Capitolo 46: L’ultimo volo dell’Avvoltoio
Silas era fermo sulla soglia del Terzo Tempio dello Zodiaco, si guardava intorno, l’Horseman, in cerca delle tre guerriere che aveva ferito precedentemente, ma vide solo quell’ultimo arrivato, l’uomo dalla corazza verde, "Dove sono finite le mie prede?", tuonò pochi attimi dopo, "Sono andate via, per permettermi di combatterti senza freno alcuno", rispose quietamente Jenghis, mostrando al nemico la propria Ascia.
"Davvero bell’arma, ma potrà resistere alla mia?", domandò beffardo l’Horseman, "Beast Axe", invocò poi, scatenando un tremendo colpo dalla forza devastante, "Ascia della Guerra", replicò Jenghis, il cui cosmo sembrava sul punto di esplodere con una ferocia senza pari.
I due fendenti energetici si incontrarono a mezz’aria e cozzarono l’uno contro l’altro, distruggendo parte della Casa di Gemini, ma senza ferire nessuno dei due avversari.
"Non può essere", esclamò sorpreso Silas, "devo essere ancora ferito per il colpo precedente", si disse la Bestia, "ma non succederà di nuovo", minacciò poi, lanciandosi contro il berseker.
L’ascia della Bestia cozzò contro quella della Guerra, producendo un rumore sordo e metallico, le cui onde d’urto investirono entrambi i contendenti, obbligandoli ad indietreggiare di diversi passi l’uno dall’altro.
"Ho capito", affermò Silas con tono divertito, "la tua è un’Arma divina", concluse poi, osservando l’ascia dorata, "Esatto, quest’arma mi è stata donata dal mio dio, il sommo Ares, signore della Guerra. Io sono Jenghis dell’Avvoltoio, l’ultimo berseker ancora vivo", spiegò l’allievo di Shiryu, preparandosi a riattaccare.
"L’arma però non ti salverà dalla sconfitta!", ringhiò l’Horseman, roteando la propria Ascia per poi lanciarla contro Jenghis in un possente fendente. Il berseker, però, fu più veloce del suo avversario, con un movimento della propria arma, bloccò quella avversaria, fermandone la lama con la propria, "Finché sarai mosso solo dall’ira della Bestia non puoi sperare di vincermi, poiché ho già trovato in me la quiete di un dio, quella necessaria per sconfiggerci", avvisò Jenghis, mentre il suo cosmo travolgeva il nemico, rigettandolo indietro.
Un ruggito esplose dalle labbra di Silas, un’onda d’urto che si gettò contro Jenghis, ma il berseker, riuscì a sostenerla, aprendo le braccia e facendosi circondare dal proprio cosmo elettrico e luminoso. "Se non sei istigato dall’ira avversa, non puoi scatenare il tuo stadio di berserk, mi è stato spiegato così almeno, quindi, finché ti combatterò con la quiete nel cuore e nel corpo, non avrai possibilità di vincermi", avvisò Jenghis, "e di conseguenza anche il terribile ruggito di cui mi ha parlato Dorton è diventato una semplice brezza invernale, in questo di pioggia battente", concluse con fare determinato il berseker.
"Davvero pensi questo? Ed allora andremo avanti per molto, perché con la tua attuale forza, anche se hai un’arma divina e la quiete di un dio, non potrai di certo battermi, mentre i miei colpi si indeboliranno, per ciò che dici, almeno", ridacchiò Silas, prima di lanciare l’altro suo attacco, "Beast Fang", tuonò infatti.
Jenghis evitò l’attacco con un veloce ed agilissimo salto, che lo portò alle spalle del nemico, "Ora ti ho mostrato che le tue tecniche offensive sono tutte nulle senza l’ira avversa, quindi ti resta solo l’attacco con l’Ascia, un colpo la cui potenza è già stata annullata precedentemente, ora, quando perderai l’arma che ti accompagna in battaglia, sarai ormai sconfitto", minacciò il berseker, lanciandosi in un velocissimo attacco, "Ascia della Guerra", invocò, colpendo in nemico apparentemente indifeso.
Silas tentò una difesa con la propria arma, ma con l’unico risultato di avere anche la mano divisa a metà, oltre l’arma che in essa era custodita, "La battaglia è conclusa, Bestia", concluse Jenghis, voltandosi verso il nemico.
