Capitolo 47: Riflessioni

La notte era ormai discesa sul Terzo giorno di battaglie, mentre le due fazioni in lotta, l’una composta dagli Horsemen e l’altra dai cavalieri mortali che a loro si opponevano, contavano i propri feriti ed i caduti.

Nella grotta dove si celava i tre Figli del Caos, regnava il disordine e l’ira.

"Come puoi avergli suggerito di andare a combatterli, Kaspian?", urlava con rabbia accecante Kronos, rivolgendosi al suo pari della Pestilenza, "Non gli ho detto niente del genere", rispose il secondo, "è stata un’iniziativa di quell’idiota andare a colpirli, probabilmente li pensava delle prede facili da abbattere", ipotizzava questi.

"Sei un vero idiota, lo sai, fratello?", domandò all’improvviso Adam, appoggiando una mano sulla spalla di Kaspian, "Sai bene quanto me e Kronos, che quando uno di noi muore, la forza malefica che lo aveva composto si disperde nell’aria, in tutto il globo ora si avrà un aumento dell’ira, gli animali stessi saranno scossi dal terrore, come gli uomini più esperti nel conoscere i segreti del cosmo. Solo noi tre, però, possiamo assorbire la memoria e la forza di un altro di noi, così, attraverso i venti d’Oriente, Silas è in parte tornato a me ed a Kronos, tu, stupida pedina, ti eri nascosto nei meandri della caverna, aspettando lieto che ci infuriassimo con la Bestia, ma hai semplicemente perso la possibilità di cibarti dell’Ira, un nettare di cui il nostro scomparso fratello traboccava", ringhiò Adam, gettando a terra il suo pari.

"Dimostrazione ciò è che sei il più calmo fra noi, giacché l’Ira della Bestia non ti ha annebbiato la mente, rendendoti più forte e resistente, come invece ha fatto con noi", continuò il Cavaliere che rappresentava la Guerra.

"Ora mi chiedo cosa mi ferma dall’uccidere uno stupido come te, che ha quasi mandato a monte il piano geniale di Adam", si domandò con ironia Kronos, puntando la spada contro Kaspian, "Potrebbe esserci utile, ma non so quanto sia capace di fronteggiare un nemico che ha la dote di ucciderci, giacché da quel debole, ieri in India, si è fatto ferire", osservò l’Horseman della Morte.

"Potrò facilmente ucciderne a decine di quei mortali", esclamò Kaspian, sperando così di avere una possibilità per salvarsi dall’ira dei suoi simili, "Dove sono? Li attaccherò anche stasera, se sarà necessario", tuonò poi, alzandosi in piedi.

"Si sono nascosti in un luogo di cura, una caverna probabilmente, dove il cosmo degli dei li cela così fortemente da rendere anche a me, che sono la Morte, impossibile vederli", osservò Adam, "ed in ogni caso, non è quello il piano che ho in mente, dovremo attaccarli domani, perché so già dove saranno, il piano dei Runouni è di facile lettura ormai che solo noi Tre siamo rimasti come loro nemici", spiegò con voce fredda l’Horseman della Morte.

"E quei due?", domandò all’improvviso Kaspian, indicando due dei pochi scacchi rimasti, posti in una posizione distante dalle altre, gli unici due chiaramente in vista, "Saranno di certo due guardie all’esterno della caverna, seppur sono in una zona di mare, sulle dolci coste elleniche, poste dinanzi ad Atene, un posto chiamato Capo Sounion, se ben ricordo. Comunque non sono di nostro interesse adesso", osservò Adam, "Capito?", tuonò poi, prima che sia lui, sia Kronos, tornassero a sedersi intorno alla scacchiera, lasciando Kaspian in disparte.

I cavalieri d’oro, tornati vincitori dalla Torre di Indra, i guerrieri di Cartagine e Sekhmet, che erano sopravvissuti ad Apophis e Freiyr, insieme ai due Tree Monks, arrivarono poco dopo del tramonto nel luogo dell’incontro, una grotta vulcanica sacra ad Efesto in Italia, nei pressi del Monte Etna, dove avevano risieduto per lungo tempo le tre ancelle dorate del dio fabbro.

Qui, i tre gruppi avevano trovato i loro compagni lasciati ad Atene, eccetto i due che erano caduti nella battaglia contro Silas.

