Capitolo 40: Spada contro Lancia
Lorgash di Capricorn continuava la sua corsa lungo la scalinata che lo avrebbe condotto dinanzi al dio che doveva affrontare. Il cavaliere d’oro si era diviso dai due santi d’argento e dai parigrado da diverso tempo ormai e già aveva sentito esplodere per poi quietarsi due battaglie. La prima, quella di Kano e Daidaros, aveva visto i due giovani Silver saints vincitori, seppur ora feriti e storditi, la seconda, quella intrapresa da Camus, aveva segnato la superiorità del Cavaliere dell’Acquario sul suo avversario, ora solo lui e Ryo dovevano ancora affrontare i diretti nemici, era pronto il cavaliere d’oro a qualsiasi avversario.
La corsa di Lorgash finì pochi attimi dopo le sue riflessioni, arrivò in un lungo corridoio, molteplici colonne si alzavano intorno a lui, sembravano quasi essere infinite, sia dinanzi a lui, sia sui lati, quasi che quel luogo fosse un campo di battaglia senza fine.
Un cosmo, però, all’improvviso, si mostrò possente al santo d’oro, "Chi è là?", domandò il cavaliere, "Il dio tuo nemico", rispose una voce, mentre una figura si faceva avanti verso l’avversario.
Lorgash osservò con attenzione la divinità, sapeva che due dei indiani erano caduti nei giorni precedenti e che Durga aveva affrontato i santi d’argento, ma chi fra Indra ed i suoi ultimi due servitori si parasse ora dinanzi a lui gli era ignoto, finché non vide che quel essere impugnava una lunga lancia d’oro.
"Tu sei Kumara, giusto?", domandò il cavaliere di Capricorn, "Esatto, mortale", rispose la divinità, "Tok’ra, Botan ed i santi d’argento hanno parlato a tutti noi di te e della tua potente arma da battaglia", affermò Lorgash, mentre un sottile sorriso si dipingeva sul suo volto, "Spero con la devozione che si deve di norma ad un dio", replicò il figlio di Shiva. "Piuttosto", esordì dopo pochi attimi Kumara, "chi sei tu, santo d’oro, che a me ti mostri con fare ostile?", domandò la divinità, "Lorgash di Capricorn, cavaliere di Atena ed allievo di Shiryu il Dragone Divino, da cui ho ricevuto in dono la sacra Spada Excalibur", si presentò il Custode della Decima Casa.
"Uno spadaccino? Bene, mai miglior nemico avrei potuto augurarmi, se sei superiore ai due che ho affrontato ieri, allora questa battaglia sarà memorabile e chi di noi sopravvivrà, cioè io, potrà ricordarla per sempre con gioia", affermò la divinità, roteando la lancia sopra il capo.
"Non so quante possibilità avrai di sopravvivere, poiché è la fede nella giustizia ed in Atena che guida la mia mano ed alla mano è congiunta la Sacra Spada che pochi batterono", replicò con fare deciso il cavaliere d’oro, espandendo il cosmo luminoso e ponendo le braccia dinanzi al corpo, in posizione di guardia, con il taglio della mano diretto verso il nemico.
I due nemici si osservarono ancora per alcuni secondi, poi entrambi si lanciarono in rapido attacco diretto, faccia a faccia.
"Lancia d’oro, vai e colpisci il bersaglio che ti offro", tuonò Kumara, scatenando un fendente orizzontale, che spazzò l’aria dinanzi al dio, "Sacra Excalibur", replicò con determinazione Lorgash, calando il braccio destro dinanzi a se, così da produrre un solco d’energia nel suolo, solco che si dirigeva verso la divinità avversa.
I due fendenti energetici cozzarono l’uno contro l’altro e subito sembrarono spegnersi, schiantandosi contro le pareti vicine. Il tetto, sopra la testa di Kumara, fu segnato da un profondo taglio, mentre quattro colonne, ai lati di Lorgash, cadevano al suolo, recise come alberi da un bravo taglialegna.
"Dunque nell’uso del cosmo attraverso le nostre armi, sembriamo essere pari", osservò divertito Kumara, prima che l’energia intorno al dio esplodesse, abbagliando il santo d’oro.
