Capitolo 49: Il Martello d’Oro si infrange
La pioggia continuava copiosa nella notte ateniese che segnava il passaggio del terzo all’ultimo giorno di quella battaglia fra gli Horsemen, figli del Caos, ed i santi di Atena, difensori della Giustizia, uniti ai loro alleati.
Neleo di Hammerfish era solo sull’altopiano roccioso che affacciava a spiovente sul capo Sounion, dinanzi a lui si trovava Kaspian, il Cavaliere dell’Apocalisse rappresentante la Pestilenza, uno dei tre che erano sopravvissuti a quel terzo giorno di battaglie. Il mariner sapeva perfettamente che questa lotta, in un modo, o in un altro, avrebbe potuto portare via la sua vita, sia vincente, o perdente che fosse, teneva legata alla schiena l’arma divina raccolta nel Regno dei Mari, il Tridente di Nettuno, oggetto sacro al suo dio, che ora sperava di essere degno di usare.
"Bene, monco, sei pronto alla morte?", domandò beffardo Kaspian, schioccando la frusta, "Spira danzante delle malattie", invocò poi il guerriero, scagliando l’arma.
Neleo vide la frusta creare delle spire sempre più piccole mentre si dirigeva inesorabile contro di lui, "Non sperare di battermi così", esclamò il mariner, cercando di evitare l’attacco con un agile salto, "poiché anch’io sono capace all’offesa", avvisò prima di scatenare il "God Breath", lo stesso colpo che già Baian di Seahorse sapeva ben usare.
La potenza dell’attacco, però, fu inutile dinanzi a Kaspian. La frusta della Pestilenza, infatti, continuò inesorabile la sua danza, raggiungendo il mariner alla gamba destra, ferendolo e gettandolo di nuovo al suolo. "Cosa sarebbe quella brezza? Un venticello per rinfrescare la maschera? Non serve e di certo non ti darò una morte più veloce in cambio di questa gentilezza", affermò con tono beffardo Kaspian, osservando il nemico al suolo.
"Brezza? Così definisci il soffio del Pacifico?", tuonò Neleo, rialzandosi prontamente, "Allora vediamo che hai da dire sul mio martello d’oro", incalzò poi, lanciandosi furioso contro il nemico, "Seahammer", invocò poi, raggiungendo la corazza avversa con la propria arma sacra.
"No, questa non la definirò brezza", esordì Kaspian, osservando la crepa che si andava producendo sulla propria armatura, "bensì carezza", ridacchiò, colpendo allo stomaco il mariner con il proprio pugno destro.
"Ora tu, che stupidamente ti sei avvicinato a me, assaggerai tutta la potenza del cosmo e del Tocco della Pestilenza", minacciò l’Horseman, raggiungendo con decine di pugni alla velocità della luce il suo nemico, mentre il cosmo sempre di più aumentava, fino a gettare al suolo Neleo, che si ritrovò privo del Tridente d’oro, caduto poco lontano da lui.
"Come sono stato stupido", balbettò fra se il generale dei Mari subito dopo, "avvicinarmi ad un uomo il cui tocco è portatore di malattia, solo perché spinto dall’ira", rifletté il mariner, "Esatto, stupido", concordò l’Horseman, "ora, però, avrai tempo di pentirtene per l’eternità, nel regno degli Inferi dove sarai da me spedito", lo avvisò poi, "Non ancora", replicò Neleo, espandendo il proprio cosmo.
"God Breath", urlò con tutta la forza in corpo il generale di Hammerfish, "Di nuovo quella brezza? Non capisci che dinanzi a me serve solo per alzare un po’ di polvere?", domandò divertito l’Horseman, "Al contrario", rispose prontamente la voce di Neleo, "ne sono ormai cosciente", esclamò determinato il mariner, espandendo il proprio cosmo.
"Invoco la tecnica del mio maestro, il Grande Fabbro di Efesto, affinché quella forza mi indichi la via per sconfiggere quest’essere maligno e portatore di morte", esclamò il generale dei Mari, mentre la lava ardente sembrava condensarsi intorno al Martello dei Mari, "Volcano’s waves", invocò poi, scatenando la tecnica derivata da quella del suo maestro.
"Bene, vuoi lanciarmi contro delle onde? Ebbene saprò come risponderti", replicò con voce infuriata Kaspian, "Waves of Plague", tuonò poi, scoccando la frusta contro il suolo.