Tutti insieme, i cavalieri sopravvissuti ai primi tre giorni di battaglia, avevano pregato le diverse divinità, onorando la memoria dei nuovi caduti, di Anhur di Selkit, spentosi da guerriero, sconfiggendo Apophis, di Awyn della Vite, caduta per mano di Silas, l’Horseman della Bestia, e di Jenghis dell’Avvoltoio, sacrificatosi per abbattere proprio quel Cavaliere dell’Apocalisse.

Dopo queste preghiere, il gruppo si riunì, seppur sul volto di tutti ci fossero preoccupazioni, per la scomparsa dei due mariners, che ancora non erano arrivati. Il gruppo, però, raccontò lo stesso delle battaglie di quel giorno, delle notizie che Indra aveva dato ai suoi nemici, della forza con cui aveva lottato Morrigan ed anche di quella di Nemain, delle azioni degli dei egizi e dei loro nemici.

Infine, Mamiya prese la parola.

"Cavalieri, domani sarà il quarto giorno, l’ultimo lasciatoci come limite dai nostri nemici stessi, entro domani dovranno cadere gli ultimi tre Horsemen, ma per fare ciò, servirà la determinazione e la saggezza, contro la Guerra e la Pestilenza, mentre un rituale antico sarà necessario contro la Morte, un rito che solo i Runouni del Drago erano soliti fare, il rito di assunzione del Soffio del Fuoco, di cui ho trovato alcuni appunti ieri notte, rivedendo i testi antichi recuperati in Cina", spiegò la guerriera del Topo, "anche Shishio aveva compiuto questo rito", concluse poi.

"La fiamma verde?", domandò prontamente Odeon, "Si, cavaliere d’oro, penso proprio sia quello il rito da compiere, assumere in se la forza del fuoco che spegne persino la Morte", affermò con voce cupa Mamiya, "ma è un fuoco letale, un’arma a doppio taglio, che brucia anche chi la utilizza", osservò poi, "Lo so bene, ho affrontato Shishio e sono stato l’unico a vederlo diventare cenere, ma per questo conosco la prova a cui si era sottoposto da se, penso di poterla superare", replicò prontamente il santo del Leone.

"Non posso condividere la tua sicurezza, santo di Atena, fin troppo pericolosa è come prova, poi, in ogni caso servirebbe qualcuno che ti conduca fino a quel luogo ameno e dimenticato", osservò preoccupata Mamiya, "Non sottovalutare i poteri che la dea Atena concesse nella notte dei tempi ai suoi dodici custodi dorati, potrò sostenere la prova, qualunque essa sia, al fine di sconfiggere gli Horsemen", replicò con calma Odeon.

"Bene, allora domani io e te partiremo per quel luogo dimenticato", suggerì la Runouni, "Non solo voi", obbiettò Tok’ra, "ma tutti noi cavalieri d’oro, o almeno chi se ne sente capace", propose il santo di Virgo, "Si, e verremo anche noi", aggiunse subito Daidaros di Cefeo.

"No, cavaliere d’argento, stavolta solo noi santi d’oro e la Runouni del Topo ci muoveremo, poiché non è più tempo che altri rischino le loro vite al posto nostro", replicò deciso Ryo di Libra, "Che cosa? Solo voi? Ma è pazzia", obbiettò prontamente Freiyr di Dubhe, "In poco meno di metà contro tre Horsemen, sarete già condannati", obbiettò Taranis, "Siamo in pochi è vero, ma siamo cavalieri d’oro di Atene e come tali faremo di tutto per diminuire il numero dei nostri nemici, così da lasciarvi il tempo di riprendere le forze, poiché due Tree Monks, due God warriors di Asgard, cinque santi d’argento, un’amazzone, una guerriera egizia ed i due custodi di Cartagine ed i due mariners di Nettuno, saranno nemici fin troppo superiori ad uno solo degli Horsemen", avvisò Golia del Toro, prendendo la parola.