Un’onda d’energia, però, proruppe dal corpo di Silas, travolgendo il suo nemico e gettandolo al suolo, a diversi metri di distanza.
"Sei uno stupido se pensi di poter battere un Horseman così facilmente", lo ammonì subito il discendente del Caos, "in noi vi è una forza ancora maggiore dell’arma che custodiamo, o delle tecniche che ci provengono dal cosmo, vi è la forza del Caos", minacciò il nemico, mentre il suo cosmo sembrava espandersi sempre di più, dinanzi a Jenghis, sbalordito da tanta forza.
"Caos, da te la Bestia, portatrice di distruzione e devastazione, Sangue e Morte la conducono, Odio e Spavento essa produce, la tua furia è segno avverso per l’uomo, risveglia la tua forma ultima in me, che ora al nemico dovrò offrire la massima punizione possibile", invocò Silas con un rituale molto simile a quello fatto da Kaspian contro Koryo.
Jenghis era fermo, stupefatto da ciò che vedeva. Il corpo del suo nemico sembrava essere sul punto di scoppiare per quanto stava aumentando la massa corporea, l’armatura stessa voleva quasi abbandonarlo, una forza devastante era sul punto di esplodere riducendola in brandelli, ma, poi, la corazza si abituò a quel nuovo corpo, anzi, iniziò essa stessa a mutare, con grande sorpresa del berseker.
La copertura su tutto il corpo sembrò quasi fondersi con il corpo nemico, la pelle di Silas era divenuto un tutt’uno con la corazza, Jenghis vide alcune parti delle gambe e delle braccia scoperte congiungersi con la cloth, unendosi come una vite rampicante all’albero. La mano recisa, sorprendentemente, rinacque, non come pelle e corazza, ma come una sola strana pelle verde dagli immensi artigli.
La maschera stessa, che lasciava libere alcune parti del viso, si combinò ad essa, scomparendo nel volto di Silas, per poi, dopo che quasi ne era stata inghiottita, rendersi di nuovo visibile, stavolta come il volto di un uomo animale.
Gli occhi azzurri del nemico erano rimasti, ma il corpo, adesso, era davvero maestoso, quasi non riusciva, in altezza, a restare compresso all’interno del terzo tempio, l’armatura, simile ad una pelliccia d’orso, era ora un corpo in parte umano, in parte animale, che costituiva la persona stessa di Silas. La cosa più spaventosa, però, era il volto, quello di un gigantesco orso i cui lineamenti erano stati umanizzati.
"Quale spaventosa mutazione", esclamò terrorizzato Jenghis, solo un ruggito fu la risposta, un colpo così potente da devastare l’elmo dell’Avvoltoio e lanciare al suolo il berseker, che si schiantò con una forza senza pari.
"Ognuno di noi Quattro ha la dote di invocare la forza prima del Caos, che gli si mostra in modo diverso. Per me, che sono la Bestia, questa forza mi riporta allo stato primo, quello che fra i Vichinghi delle mie terre era definito lo stato di possessione dagli animali, ma che la forza del Primo Disordine ha reso ancora più sorprendente ed imbattibile", spiegò il gigantesco nemico, avanzando verso il guerriero di Ares, "Sappi, uomo morto, che dinanzi a questa mia forma nessuno è mai sopravvissuto", concluse con fare determinato l’Horseman, "poiché non ho bisogno dell’ira altrui per scatenarmi adesso", urlò dopo, "Beast Fang", invocò infine.
L’energia che circondò il braccio destro di Silas era tale da creare un solco gigantesco su tutto il lato destro della Casa di Gemini prima di colpire in pieno Jenghis che non riuscì a difendersi, venendo travolto da tale forza e perdendo le vestigia, che si ridussero in pezzi per l’impatto con quell’attacco.
Il berseker si rialzò ferito, la potenza che fino ad allora il nemico gli aveva mostrato era ben misera cosa dinanzi alla vera forza del Caos, "Non sperare di morire così presto, guerriero di Ares, ora che mi hai costretto ad invocare l’energia del Padre, non ti permetterò di scomparire con tanta facilità, non sono né Kaspian, la cui invocazione da una veloce ma dolorosissima morte, né Kronos, la cui forza fa scomparire in pochi attimi tutto ciò che lo circonda, rendendo polvere la terra per chilometri e chilometri intorno a lui. La mia natura di Bestia mi spinge a torturarti, mi pregherai di ucciderti quando la forza del mio attacco esploderà a pieno, in quel momento, e solo allora, ti strapperò il cuore e me ne nutrirò, per prendere piena soddisfazione da questa vittoria", minacciò l’Horseman, prima di iniziare a muovere velocemente le mani possenti.
