Capitolo 10: Battaglia violenta nel tempio di Ares – Parte 2°

Il bagliore prodotto dai cinque attacchi fu accecante, la potenza dei colpi produsse un foro nel suo di consistenza tale da sembrare una montagna capovolta.

I due bersekers del Leone e dell’Orso, come il titano alato, cercarono di vedere i loro rispettivi alleati ed a poco a poco vi riuscirono.

Jenghis e Circe, senza le loro vestigia, erano stati gettati contro due pareti rocciose, erano feriti, ma salvi, come le loro armature, poste al sicuro; Ryo era fermo, in piedi, il gold cloth lo aveva protetto dall’esplosione, seppur era stato visibilmente danneggiato; Janus era a terra, vivo e senza ferite, eccetto qualche visibile danno all’armatura di titanio, solo Prometheus non si vede più.

"Fratello dove sei?", invocò Janus, alzandosi. Le urla del titano continuarono finché non notò il corpo di Prometheus al centro del foro, dilaniato e senza più gli arti, ormai prossimo alla morte.

"Non ho saputo scegliere", urlò il titano morente, "fra mio fratello e gli uomini, ho voluto salvarli entrambi, hai capito, sommo…?", furono queste le ultime parole che il titano del mito urlò al cielo, mentre la vita nel corpo dilaniato si spegneva.

"Si deve essere gettato fra i cinque colpi movendosi alla velocità della luce", rifletté Ryo, "Così da impedire che qualcun altro fosse ferito, ma sacrificandosi di nuovo", aggiunse Jenghis con le lacrime agli occhi.

Un cosmo violento ed impetuoso riempì la zona, tutti tremarono tranne Encedalus, che scoppiò a ridere, "Avete segnato la vostra fine, ora Janus è nuovamente impazzito", esordì il titano alato, alzandosi in cielo.

"Vi ucciderò tutti", minacciò il gemello sopravvissuto, la cui voce era cambiata: sembrava insieme grave ed acuta.

"Gemini fist", urlò il titano, concentrando il suo cosmo nelle mani. Un torrente di energia nera e bianca contemporaneamente si diresse verso la parete dove era appoggiati i due bersekers feriti.

"Scappate", urlò Ryo, lanciandosi a difendere i due, come fece anche Rasuin.

I bersekers, però non furono veloci quanto l’attacco del titano, che investì in pieno il santo della Bilancia e la parete rocciosa.

L’onda d’urto dell’attacco si espanse intorno al santo di Libra, che con il suo corpo e gli scudi difendeva il compagno d’addestramento, Jenghis. Un urlo esplose alla destra dei due: Circe era stata colpita in pieno ed ora il suo corpo era circondato da fiamme che le impedivano i movimenti. Fortunatamente per lei, il dolore durò poco, difatti morì quasi subito, diventando cenere.

La prima berseker era morta.

Adtula e Rasuin furono vicini a Jenghis in pochi secondi, sganciando le armature dai loro corpi.

"Eliminiamolo per Circe", urlò il custode della Spada, concentrando il suo cosmo luminoso.

"Bagliore d’Oriente", urlò Adtula, scatenando una sfera dorata dalle mani, "Globo infuocato", aggiunse Rasuin, scagliando una palla di fuoco contro il gemello rimasto, "Avvoltoio energetico", continuò Jenghis, "Rozan Shoryuha", concluse Ryo, unendosi ai tre guerrieri di Ares.

"Heaven flap", urlò Encedalus, intromettendosi nello scontro, "Non scherzate con noi, guerrieri", li criticò, annullando i loro colpi e gettandoli tutti a terra, "siete troppo stanchi per affrontarci", li schernì.

"Vi prego, lasciatemi tentare un ultimo attacco, prima di tentare la carta più rischiosa", chiese Rasuin ai suoi due compagni, rialzandosi, incurante delle parole di Encedalus.

La mano sinistra del berseker sembrò fiammeggiare, proprio come il suo volto, i suoi muscoli erano tesi: si vede chiaramente quale fosse lo sforzo che comportava ciò che il custode dello Scudo stava per compiere, "Spirito demoniaco", urlò infine Rasuin, scagliando una linea di fuoco contro l’elmo di Janus, che volò via.

