Capitolo 42: Morte di un guerriero

Esmeria camminava zoppicando lungo il corridoio di Selkit, quando ne uscì, però, vide dinanzi a se una figura amica, "Mia regina, tutto bene?", domandò Joen del Pavone, che avanzava anch’egli barcollando con una sottile ferita sul collo, "Come ti senti, Goshasei?", domandò allora la figlia di Ikki, notando quel taglio ancora non si cicatrizzato, cosa strana sul corpo del Guardiano del Pavone.

"Tutto bene, mia regina, la sua battaglia?", domandò poi il figlio di Tige, in tutta risposta, "Finita per il meglio, anche Bennu, dopo Aker e Seth è caduto", spiegò la giovane Beast Keeper di Suzaku, "Allora adesso manca solo Apophis?", domandò il Goshasei, "Si, anzi è meglio muoverci, dovremo passare dal cunicolo di Bastet, questo è crollato", suggerì Esmeria, invitando il fedele Guardiano a seguirla.

Intanto, alla fine di un altro cunicolo, quello di Selkit, Apophis stava varcando l’entrata che portava nell’ampia sala antistante le stanze degli dei egizi.

"Ra, ti sento, sento il fetore della tua presenza, ti nascondi dietro quelle porte con quei servitori, ma non sarà ancora per molto, fidati", ridacchiò con tono ostile la divinità dal volto di Serpente, "prima, però, spegnerò la vita di quest’infimo mortale che mi poni dinanzi", concluse il dio, osservando Anhur, che attendeva fermo, in posizione di guardia davanti alle porte della stanza di Ra.

"Sono pronto per quest’ultima lotta, nemico di Ra", esclamò con tono di sfida il Pharaon di Selkit, espandendo il cosmo nero fiammeggiante.

"Vediamo se stavolta saprai liberarti dalla stretta del mio cosmo", avvisò poi il dio, "Serpente Distruttore", tuonò, mentre la serpe energetica si rinchiudeva intorno al corpo del guerriero, bloccandone i movimenti.

"Ti ho già dimostrato, divinità avversa", esordì Anhur con un lieve sorriso, "che questa tecnica è ormai inutile su di me", avvisò il Pharaon, espandendo il cosmo infuocato, "Furia guerriera", urlò pochi attimi dopo il guerriero egizio, lasciando esplodere il serpente energetico e travolgendo lo stesso dio Apophis, che cadde al suolo, sbattendo contro una parete.

Anhur spiccò un salto, "Addio, dio nemico", urlò il Pharaon, puntando il collo nemico con la chela destra, "Morso della Morte", invocò la divinità, inaspettatamente.

Un bagliore nero si formò intorno al corpo di Apophis, poi, inaspettatamente, parte dell’armatura, quella che copriva la spalla sinistra, sembrò cambiare forma, diventando un piccolo cono, che poi si innalzò verso l’alto perforando la spalla destra di Anhur con una velocità e potenza incredibili.

"Sorpresa", sussurrò a quel punto il dio, mentre il corpo del Pharaon precipitava al suolo, producendo una pioggia di sangue al suo passaggio.

"Non ti saresti aspettato che avessi un secondo colpo di questo tipo, vero mortale?", domandò Apophis, rialzandosi, "Ebbene, scoprirai con tuo immenso dolore quanto poco sapevi della mia vera potenza", esclamò il dio, mentre anche la mano destra prendeva la stessa forma conica, "Morso della Morte", invocò poi, prima che l’ago si conficcasse nella gamba sinistra del giovane guerriero egizio, lasciando un segno persino nel terreno.

"Una morte lenta e dolorosa ti aspetta, causata dal dio Serpente che presto dominerà l’intero Egitto", tuonò la divinità oscura, preparandosi a colpire di nuovo l’avversario.

Nel cunicolo di Bastet, intanto, Joen ed Esmeria correvano per quanto gli era possibile, finché non videro delle macchie rosse sul pavimento dinanzi a loro, "Sembra sangue", sussurrò il Guardiano, "Si, è qui ci sono chiari segni di lotta", aggiunse la Regina di Cartagine, "ed altro sangue", concluse poi, indicando una scia di color rosso accesso che avanzava lungo la strada che i due percorrevano. Non ci volle molto ai due guerrieri cartaginesi per trovare il corpo di Sekhmet, la Pharaon di Bastet era sdraiata al suolo e cercava di avanzare lungo quel nero ed insidioso terreno che le era stato dato in custodia. Strisciava lentamente, lasciando un rosso fiume di sangue dietro di se, "Devo raggiungere Anhur", sembrava sussurrare la giovane guerriera.

