Capitolo 11: L’unica ragione di vita


Cinque dalle bianche armature troneggiavano su un gran numero di morti, dinanzi a loro una figura esile ed elegante con delle vestigia dorate ed un’arpa in mano, sullo sfondo un tempio con un Sole rappresentato sul suo vertice, tutto ciò nella città di Delo.

"Comandante, forse abbiamo sottovalutato questi guerrieri di Apollo", disse una voce maschile fra i cinque titani, "solo tre guerrieri titani sono rimasti dei nostri soldati", analizzò la voce, "Si, Pasiphae, hai ragione, li abbiamo sottovalutati, ma ora solo questa guerriera e quello che è corso dentro ci bloccano il passaggio, sarà facile eliminarli, se non si allontaneranno da soli", concordò una voce femminile.

"Allontanarci, noi? Scherzi, vero guerriero invasore?", chiese la guerriera dall’armatura dorata, pizzicando le corde della sua arpa, "Io, Clio della Musa non mi allontanerò mai finché il mio sacerdote non sarà in salvo", spiegò la ragazza.

Aveva un’armatura molto simile a quella della Lira sacra ad Atena, ma più integrale, adornata da un sole alla cinta e da diverse figure di bellissime donne sui gambali, l’armatura stessa, se riposta avrebbe preso la forma di una bellissima Musa con in mano un’arpa d’oro, la stessa che adesso Clio si preparava ad utilizzare.

La guerriera di Apollo aveva lunghi capelli biondi come il sole ed occhi rossi come il fuoco, che si stagliavano nel suo splendente volto chiaro.

"Lo lasci a me, comandante Phoebe", esordì la voce maschile, facendosi avanti, "No, Pasiphae, non serve, basteranno i tre guerrieri titani per sconfiggerla", affermò serenamente colei che la comandava.

I tre guerrieri titani dalle semplici armature si fecero avanti, pronti ad eliminare la guerriera dalle dorate vestigia.

Clio non si curò dei tre nemici che aveva davanti, ma iniziò a suonare la sua arpa.

Uno dei guerrieri titani si fece incontro alla guerriera di Apollo, cercando di colpirla, ma appena il suo pugno la sfiorò, Clio svanì.

"Non penserete davvero che sia così facile battere uno dei tre Astri di Apollo?", chiese divertita la fanciulla, ora apparsa poco distante dai nemici, per poi scomparire di nuovo.

"Illusion melody", sembrò cantare la guerriera, mentre le sue immagini circondavano i nemici, per investirli con il suono dell’arpa.

Nessuno dei tre guerrieri titani, però, crollò per l’attacco.

"Sembrerebbe che quelle mezze armature bianche vi siano sufficienti per difendervi dalla mia musica", analizzò Clio, apparendo alle spalle dei tre.

"Chissà se lo saranno anche per il colpo che ora scatenerò contro di voi?", si chiese divertita la

musicista, iniziando a suonare la sua arpa.

I capelli della fanciulla iniziarono ad ondeggiare sulle sue spalle, per poi scatenarsi, non appena Clio pizzicò la corda del Do.

"Golden death hair", urlò la guerriera, scatenando i suoi capelli contro i tre nemici, che furono bloccati per la vita e gli arti.

Il sangue sgorgò velocemente dalle ferite, finché uno dei tre non cadde a terra, a pezzi. Gli altri due caddero anche a terra, ma vivi e feriti.

"Vi risparmierò, non siete voi ad interessarmi, ma i vostri comandanti", disse Clio, voltandosi verso i due titani dalle bianche vestigia.

"La lasci a me, comandante", chiese Pasiphae, "No, ti ho già detto che saranno i guerrieri titani ad eliminarla", ribatté Phoebe.

Clio sentì che i due nemici alzarsi dietro di se, "Non penso proprio che potranno", aggiunse una voce alle spalle della ragazza, mentre lei sorrideva.