"Poi, né Elettra, né Sekhmet avrebbero la forza per venire con noi sul campo di battaglia, tu, nobile Freiyr, e Bifrost, non sareste nemmeno al massimo delle vostre doti, i mariners non si sa dove siano, ma se mai arriveranno con nuove armi, saranno un’ottima difesa per tutti voi, i guerrieri celtici e voi, custodi di Cartagine, non avete obbligo alcuno verso quest’alleanza ed anche se ve ne sentiste ancora legati, allora ve lo chiediamo come favore, nobili amici, lasciate a noi questa battaglia", aggiunse dopo Lorgash.

"E noi cavalieri d’argento? Perché dovremmo restare qui?", incalzò allora Zadra, "Perché è un ordine dei santi d’oro a voi superiori", la zittì prontamente Camus, "E poiché fra di noi si attuerà la scelta sul successore di Shaina, sia o meno uno di noi sette", concluse Botan.

L’assemblea si sciolse dopo queste chiare parole.

"Forse siamo stati duri con i santi d’argento, ma è stato necessario, poiché non possiamo permettere che altri rischino la vita, oltre noi, stavolta", ipotizzò Ryo, chiaramente dispiaciuto di ciò che loro avevano dovuto dire, "Questo è vero, cavaliere di Libra, ma inevitabile", concordò Tok’ra.

"Io, comunque, verrò con voi", tagliò corto Dorton, unico rimasto nella sala, "Poiché non posso lasciare Mamiya a rischiare da sola la sua vita, giacché, quella vita è anche la mia", sentenziò semplicemente il Runouni, ricevendo un sorriso dalla sua pari.

"Domani, comunque, non sarà una battaglia facile, come tutti ipotizzavano, dovremo prepararci al peggio", osservò Mamiya, "Si, hai ragione, dovremmo prepararci, e per questo resterò ora qui con voi Runouni a discutere una strategia, se per voi va bene, cavalieri d’oro. Lasciate a me questo compito, riposate voi tutti, per quanto vi sarà possibile", propose Ryo di Libra, prima di invitare i compagni a congedarsi.

Anche questo piccolo gruppo, così, si divise. Per tutta la notte Ryo restò ad organizzare una difesa sufficiente per difendere il luogo di rito durante il quale Odeon avrebbe rischiato la propria vita.

Camus dell’Acquario, intanto, aveva raggiunto Freiyr e Bifrost, i due guerrieri di Asgard. "Cugino", esordì il figlio di Hyoga, "Per tutto domani dovrai restare qui, a riposare, o, date le tue buone condizioni, a vegliare sui compagni feriti", aveva spiegato il cavaliere d’oro, "So bene tutto ciò, cugino", aveva replicato quietamente il figlio di Siegfried, "ma vorrei essere più utile per questa battaglia", aveva concluso.

"Re, se vuole resterò io a vegliare sui nostri alleati", propose allora Bifrost, "No, amico mio, non è tempo che tu vegli, ma che tu riposi, la stanchezza e le ferite prodotte per mano di Tethra non sono di certo rimarginate, quindi, riposa amico mio", rispose prontamente il sovrano di Asgard.

"Parole sagge di Re le tue, cugino mio, ma proprio per questo ti voglio chiedere un favore, il favore che il comune sangue del casato di Polaris può permettermi di chiederti", esordì poco dopo Camus, "Quale cugino?", domandò prontamente Freiyr, "Se domani dovessi cadere, voglio che il mio corpo, come quello di mio padre, di mia madre e di mio fratello Fasolt, riposi nelle fredde terre di Asgard, non nel cimitero dei cavalieri d’oro. O, nel caso non si abbia un mio corpo da seppellire, ricordati almeno di onorare la memoria dei miei cari, come ho fatto io finora, portando spesso dei fiori alle loro tombe", propose con voce ferma il cavaliere d’oro. "Non ti preoccupare, cugino, ciò non sarà necessario", replicò con gentilezza Freiyr, stringendo la mano al figlio di sua zia Flare.

Lorgash di Capricorn, invece, si era diretto dai due guerrieri celtici, per accertarsi delle loro condizioni. "Come va, guerrieri di Scozia?", domandò il santo d’oro entrando, "Le ferite non sono poi così gravi, cavaliere di Atena", rispose Taranis, che si stava ricucendo da solo la ferita prodotta sul volto, mettendosi dei punti. Nessuno dei due indossava le proprie vestigia, l’armatura del Nocciolo e quella del Fico erano riposte in una estremità della caverna.