"La aiuto io", esordì allora Joen, sollevando e sorreggendo con le braccia la giovane alleata ferita, "Guerrieri cartaginesi", li riconobbe subito lei, "da dove arrivate?", domandò con un filo di voce, "Dai nostri campi di battaglia, abbiamo sconfitto Aker e Bennu, ora resta solo Apophis da abbattere, dobbiamo correre dal tuo comandante, per aiutarlo in quest’impresa", rispose prontamente la figlia di Ikki, prima di ricominciare ad avanzare con i due alleati.

"Mi sembri sofferente, guerriero di Selkit", osservò con tono ironico Apophis, la cui maschera non poteva trasmettere il maligno ghigno che probabilmente si sarebbe mostrato sul volto dio, qualora avesse avuto un vero volto.

"Vuoi dominare l’Egitto intero", sussurrò Anhur, rialzandosi a stento, "sei folle", affermò il giovane guerriero, mentre si appoggiava al muro dietro di se, "Cosa sono questi? Vaneggiamenti di un moribondo? Speri di indurmi a pietà? Vorresti che per l’ira ti uccida subito? Non tentarmi, ti farò soffrire ancora un po’", lo ammonì il dio.

"No, io non morirò e non vaneggio, bensì ti metto dinanzi alla realtà: cosa farai dell’Egitto quando i Quattro Cavalieri vi passeranno riducendolo in polvere, forse ti godrai gli immensi deserti che ti lasceranno? La sabbia pensi ti adorerà come è dovuto ad un dio?", domandò con tono ironico Anhur, espandendo il cosmo incendiario.

"No, giovane mortale, niente di tutto questo, un piano ben più elaborato ho già preparato. Mi alleerò con Zeus ed Odino, dei che come me non desiderano essere annientati e se ti chiedi come farò, ebbene, eccoti una massima che potrai portare ai morti nell’Oltretomba, un dio si allea sempre con il nemico minore per continuare ad esistere", spiegò con tono deciso Apophis.

"Quando avrò come alleati Zeus ed i suoi seguaci, manderemo decine di uomini allo sbaraglio, finché qualcuno non avrà trovato il modo di eliminare i Quattro, tanto so che anche Indra ha un piano quasi simile, solo che lui non ha saputo organizzarsi con la mia stessa destrezza", affermò il dio egizio, "inoltre, se vuoi un altro consiglio, non accenderti così tanto per questa battaglia, il veleno del Serpente Divino che io rappresento ti è già entrato in circolo, non avrai molto da vivere se espandi così il cosmo ed acceleri di conseguenza la velocità del sangue", avvisò Apophis, aprendo le mani dinanzi a se, "vedrò io di fermarti", minacciò infine, "Serpente Distruttore", invocò poi, mentre il corpo di Anhur veniva di nuovo intrappolato dalla presa letale.

"Non c’è forza in me per vincere di nuovo la stretta, sento il sangue e la vita abbandonarmi con un ultimo e lieto saluto, già le forze mi abbandonano, che debba essere questa la fine del primo guerriero d’Egitto? Io, Anhur di Selkit, che per Ra ho affrontato il coraggio Myokas di Sagitter, un uomo dal cuore così nobile da morire per salvare il proprio Sommo Sacerdote. Per il mio dio e l’intero Egitto ho combattuto insieme a Rhadamantis di Wyburn contro l’Oscuro Titano Oberon ed insieme lo abbiamo vinto e per dovere ho anche affrontato Ban di Leo Minor, che era intrappolato dai poteri di Gea ed Ate. Ed ora, dopo tante battaglie e vittorie, devo cadere così? Senza portare con me l’ultimo mio avversario, il più terribile, il malvagio Apophis? No, ciò non è destino che mi alletta, combatterò e vincerò", si disse in un lungo monologo il Pharaon di Selkit, espandendo di nuovo il cosmo fiammeggiante.

"Si, accenditi pure in un nuovo attacco, mortale, aiuta il mio veleno a circolare", suggerì con tono derisorio il dio serpente, "No, stavolta no", replicò Anhur, mentre il fuoco, anziché esplodere con potenza, sembrava solo circondare le braccia, su cui le chele si aprivano, dilaniando la corda energetica che aveva bloccato il corpo del guerriero egizio.

"Ora, dio egizio, ti mostrerò io il potere di un veleno", replicò il Pharaon, "Black Fire Needle", invocò poi, aprendo le mani contro il nemico.

