge.

Elara si appoggiò su tutti e quattro gli arti, sdraiandosi quasi al suolo, "Questo vuol dire che mi dovrò occupare solo di voi", li schernì, "Tail vortex", urlò poi il titano, roteando su se stesso e gettando a terra Sial con un colpo della sua coda.

"Fratello", urlarono gli altri due fabbri, "Non preoccupatevi per me, mi sono mosso troppo lentamente, ma sono incolume", li rassicurò il giovane guerriero di Sterope.

"Lascialo a me, Nifer, a me ed alle mie <Catene di titanio>", esordì Osol, impugnando l’arma che già appartenne a Tuhon.

"No, sono io ad essere stato atterrato, quindi sarà il mio <Martello di titanio> a colpire", obbiettò Sial, prendendo il gigantesco maglio caratteristico delle vestigia di Sterope.

"Lasciatelo a me, fratellini, ed alla mia <Sfera di titanio>", sentenziò Nifer, mostrando la sua arma, una sfera chiodata, costituita dalle diverse lame della cintura di Arge.

"Armi in titanio? Dunque siete veramente dei bravi fabbri per averle create", affermò Elara, "Veramente queste armi sono state costruite dal nostro dio, Efesto, nella notte dei tempi, insieme al suo fedele primo celebrante, il primo Grande Fabbro di Efesto", gli spiegò Osol, "Noi le abbiamo solo riparate dopo l’Alleanza", aggiunse Sial.

"Bene, allora anche i vostri successori le ripareranno dopo il mio trattamento", ribatté il titano, correndo contro Osol di Breonte, "Coda falciante", urlò il nemico dalle bianche vestigia, lanciando un colpo di coda contro il fabbro.

Le catene bloccarono il colpo del titano, ma questi non fu preso di sorpresa, infatti con tutta la forza mosse la coda e scagliò il fabbro di Breonte contro una parete della stanza, facendogli cadere dalle mani le sue armi.

"Uno è disarmato", affermò Elara, prima di ripetere il colpo contro Sial di Sterope.

Il giovane fabbro evitò l’attacco con il suo martello, per poi cercare di colpire il nemico con la sua arma, ma il titano fu abbastanza veloce da evitare i diversi tentativi di attacco del fabbro.

Più Sial tentava di colpirlo, più Elara gli si allontanava, alla fine, stanco di giocare, il titano bloccò il guerriero di Efesto con la sua coda, gettandolo contro una parete ed allontanandogli il martello.

"Sei rimasto solo tu", affermò il titano, rivolgendosi a Nifer, quindi lo attaccò con la stessa tecnica.

Il fabbro di Arge mosse la "Sfera di titanio", così da bloccare la coda del nemico. Nifer utilizzò tutta la sua forza per scagliare Elara contro una parete, "Puoi sconfiggere Osol utilizzando una tecnica che non conosciamo, puoi battere Sial sfruttando la sua giovanile irrequietezza, ma non sperare di sconfiggermi con una tecnica che ho già visto per ben due volte", lo ammonì il più grande dei tre fratelli.

Una prova di forza nacque fra i due: tanto Elara lo spingeva a se con la sua coda, tanto Nifer si opponeva con la forza delle braccia, "Chissà chi di noi due vincerà?", chiese divertito il titano.

Un sorriso sembrò apparire da sotto l’elmo del fabbro, prima che questi lasciasse la sua arma. L’impugnatura volò contro Elara, investendolo in pieno volto e facendolo barcollare indietro.

"Sarai forte, titano, ma sei piuttosto stupido", lo derise il maggiore dei fabbri, "forza, fratelli, rialzatevi", incoraggiò poi, rivolgendosi a Sial ed Osol.

I tre fabbri erano ora in piedi dinanzi al nemico, "Anche se mi attaccate contemporaneamente, vi eliminerò", li derise Elara, "perché io sono un grande e possente titano, un comandante di 3° Grado dell’armata dei titani, voi siete solo i tre fabbri di Efesto", affermò il guerriero dalle bianche vestigia.

"Rinuncia, titano, ormai sei sconfitto", gli consigliò Osol, "Come osi?", urlò Elara in risposta.

"Conosciamo le tue tecniche, mentre tu non conosci le nostre", spiegò Sial, avvicinandosi al fratello.

"Voi sperate di battermi poiché conoscete due dei miei colpi?", chiese innervosito il guerriero invasore, "Si", disse con tono soddisfatto il fabbro di Breonte.

Elara scattò verso Osol, "Coccodrillo celeste", urlò, mentre l’intero suo corpo si illuminava.

Una spallata ed un colpo di coda presero in pieno il successore di Tuhon, gettandolo contro un muro; una crepa si aprì sul pettorale.

"Osol", urlarono gli altri due fratelli, "Ottime armature le vostre, proprie di abili fabbri", si congratulò il titano.

"Pioggia di lapilli", urlò allora Sial, infuriato, scagliando il colpo già usato da Hyth.

Elara non si mosse e subì in pieno l’attacco del fabbro, senza riportare però alcun danno, "Le vostre armature sono resistenti, lavora metalli, ma la mia è di titanio, non potete farmi niente", li schernì il nemico dalle bianche vestigia.

Il titano era ormai pronto ad attaccare il più giovane dei tre fratelli, quando una fitta nebbia gli coprì la vista, "Wall fog", affermò allora Nifer.

"Siete solo dei vigliacchi, vi nascondete dietro la nebbia", li offese Elara.