"Guerrieri celtici, non vi ho mai mostrato il mio dispiacere per ciò che ho fatto", accennò appena il cavaliere d’oro, ripensando al passato scontro con Nuada, "Né serve che tu lo faccia adesso", replicò prontamente Taranis.

"Quella era una guerra, cavaliere di Atena, e come guerra era ovvio che alcuni combattenti morissero, ma tutti voi vi dispiacete delle vite che avete tolto. Freiyr è sempre triste dinanzi a noi, ripensando a Dagda, tu, parlando di Nuada, il mariner, riguardo a Macha e molti altri, tutti voi siete sempre dispiaciuti, ma questo è inutile, poiché ci siamo trovati nemici non per nostra volontà, bensì per gli inganni di un dio malvagio. Proprio per questo motivo non ve ne vogliamo per la sconfitta subita, bensì vi siamo diventati alleati. Per quest’alleanza uno di noi, Ilew, è già morto, come uno di voi, quel cavaliere della Croce del Sud", concluse il Signore delle Battaglie.

"Si, è forse anch’io, domani cadrò", rifletté Lorgash, salutando i due, "Cavaliere", esordì pochi attimi prima che si allontanasse Taranis, "ricorda che Nuada non sarà altrettanto benevolo quanto me se domani cadrai contro gli Horsemen, quando vi rivedrete. Colui che lo ha vinto, dovrebbe essere più forte di quei Tre maledetti per dimostrare anche la forza dello Spadaccino dalla mano d’argento", osservò il Tree Monk del Nocciolo, accennando un sorriso con il volto ricco di cicatrici.

Odeon di Leo si era diretto nella zona dei feriti dove si trovavano i santi d’argento, "Kano, Tok’ra vorrebbe parlarti, è nella stanza vicina, in meditazione", esordì il cavaliere d’oro, rivolgendosi al santo del Pavone.

Dopo che il cavaliere d’argento si allontanò, Odeon si sedette fra gli altri custodi argentei, "Vi chiedo scusa per come ci siamo comportati con voi altri, ma dovete capire che quella di domani sarà più una missione suicida che altro, poiché per abbattere gli Horsemen millenni fa undici guerrieri di Giada morirono", spiegò il santo d’oro.

"Pensi forse che noi non siamo pronti a dare la vita in battaglia? Credi che i sacrifici di Castalia, Shaina, Robin, Xael, o di Jacov non ci siano stati di insegnamento? Che la morte di Eric e quella di Rabat ci abbiano fatto temere di più i nemici?", incalzò subito Zadra.

"No, sacerdotessa d’oro, nessuno fra i cavalieri d’oro vi credete pavidi, o pronti alla resa, ma sappiamo che siete pronti al sacrificio e proprio per questo domani dovrete stare qui. Perché in quasi due anni di battaglie siete diventati sempre più forti. Dai semplici guerrieri che hanno dovuto accettare la sconfitta ed andare a riposarsi allo Star Hill, siete ora diventati dei guerrieri così potenti da sconfiggere le divinità. Per mano vostra sono cadute le Furie, Durga e Yama, siete davvero potenti e coraggiosi, ma non possiamo permettere il vostro sacrificio", concluse il santo di Leo.

"Perché?", domandò nuovamente Zadra, "Sacerdotessa dello Scultore, di certo anche il tuo maestro, il Grande Fabbro, oltre a Shaina, Sorrento ed il Divino Shun, avranno raccontato anche a te della morte dei dodici passati santi d’oro. Quei grandi uomini si sono spenti nell’esplosione d’energia dell’Eclittica, in quel momento, loro erano come fratelli agli occhi di Seiya, mio maestro, e si sono sacrificati perché quei santi di bronzo, che tanta strada avevano fatto in poco tempo, potessero combattere e sconfiggere Hades. Per lo stesso motivo, ora noi, vi rifiutiamo il permesso di seguirci domani, perché dovrà sempre restare una speranza, anche dopo il sacrificio dei custodi d’oro, se questo Atena richiede", concluse Odeon, trovando i quattro cavalieri d’argento concordi con lui.