"Corona’s fire", urlò la medesima voce, "Shinning hell arrows", aggiunse un’altra voce.

Una gigantesca sfera di fuoco investì un guerriero titano, incendiandolo sul colpo, mentre centinaia di frecce di luce colpivano in più punti l’altro soldato dalle bianche vestigia, uccidendolo.

"Tre contro uno, siete davvero sleali", disse uno dei due guerrieri, mentre scendeva sul campo di battaglia.

"Io sono Ashab, Astro della Freccia Dorata di Apollo", si presentò il guerriero. Aveva la pelle scura e lunghi capelli argentei, i suoi occhi sembravano stelle per il loro colore dorato. L’armatura appariva simile a quella della Sagitta sacra ad Atena, ma in realtà era ricca di soli e frecce decorate al di sopra, i gambali ed i bracciali erano appuntiti e l’elmo sembrava integrale sul retro ed appena visibile davanti, con una criniera che lo sormontava.

"E lui è il nostro comandante", aggiunse Clio, indicando il terzo guerriero di Apollo.

Aveva lunghi capelli rossi, occhi arancione ed uno sguardo fiero e sereno, il mento appena visibile ed una fronte larga.

"Egli è Shuren della Corona Solare, primo Astro degli Phoebos Stars, sacerdote sacro ad Apollo ed allievo del Grande Fabbro, da cui imparò a ricostruire le vestigia del cavalieri del dio del Sole, distrutte nella passata battaglia con Atena", lo presentò l’Astro della Musa.

L’armatura del primo Astro ricordava vagamente quella di Atlas della Corona, ma aveva dei rigonfiamenti sulle braccia e sui gambali, inoltre, come quelle di Ashab e di Clio, era dorata e piena di decorazioni rappresentanti il Sole.

"Voi chi siete?", parlò il sacerdote.

I due titani si mostrarono ai tre.

"Io sono Pasiphae, il titano Gobbo", disse il primo.

L’armatura bianca del titano era deformata dalla sua gobba: difatti il guerriero era storpio, il suo corpo era informe e le sue braccia incredibilmente grosse e muscolose. Non aveva decorazioni a sormontarla, ma l’elmo era il più orribile di quelli dei vari titani, infatti era integrale e non lasciava intravedere nemmeno gli occhi di Pasiphae.

"Io sono Phoebe, la Viaggiatrice dimensionale, comandante di 2° grado delle armate dei titani", si presentò la seconda.

La sua figura era snella e sicura, le vestigia avevano delle nebulose ritratte al di sopra, l’elmo era caratterizzato dall’assenza di maschera, difatti i guerrieri di Apollo poterono osservare il volto pallido con occhi neri e capelli blu della titana.

"Pasiphae, elimina quei due, poi io penserò al loro comandante", ordinò Phoebe.

"Non osate avvicinarvi al nostro comandante", urlarono i due Astri, lanciandosi contro i titani.

"Shinning hell arrows", urlò Ashab, scagliandosi contro Pasiphae. Il titano sollevò le braccia per poi sbatterle contro il terreno e saltare in aria.

"Titan meteor", urlò il gobbo, roteando contro Ashab e colpendolo in pieno al petto, scagliandolo contro la parete del tempio di Apollo.

Clio iniziò a suonare la sua arpa, "Illusion melody", cantò la guerriera di Apollo, scomparendo dinanzi alla nemica, per poi riapparire alle sue spalle, "Golden death hair", urlò la musicista, cercando di stritolare Phoebe.

La titana sorrise dinanzi a Shuren, rimastogli davanti, impassibile e cupo, "Black door", urlò Phoebe, scomparendo nel terreno.

"Per Apollo", balbettò Clio, "Non per il vostro dio, ma per il mio", ribatté Phoebe, riapparendo alle spalle dell’Astro della Musa. "Another hands", ordinò la titana, sollevando le mani al cielo. Intorno a Clio apparvero dei muri neri da cui fuoriuscirono dei pugni, che colpirono allo stomaco ed al volto la bellissima guerriera, gettandola a terra.