"Tu sei solo uno stupido, Elara. Ti credi potente per aver attaccato di sorpresa Osol, un abile combattente, ma anche un ragazzo istintivo e troppo amante delle lotte. Inoltre mi critichi perché ti attacco con questa nebbia? Ebbene non ho deciso di colpirti tramite il mio muro difensivo, ma semplicemente di proteggere Sial, un ragazzo, abile nel riparare le armature, ma non altrettanto nel combattere, per la sua incapacità a regolare i propri sentimenti in battaglia. Quindi, Elara, se vuoi attaccare qualcuno, attacca me", lo sfidò il fabbro di Arge.

"Che bravo fratello maggiore, ti sottoponi ad uno scontro per difendere i tuoi fratellini", lo schernì il titano, mentre l’immagine di Nifer appariva dinanzi a lui.

"Coccodrillo celeste", urlò il guerriero dalle bianche vestigia, gettandosi contro il fabbro.

Il guerriero di Efesto pose le braccia dinanzi a se, così da diminuire la potenza dell’impatto nemico, "Elara, il vero motivo per cui ti avremmo battuto con facilità, non risiede nella conoscenza dei tuoi attacchi, ma nel segreto delle armature di titanio bianco", spiegò Nifer, allontanando da se il nemico.

"Che cosa?", urlò il titano, atterrando dinanzi al fabbro di Arge. "Tornado fog", urlò il guerriero di Efesto.

Dalla mano di Nifer partì un vortice di nebbia, che si schiantò contro il corpo di Elara, paralizzandolo. Lentamente si sentirono dei rumori, come crepe, che all’improvviso si muovevano per poi aprirsi in profondi fori.

"Che succede?", si chiese Elara, ma ciò che vide lo lasciò stupito: le sue spalliere e la cintura si erano frantumati, lasciando scoperte alcune parti del suo corpo.

"Il titanio bianco di cui sono fatte le vostre armature è la materia più resistente in natura, nemmeno le armature divine possono essere paragonabili alle vestigia indossate da voi titani, ma come tutte le corazze, anche queste possono essere distrutte", spiegò Nifer al suo nemico, "Come?", balbettò il titano, "Colpendo i punti di congiunzione", rispose il fabbro.

"Punti di congiunzione?", chiese ancora Elara, risollevandosi, "Si. Sono i punti in cui si uniscono i diversi pezzi di quest’armatura. Alcuni sono piuttosto ovvi, come le spalliere e lo cinta, altri sono meno semplici da trovare, soprattutto per l’integrità, ad occhio nudo, delle vostre vestigia. Un occhio esperto nelle riparazioni, però, può vedere facilmente dove si congiungono i metalli del tuo pettorale, o quelli dei gambali, o qualsiasi altro pezzo", concluse il fabbro.

"Tu sei l’unico a distinguerli?", domandò Elara, "Purtroppo sulla terra, temo di essere l’unico", dovette ammettere Nifer, "Morto tu, allora sarà morto anche il problema", urlò Elara, lanciandosi contro il guerriero di Efesto.

"Elara", urlò una voce alla destra dei due avversari, bloccandoli, "Non sopravvalutare mio fratello, non è l’unico a distinguere quei punti", esordì Osol, rialzandosi, " e se mi attacchi te lo dimostrerò", concluse il fabbro di Breonte.

Il braccio destro del secondo genito fu illuminato dalla luce rossa della lava, "Corrente lavica", urlò quindi il fabbro, utilizzando il colpo del suo predecessore Tuhon.

Il titano fu investito in un punto poco inferiore al petto dalla corrente di lava, che mandò in pezzi il ventre dell’armatura bianca, gettando il nemico a terra.

"Come può la mia forza andare in pezzi così facilmente?", urlò il titano, "Piuttosto ovvio, siamo più potenti di te, Elara", lo derise Osol, ancora in piedi dinanzi al nemico.

"Non accetterò mai questa possibilità", urlò il guerriero invasore, gettandosi contro il fabbro di Breonte.

"Invoco il mio dio, Efesto, ed il mio maestro, il grande Fabbro, che dall’alto dei cieli diriga il suo misero allievo, che usa la tecnica da lui imparata", pregò Osol, "Vuole usare la tecnica del maestro?", chiese in quel momento Sial, appena uscito da una delle porte del labirinto, rivolgendosi a Nifer, "Penso di si, fratello", rispose il fabbro di Arge.

"Volcano’s lavas", urlò Osol.

Una corrente di lava apparentemente simile alla precedente correva verso Elara, ma stavolta l’attacco era composto da dieci correnti laviche, unite in un singolo colpo, che investì in pieno il titano.

Il corpo del titano sbatté contro la parete, diventando cenere. I pochi pezzi dell’armatura ancora integri caddero ai piedi del cadavere carbonizzato.

"Il più debole dei due invasori arrivati nel tempio di Ermes, è morto", esordì Osol, "Speriamo che anche i tre messaggeri riescano a sconfiggere il secondo nemico, che sembra più forte di Elara dal suo cosmo", rifletté Sial, "hai spiegato loro quali sono i punti di congiunzione?", chiese quindi il giovane fabbro, rivolgendosi a Nifer.

"Si, ho cercato, ma non so se riusciranno a riconoscerli", spiegò il fabbro di Arge, "Andiamo ad aiutarli allora", suggerì Osol, "Va bene, fratelli", concordò il maggiore dei tre.

"Speriamo che anche le altre armate di guerrieri sacri riescano a scovare i punti deboli delle armature di titanio bianco", sussurrò Sial, prima di lasciare la stanza con i suoi due fratelli maggiori.