Una serie di fendenti feroci travolsero Jenghis, aprendo diverse ferite sul suo corpo e gettandolo indietro di diversi passi, fino a schiantarsi contro la porta esterna del Terzo Tempio.
"Dove pensi di scappare?", domandò Silas scattando verso il nemico, ad ogni passo dell’Horseman, la casa di Gemini tremava, scossa e danneggiato da quella tremenda energia. "Non ti lascerò scappare", minacciò il perfido essere, rigettando indietro il guerriero, che rotolò al suolo, ferito gravemente.
Il corpo del Berseker era dilaniato da tremendi colpi, ma la sua mente era già fuggita, dirigendosi verso ricordi lontani, verso il giorno dell’investitura.
Era in un castello fra le montagne dell’Ungheria, lì, Jenghis, era stato mandato dal suo maestro Shiryu, dopo aver concluso i sei anni di addestramento presso Goro-Ho. Allora la curiosità maggiore del giovane cinese era se avrebbe mai potuto rivedere i tanti compagni d’addestramento, tutti guerrieri coraggiosi e degni del massimo rispetto, poi, appena arrivato al castello, incontrò altri due individui.
Uno era un giovane seduto nella posizione del fiore di loto, in meditazione, apparentemente, l’altro, un ragazzo dal fare dubbioso, si guardava con circospezione intorno, sembrava quasi preoccupato di parlare con loro.
"Salve", lo salutò all’improvviso, "Sei anche tu uno dei futuri berseker?", domandò quel giovane, "Lo siamo tutti qui", rispose una voce di donna, che stava entrando da quella porta subito dopo Jenghis.
"Io sono Circe, in Italia mi sono addestrata, presso Shaina dell’Ofiuco, e voi?", domandò la giovane esile figura, "Mi chiamo Rasuin, sono stato addestrato a Cartagine da Tige, l’ultimo dei Goshasei sopravvissuti alla passata guerra", rispose per primo il ragazzo dal fare dubbioso, "Io, invece sono Jenghis, allievo di Shiryu, il Drago Divino", aggiunse poi il giovane cinese, "Il mio nome è Adtula, Kaor l’asceta mi ha trasmesso le doti guerriere che posseggo", concluse il quarto, alzandosi in piedi, "ed ora è tempo che incontriamo chi ci darà le vestigia e le armi divine", propose poi, invitando i compagni a seguirlo in una sala adiacente.
Una figura dall’incredibile potenza cosmica li attendeva, "Bene, vedo che ci siete tutti", esordì l’uomo, "Il mio nome è Deimos e sono il dio del Terrore, figlio e seguace di Ares", si presentò quella divinità, "sarò io a darvi l’investitura ora che i vostri maestri hanno sancito che è il tempo di farlo", spiegò.
"Si faccia avanti la prima", ordinò poi. Circe si inginocchiò dinanzi al dio, "Per te, che dall’Ofiuco sacro ad Atena sei stata addestrata, ecco la Lancia di Ares, arma che porta devastazione tra i nemici. Come iena saprai ridere della disperazione avversa e come guerriera saprai maneggiare l’arma base che il sommo signore delle Guerre ama usare", affermò il dio, prima che le vestigia della Iena si componessero sul corpo della giovane, "Benvenuta fra noi, Circe della Iena", concluse poi.
"Adesso tu, giovane cinese", continuò la divinità, mentre Jenghis si inginocchiava, " A te, che sei stato allievo del Drago Divino di Atena, ecco l’Ascia da Guerra, un’arma la cui forza è invidiata da molti dei, un solo fendente può aprire terre e mari, la forza di quest’oggetto è senza pari per chi sa usarla bene. Come avvoltoio, grazie a quest’arma, potrai volare e portare morte fra chi ti si opporrà", affermò Deimos, mentre le vestigia si modellavano sul corpo del giovane, "Alzati ora, Jenghis dell’Avvoltoio", concluse.