Le onde d’energia ed il vortice di fuoco e vento si scontrarono a mezz’aria, ma, con grande sorpresa di Kaspian, l’attacco nemico riuscì a superare la sua offesa, travolgendolo e gettandolo al suolo.
Neleo, però, subì lo stesso destino del nemico, subendo in pieno il colpo trasmesso dalla frusta, anch’egli, per la potenza dell’attacco subito, cadde al suolo, ricevendo altre ferite ed un aumento della febbre che ormai prendeva possesso del suo corpo.
"Finalmente un mio colpo lo ha raggiunto", esultò il generale dei Mari, rialzandosi e cercando con lo sguardo il nemico, "Si, mi ha raggiunto, ma questo non basta", avvisò allora Kaspian, apparendo alle spalle del guerriero sacro a Nettuno, "ed ora avrai di che pentirti di avermi infastidito ancora di più", lo ammonì subito dopo, colpendolo alla schiena con un pugno potentissimo, che incrinò le resistenti vestigia di Hammerfish, poi, sollevato per la gola, lo guardò dritto negli occhi.
"Adesso, monco, preparati a perdere quell’oggetto di vanto che tieni al posto della mano, quell’arma che per prima osò sfiorarmi e da cui sembrano confluire le tue certezze, oltre che i colpi", tuonò subito dopo Kaspian, legando la frusta intorno al Martello d’oro, quindi, con un veloce movimento del polso, distrusse l’arma, riducendola in briciole. "No!", urlò infuriato il mariner, "Si, invece", replicò con malignità l’Horseman, "e non è ancora tutto", minacciò poi, lanciando in avanti il corpo del generale, "Spira danzante delle malattie", invocò poi il malvagio figlio del Caos, prima che la sua arma si legasse intorno al corpo di Neleo, roteandovi e lasciando su di lui una serie di solchi profondi, prima che il mariner cadesse al suolo, stordito.
"Muori, monco, fra indicibili sofferenze", gli augurò poi Kaspian, "mentre io cercherò il tuo compagno ferito e gli strapperò il cuore", concluse, allontanandosi con fare tranquillo.
Neleo non sentì nemmeno quest’ultimo augurio del nemico, ormai le ferite dategli dalla frusta nemica avevano prodotto su di lui una febbre senza pari, segni di un morbo arcano già prendevano forma sul suo corpo, mentre la mente era rapita da allucinazioni e ricordi antichi.
Il mariner vide dinanzi a se la scena vissuta molto tempo prima, quella in cui Sorrento era stato ucciso da Mimas, ma, questa volta, nell’incubo del generale, non furono solo il Sacerdote di Nettuno e la sua protetta a morire, ma tutti coloro presenti. Gli incubi, poi, continuarono, affogando nel passato del guerriero dei Mari, finché, quasi inconsciamente, il giovane cercò di riprendere contatto con la realtà e la sua mente navigò verso un altro ricordo, un ricordo del periodo degli addestramenti.
Neleo si rivide nei giorni successivi all’incidente che era successo a lui e Zodd, in quel periodo il mariner era stato costretto al riposo completo per curare la grave ustione e fare in modo che l’operazione subita al braccio sinistro non avesse più bisogno di bende per tamponarne il sangue, ma, il giovane, non aveva la forza di restare a letto, chiuso in una delle grotte, soprattutto perché l’altro fabbro segnato dal medesimo incidente aveva lasciato quasi subito il maestro, vedendosi negata la verità che egli vaneggiava.
Si alzò dal letto una notte Neleo, dirigendosi verso una delle fucine e lì, iniziò a plasmare un pezzo di roccia, dove avrebbe poi fatto raffreddare il metallo con cui voleva costruirsi la protesi.
Fu difficile, per il giovane mariner, tenere ferma la roccia mentre la colpiva con lo scalpello, incapace di usare anche un martello.
"Che cosa stai facendo, Neleo?", domandò all’improvviso una voce dietro il futuro mariner, il quale si voltò e vide il giovane Kiki dinanzi a se, "Niente di particolare", rispose con fare evasivo il ragazzo privo di una mano.
Ma il futuro cavaliere dell’Ariete non se ne andò, guardò anzi la scena intorno a se, la fucina, priva di alcuni attrezzi, quali uno scalpello ed un martello, una roccia ferma sul tavolo, con un accennato inizio di lavoro al di sopra, ed un’anfora calda vicina al fuoco, inoltre, il giovane notò dei graffi più o meno profondi sul braccio ferito di Neleo.