Kano del Pavone, intanto, aveva raggiunto la stanza dove si trovava Tok’ra. Il cavaliere d’oro era seduto nella posizione del fiore di Loto, "Dimmi, cavaliere di Virgo", esordì il santo d’argento, "Siediti, compagno d’addestramenti, te ne prego", replicò quietamente il successore di Shaka.

I due si ritrovarono lì, seduti l’uno dinanzi all’altro, "Ricordi il giorno in cui ci conoscemmo? La prima volta che il maestro Kaor accolse i suoi sei allievi dinanzi a se?", domandò il santo d’oro, "Si, ricordo quando i sei giovani si trovarono dinanzi a quel saggio uomo", rispose con un sorriso nostalgico il cavaliere d’argento.

"Ricordi anche le sue parole?", incalzò Tok’ra, "Sul cosmo e la potenza dello spirito? Si, come potrei dimenticarle", si domandò con voce cupa Kano, "Non solo quelle, amico mio, ma quelle con cui si presentò", lo corresse il santo d’oro, "Si, ricordo che disse di essere l’ultimo allievo di Shaka, colui che avrebbe dovuto trasmettere le conoscenze dell’ottavo senso e della forza dello spirito", concluse il cavaliere d’argento.

"Esattamente. Il saggio Kaor era l’ultimo discepolo di Shaka, giacché Shiva, Argora, Sesar e Quiggon erano morti da alcuni anni e di Hyunkel niente si sapeva di preciso, proprio per questo il Beast Keeper di Byakko si prese questa pesante responsabilità, che poi portò a termine con me, te, Teros, Yakros, Adtula ed Obbuan", aggiunse il santo di Virgo, "e la stessa cosa ora chiedo a te", concluse subito dopo. "Cosa?", incalzò stupito il cavaliere del Pavone, "Se domani io morirò, sarai tu l’ultimo discepolo di Kaor e quindi colui che dovrà trasmettere la forza e la conoscenza ultima", rispose Tok’ra, "Ma non sono ancora pronto per questo", affermò titubante Kano, "Forse, ma penso il contrario, proprio per questo ti ho invitato qui, per meditare insieme, così che possa tu mostrarmi quanto profondamente conosci te stesso", concluse il santo di Virgo, prima che entrambi iniziassero a meditare.

Mentre Botan di Cancer riposava nella stessa stanza dove riposavano anche Sekhmet ed Elettra, entrambe ferite, Golia era andato a far visita ai due guerrieri di Cartagine.

"Esmeria, Joen", esordì il guerriero del Toro, entrando nella grotta interna, "ho da chiedervi un favore per domattina", affermò, "Dicci pure, non ci sarà problema alcuno per noi", osservò subito la figlia di Ikki, trovando concorde anche il Goshasei.

"Siccome siete i due con le minor ferite fra tutti coloro che qui resteranno, vorrei chiedere ad uno di voi di restare qui, di guardia, e l’altra si occupi di ritrovare i due mariners sacri a Nettuno, perché sinceramente nessuno di noi sa se Kain e Neleo hanno incontrato qualche Horsemen, oppure no, per questo vorrei che qualcuno di voi si occupi di trovarli", propose il cavaliere d’oro.

"Certamente", rispose Esmeria, "anch’io sono molto preoccupata per mio fratello, mi chiedo dove siano e perché ancora non ci abbia raggiunto qui", si domandò la giovane Beast Keeper, "ma, come diceva mio padre, si deve sempre avere speranza e fiducia nei propri fratelli ed io ne ho molta in Kain", concluse dopo.

Sulla spiaggia ateniese, intanto, vicino a Capo Sounion, due figure riemergevano dal Mare, "Per fortuna lo abbiamo trovato, Neleo, ora dovremo solo ritornare dagli altri", propose il primo, rivelandosi come Kain di Shark, "Si, dobbiamo tornare, perché di certo si staranno preoccupando per noi, immaginando, magari, che potessimo incontrare qualche Horseman", ipotizzò il mariner di Hammerfish, alzandosi in piedi sulla riva.

"Mai ipotesi fu più esatta, miseri mortali", esordì all’improvviso una voce, "Kaspian, la Pestilenza è qui, solo per voi due", concluse l’Horseman, mostrandosi ai due generali dei Mari.

Una nuova battaglia stava per scoppiare, nel cuore della notte scura.