"Che colpo è?", domandò perplesso Ryo, l’unico dei quattro uomini ad avere ancora l’armatura sul corpo, "Questa tecnica mi fu suggerita da uno dei miei compagni di allenamento presso il grande Tige di Pavone: da Reptile. Con quella linea di fuoco risveglio nel mio avversario i suoi peccati, che subisce su se stesso, così da soffrirne follemente, se ha ancora una coscienza", spiegò il berseker, calando il braccio sinistro.

Gli occhi di Janus erano neri e spenti, mentre i suoi capelli bianchi scendevano senza vita fino alle spalle, il volto era piuttosto chiaro, alla fine un sorriso si impossessò del titano.

"Mi dispiace", esordì il nemico dalla strana voce, "ma ormai la mia coscienza è morta", gli spiegò, "ora, però, vi mostrerò io qualcosa, per rendervi il favore, posso mio comandante?", chiese il titano ad Encedalus. "Ormai la tua potenza mi è pari, non sono più il tuo comandante, ma siamo entrambi comandanti di 2° grado dell’armata dei titani", rispose il titano alato.

Janus alzò la mano e tutti furono come assorbiti in una gigantesca camera oscura.

I guerrieri di Ares ed il santo di Atena videro dinanzi a loro due figure con delle armature divine.

Il primo aveva lunghi capelli violacei ed un’armatura le cui spalliere ed i cui gambali erano grappoli d’uva, mentre il resto sembrava costituire un viso sorridente. L’altro era gobbo e dei rossi capelli scendevano sul suo dorso, coperto da un’armatura di rara bellezza, decorata da immagini di guerre storiche e da un magnifico elmo, rappresentata un viso dalla ricca barba, costui aveva un’arma in mano: un martello.

Un’armata di titani apparve dinanzi a loro, in un lungo corridoio caratterizzato da mattonelle d’oro e lunga tende rosse.

"Dunque voi siete Efesto e Dioniso, i prossimi due dei a morire", esordì un titano, staccandosi dal gruppo.

Questo titano aveva un’armatura decorata con un ragno sul petto e dei fili che si disperdevano lungo le braccia e le gambe, altri aracnidi erano rappresentati su questi fili.

"Si, invasore, e tu chi sei?", chiese il dio del Vino, "Il mio nome è Hyperion, il titano ragno", si presentò il nemico.

"Ed io sono Epimetheus, il titano dalle tre bestie", si presentò un secondo nemico: le sue vestigia rappresentavano tre diversi animali, i gambali e la cinta lasciavano chiaramente intuire una decorazione simile ad una scimmia, le braccia ed il pettorale, invece, sembravano un gigantesco gallo, mentre l’elmo era simile al volto di un lupo.

"Martello del Vulcano", urlò Efesto, sollevando la sua arma contro i due, "Prima bestia, a me", urlò in risposta il secondo titano, "Attacco del Gorilla", invocò.

Il martello del Fabbro divino stava calando contro il nemico, quando questi vide una gigantesca immagine, simile ad un gorilla energetico, scagliarsi contro, mentre il suo nemico era fermo e parte delle sue vestigia brillavano di una luce accecante.

Efesto cadde a terra, "Visto, gobbo?", chiese divertito Epimetheus. "Come hai osato chiamare mio fratello, un dio?", urlò Dioniso, ponendosi dinanzi al titano delle 3 bestie.

"Non un nostro dio, figlio di Zeus", incalzò Hyperion, saltando contro il dio del Vino, "Spider net", urlò il titano, mentre dalle sue mani si aprivano dei fili, che bloccarono Dioniso, producendo delle ferite sul suo corpo.

"Ora voi due morirete", affermò una voce nel gruppo di titani.

I tre bersekers e Ryo ritornarono alla loro realtà.

"Janus, sei davvero malvagio, non gli hai nemmeno mostrato la morte di quei due dei che ora stanno combattendo e ben presto perderanno", scherzò Encedalus, che ancora volava in cielo.

"Ora è il momento di utilizzare quelle tecniche, berseker", ordinò Adtula.

