"Nobile Milo!"
Nel silenzio dell’ottavo tempio gli incerti passi del giovane aspirante cavaliere rimbombarono sinistramente nelle sue orecchie. Si arrestò, indeciso se proseguire oltre lungo il buio corridoio.
"Nobile Milo, so che non dovrei essere qui, ma… "
Una debole eco fu l’unica risposta, spazzata via da un soffio di brezza serale che improvviso profumò la sala di pietra, facendolo rabbrividire al suo dolce tocco. Un misto d’ansia, inquietudine e delusione gli serrava la gola.
Per un attimo si rivide sulla soglia della piccola casa bianca. In attesa. Fino a che il sonno non l’aveva vinto. Rivide la sua immagine mille volte riflessa ai suoi piedi, negli argentei frammenti che giacevano sul pavimento; in quella gelida stanza in cui sapeva non avrebbe dovuto entrare.
E risentì le voci. Frasi spezzate, sussurrate… piene d’angoscia ed incertezza…
"E allora? Che ci fai qui?"
Il fanciullo trasalì.
"Come tu stesso hai detto non ti è concesso aggirarti per il Santuario a questo modo."
Quando era arrivato?
Avanzò, diretto verso il punto da cui, alla sua destra, si era levata quella voce tagliente. Ora poteva scorgerlo. Era lì sin dal principio?
Il disagio s’impadronì ancor più di lui quando s’accorse che dall’ombra gli occhi del custode dell’ottava casa lo fissavano intensi. Occhi di ghiaccio, che sembravano voler penetrare fin nel profondo del suo animo, facendolo sentire come mai prima d’allora privo d’ogni difesa.
Silenzioso il cavaliere d’oro si staccò dalla colonna cui stava appoggiato, sciogliendo elegante le braccia che fino ad allora aveva tenute conserte. Simile ad aggraziato predatore si parò quindi davanti al giovinetto.
"Ebbene?"
Il ragazzo trasse un profondo respiro, facendosi coraggio.
"Nobile Milo, sono qui nella speranza di ricevere notizie sul mio maestro. Nessuno più lo vede da giorni ormai, né qui né al villaggio. Nessuno sembra sapere dove sia. Mi chiedevo se voi…" La voce si fece supplichevole "Nobile Milo, dicono sia scomparso, che sia accaduto qualcosa la notte in cui… in cui…"
Il giovane cavaliere scostò lo sguardo. Nessuno voleva parlare di quella notte d’infamia.
"Nobile Milo, non è dal mio maestro un simile comportamento. Non avrebbe…" Le lacrime presero il posto delle parole.
Non lo avrebbe abbandonato… non così. Non voleva fosse così.
"Ciò che è accaduto al Santuario è di una gravità inaudita. Dovresti ben saperlo, Radu. Saga di Gemini è il più forte ed esperto dei cavalieri di Atena, è probabile che il Gran Sacerdote gli abbia affidato una missione del più assoluto riserbo."
"E se così non fosse?"
Il cavaliere dello Scorpione strinse le labbra in una smorfia.
Com’era ostinato! Ma non gli avrebbe certo confidato i suoi dubbi!
"Mi spiace, ragazzino, ma non sono la sua balia, non posso sapere dove si trovi il tuo maestro." Vorrei fosse il contrario, credimi "Ascolta. Parlerò con il Pontefice… No! Non provare a ringraziarmi! Non lo faccio per te. Ora vai, ti sei trattenuto anche troppo."
Saga… che succede? Non voglio sobbarcarmi il tuo allievo, vedi di tornare… mi facesti una promessa, mi aspetto che tu la mantenga…
***
Radu di Târgovişte, aspirante cavaliere di Pegaso, alzň lo sguardo stupefatto verso gli ultimi gradini che l’avrebb
ero condotto al sacro Tempio. Un’emozione che divenne ancora maggiore quando vide le porte dell’enorme sale delle udienze dischiudersi davanti a sé.Mentre avanzava i suoi occhi si posavano ammirati sulle alte colonne, i pesanti tendaggi, il tappeto scarlatto e, su di un trono degno d’un dio, il portavoce di Atena, avvolto in un candido manto e dal volto celato.