"Chissà però come te la caverai in un duello a breve distanza", sussurrò all’improvviso il dio, apparendo dinanzi al cavaliere, ad un passo dal suo ventre, "Quando mi ha raggiunto?", si domandò Lorgash, pronto comunque alla battaglia.
Kumara tentò un affondo nel ventre nemico con la propria lancia, ma il santo d’oro evitò la lama roteando il busto, quindi, facendo perno sul piede destro, Lorgash tentò di decapitare il dio con la gamba sinistra, anch’essa dotata della sacra Spada. La divinità indiana, però, si chinò pochi attimi prima, evitando che il colpo andasse a segno, per poi cercare di amputare l’arto rimasto al suolo al suo nemico. Il santo d’oro, notando la mossa avversaria, appoggiò le mani a terra e con una capriola si allontanò dalla divinità avversa.
"Non sperare di scapparmi così", tuonò Kumara, lanciandosi in un secondo attacco, più furente del primo.
Ancora una volta Lorgash fu sorpreso dalla velocità del dio, ma riuscì comunque ad evitare che il nuovo attacco gli troncasse il bacino in due, piegandosi sulla sua destra. Il cavaliere d’oro tentò allora un attacco con ambo le braccia, cercando di colpire il dio con due montanti a mano aperte, così da dilaniarne il corpo, ma Kumara fu abbastanza veloce da evitare quell’attacco.
Il cavaliere d’oro saltò indietro con un balzo, "Forse nel duello corpo a corpo non ti sarò pari, dio indiano, ma ora proverai il primo dei colpi che il mio maestro mi trasmise", esclamò Lorgash, lasciando esplodere il suo cosmo.
Kumara si fermò per osservare l’attacco quando il santo d’oro si lanciò contro di lui, "Golden Cross", esclamò Lorgash, ma, con sua grande sorpresa, il dio espanse parte del proprio cosmo, fermando l’avanzata dei due fendenti incrociati.
"Noto che non hai più voglia di giocare, cavaliere d’oro, seppur devo dire che, scendendo al tuo livello, ho potuto costatare la determinazione ed il coraggio che ti muovono", esordì il dio, "per questo, ora ti onorerò con tutta la mia forza, la forza di una divinità guerriera senza pari", lo avvisò Kumara, sollevando la propria lancia.
In quel momento Lorgash notò la differenza nel cosmo del dio, era immenso adesso, immenso e minaccioso come mai prima ne aveva avvertiti da un nemico che egli aveva affrontato da solo. Ritornarono alla mente del cavaliere d’oro le passate battaglie, fra cui la prima contro Belinda, la titana con Sei Braccia, che gli aveva fatto assaggiare l’amaro gusto della sconfitta. Da allora ne era passato di tempo, aveva affrontato e sconfitto nemici di diverso genere e tipo in duelli all’ultimo sangue, da Thebe, il titano dalle Grandi Fauci, al Gigante del Vento, per poi passare ad abili guerrieri umani, come Nuada del Cedro, o Knives del Gallo, combattenti contro cui aveva dovuto rischiare la sua vita, di volta in volta, ma adesso, questo nuovo avversario si ergeva minaccioso dinanzi a lui.
"In potenza non gli sono superiore, quindi è inutile utilizzare il colpo del Maestro, il singolo fendente si è già dimostrato inutile e la Croce d’oro anche, quindi la cosa migliore è tentare con il Drago a Nove teste", pensò fra se il cavaliere di Atena, lanciandosi in un possente attacco, con il proprio cosmo brillante.
"Kuzuryusen", invocò il santo di Capricorn, lanciando i nove colpi alla velocità della luce, "Non è abbastanza per me", replicò Kumara, "Lancia d’oro distruttrice", urlò il dio, in tutta risposta, scatenando il suo colpo migliore.
L’attacco energetico gettò indietro il cavaliere d’oro, schiantandolo contro una colonna, "Mi dispiace, cavaliere, hai perso", esclamò Kumara, lanciandosi in un affondo con la lancia, ma, con uno scatto repentino, Lorgash si gettò di lato, subendo, però, una ferita piuttosto profonda sulla gamba sinistra, che lo gettò al suolo, stordito.