I tre espansero i loro cosmi al massimo concesso: fiamme, fulmini e luce si unirono in una danza sopra le loro teste, ma la cosa più sorprendente fu la luce che circondò le loro mani, in cui riapparvero le loro tre Armi.

"Non ci è possibile completare il <Richiamo in battaglia>, ma noi tre utilizzeremo il nostro stesso cosmo e la nostra energia vitale con le Armi di cui il dio Ares ci ha fornito", esordì Adtula, sollevando la Spada dinanzi a se.

"Aspetta, berseker del Leone, lascia a me il primo attacco", affermò Jenghis, sollevando l’Ascia sulla sua testa.

"Questa tecnica", balbettò Ryo esterrefatto, "Si, mio vecchio amico, è il colpo di tuo padre", affermò il berseker, mentre i fulmini circondavano l’Arma divina.

"Ryutsuisen", urlò il guerriero di Ares, calando l’Ascia dinanzi a se. Un’onda di energia elettrica colpì in pieno Janus, frantumando parte delle sue vestigia e gettandolo a terra ferito, anche Jenghis, però cadde in ginocchio, mentre le ferite sanguinavano copiosamente sul suo corpo.

"Bel colpo, ma ora il vostro amico è un peso e di certo in tre non riuscirete ad uccidermi", li schernì Encedalus, "Ne sei certo, titano?", incalzò Ryo.

Il corpo del titano alato iniziò a brillare, "Dominatore celeste", urlò Encedalus, mentre un falco gigantesco fuoriusciva dal suo corpo per scagliarsi contro il santo della Bilancia, che si difesa con ambedue i suoi scudi, entrambi già danneggiati, cadendo a terra con l’armatura incrinata.

"Ora, con un secondo attacco eliminerò il sacerdote di Ares, poi restano solo gli altri due da uccidere", minacciò il titano alato, preparandosi a scagliare nuovamente quel colpo.

"Comandante, vada via, darò la vita perché almeno due berseker ed il santo di Atena sopravvivano", esordì Rasuin, "Non dire sciocchezze, combatteremo insieme", affermò Adtula, "No, sono sempre stato considerato dal mio maestro come un possibile malvagio per la mia energia infuocata, ma voglio dimostrare con un estremo sacrificio la mia lealtà al mio dio ed agli uomini, salutatemi Tige ed i suoi allievi", furono le ultime parole del berseker, prima di sollevare il suo Scudo.

Nessuno dei tre compagni riuscì a dire niente, mentre il titano alato scatenava il suo attacco ed il berseker dell’Orso rispondeva sollevando la sua Arma.

"Scudo vitale", urlò Rasuin, mentre il suo cosmo incendiava lo Scudo, da cui nacque un gigantesco muro di fuoco, contro cui si scagliò l’energia di Encedalus.

I due bersekers piangevano, "Questa tecnica ti sarà fatale e ne sei cosciente, nobile custode dello Scudo", affermò Jenghis, mentre le vestigia dell’Avvoltoio si ricostruivano sul suo corpo, "Come tuo comandante sono lieto di aver combattuto con te", aggiunse Adtula, mentre anche la sua armatura tornava a lui, "Ora però non è il momento dei rimpianti, dobbiamo muoverci se non vogliamo che il suo sacrificio sia vano", suggerì Ryo, "ho già abbandonato mio padre, so quanto sia doloroso questo gesto, ma non possiamo sprecare la vita che lui ci regala", concluse il santo d’oro piangendo.

"Si, cavaliere di Atena hai ragione", concordò Adtula, mentre Encedalus concentrava la sua energia per superare la difesa del berseker dell’Orso, il cui corpo stava lentamente prendendo fuoco, "ora avvicinatevi a me", suggerì il custode della Spada, "scomparire da qui con una mia tecnica", spiegò, prima di sollevare l’Arma al cielo.

"Illusioni luminose", urlò il guerriero di Ares.

Centinaia di immagini residue dei tre guerrieri riempirono l’area, mentre Janus si rialzava ed Encedalus cadeva stremato al suolo.

Pochi secondi dopo, lo Scudo custodito dal berseker dell’Orso cadde a terra, mentre il corpo di Rasuin era ormai diventato cenere.

Grazie a questo sacrificio, i titani stavolta non avevano vinto.