Kiki si avvicinò alla roccia, "Che cosa volevi fare?", domandò con tono preoccupato il giovane, "Una protesi per il mio braccio", replicò con voce distante l’altro, "sono privo di una mano e per questo inutile come fabbro, ma al contrario di Zodd, voglio restare, in qualche modo devo onorare il dovere che il divino Nettuno mi ha dato, devo ricostruire le sette scales dei Mari", spiegò Neleo, colpendo con un pugno il tavolo dinanzi a se.
Kiki guardò l’amico e gli sorrise, poi, con ambo le mani prese il blocco di roccia, "Forza, colpisci con lo scalpello questo pezzo di pietra e dagli vita, rendilo parte di te, senza doverti più preoccupare di sbagliare scotendolo con i tuoi colpi, poiché sosterò io l’impatto e di me ti puoi fidare", lo rassicurò il futuro santo d’oro dell’Ariete.
Neleo sorrise al giovane dai capelli rossi, ma non disse niente, se non un semplice, "Perché?".
"Innanzi tutto perché non vorrei trovarmi a fare coppia con qualcun altro", rispose con un sorriso accennato Kiki, "poi, per ciò che hai appena detto e per quello che diceva mio fratello", concluse, osservando l’amico che legava il martello della fucina intorno alle bende.
"Come te anch’io ho un dovere verso la mia dea, riparare le vestigia sacre dei cavalieri d’oro e delle altre caste di saints, come mio fratello faceva già prima di me, ma oltre questo, mi spingono i principi che Mur, l’amato fratello che ormai ho perso, mi aveva trasmesso. Devozione, che entrambi abbiamo verso i nostri dei, sincerità e coraggio, che non ti sono mai mancati in questi pochi anni già passati in questo luogo e tante altre qualità che entrambi possediamo", continuò il futuro cavaliere di Atena, fermando il compagno quando stava per inserire il metallo fuso nella roccia modellata.
"Metti anche questo, Neleo", suggerì Kiki, offrendo all’amico un sacchetto, "Cosa c’è qui?", domandò l’altro incuriosito, "Stardust, la dorata polvere delle stelle, che nell’era del mito servì per forgiare le armature d’oro, nello stesso modo in cui tu ora stai forgiando questa protesi, per quel che ne so", spiegò il fratello di Mur.
"Non so come ringraziarti", fu l’unica risposta che il mariner diede, mentre spargeva parte della polvere nella roccia, per poi depositare la stessa nella gelida acqua di un contenitore.
Passarono la notte di guardia alla roccia, aspettando che si raffreddasse il suo contenuto. Quando l’alba già si affacciava sulle fredde rocce italiane del vulcano in cui il Grande Fabbro allenava i suoi allievi, i due si avvicinarono al pezzo di roccia e Neleo, con l’aiuto dell’amico, lo prese, aprendolo.
Grande fu la sorpresa di Kiki quando vide un martello d’oro, pensava che l’amico avesse intenzione di fare una seconda mano, ma invece, era un utensile da fabbro che aveva scelto come propria protesi.
Neleo impugnò il martello con la mano destra, dopo essersi tolto le bende da sopra l’amputazione, quindi, conficcò l’estremità del braccio sinistro nella postazione che per questo aveva fatto nel martello, un buco con dei ganci ed un collegamento per unirlo anche centralmente all’arto.
"Su questo Martello d’oro, Kiki, la nostra amicizia verrà suggellata, qualsiasi cosa succeda, amico mio, ti assicuro che non dimenticherò mai quanto mi sei stato d’aiuto in questo momento", affermò con determinazione il futuro Mariner di Hammerfish.
"Un’amicizia è un legame che non si ha solo da parte di un solo uomo, anch’io ricambio la promessa e ti assicuro che ti aiuterò in qualsiasi momento, anche se fossi in mezzo ad una battaglia, anche se la morte mi avesse già condotto da mio fratello, io ti guarderò dall’alto dei cieli e ti darò conforto in battaglia", replicò con gentilezza il futuro Santo dell’Ariete, "Sapendo ciò non mi arrenderò mai, nemmeno dinanzi al nemico più potente, sarò sempre determinato nel mio agire", concluse con un sorriso l’altro, stringendo la mano all’amico.