"Hai ancora la forza di replicare? Sei degno di nota, santo d’oro, è tempo quindi di mostrarti la forza ultima di Kumara, dio guerriero dell’India", avvisò alla il figlio di Shiva, "Esplosione Sacra", tuonò la divinità, scagliando un boato tremendo d’energia contro il nemico al suolo.
Il corpo di Lorgash volò in aria, frantumando tre colonne, per poi fermarsi contro la quarta, che distrusse con la sola testa, ormai scoperta dall’elmo, da cui proruppe una profonda ferita sanguinante.
"Persa? La battaglia è persa dunque?", si domandò Lorgash, "No, come cavaliere di Atena non puoi farti battere, rialzati, allievo, forza", urlò allora una voce nell’interno della sua testa, la voce proveniente da un cosmo maestoso ed a lui noto, "Ricorda gli anni dell’addestramento, la determinazione che animava i tuoi occhi, la fede in Atena e l’onore immenso che hai provato nel giorno dell’Investitura, quando ti sei dimostrato degno custode di Excalibur, alzati, cavaliere, trova in te la forza, come più volte dissi a te ed ai tuoi compagni d’addestramento a Goro-Ho", invocò l’entità cosmica, "Maestro", rispose il santo d’oro, rialzandosi a stento.
"Maestro?", domandò Kumara, avvicinandosi al nemico che ancora vedeva muoversi, "No, qui non vi è alcun maestro, semplicemente un dio", affermò il seguace di Indra, "Dio induista, dal cuore pieno d’odio e di desideri guerrieri sei tu, Kumara, non degno di altre definizioni di certo", esclamò allora Lorgash, rialzatosi ormai sulle gambe.
"Un’affermazione strana se detta da un guerriero che ormai chissà quanti nemici ha ucciso con quelle mani", criticò la divinità, "Si, sono un guerriero", replicò Lorgash, "ma non combatto più per il piacere di pugnare con abili avversari, ormai il desiderio di gloria è completamente scomparso dalla mia mente, sono stati i sacrifici di alleati e nemici, la fede con cui taluni davano la vita per i loro comandanti, opposto alla cieca perseveranza con cui altri combattevano per se stessi a farmi capire", affermò con voce cupa il santo d’oro.
"Cosa avresti capito?", domandò incuriosito Kumara, "Che sono santo di Atena non per vincere in battaglia, ma per far trionfare la Giustizia che la dea porta avanti", esclamò Lorgash, scattando in un nuovo attacco, arricchito da una forza inaspettata.
"Quale velocità", esclamò il dio indiano, allontanandosi dal nemico, "ma non ti sarò da meno, soprattutto ora, che la verità del tuo essere ti ha mostrato la via per raggiungere una forza degna di essere affrontata", lo avvisò Kumara.
"Lancia d’oro Distruttrice", urlò il dio indiano, "Kuzuryusen", replicò il santo dorato.
Due bagliori simili a lampi di luce solcarono l’aria, dopo, i due contendenti erano l’uno al posto dell’altro, si voltavano le spalle vicendevolmente ed un profondo solco si era aperto sul volto di entrambi, mentre diverse colonne crollavano al suolo, tagliate in più punti.
"Non ho potuto parere il tuo attacco a pieno, ma sembra che nemmeno tu ci sia riuscito con il mio, guerriero mortale", osservò Kumara, "Non è ancora detto, figlio di Shiva, poiché come mi ripeteva sempre il mio maestro, contro un santo di Atena è inutile usare due volte lo stesso attacco", avvisò Lorgash, lanciandosi in un nuovo attacco.
Il dio alleato di Indra stavolta non vide arrivare il suo avversario, solo un bagliore dorato lo raggiunse e poi sentì una voce, "Kuzuryusen". Nove colpi investirono il corpo del dio, lasciando dei segni sull’armatura e delle ferite sul corpo, per l’impeto di quell’attacco, la lancia d’oro volò dalle mani di Kumara, roteando alta nell’aria.