Avrebbe dovuto ringraziare il cavaliere dell’ottava casa: di certo solo grazie alla sua intercessione il semplice apprendista avrebbe ora avuto l’onore di poter parlare con il sommo Pontefice.
Per un attimo sorrise fra sé. Nonostante le apparenze Milo di Scorpio sarebbe stato un ottimo maestro; ne era certo. Gliel’avrebbe detto se mai ne avesse trovato il coraggio.
Giunto ai piedi del trono il giovinetto s’inginocchiò.
"Gran Sacerdote, il mio nome č Radu di Târgovişte, allievo di Saga dei Gemelli. Ho ricevuto l’ordine di presentarmi al vostro cospetto."
La solenne figura rimase immobile.
"Ti ho convocato in merito a una questione che riguarda il tuo maestro."
Il giovane faticò a trattenere un tremito. Finalmente forse avrebbe saputo.
Ma voleva veramente sapere?
"È vivo dunque? Sapete dove si trova?"
Per un attimo il suo respiro s’arrestò. Ti prego…
"Lo so. Giovane…"
La frase s’interruppe in un gemito sordo. Il corpo del Pontefice fu percorso da una scossa violenta che lo fece chinare in avanti, il capo rivolto verso il basso. Le sue mani, non così vecchie come il ragazzo immaginava, si aggrapparono ai fregi dorati; contratte, sbiancate; mentre la lunga chioma argentea iniziò a brillare di sfumature bluastre.
Il ragazzo fece per alzarsi, allarmato.
"Gran Sacerdote, vi sentite male?"
"Vattene…" il suono giunse strano, tremante; ma quella voce…
Quella voce…
Quella voce…
"Vattene Radu, scappa! Non… potrò trattenerlo a lungo…"
Che stava accadendo? Non poteva essere…
Si avvicinò al trono, allungando incerto la mano…
"Maestro?"
"Muoviti! Vattene da qui! Corri! Racconta quanto hai visto! Corri, vai da Milo."
Maestro… Perché quelle vesti?
"Ma…"
"Sbrigati, non resisterò a lungo!"
"No! Maestro, avete bisogno d’aiuto…!"
"Vattene, Radu! È un ordine!"
Confuso, totalmente incapace di comprendere, di credere a ciò che stava vedendo, Radu si voltò, iniziando a correre verso le bianche porte.
Non le raggiunse. Un pugno dalla potenza devastante lo colpì alla schiena, facendolo volare per parecchi metri.
Il terrore lo invase al suono agghiacciante delle ossa spezzate.Ogni cosa sembrò perdere i suoi contorni e il suo colore. Maestro…
Con passo solenne, di nuovo padrone di se stesso, il Gran Sacerdote si avvicinava inesorabilmente, gli occhi dietro la maschera fissi sulla sua preda.
Stordito, rifiutando con ogni sua fibra di accettare ciò che stava accadendo, il giovane disperatamente tentava di avvicinarsi alle porte, aggrappato ormai alla sola forza delle braccia.
"È ora di finirla."
No! Fermati! È solo un ragazzo, come puoi far questo?
"Fermarmi? Non vedi com’è ridotto? Dovresti essermi grato, sarà un atto di pietà."
No! Fermo…
"Dimensione oscura!"
Mentre per l’ultima volta vi tendeva la mano Radu vide le bianche porte svanire. Le colonne, il tappeto, tutto ciò che gli stava attorno si dissolse nell’oscurità. E ogni suono fu inghiottito dal silenzio.
Il Sommo Pontefice di Atene lentamente si tolse elmo, liberando lunghe ciocche ora color del cielo serale. Lasciò cadere la maschera e crollò in ginocchio, lo sguardo fisso davanti a sé, mentre una sinistra risata risuonava atroce nella sua mente.