Dei sottili e neri aghi si gettarono alla velocità della luce contro la divinità, aprendovi dei fori al di sopra, "Impressionante, la velocità a cui noi dei ci muoviamo è ben superiore a quella concessa agli uomini, eppure costui mi ha raggiunto con dei colpi sottili ed affilati, in fondo, se non fosse uno stupido al servizio di Ra, lo prenderei nel mio piccolo esercito", pensò fra se Apophis, prima di alzare il capo a forma di serpente verso il nemico.

"Cosa speravi di fare?", domandò la divinità oscura, "Contro il mio corpo divino questi veleni non hanno effetto", lo ammonì avanzando, "Lo so che i veleni non hanno effetto, ma non è il siero di Selkit l’unica dote della nera cuspide, bensì la furia che la divinità scorpione impone nei propri colpi, una furia che si esprime con il fuoco", avvisò poi Anhur, gettandosi indietro.

I cinque fori che, alla velocità del pensiero, erano stati aperti sul corpo di Apophis, esplosero producendo delle alte fiammate nere, il dio stesso, forse più sorpreso e spaventato che sofferente, emise un urlo al vedere quel fuoco oscuro aprirsi dal suo corpo, poi, indolenzito dall’attacco, barcollò indietro, appoggiandosi anch’egli ad una parete.

"Complimenti, mortale, questo primo colpo è andato a segno, meglio di quella furia guerriera, ma mi chiedo quanto sarà efficace, vediamo che saprai fare con queste cuspidi a breve distanza", minacciò la divinità, lanciandosi in avanti.

"Ti vedo sorpreso, uomo, eppure dovresti saperlo, su un dio il dolore è percepito in modo diverso che su un uomo", avvisò la divinità oscura, "Morso della Morte", invocò poi, mentre le spalle si aprivano nei due lunghi cunei.

"No, non stavolta", ripeté un’altra volta Anhur, "Uno stesso attacco usato due volte non può valere e, seppur contro un dio due volte non bastino, ormai ho capito come parare i tuoi colpi, Apophis", avvisò il guerriero egizio, fermando gli aghi con le chele che sostenevano le braccia.

"E, una volta fermo, ti posso colpire", minacciò il Pharaon di Selkit, espandendo il cosmo fiammeggiante, "Furia guerriera", invocò poi il giovane, aprendo le mani contro il petto del dio avverso.

Il fuoco oscuro e potentissimo di Anhur travolse Apophis, gettandolo indietro di diversi passi.

"Sei davvero bravo, mortale, se non avessi evitato all’ultimo l’attacco con tutta la velocità che mi è propria, sarei probabilmente stato danneggiato di più, diventando così facile preda per il potente Scorpione del Deserto", osservò il dio egizio, rialzandosi a stento, con diversi danni sulle oscure vestigia.

"Tu sei dio degno di lode in battaglia, Apophis, anche nel momento in cui pensavo di averti bloccato, hai avuto la prontezza di scatenare di nuovo il tuo colpo, disperdendo così l’energia del mio, con un caro prezzo, per entrambi", replicò il Pharaon, guardando il foro che già si apriva sulle vestigia nemiche, all’altezza dello stomaco ed il segno lasciato sulla propria mano destra dal cuneo avverso: un buco che lo aveva trapassato da parte a parte, strappando il palmo intero e lasciando le dita danneggiate.

"Bene, quindi ci possiamo dire pari in difesa ed in attacco, seguace di Ra, e di questo ne sono sbalordito, ma c’è una differenza abissale fra di noi, una sola, che segnerà la mia vittoria", avvisò allora Apophis, "Quale?", incalzò Anhur, "La vulnerabilità del tuo intero corpo, mentre io devo solo impedire che tu mi colpisca il collo", rispose quietamente la divinità oscura, "Se è solo questo il problema, allora supererò le tue difese, decapitandoti in nome di Ra e di Horus, il mio maestro", concluse il Pharaon, lanciandosi in un attacco.

Le mani di Apophis sembrarono diventare dei lunghi denti di serpente, "Eccoti ancora una volta il mio colpo migliore", avvisò il dio serpente, "Morso della Morte", invocò poi, cercando di affondare i colpi nel corpo nemico, ma Anhur fu più veloce dell’avversario, con agili piegamenti sulle ginocchia, o spostamenti sui lati, il guerriero egizio riuscì ad evitare tutti gli affondi avversari, fino ad avvicinarsi sufficientemente al nemico, "Ora, è tempo di riprovare", sussurrò fra se il Pharaon.

