I

Una bianca lama di luce attraversò all’improvviso la piccola stanza di pietra mentre sulla soglia si stagliava silenziosa la figura di un giovinetto. Questi attese alcuni istanti, poi dolcemente richiuse la porta dietro di sé ed avanzò lentamente alla sua sinistra, verso un letto coperto da un candido drappo. Quattro lunghe candele lo illuminavano fiocamente, diffondendo nell’aria un dolce profumo di sandalo. Gli occhi del ragazzo si posarono tristemente sulla sagoma nascosta dalla morbida seta, poi si guardarono attorno.

Appoggiato alla parete sul fondo della stanza, immerso nella penombra, scorse colui che cercava. Col capo chino si diresse verso di lui e gli si affiancò, senza alcuna parola. Non servivano parole.

***

Veloci tre cavalieri salivano le ripide scale del Santuario, ormai prossimi alla casa dei Gemelli.

"…la terza casa…da ora in avanti ne sarai il custode…"

Non ora.

Ancora una volta Saga di Gemini dovette ricacciare indietro i ricordi che come onde in tempesta assalivano la sua mente ad ogni nuovo passo. Ricordi che nel sonno di morte l’avevano abbandonato, ma che ora ritornavano: un fiume in piena che ad ogni assalto rischiava di travolgere gli argini della ragione. Battaglia nella battaglia. Sofferenza nella sofferenza.

Anche gli altri provavano lo stesso?

Camus, Shura, Sion… Death Mask, Aphrodite… era colpa sua. Avrebbero potuto essere vivi. Avrebbero potuto essere nei loro templi, rivestiti delle loro dorate vestigia, pronti a combattere l’oscuro nemico… dove li aveva portati la sua follia? A combattere contro gli amici di un tempo, a recitare l’amara parte dei traditori… a sottostare agli ordini degli ignobili sottoposti di Ade…

La terza casa. Senza timore i compagni entrarono nel tempio di cui un tempo era custode, ormai privo di protezione.

Ma cos’era quella sensazione? Di chi era quel cosmo che permeava l’intero palazzo? Chi difendeva quel luogo?

Possibile che fosse… no…

I tre rinnegati fermarono la loro corsa. Davanti a loro si trovava il cavaliere dei Gemelli.

 

II

Le onde selvagge s’infrangevano sull’antico promontorio roccioso, sospinte da un freddo vento foriero di bufera.

Un giovane dai lunghi capelli d’indaco gridava da dietro le sbarre della cella scavata nella roccia, la prigione che di Atena accoglie i traditori. Gridava contro una figura del tutto uguale a lui, in piedi sui gradini scolpiti nella roccia.

L’aveva sentita la gelida paura in quella voce? Eppure avrebbe dovuto. Per quanto nel suo ostinato orgoglio il fratello tentasse di nasconderla lui sapeva quale angoscia doveva colmare il suo animo. Sapeva cosa l’attendeva. L’avevano visto… molti anni prima…

L’avrebbe veramente condannato a quella fine atroce?

"Saga, non tenere imprigionato il sangue del tuo sangue, liberami o la mia maledizione ti colpirà…"

Sì, era malvagio.

"E’ inutile Kanon, non temo le tue maledizioni. Temo la tua ambizione e più ancora la mia, ma nient’altro… pentiti fratello, così ti salverai, solamente pentendoti."

Aveva giurato, era fedele ad Atena, avrebbe eseguito la sua volontà.

La sua o la tua?

"… non ci sarà alcun pentimento e tu lo sai! Sì fuggi pure, fuggi da te stesso ma non cercare rifugio nei sentimenti. La maledizione ti colpirà, anzi ti ha già colpito; l’azione di cui ti sei macchiato risveglierà in te il lato buio ed oscuro. Farai proprio quello che più temi di fare, priverai della vita Atena…. Scatenerai una guerra e nel corso della battaglia sarai sopraffatto dl rimorso, non ti salverai più dalla tua coscienza."

"Nulla di ciò accadrà."

È già accaduto…

"Fratello è già accaduto… Ricordali per sempre i gradini che scendi per andartene da qui perché sono i primi gradini per l’inferno."

***

I primi gradini per l’inferno… sì, lo erano stati...

"Voi proseguite e lasciatemi qui da solo."

"E perché?"

"Andate, ho detto, me ne occupo io. A dire il vero non immaginavo che lui fosse ancora vivo. E che fosse ancora deciso ad ostacolare il mio cammino."