Il titano gobbo e la titana si allontanarono dai due guerrieri di Apollo feriti, "Non siete voi ad interessarmi, io combatto solo per gli ordini dati, quindi voglio solo di uccidere chi mi è stato chiesto di eliminare", esordì Phoebe, "cioè il vostro sacerdote", affermò con un sorriso.

"Non ve lo permetteremo", urlò Ashab, "debbo tutto ad Apollo, a Shuren ed alla mia maestra Marin, se qualcuno di loro morisse non potrei più considerarmi un uomo", affermò.

Phoebe sorrise, "Se proprio vuoi perdere l’amore di te stesso, ti farò felice", affermò la titana, sollevando la mano destra, "Dimensione divina".

I cinque individui furono attirati in un vortice di nebbie, da cui scomparirono per trovarsi in una lugubre e rocciosa vallata, dove diverse figure camminavano senza voltarsi indietro.

"Questa dimensione è il valico verso l’Ade, dalla bocca di quel cratere i morti cadono nel regno del vostro fasullo dio dei morti", spiegò la titana.

"Quelle sono le anime dei morti di oggi", disse la nemica, indicando un centinaio di uomini e donne con armature ed armi, "guardate, Astri di Apollo, riconoscete qualcuno?", chiese divertita.

I tre guerrieri di Apollo si guardarono intorno, all’improvviso, prima Ashab e poi Clio, caddero in ginocchio, turbati, come se qualcuno li avesse colpiti con una spada al cuore.

"Che vi accade?", domandò Shuren, senza perdere la luce cupa nei suoi occhi, "Marin è fra costoro", balbettò Ashab, piangente, "Ed anche Sorrento, il mio maestro", sospirò tristemente Clio.

"Ora, un secondo viaggio", affermò ancora più sorridente Phoebe, mentre le nebbie coprivano nuovamente la visuale dei guerrieri di Apollo.

I cinque si ritrovarono in un castello dalle mattonelle dorate, dove vi erano due cadaveri, "Dove siamo?", chiese Clio, ancora piangente, "Sull’Olimpo", rispose Phoebe, "e quello è il corpo del dio Apollo", aggiunse, scoppiando a ridere.

I tre Phoebos Stars chiusero gli occhi per trattenere le lacrime, "Nostro sommo signore, dio del Sole e luce del giorno, ora ti dobbiamo dire addio", sussurrò Clio con tono triste.

Un rumore rubò la tristezza dai loro cuori: nella stanza vicina si stava combattendo.

Phoebe, incuriosita più dei tre guerrieri , attraversò le porte grazie alle nebbie ed apparve nella sala dove ancora Efesto e Dioniso affrontavano i due comandanti titani di 2° grado.

Il dio del Vino era visibilmente ferito, mentre il fabbro divino era ancora incolume, grazie alle sue vestigia, seconde solo a quelle di Zeus in persona.

"Efesto, hai già provato l’ <attacco del Gorilla> ed il <Canto del Gallo> eppure non ti sei arreso, devo scatenare la mia ultima bestia contro di te?", chiese divertito Epimetheus.

"Fratello, lascia a me il tuo avversario", esordì allora Dioniso, ponendosi fra loro, "Sono io il tuo nemico, dio del Vino", ribatté Hyperion, chiaramente indispettito dal comportamento del nemico, "Non sei più il mio avversario, sei un cadavere", lo ammonì il dio che nacque due volte.

"Vedremo", minacciò allora il titano ragno, "Spider net", urlò quindi, scagliando i fili della tela contro il nemico, "Ho già subito tre volte questo attacco e per quanto tu sia abile, ormai non puoi niente contro di me", lo ammonì di nuovo Dioniso, prima di aprire le mani dinanzi a se, "Otre ricolma", urlò il dio olimpico, scatenando una corrente di infuocato Vino contro il nemico, che si dovette arrampicare sul tetto per evitare di essere ferito.