Lorgash era riapparso alle spalle del nemico, quindi, vista l’arma roteare in cielo, il santo d’oro spiccò un salto all’indietro, un’agilissima capriola, "Golden Cross", invocò poi, investendo l’arma con la croce dorata.
Il colpo del santo d’oro riuscì nell’impossibile, spezzò la lancia, stupendo lo stesso dio avverso.
"Grandi sono dunque le tue doti, cavaliere di Atena, ho il massimo rispetto per te e sono orgoglioso di aver combattuto questa battaglia, ma ora è il tempo di concludere, con la vittoria di solo uno di noi", osservò Kumara, lasciando esplodere il proprio cosmo.
"Esplosione Sacra", invocò il dio, scatenando un’ondata d’energia senza pari. Il santo d’oro cercò di evitare quell’attacco che era chiaramente impossibile da trattenere, ma, con sua gran sorpresa, non poté fare altro che subire quel colpo.
Lorgash fu travolto dall’esplosione, con il corpo distrusse ben sei colonne, altre dieci furono frantumate sui lati intorno a lui, poi, il cavaliere cadde al suolo, con le vestigia danneggiate e diverse ferite sul corpo.
"Ora addio, santo di Atena, ti saluto, con tutto il rispetto che ho", esclamò Kumara, preparandosi ad un nuovo attacco, "No, non cadrò così facilmente", replicò con un filo di voce Lorgash, alzandosi di nuovo in piedi.
"Cosa ti spinge a lottare?", chiese allora il dio figlio di Shiva, mentre il suo cosmo si espandeva impressionantemente, "La fede in Atena e nella Giustizia, dote innata di tutti gli uomini", rispose il cavaliere di Capricorn, mentre la luce dorata, che lo circondava, aumentava esponenzialmente.
"Hai fede in Atena e negli Uomini? Bene, vedremo se sarai capace di difenderli", esclamò il dio, "Esplosione Sacra", invocò poi, "Lo sarò, grazie al colpo ultimo del mio maestro", replicò il cavaliere, "Ryutsuisen", urlò Lorgash, saltando verso il nemico e calando il fendente dall’alto.
L’impatto fra le due tecniche fu senza pari, l’ondata d’energia frantumò persino le pareti, oltre che spazzare via le colonne, ma qualcosa successe, un’apertura si aprì nel mare d’energia, un lungo corridoio di luce dorata prodotta da Lorgash, il suo fendente aveva fatto breccia in quell’attacco ed aveva raggiunto il suo avversario.
Il santo d’oro, preso in pieno dal colpo nemico, volò contro il soffitto della stanza, danneggiando ancora di più la corazza e producendo un foro nel tetto, per poi ricadere a terra, in una fossa che il suo peso produsse, una fossa sporca del suo sangue.
"Lo racconterò agli dei, è stato un onore combattere con te, cavaliere di Atena, forse un giorno ci rivedremo, ma non presto, spero", sussurrò allora Kumara, avanzando verso il nemico.
Un ghigno di dolore, però, si dipinse sul volto del dio, un bagliore di luce e l’armatura si divise in due, per poi lasciare il posto ad un piccolo solco rosso, un rosso vivo che si sviluppò in un getto di sangue, che proruppe copioso da tutto il corpo della divinità, lungo il suo asse ortogonale, "Addio, cavaliere", concluse la divinità, cadendo al suolo, con il corpo diviso in due parti uguali.
"Addio, dio guerriero", sussurrò Lorgash, cercando di rialzarsi, malgrado le gravi ferite che ne fermavano il corpo.
"Questa lotta epica, spada contro lancia, ha mostrato come anche quest’uomo abbia fede, in Atena, la sua dea, e negli altri esseri umani", osservò Indra, che aveva seguito lo scontro dalla sua stanza, "sono certo che sei stato capace di battere Kumara, cavaliere, sopravvivrai alle ferite, ma temo che non ci sarà modo per te di affrontarmi più ormai", rifletté la divinità, prima di sentire dei passi che veloci si dirigevano verso di lui.