Kanon… dopo tutti quegli anni era giunto il momento… molte volte in passato aveva tentato di portarlo dalla parte del male… non avrebbe lasciato che alcuno si intromettesse fra di loro.

"Voi andate. Regolerò i miei conti con lui personalmente."

Attese che i due compagni avanzassero nel buio corridoio, poi parlò.

"Tredici anni fa sei scomparso dalla prigione di Capo Sunion, dalla quale nessun essere umano, per quanto forte, riuscirebbe mai ad evadere. Io speravo che la punizione divina ti avesse annientato."

"E invece la punizione divina si è abbattuta su di te, Saga."

"Come?"

"Sei schiavo della tua ambizione, costretto a perseguire atroci intenti a rischio della vita. Non è forse una punizione divina? Non sei altro che un fantoccio nelle mani del burattinaio, messo a capo di un bieco esercito per attentare alla vita di Atena. È vero, c’è un malvagio fra noi due, Saga, e quello non sono io."

Che cosa?

"Adesso basta. Sei stato tu a seminare il male in me, non fingere di ignorarlo. Eri pervaso da un tale odio che finisti per minacciare la mia vita e quella della dea Atena. E adesso perché indossi quell’armatura, perché ti ergi a difesa di questo palazzo? Togliti quella maschera e rispondimi!"

 

III

Con lo sguardo colmo di angosciato stupore Saga fissava il cavaliere di fronte lui. Possibile? Possibile che quanto il fratello gli stava raccontando fosse verità? Faticava a crederlo. Doveva essere un inganno. Come aveva potuto convincere Atena? Certo già in passato era riuscito ad ingannare un dio ma…

No, non poteva crederlo! Suo fratello, colui che aveva risvegliato in lui il lato malvagio ora indossava la sua stessa armatura, difendeva il suo stesso palazzo! No, non poteva essere vero! Lui, che era fedele ad Atena, per amore della sua dea nuovamente doveva macchiarsi del titolo di traditore, mentre quell’uomo, quell’anima nera, godeva ora della sua fiducia? Quanto terribilmente ironica sa essere la sorte!

Ma no, non ci credeva, non ci riusciva. Lo conosceva. Il suo cuore era intriso di malvagità, neppure Atena avrebbe potuto purificarlo! La sua fedeltà era falsa, una maschera che gli avrebbe strappato di dosso.

"Ti toglierò quell’elmo, Kanon, e rivedrò i tuoi occhi malvagi per l’ultima volta."

Un fascio di luce partì dalla mano di Saga, diretto verso il cavaliere dei Gemelli.

Nulla.

Non v’era nulla davanti ai suoi occhi, solo un’armatura vuota.

Si era preso gioco di lui con le sue stesse illusioni.

Ora ogni cosa era chiara. Sciocco. Conosceva questi trucchi. Non avrebbero avuto effetto su di lui. Ovunque lui fosse, è lì che l’avrebbe colpito.

Con il colpo più potente di Saga di Gemini.

***

Questa è la giustizia della tua dea.

Ancora appoggiato alla parete accanto al fratello Saga sussultò. Si voltò, scrutando il viso immerso nella penombra. Non sembrava la sua voce, eppure…

"È veramente giusta Atena? Merita veramente il nostro rispetto?"

Colto di sorpresa il giovane non rispose. Rimase invece ad osservare il suo gemello che si portava al fianco dell’amico ormai perduto.

Per tutto il tempo non aveva distolto lo sguardo dal corpo nascosto dal candido lenzuolo, che ora sfiorava incerto con le punta delle dita.

"Certo che lo merita."

Il ragazzo si voltò di scatto.

"Come puoi esserne certo?"

Ha ragione, come puoi? Di nuovo.

"È giusta? Allora perché l’ha lasciato morire?"

"Ora basta. È stato un incidente, lo sai."

"No. È colpa di Aiolos, l’hai visto."

"Kanon…"

"Non negare! Aiolos… benedetto dalla dea. Non dicono tutti così al Santuario? Allora perché la dea non ha fermato la sua mano? Perché ha lasciato che Clito morisse? Lei l’aveva scelto. Per cosa? Per morire?"

"È lui che si è buttato in mezzo; Aiolos non avrebbe potuto evitarlo, non avrebbe potuto fermarsi… e comunque non poteva immaginare cosa sarebbe accaduto."

"Ma lei sì! Benedetto dalla dea, già… anche di te lo dicono… sarà poi vero?"

Già… sarà poi vero? Un tremito gli percorse la schiena… perché quei pensieri nella sua mente?