"Adesso l’allievo di un nostro nemico", ordinò la divinità e subito Rasuin si avvicinò, "Per te, che dal Goshasei del Pavone sacro ad Era hai imparato le arti della difesa, ecco lo Scudo di Ares, arma che saprà difendere chi la custodisce e travolgere con la propria furia chi la attacca, con questo e con la forza di un orso, saprai ledere le carni e sporcare di sangue i suoli nemici, uccidendo più vittime tu possa", spiegò Deimos, mentre le vestigia si componevano su quel corpo, "In piedi, Rasuin dell’Orso", concluse poi.
"Per ultimo, colui che sarà il comandante", ordinò il semidio, mentre Adtula si avvicinava, "Tu sei stato addestrato dall’Asceta indiano, l’ultimo allievo di Shaka di Virgo ancora vivo, come il tuo predecessore fu addestrato dal santo d’oro stesso. A te, la Spada di mio padre, un’arma che solo chi è degno di comandare quest’esercito può possedere, con la forza e la fierezza del Leone ora la porterai e con essa saprai combattere e sconfiggere tutti i nemici che ti si pareranno davanti", osservò Deimos, mentre anche l’ultima corazza si posava sul proprio custode, "Lode a te, Adtula del Leone", concluse quel giorno il semidio del Terrore, scomparendo da dinanzi ai quattro.
Da allora era passato più di un anno, un periodo infinito, in cui i quattro Bersekers avevano affrontato Encedalus, il titano alato, Prometheus e Janus. Circe era caduta combattendo per il proprio dio, mettendo tutta se stessa in quella battaglia senza pari, anche Rasuin si era spento, per dimostrare il rispetto e la devozione al proprio comandante ed a Jenghis stesso, le uniche persone che lo aveva trattato con la dovuta amicizia. Poi, nelle fredde lande dell’Oltretomba egizio, era toccato ad Adtula morire, era caduto nello scontro finale con Encedalus, spegnendo la vita di colui che aveva ucciso i suoi seguaci, come un vero comandante aveva pagato per la morte di chi lo seguiva.
Jenghis era allora rimasto solo, ma, nel passare del tempo, aveva fatto amicizia con Obbuan prima e con Koryo poi, entrambi caduti adesso. Il primo per mano del Nero santo dei Gemelli, con cui si era spento in cielo per fermarne la furia distruttiva, il secondo per mano di uno di questi Horsemen.
In quel momento, dopo che questi ricordi e pensieri avevano invaso la sua mente, Jenghis, ripensò al proprio maestro, Shiryu, che più volte aveva rischiato la vita fino all’ultimo, combattendo anche senza una vera e proprio logica le sue battaglie, uscendone quasi sempre vincitore.
"Cosa c’è, mortale? Sei svenuto?", urlò all’improvviso Silas, riportando alla realtà il berseker, "Non ti preoccupare, ti risveglierà il dolore", minacciò poi, ma allora, il cosmo di Jenghis esplose con tutta la sua potenza.
L’Horseman fu gettato indietro da quella furia, vide una luce accecante avvolgere l’avversario, "Aura di Battaglia", invocò il guerriero sacro ad Ares, alzandosi in cielo.
"Bella mossa, ma potrà salvarti da me?", domandò incuriosito Silas, lanciando un ruggito, ma stavolta il colpo non ebbe effetto alcuno sul guerriero, "L’aura che mi circonda non è difesa così facile da sconfiggere, ora anch’io mostrerò il massimo di cui sono capace, poiché so quale mezzo serve per spegnere la furia che ti anima", avvisò Jenghis, che nemmeno osservava il proprio nemico, guardando il suolo intorno a se.
"Belle parole, ma saranno sufficienti?", domandò Silas, espandendo l’energia del suo cosmo terribile, "Beast Fang", invocò allora l’Horseman, "Avvoltoio energetico", replicò Jenghis, scagliando il proprio attacco.
Il volatile di luce ed elettricità investì in pieno Silas, senza però fermarlo. Diverse ferite si aprirono sul corpo dell’Horseman, che comunque continuò la sua avanzata, perforando il ventre del nemico.