"Non arrendersi mai, trovare la forza per vincere dentro di se, questa è la via per l’ottavo senso", sussurrò una voce nella mente di Neleo, "La forza di vincere", balbettò il generale, riprendendosi dalla febbre, ricco del cosmo e della pienezza che l’ottavo grado della conoscenza donavano e pronto ad inseguire Kaspian, per fermarlo.
L’Horseman della Pestilenza camminava con fare tranquillo lungo le rocce di Capo Sounion, "Dove si sarà nascosto l’altro?", si domandava il figlio del Caos, quando, pochi minuti dopo l’inizio delle sue ricerche, sentì una forza cosmica esplodere dietro di lui, "Cavaliere dell’Apocalisse", tuonò una voce che sembrava provenire dagli inferi più profondi.
Quando Kaspian si voltò, vide il nemico che credeva sconfitto ancora dinanzi a se, in piedi e pronto a combattere, arricchito da un nuovo cosmo.
"Sei pronto a pagare per le tue colpe, figlio del Caos?", esclamò infuriato Neleo, espandendo il proprio cosmo, sempre più maestoso, "Colpe, di cosa, monco?", domandò divertito Kaspian, preparandosi a colpire con furia.
"Spira danzante delle malattie", invocò allora l’Horseman, senza dare al nemico il tempo di rispondere.
Stavolta, però, Neleo si mosse con maggior rapidità e con un agile salto arrivò sopra il nemico, "God’s Breath", urlò il mariner, scagliando il proprio colpo. "Non hai ancora capito che questa brezza è…", iniziò a dire Kaspian, venendo poi travolto dal soffio del Pacifico.
"Com’è possibile? Quella stessa brezza, che poco fa valutavo come candida aria, ora mi travolge? Che costui abbia solcato la conoscenza ultima durante la febbre?", si domandò l’Horseman, comunque sicuro di poter vincere.
"Hai avuto fortuna, monco, ma adesso preparati a cadere", ringhiò Kaspian, preparandosi a riattaccare, "Non ancora", minacciò Neleo, espandendo il suo cosmo, che fu seguito da un forte vento, colmo di pioggia, "Biggest Tsunami!", urlò il mariner, scagliando il proprio colpo migliore, che gettò il nemico contro una parete rocciosa, che crollò su di lui.
Un’esplosione d’energia mandò in cenere i frammenti, mostrando di nuovo il corpo di Kaspian, stavolta segnato da decine di ferite, spaccatura sull’armatura che lasciavano notare una schiuma quasi rossa, che poteva sembrare sangue in quella notte piovosa. "Ti ho infettato con la malattia di cui sono il padrone, ti ho colpito con la frusta, distrutto quel martello che avevi e concesso una morte lenta, ma in piena incoscienza, e tu, in cambio, ti sei rialzato come padrone dell’ottavo senso, osando persino colpirmi due volte e facendomi perdere la frusta, sai quanto ti costerà questo?", domandò con tono sadico Kaspian, "La vita sarà il prezzo, un prezzo che pagherai lentamente soggetto al dolore che dà la forza pura del Caos dato dalla Pestilenza", minacciò l’Horseman, espandendo dopo il suo cosmo.
"Caos, da te Pestilenza, portatore di sventura e terrore, Peste e Lebbra sono seguaci, vertigini e malanni predecessori, il tuo sangue è veleno per l’uomo ed acido per il metallo, quindi piovi su costui che mi è avverso", invocò con voce cupa Kaspian, mentre le ferite si richiudevano sul suo corpo, lasciando fuori quella schiuma violacea, non rossa, che lentamente prese la forma di rami, quasi rampicanti, gli stessi che il giorno prima avevano portato la morte a Koryo di Seiryu.
Subito quei rami si lanciarono come fruste contro il mariner di Hammerfish, ma Neleo, alla cui mente erano tornate le parole di Tok’ra sulla scomparsa del Beast Keeper, evitò con un agile salto l’attacco nemico, "God’s breath", invocò poi il Generale dei Mari.
Alcuni rampicanti andarono distrutti per il potente colpo del Pacifico del Nord, così da permettere a Neleo di porsi ad una distanza di sicurezza dall’attacco nemico, o almeno, così pensava, ma quando vide i rami ricrescere, quasi non avessero subito il colpo e gettarsi contro di lui, il generale dei mari capì che non sarebbe stata così facile la vittoria.