"Kanon, capisco cosa provi ma…"

"No, tu non capisci! Tu, eletto dalla dea, come puoi capire? Accecato dalla tua stupida fede non vedi, non senti… Ricordi il prigioniero di Capo Sunion? È quella la bontà di Atena? Ricordi Brithos? Morto nella lotta per un’inutile armatura di bronzo… Anche tu ucciderai per la tua armatura splendente? Ucciderai anche me, fratellino?"

Prima ancora di rendersi conto di quanto stava facendo Saga vide la sua mano colpire violenta il volto del gemello.

Lo faresti?

In un improvviso lampo di luce la porta si aprì di schianto, lasciando entrare un uomo alto e robusto.

"Che succede qui dentro? Non conoscete il rispetto per i morti?"

I due rimasero a guardarlo immobili.

"Perdonaci, nobile Alexandros, mio fratello è ancora sconvolto per l’accaduto… non intendevamo mancare di rispetto al tuo allievo… era un caro amico."

L’espressione dura dell’uomo si addolcì leggermente, mentre un velo di tristezza si stendeva sui suoi occhi.

"Lo so… va bene, ma ora andate; sta per arrivare il Gran Sacerdote."

Mentre il maestro del giovane Clito si allontanava dalla soglia Saga spostò lo sguardo sul fratello, tendendo una mano verso la sua spalla.

"Non toccarmi!"

"Kanon, scusami, io…" ma le parole gli morirono sulle labbra vedendo in quegli occhi che così bene conosceva un odio profondo, un nero abisso che mai vi aveva visto prima.

"Lasciami stare, non ho bisogno delle tue scuse né di te. Mi fai pena Saga, talmente cieco da non riuscire a vedere nemmeno te stesso…"

"Che vuoi dire? Aspetta, Kanon… KANON!"

***

"Saga… è vero quanto ho sentito? Tuo fratello…"

"Sì, è morto. Durante l’addestramento…poco dopo esser giunto su quell’isola maledetta…"

"Saga… mi dispiace, amico mio."

"Ti ringrazio, Aiolos…"

Kanon… perché per la seconda tornava nella sua vita?

"Sei stato tu a seminare il male in me, non fingere di ignorarlo…"

Sospirò. Falso. Inutile voler ancora mentire a se stesso. Il male era già in lui, da molto prima. Aveva finto di non vederlo, di non sentirlo… l’aveva insistentemente ricacciato indietro, ma le sue radici erano salde. Kanon era stato il vento che aveva alimentato la fiamma.

Era sincero ora? Se non lo fosse stato prima che quella sua illusoria vita l’abbandonasse l’avrebbe mandato lui stesso nel regno dei dannati, dove da tempo l’aspettavano. Era una promessa.

 

Finalmente il cielo riapparve sopra di lui. La terza casa era alle sue spalle, Camus e Shura lo attendevano poco oltre l’uscita.

Si fermò, gli occhi posati sulla via davanti a lui, senza però in realtà vederla. Nemmeno nel peggiore degli incubi avrebbe potuto concepire che Kanon, suo fratello, difendesse la casa dei Gemelli al posto suo. Mai avrebbe potuto immaginare una cosa simile…

A quel pensiero nulla poté fare per impedire che le lacrime si facessero strada sul suo viso. Quanta pena nel vedere lui indossare quell’armatura, combattere al fianco di Atena come Saga di Gemini mai aveva fatto…

"Saga…"

"Va tutto bene! Conquistiamo la quarta casa, il palazzo del Cancro, coraggio!"

Kanon… non sapeva se davvero avesse purificato il suo cuore e avesse davvero abbandonato i sentieri del male… un uomo non si giudica dalle sue parole, ma dalle sue azioni.

 

IV

Raccolto nella posizione del loto Shaka di Virgo, cavaliere della sesta casa, meditava.

I cavalieri periti nelle passate battaglie erano tornati in vita al servizio di Ade, pronti a prendere la testa di Atena. Potevano essere così stolti? Avevano veramente venduto al signore degli inferi il loro orgoglio di cavalieri in cambio di una nuova illusoria esistenza?

No, non lo credeva. Tanto più che a guidarli v’era Sion, l’antico Grande Sacerdote, uno dei due sopravissuti alla precedente Guerra Sacra.