Uno schizzo di sangue partì dalla bocca di Jenghis e con esso un sorriso, "Avvoltoio energetico", invocò di nuovo il guerriero, travolgendo il nemico, che cadde al suolo.
Anche Jenghis scivolò a terra, così da rotolare fino alla propria Ascia, "Che pensi di farci?", domandò Silas, saltando addosso al nemico e conficcando gli artigli sinistri nel fianco avversario, mentre quelli destri lo raggiunsero in pieno petto.
Jenghis sorrideva, rivoli di sangue scivolavano dalle sue labbra, mentre gli artigli di Silas erano ormai diventati rossi a causa delle ferite che aveva prodotto sul nemico, "Cosa c’è da ridere? Ormai hai rinunciato alla vita?", domandò infastidito l’Horseman, "Si, e questo segnerà la tua fine, Cavaliere dell’Apocalisse", avvisò il berseker.
"La Quiete di un dio, non è la pace spirituale, ma è quel tipo di quiete che ha chi ormai non teme più la morte. Per gli dei tale quiete è data dalla loro immortalità, ma per me, che sono solo un uomo, vi era una sola via per raggiungere quello stato, sacrificarmi. Ora, i tuoi artigli hanno sancito la mia fine, ma con questa anche la tua, Bestia, poiché questa quiete adesso è mia", sussurrò con un filo di voce Jenghis, esplodendo poi in un urlo, seguito da un bagliore accecante.
Silas fu lanciato indietro, estraendo i propri artigli dal corpo del nemico. L’Horseman non riuscì a fermare il suo volo, schiantandosi contro una colonna, per poi cadere al suolo. Non appena si rialzò, vide dinanzi a se il nemico ferito, Jenghis teneva l’Ascia dorata sollevata fra le mani, il cosmo era luminoso e pieno di scariche elettriche, "Ora, Horseman, proverai la potenza del colpo di mio padre, in onore di Koryo e per sconfiggere voi tutti", sentenziò con ferma determinazione il berseker.
"Ryutsuisen", urlò poi Jenghis, calando un fendente di energia inarrestabile.
Un solco si aprì nel terreno, il tetto stesso della Terza Casa andò in pezzi, "Posso fermarlo", urlò Silas, espandendo il proprio cosmo e lanciando un singolo fendente con il movimento delle braccia.
L’esplosione dei due colpi distrusse del tutto il Tempio dei Gemelli.
Circa dieci minuti dopo, arrivò Tok’ra di Virgo, il cavaliere d’oro si guardò intorno, il sole era già tramontato nel cielo, ma qualcosa di oscuro alitava nell’aria, una sensazione simile ad un brivido lo percorse mentre saliva rapido le scalinate.
Il successore di Shaka trovò i resti della Terza Casa e fra questi notò il corpo di Jenghis, dilaniato da più e più ferite, fra cui uno squarcio al centro del petto, "Berseker", lo chiamò, "Guarda accanto a me", sussurrò l’allievo di Shiryu.
Con grande sorpresa, Tok’ra vide il corpo di un orso, o forse di un uomo, era diviso in due parti e lentamente stava perdendo colore, diventando una carcassa nera, "Il primo Horseman è caduto, scomparso per la potenza del mio attacco", spiegò il berseker, "ora potrò finalmente raggiungere gli amici ed il maestro che finora mi hanno osservato dall’alto dei cieli", sussurrò Jenghis, mentre lentamente la vita lo abbandonava.
Tok’ra vide il guerriero di Ares morire, "Addio, nobile eroe, che l’ultimo volo dell’Avvoltoio ti conduca lesto verso il Drago Divino che ti addestrò e gli uomini che ti furono cari durante la vita, noi resteremo qui e, anche per onorare te sconfiggeremo, gli altri tre Cavalieri dell’Apocalisse", lo salutò il santo di Virgo, prima di discendere le scalinate con il suo corpo e l’Ascia di Ares e dirigersi poi nel luogo dove i compagni lo attendevano, preoccupati per l’esito della battaglia.
Ignari della gioia di Jenghis per aver potuto contribuire alla vittoria e della sua felicità quando, dinanzi alle porte dei Cieli, vide Adtula, Rasuin, Obbuan e Koryo ad attenderlo.
La battaglia, però, continuava per coloro che erano sopravvissuti a quel Terzo Giorno, che ancora non si era del tutto concluso.