"Puoi colpirmi quanto vuoi, ma nemmeno la conoscenza dell’ottavo senso ti aiuterà dinanzi al potere massimo della Pestilenza, il potere che proviene dal Primo Disordine", urlò poi l’Horseman, mentre i rampicanti si lanciavano con ancora più furia contro il nemico.
Un rombo, però, fermò le parole di Kaspian e con queste alcune rampicanti, qualcosa aveva creato un solco nel terreno e reciso alcuni di quei rami maligni, che non tardarono però a ricrescere. Grande fu la sorpresa nel Cavaliere quando vide l’arma in mano al suo nemico, "Un tridente d’oro?", si domandò l’Horseman, "Si, il Tridente sacro del dio Nettuno, un’arma divina, quella adatta ad ucciderti", rispose prontamente Neleo, dilaniando i diversi rami che si lanciavano contro di lui.
Una risata, però, proruppe dalla bocca di Kaspian mentre il suo nemico si difendeva dalle violacee protuberanze, "Un’arma divina e la conoscenza dell’ottavo senso da soli non bastano", ridacchiò l’Horseman, "però, in confronto al mio precedente avversario, sei più adatto a conoscere il potere di cui sono padrone", si congratulò dopo, con tono ironico, appoggiando le mani contro la propria armatura, che sembrò quasi schiacciarsi, emettendo ancora quella schiuma violacea, che di nuovo si animò, diventando altre rampicanti.
"Fra noi Quattro, il mio potere non è certo il più forte all’impatto, o quello che sviluppa maggior cosmo o terrore, ma di certo è quello più doloroso, poiché dolorosa è la pestilenza e la malattia che nel mio corpo prende mille e mille forme, tutte poi accumulate in queste estensioni del mio essere, dei rampicanti ai tuoi occhi, monco, ma molto più distruttive, poiché capaci di estendersi e moltiplicarsi all’infinito attraverso questo corpo", spiegò con tono ironico Kaspian, "inoltre", aggiunse poi, "attraverso questi rami posso scatenare i miei due colpi migliori", ridacchiò, preparandosi all’attacco, "Waves of Plague", invocò infine, lanciando un ramo contro il suolo.
Neleo, che con agilità e prontezza di riflessi recideva tutte quelle protuberanze che si lanciavano contro di lui, vide con grande preoccupazione quel ramo entrare nel suolo, per poi uscirne producendo una gigantesca voragine intorno a se.
Il mariner evitò con un salto il rampicante, ma, non vide i due che stavano raggiungendo da sopra, "Spira danzante delle malattie", sentì urlare all’ultimo, subendo in pieno su di se quei due rami, che lo colpirono in pieno stomaco, perforando l’armatura e gettandolo al suolo, ferito.
"Perché non riesco ancora a batterlo?", si domandò fra se il Generale dei Mari, tentando di rialzarsi, "Eppure sono ormai padrone del senso ultimo ed impugno l’arma di un dio, cosa ancora mi ferma? Perché non riesco ad oltrepassare quella foresta di malattie e raggiungerne il padrone?", incalzò infuriato con se stesso il mariner, quando un pensiero gli tornò alla mente, le parole usate il giorno prima da Mamiya, quando parlava di Goki della Scimmia, il Runouni che millenni prima aveva ucciso quello stesso essere, "Determinazione, questa mi serve, devo puntare all’offesa, non alla difesa", si disse Neleo, "proprio come promisi a Kiki anni fa, non fermarmi dinanzi al nemico, nemmeno se questi fosse stato così potente. Per l’amico che dal Cielo mi guarda ed i miei compagni Generali che in queste battaglie hanno dato la vita senza mai fermarsi dinanzi ai nemici, ora dovrò combattere senza indietreggiare, come Reptile, quando bloccò con il suo corpo Pontos, o Argo, che affrontò senza fuggire Raizen della Tigre, o come Yakros, che ebbe il coraggio di spegnersi in cielo con Janus", concluse fra se, rialzandosi in piedi.
"Guardatemi amici che siete in cielo, in onore vostro ora combatto, con determinazione", tuonò il Generale di Hammerfish, lanciandosi nella selva di rampicanti maligne.