Pensava d’aver intuito quali fossero le vere intenzioni dei rinnegati, ma poteva esserne sicuro? Avrebbe dato loro una possibilità. La possibilità di liberarsi dalla sorveglianza degli spettri di Ade. Poi ogni cosa sarebbe stata più chiara…

Ecco. La quarta casa stava per accoglierli… era giunto il momento di agire…

***

I tre rinnegati si guardarono attorno stupiti quando si resero conto di trovarsi sul palmo della mano di Buddha. Soltanto un individuo poteva creare tutto ciò. Shaka di Virgo. Il nemico più pericoloso. Il più insidioso. Ma le illusioni non sarebbero bastate a fermali. Saga ne era da sempre maestro, avrebbe saputo come infrangerle… già era accaduto alla terza casa.

Il decaduto cavaliere dei Gemelli nuovamente concentrò il suo cosmo nel più potente dei suoi colpi e lo scagliò verso il palazzo della Vergine. Inutilmente. In risposta dopo pochi istanti un’immane esplosione di luce inondò la quarta casa, inghiottendo i cosmi dei cavalieri ribelli.

Fra le macerie dell’antico tempio i tre cavalieri si sorrisero. Shaka aveva forse capito? Comunque fosse quella era la loro occasione.

 

V

Sulla scalinata che conduceva alla quinta casa i cadaveri di tre Spettri giacevano straziati, privi di armatura.

Shun di Andromeda, Seiya di Pegaso e Hyoga del Cigno si fermarono ad osservarli. Con loro vi era Shiryu del Dragone.

Non v’erano tracce di lotta, erano probabilmente stati colti di sorpresa. Un corpo congelato, uno solcato da un profondo fendente, uno ferito da un colpo da un potere immenso...

Ma allora…

***

Mentre gli sgherri di Ade avanzavano verso di lui Aiolia del Leone, cavaliere della quinta casa, esitò: gli era sembrato di percepire qualcosa… una sensazione che l’aveva rimandato al passato. Cosmi che già nella sua vita aveva incontrato…

Non poté fermarli. Diverso sarebbe stato il suo nemico per il momento. Era ormai costretto a lasciarli avanzare.

***

Nel suo palazzo in parte distrutto Shaka di Virgo quasi non prestò attenzione agli Spettri che gli si paravano innanzi: erano già morti ormai.

Sciocchi. Non s’erano neppure accorti che coloro che dovevano sorvegliare erano in realtà celati fra di loro.

Saga di Gemini, Shura di Capricorn, Camus di Acquarius… volevano la testa di Atena… lui li avrebbe aiutati.

 

VI

Fra i rosei petali del giardino degli alberi gemelli, paradiso nascosto in quella terra rocciosa, i tre cavalieri decaduti ancora una volta si rialzarono. Le armature d’ombra spezzate, il loro corpi straziati, privati ormai di quattro sensi… solo la volontà di andare avanti rimaneva loro, ancora salda.

Shaka di Virgo voleva morire. Morire per mano loro, era chiaro.

Saga guardò i compagni. La richiesta del cavaliere della Vergine avrebbe riempito di sdegno qualunque guerriero di Atena. Eppure avrebbero accettato. Era l’unica via. Rifiutando avrebbero reso vani i sacrifici compiuti fino ad allora. Ogni speranza si sarebbe dissolta, come dissolti si sarebbero i loro corpi, sotto l’ira del signore dell’oltretomba.

Non aveva mai pensato di dover arrivare a tanto. Camus, Shura… lui stesso, con le sue azioni passate, li aveva trascinati in quel baratro… ora chiedeva loro un sacrificio ancora più orribile.

Il colpo proibito. Eppure… l’onore stracciato, l’anima perduta… la salvezza di Atena e della Terra tutta valeva molto di più. Quanto a lui… sì, era forse la giusta punizione… Dannando la propria anima l’avrebbe forse infine purificata dalle colpe che la macchiavano.

Shaka, perdono. Amici, ancora una volta a causa mia perduti, perdono.

Lentamente i tre compagni assunsero la posa del più terribile dei colpi. Il colpo dell’ignominia.

L’urlo di Atena.

***

Milo di Scorpio osservava attorno a sé i resti della sesta casa. Non v’era traccia alcuna dei cavalieri di bronzo. Quello sarebbe stato il suo unico rimorso. Non avrebbero dovuto coinvolgerli.

Per il resto… avrebbe fatto a meno dell’onore, non gl’importava. Mai avrebbe potuto trovare pace fino a che l’urlo della sua anima doppiamente tradita non fosse stato ascoltato: vendetta.

Avrebbe dovuto attendere ancora.