"Ottimo, dio del Vino, hai imparato, ma non ti sarà utile, poiché morirai lo stesso", urlò Hyperion, gettandosi sul nemico e buttando via l’elmo. Aveva occhi viola e capelli lunghi e neri, i suoi denti era incredibilmente appuntiti, specialmente i canini, "Il Vino è il tuo sangue, giusto? Bene, ora andrà a male", schernì il titano, mordendo al collo il suo nemico, "ecco il <Morso della Tarantola>", concluse, allontanandosi dal dio.

Il sangue di Dioniso diventò nero come la pece e le sacre vestigia del dio si sciolsero, mentre il figlio di Zeus cadeva a terra, moribondo.

"Fratello", urlò Efesto, avvicinandosi a lui, ma appena toccò il suo sangue con i piedi, le divine vestigia del fabbro iniziarono a sciogliersi. "Maledetto", urlò allora infuriato il dio, lanciandosi con tutto il suo cosmo contro Hyperion, che non riuscì ad evitare il colpo chiamato, "Esplosione vulcanica". Con il suo gigantesco maglio, Efesto prese in pieno petto il titano ragno, le cui vestigia andarono in pezzi, scagliandolo morto contro una parete del castello di Zeus.

"Questo scontro è stato insoddisfacente, sistema quel dio, Epimetheus", urlò allora una voce dal gruppo di guerrieri titani. "Si, padre", rispose semplicemente il titano ancora vivo, mentre il suo elmo brillava di una luce accecante.

"Lupo celeste", urlò Epimetheus, scagliando la terza bestia contro il fabbro degli dei.

"Le mie difese sono perse, i gambali sciolti ed il braccio con il martello danneggiati", analizzò Efesto, quasi parlando a se stesso, "ma almeno ho vendicato i miei fratellastri", disse infine, roteando il martello sul capo e gettandosi contro il titano.

Un lupo di luce investì in pieno il dio, buttandolo a terra e distruggendo il torace e la cinta dell’armatura. Sul corpo divino apparvero giganteschi tagli e morsi, fatti da animali simili a lupi. "Afrodite", fu l’ultima parola che il dio sembrò sussurrare, prima di morire.

Phoebe riportò tutti a Delo, "Anche voi volete morire come i vostri maestri ed i vostri dei? O ci lasciate prendere la vita di Shuren?", chiese la titana innervosita, "Non siete immortali, possiamo sconfiggervi", analizzò il sacerdote di Apollo, sempre più cupo.

"Darò la vita per Shuren", urlò Ashab, "è l’unica ragione di vita rimasta".

"Anche io darò la vita per lui. Egli è la luce nella mia vita. Soffre per tutti, ma non può aiutare nessuno, triste il destino che gli è stato dato. L’uomo più caro al dio Sole non ha potuto salvarlo, ciò lo ha reso ancora più triste, ma egli è fra noi. Ho giurato fedeltà ad Apollo ed a Shuren, per me solo l’Astro della Corona Solare splende ancora in cielo", affermò con le lacrime agli occhi Clio.

L’Astro della Musa iniziò a suonare la sua arpa, mentre Ashab rimaneva fermo, come Shuren d’altronde.

"Ecco, l’ultimo segreto del mio maestro per te, titana", esordì Clio, "Glorysong", cantò.

Phoebe iniziò a barcollare, "Comandante che le succede?", balbettò allora Pasiphae, rimasto in silenzio per tutto il tempo, "Mi dispiace, titano, ma colei che ti comanda ha subito il mio colpo migliore, potenziato dalla determinazione nata in me di sacrificarmi completamente", affermò la guerriera di Apollo.

"No!", urlò il gobbo, correndo contro l’Astro della Musa. Clio notò subito che più si avvicinava, più il nemico diventava simile ad una sfera, ma non tentò nemmeno di evitarlo, poiché era determinata ad uccidere l’altra nemica.