Con alcuni fendenti, Neleo recise dei rampicanti, ma altri lo raggiunsero, ferendolo al volto ed al corpo, ciò, però, non fermò il mariner, che, giunto a breve distanza dal nemico, espanse il proprio cosmo, "Invoco la tecnica del mio maestro, il Grande Fabbro di Efesto, che egli, uomo saggio e potente, mi permetta di trasmetterla attraverso questo tridente, sacro al dio Nettuno", urlò il Generale dei Mari, "Volcano’s waves", concluse.
Il vortice di fuoco e vento si gettò contro il braccio sinistro di Kaspian, travolgendo l’Horseman, che volò al suolo, fermato solo dalla potenza dalla prontezza di alcuni rampicanti, che lo bloccarono prima che si schiantasse con forza.
"Non ha funzionato", balbettò Neleo, ormai scosso dai fremiti di una febbre molto più potente di quella presa poco prima, ma, con sua grande sorpresa, il mariner vide che il braccio sinistro del nemico era scomparso, ridotto in polvere dalla potenza del suo attacco, "Maledetto", ringhiò Kaspian in tutta risposta, mentre tanti piccoli rami uscivano da quella immensa ferita.
"Ora pagherai con la vita", minacciò l’Horseman, lanciando un’altra volta la combinazione dei suoi due attacchi, il "Waves of Plague" e la "Spira danzante delle malattie".
Stavolta, però, Neleo non si fermò, anzi corse incontro al nemico, evitando la spirale di rami, ma subendo in pieno l’onda che dal suolo fuoriuscì, perforandogli l’addome, "Sei mio", esultò Kaspian, mentre altre decine di rami si legavano al corpo del Generale dei Mari, procurando diverse ferite su braccia e gambe ed iniziando a sciogliere la scale di Hammerfish.
"No, stupido figlio del Caos, non sono tuo, ma tu, sei mio!", urlò con la poca voce rimasta Neleo, conficcando il tridente d’oro nel petto di Kaspian, "Che cosa?", balbettò quest’ultimo, mentre il cosmo nemico, come una lampadina prima di fulminarsi, brillava, espandendosi con una potenza senza pari; era padrone dell’ottavo senso quel generale dei Mari, ma questa padronanza era stata raggiunta a costo della vita, che ormai era prossima ad abbandonarlo.
"La determinazione è l’arma per batterti, Horseman, non ci si deve fermare per il terribile male che tu trasmetti, né da questo essere scossi, come un medico spesso consiglia al paziente, la prima cura per vincere le malattie si trova in se stessi, spronandosi a combattere il male che affligge il corpo", spiegò Neleo, "e, proprio spronandomi fino alla fine, ora ti eliminerò, Cavaliere dell’Apocalisse, grazie alla forza dei Mari che in questo Tridente è custodita ed a quella del mio cosmo, che molti amici, con azioni e parole, hanno aiutato ad aumentare, fino a raggiungere l’ultimo stadio della conoscenza", concluse Neleo, mentre i rami intorno a lui andavano in pezzi, disperdendosi come brandelli di carne in una forte corrente di vento.
"Biggest Tsunami!", urlò con tutta la forza rimasta il Generale dei Mari. Ciò che accadde poi, sorprese persino Kaspian: la forza di quel colpo confluì nel Tridente d’oro per esplodere con una potenza quasi centuplicata, l’arma di un dio aveva reso ciò possibile.
"No!", fu l’unica parola che l’Horseman cercò di dire prima che la potentissima corrente travolgesse lui e l’intera montagna alle sue spalle, dilaniando il suo corpo e dividendolo in lembi così piccoli da non potersi più ricongiungere. Una potenza distruttiva senza pari, che, però, gettò indietro anche Neleo, che non riuscì a reggere al contraccolpo, volando sulla superficie del mare con il ventre squartato dal colpo nemico e dal suo.
"Kiki, Generali dei Mari, Sommo Sorrento, Grande Maestro e voi tutti, compagni d’addestramento, aspettatemi, ora, con la dignità e l’onore di chi ha servito degnamente il suo dio, vi raggiungerò nell’alto del Paradiso dei Cavalieri, se così il Potente Nettuno vorrà", sussurrò con l’ultimo filo di voce Neleo, prima di spirare.
Probabilmente, quello che il mariner si augurò effettivamente successe e forse, fu proprio il suo più caro amico, il santo d’oro dell’Ariete, ad incontrarlo sulle porte del Paradiso che era concesso ai cavalieri più valorosi, fra cui di certo Neleo era ammesso.