Fra le macerie qualcuno ancora si muoveva. Seppur fiochi dei cosmi ancora brillavano…

***

Saga di Gemini si guardò attorno. Erano ancora vivi. L’intervento dei cavalieri di bronzo li aveva salvati dalla devastazione che sarebbe nata dallo scontro dei due colpi proibiti. Non l’avrebbe creduto. Lui, Camus e Shura erano ormai condannati, ma loro… Milo… sì, sapeva ne sarebbe stato capace; la sua furia unita alla sete di vendetta l’avrebbero potuto spingere oltre ogni confine. Ma Mu ed Aiolia… la morte di Shaka aveva risvegliato il loro lato nascosto. Sorrise fra sé. Bene. Non potevano esserci esitazioni in questa Guerra Sacra.

Però… la loro missione era fallita. Come avrebbero potuto arrivare ad Atena? La battaglia con il custode della sesta casa li aveva duramente provati. Come avrebbero potuto vincere un altro scontro contro i restanti cavalieri d’oro? Potevano solo sperare che Sion portasse a termine la loro opera…

Sentì la rabbia montare dentro sé. Possibile che il loro sacrificio fosse stato vano?

Milo… sarebbe stato lui a riportarlo infine nel regno di Ade.

Amico mio… svolgi il tuo dovere…

"Fermo, Milo!"

Atena!

"Milo, Mu, Aiolia, basta, vi prego, smettetela di combattere. Voglio che conduciate immediatamente Saga, Camus e Shura al mio cospetto…"

Atena! Allora non tutto era forse perduto…

 

VII

Quando giunse ai piedi della statua della dea, stremato, trasportato dal cavaliere dell’Ariete, Saga di Gemini si rese infine conto che il Fato aveva in serbo per lui ancora un’ultima crudele prova.

Accanto alla fanciulla vestita di bianco stava un uomo dai lunghi capelli d’indaco… dal volto uguale al suo… Kanon. In mano teneva uno scrigno.

Su ordine di Atena Kanon si avvicinò.

Fratello… quanti anni… era veramente cambiato? Sì, finalmente poteva leggerlo nei suoi occhi, quegli occhi che lo evitavano; poteva sentirlo nel suo cosmo… Kanon…

Aprì lo scrigno e sentì la sua anima spezzarsi.

Un pugnale. Quello stesso pugnale che aveva alzato un tempo su una bimba indifesa ora era fra le sue mani. Consegnatoli da colui che l’aveva spinto a quel gesto… Atena… no!

Non poteva. Non voleva. Perché proprio lui? Perché non Shura, o Camus? Perché non Sion?

Le lacrime iniziarono a inondargli il viso.

No. Loro non meritavano quel fardello. Era giusto. A lui solo spettava. Era questo il prezzo per poter infine espiare i propri peccati. Ma come poteva? Era la sua dea…

La guardò. Avrebbe potuto annegare sereno nella luce di quel sorriso.

Le sue mani sfiorarono quelle di lui, strette sull’elsa dorata. Credeva di essere pronto a tutto… invece in quel tragico istante toccava a lei infondergli quel coraggio che sembrava d’improvviso averlo abbandonato.

"Avanti, Saga, è l’unico modo per liberarti del tuo tormento… poi sarai finalmente libero…"

Atena… perdonami…

 

VIII

I primi bagliori dell’aurora rischiaravano il castello circondato dalle vette innevate. La dimora di Ade sulla Terra.

Sotto gli occhi dei quattro cavalieri di bronzo Shura del Capricorno, Camus dell’Acquario e Saga dei Gemelli si dissolsero in un mare di luce. La vita provvisoria che il nero signore aveva loro donato era giunta al termine.

Mentre i loro cuori piangevano calde lacrime di sangue avevano lottato contro i loro compagni, erano stati disprezzati, costretti a gettare il proprio onore… per amore di Atena avevano accettato di ritornare alla vita per esser coperti d’infamia…

Seiya di Pegaso, Shun di Andromeda, Hyoga del Cigno e Shiryu del Dragone… a loro i coraggiosi cavalieri d’oro avevano affidato Atena. Non li avrebbero delusi. Mai avrebbero reso vano il loro sacrificio.

 

IX

Nella fredda ombra dell’Inferno Saga di Gemini guardò davanti a sé il Muro del Lamento. L’estremo invalicabile confine di quel regno di terrore. Con lui erano gli undici cavalieri d’oro. Con lui era infine anche il fratello.

Quello era il momento per cui era nato. Quello l’istante che avrebbe dato senso all’intera sua vita. Finalmente al fianco dei compagni; per sempre.

Per Atena.

La calda luce del Sole per un attimo brillò in quel mondo fatto d’ombre. Sorrise. Le sue mani erano bianche ora. L’aveva raggiunta infine. La pace.