"Black Fire Needle", invocò poi, colpendo per ben sei volte il corpo della divinità avversa, prima che questa, con una gamba, perforasse il suo ginocchio, lasciandolo al suolo, ferito.

Apophis indietreggiò stordito, nuovamente delle fiamme fuoriuscirono dal suo corpo, "Mi dispiace per te, ma non è ancora sufficiente", ridacchiò la divinità, "Al contrario, è più che sufficiente per il mio fine", replicò Anhur, indicando i punti che stavano ancora ardendo, "hai notato dove ti ho colpito? Intorno alla tua spalla sinistra", spiegò il guerriero prima che, inaspettatamente, avvenisse un’altra esplosione, più feroce delle precedenti, che recise di netto il braccio del dio serpente.

"Avevo immaginato che come il capo, anche le altre parti, se colpite con forza, possono essere recise e ora ne ho la certezza", spiegò il comandante dell’esercito egizio, "Adesso addio, Apophis", concluse il guerriero, lanciandosi contro la divinità nemica, "Furia Guerriera", urlò poi, travolgendo il dio e gettandolo al suolo.

Anhur cadde al suolo, incapace di atterrare sulle gambe dopo il salto compiuto, "Ra, fa che lo abbia sconfitto, infine", pregò il guerriero egizio, "Non ancora, mi dispiace per te, stavolta non mi hai neanche raggiunto", rispose Apophis, osservando il nemico sanguinante.

Il dio allungò il braccio destro e sbatté contro la dura roccia il corpo martoriato del nemico, "Ora concluderò questa battaglia con la tua fine, ma, mortale, se può consolarti, hai tutto il rispetto di Apophis, dio egizio, poiché con tanta tenacia e coraggio, combatte solo un grande guerriero e questa sarà la morte che meriti. La morte degna di un Grande guerriero", concluse la divinità.

"L’unica morte degna è quella in cui si porta con se il nemico", replicò l’uomo.

"Ti ho già detto che le mie chele non sono solo un’arma di difesa, vero?", domandò Anhur, poco prima che il "Morso della Morte" perforasse il suo petto.

"No!", fu l’unica cosa che Apophis poté urlare mentre il nemico lo decapitava con veloce movimento delle due chele, utilizzando le ultime forze rimastegli.

Si appoggiò alla parete dietro di se il Pharaon di Selkit, il cuore perforato dal colpo nemico, Apophis in cenere ai suoi piedi, "Dunque così si conclude la mia vita? Almeno ho vinto quest’ultima battaglia. Sed, Bes, Knuhum, Knosus, Ihi, ben presto vi raggiungerò nell’Oltretomba, dove riposeremo da eroi. Rhadamantis, giudice di Hades, sarà gioia per me rivederti e rivedere anche Myokas, cavaliere d’oro di Sagitter, dalle grandi doti guerriere e che come me, è morto per difendere le proprie divinità", sussurrò fra se Anhur, chiudendo gli occhi per poi spirare.

In quel momento, mentre il guerriero di Selkit spirava, Sekhmet ed i due guerrieri cartaginesi arrivarono nella stanza dove si era compiuta quest’ultima battaglia, "Anhur, mio comandante", esclamò sorpresa la guerriera di Bastet, mentre Joen ed Esmeria si chinavano, dispiaciuti per la caduta del loro alleato.

"Ha dato la vita per i propri dei. Il coraggio di Anhur è senza pari, non ha rinunciato alla lotta, malgrado né io, né gli altri servitori di Ra lo abbiamo aiutato. Primo fra i guerrieri di Ra, campione d’Egitto ed eroe in battaglia, ora, come molte altre volte prima, si è dimostrato un vero Pharaon, degno di ogni lode. Ora, per onorare la sua memoria e la grande devozione a noi tutti, gli darò la giusta sepoltura, degna di un vero comandante fra gli uomini, secondo solo a noi dei egizi", queste furono le parole di commiato di Horus, che subito si chinò sul corpo del Pharaon deceduto.

"Riposate qui, cavalieri olimpici, ed anche tu, Sekhmet, che verrai da me curata", continuò poi Thot, "quando avrete ripreso le forze, potrete ricongiungevi ai vostri alleati", concluse il dio, prima che un’esplosione d’energia devastante facesse vibrare l’aria.

"Che cos’è?", chiese subito Esmeria, "Niente di vicino, Beast Keeper di Suzaku, ma pur sempre terribile", spiegò la divinità dal volto di Ibis.

"Riposate, ora", suggerì Horus, "io onorerò i nostri caduti", concluse poi il dio.