"Titan’s rock", urlò Pasiphae, gettandosi contro Clio ed investendola con il suo possente corpo.

La guerriera di Apollo cadde a terra, la sua arpa si ruppe e lei svenne, ma prima disse tre semplici parole: "Ora è inerme".

Gli occhi di Ashab brillarono di una luce accecante, quando Pasiphae si voltò verso la sua comandante, paralizzata e con lo sguardo spento.

"Clio, affascinante guerriera di Apollo, hai rischiato la vita affinché le mie frecce potessero andare dritte al bersaglio, per te userò la mia tecnica più bella", esordì l’Astro della Sagitta Dorata, mentre il suo pugno destro brillava di una luce accecante, "Golden arrows", urlò, scagliando centinaia di frecce di luce contro la nemica.

"No!", urlò nuovamente Pasiphae, ponendosi come scudo per la sua comandante.

Le frecce presero in pieno il corpo gobbo del titano, illuminando i punti in cui colpivano. Per la potenza dell’attacco, Pasiphae volò contro Phoebe, risvegliandola e cadendo accanto a lei, lievemente ferito.

"Pasiphae, come stai?", domandò la titana rialzandosi, "Bene, mio comandante, l’armatura mi ha salvato la vita, ma penso di non poter essere più utile per questa battaglia", affermò il gobbo.

"Ora la pagherete", minacciò Phoebe, sollevando le mani, "per primi il sacerdote e la musicista, voi subirete l’effetto offensivo della <Dimensione divina >", esordì.

Due buchi neri si aprirono ai piedi di Shuren e Clio, ancora svenuta.

Il sacerdote ne evitò uno e si lanciò contro la titana, "Flaming body", urlò, mentre il suo corpo si incendiava, ma un altro valico dimensionale lo trasportò di nuovo sul precedente buco.

Clio, invece, era ancora svenuta, quindi sarebbe di certo caduta nel foro se qualcuno non fosse intervenuto.

Ashab osservò stupito la scena e si gettò subito a salvare la sua compagnia, ma l’unica cosa che poté fare fu spingerla lontano dal buco, dove cadde lui, scomparendo dagli occhi di tutti.

"Preparati, ben presto anche tu scomparirai", minacciò la Phoebe, rivolgendosi a Shuren, incapace di sfuggire al foro nemico.

"Scarlet needle", urlò allora una voce.

Una sottile luce rossa investì in pieno la comandante di 2° grado, gettandola a terra. I fori si erano chiusi.

"Mi dispiace, ma sono giunto da Atene per salvare i nostri amici di Delo, quindi io, Gallio di Scorpio, eviterò quest’empio massacro", minacciò il custode dell’Ottava Casa, ora in piedi vicino all’Astro della Corona Solare.

"Riporta qui, Ashab", ordinò Shuren, "Mi dispiace, ma il foro portava nel Tartaro, luogo di estreme e mortali sofferenze, in cui tutti possono entrare o per volere mio, o del mio dio, o del codice dei Quattro, ma nessuno può uscire", affermò Phoebe sorridente, mentre si avvicinava al compagno ferito.

"Siccome sono nettamente sfavorita, dovrò congedarmi per ora, arrivederci, guerrieri del defunto Apollo", concluse la titana, prima di scomparire con Pasiphae.

"Grazie, cavaliere di Atena, tu ci hai salvato", esordì Shuren, stringendo la mano all’allievo di Shun, "Purtroppo non ho potuto salvare i vostri compagni", affermò in risposta il santo d’oro.

"Non si può fare tutto", ribatté l’Astro di Apollo, "per ora accontentiamoci di portare Clio dove possa essere curata", concluse con tono cupo Shuren. "Si, andremo dal santo del Leone", concordò Gallio.

I titani stavolta non erano riusciti nel loro intento.